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Capitolo 3 – La realtà storica di Chieri

3. Le confraternite

Una realtà importante che lega la pratica devozionale e la vita associativa delle comunità è rappresentata dalle confraternite, caratterizzate dall’intersezione tra il sacro e il profano125.

L’associazionismo medievale è vario e sfaccettato e termini come confraria, confraduglia, fraternitas, gilda, gildonia, sodalitium pium, collecta, fraglia, sodalitas, schola, compagnia, congrega, congregazione da una parte furono sinonimi di confraternita, dall’altra ebbero

118 Ivi, p. 103. 119 Ivi, p. 101. 120 Ivi, p. 173. 121 Ivi, p. 169. 122 Ivi, p. 171. 123 Geisendorf 1957 e Geisendorf 1963. 124 Allegra 1987, p. 173. 125 Quaccia, Savant 1985, p. 871.

35 talvolta significati assai diversi126 e non è sempre facile ricostruire i confini sanciti dagli statuti e riflettere compiutamente sugli appellativi con cui tali associazioni si presentano. Sotto il cappello di “fraternitas”, dice infatti Monti, furono comprese non solo associazioni religiose di laici, ma anche associazioni militari-religiose, ordini religiose, terzi ordini di frati mendicanti, confraternite di preti127.

Per Martini (1935, p. 12), invece, esiste un confine netto tra confraternite religiose e gilde, associazioni sociali di mercanti e artigiani già comuni presso i Longobardi e di derivazione pagana, cui manca del tutto l’elemento della “fraternitas”, una fratellanza umana che procede di pari passo con il sentimento religioso. Per Barale128 (2009/2015, p. 21) i significati terminologici variano perché diversi furono i rapporti che i sodalizi innestarono con le autorità laiche ed ecclesiastiche e perché diverse furono le pratiche attuate dai confratres.

Se ci domandiamo per quali ragioni sorsero le confraternite medievali italiane, la risposta va ricercata nella necessità che la solidarietà umana, un fatto «universale che non ha bisogno di documenti né di dimostrazione per essere ammesso»129, assuma concrete forme associative fondate sull’imitazione della fratellanza naturale e il cui vero fondamento è la reciproca difesa degli affratellati130. Reciproca difesa che ebbe la massima importanza nel Medioevo, in cui l’individuo abbandonato a sé non contava nulla e trovava, nel sentimento di fratellanza, protezione da guerre, disordini, contagi131. Il sentimento di fratellanza si esplicitava nelle varie forme di assistenza verso i consoci per le loro necessità spirituali, morali e temporali e si congiungeva a quello religioso di operare il bene per raggiungere la salvezza eterna, su una base costante di preghiere, di assistenza alla messa, di adunanze e funzioni annue, fino ad assumere poi forme sempre più specifiche secondo le tendenze religiose del tempo132.

Tra le più antiche confraternite italiane Martini (1935, p. 20) nomina quella sorta a Venezia nel 1109 nel convento di San Giorgio, quella di Viterbo del 1144. In Piemonte il primato di antichità tocca a Ivrea, dove sappiamo esistere un consortium o societas di chierici e laici, uomini e donne, con propri statuti. A Torino la più antica confraternita ha sede in Duomo ed è denominata di San Salvatore (1228).

La partecipazione delle donne al mondo confraternale del tardo Medioevo, pur essendo regolarmente attestata, è una realtà difficile da afferrare, che sfugge da rigidi inquadramenti133.

126 Monti 1927 vol. 1, p. 4. 127 Ivi, p. 3.

128 Lorena Barale, dottore di ricerca in Scienze Storiche, si è occupata propriamente di questi aspetti nella sua tesi

di dottorato (citata in bibliografia come Barale 2009/2015). Grazie alla disponibilità e alla cortesia dell’Autrice ho potuto consultare il lavoro, tuttora inedito.

129 Volpe 1933, p. 255. 130 Monti 1927 vol. 2, p. 3. 131 Ivi, p. 4.

132 Ivi, p. 6.

133 Casagrande 1995, p. 432. Per un approfondimento storico in diacronia sul ruolo delle donne nelle confraternite

36 3.1 La societas dei Santi Giuliano e Basilissa

Della societas134 dei Santi Giuliano e Basilissa non v’è traccia in Bosio 1878, né in Valimberti 1928, dove non è citata in nessuno dei luoghi ove si faccia riferimento al culto dei santi e alle aree della chiesa a loro dedicati. La prima citazione correlata alla presentazione della cappella e dei Santi si deve a Mignozzetti (2012, p. 189), ma il primo studio su questo sodalizio risale al 2015, ad opera di Lorena Barale, che, in appendice alla sua tesi di dottorato, propone anche un’edizione del registro135.

Fondata nel 1508, come risulta dal registro dei confratelli, la societas è strettamente legata al culto dei coniugi Santi Giuliano e Basilissa, venerati ancora oggi come patroni delle campagne chieresi136 e dedicatari di un certo numero di cappelle, in diversi periodi storici, all’interno della chiesa: sia nella Collegiata costruita dal vescovo Landolfo, sia nella chiesa gotica che l’ha sostituita all’inizio del ‘400, c’erano ben due cappelle dedicate ai Santi Giuliano e Basilissa137; una era detta “la vecchia” e l’altra, di fondazione posteriore, era nota come “Santa Basilissa, la nuova” (e fu successivamente rintitolata a Santa Margherita da Cortona, poi a Santa Giovanna d’Arco e a partire dal XX secolo a Santa Rita da Cascia138).

Il culto dei Santi Giuliano e Basilissa, martiri del IV in Antinoe (Egitto), patroni della societas, si è sviluppato a Chieri intorno alle reliquie dei due Santi, ancora in parte conservate all’interno della collezione reliquiaria della Collegiata.

La leggenda chierese racconta, infatti, che i corpi di Giuliano e Basilissa, portati nel territorio da un crociato per poi disperdersi139, furono poi ritrovati al confine tra Andezeno e Chieri e, per dirimere la contesa sorta tra le due località per il possesso dei medesimi, la cassa contenente i loro corpi fu montata su un carro trainato da buoi, i quali, spontaneamente, si diressero verso Chieri e in particolare arrivarono proprio di fronte alla chiesa.

Barale, nel suo lavoro di tesi, ha rilevato come

a differenza di molti sodalizi in cui la presenza delle donne era poco significativa, nel caso della confraternita dei Santi Giuliano e Basilissa, esse avevano cariche ufficiali e potere decisionale. La societas accoglieva esponenti delle famiglie aristocratiche, dei ceppi parentali più facoltosi legati al commercio d’oltralpe140.

Queste caratteristiche rendono l’indagine su questa societas particolarmente significativa dal punto di vista dei dati onomastici (soprattutto femminili) estraibili, da cui emergono tratti interessanti della società chierese del tempo e anche nel confronto con la confraternita di Santa Croce, come si vedrà oltre, soprattutto dal punto di vista diastratico.

134 Per indicare questa realtà accolgo il termine societas, conformemente all’indicazione presente sui registri;

analoga scelta in Barale 2009/2015.

135 Barale 2009/2015 p. 306. L’edizione del registro, finalizzata al rilevamento del dato storico, non è direttamente

utilizzabile per lo studio linguistico, non essendo redatta con criteri filologici.

136 Raviolo 2012, p. 7. 137 Mignozzetti 2012, p. 177. 138 Ivi, p. 239.

139 Barale 2009/2015, p. 104. 140 Ivi, p. 108.

37 3.2 La compagnia del Corpus Domini

Bosio (1878, p. 92) fa cursoriamente menzione alla Compagnia nel suo lavoro, in riferimento all’omonima cappella edificata in Duomo; anche Mignozzetti (2012, p. 330) ne parla, ma curiosamente le notizie citate, relative alla compagnia, rimontano al XVII secolo.

Valimberti (1928, p. 251) fa risalire gli Statuti della compagnia al 1519, tuttavia le indagini più recenti condotte da Chiara Zangola sulle testimonianze dirette, li datano al 1529, anno in cui la compagnia fu rifondata141: nell’apertura degli statuti si parla di «nova capitula et ordinationes super reformatione societatis Sacratissimi Domini nostri»: tuttavia non si sono conservati altri statuti, e i registri degli iscritti conservati iniziano dal 1529, perciò si può verosimilmente ipotizzare che esistesse prima del 1529 un gruppo di fedeli dediti alla venerazione e processione del Corpus Domini, anche tenendo conto della messa settimanale, celebrata nella collegiata, e con gli statuti sia stata data veste ufficiale a tale devozione.

La compagnia era retta da quattro sindaci eletti ogni anno dalla compagnia adunata l’ultima domenica di aprile. Era previsto la conferma di due sindaci (su votazione) e l’elezione di due nuovi, per avere garanzia di esperienza nel maneggio del denaro della compagnia. Era eletto anche un messo con il compito di adunare i confratelli. Tutti i redditi, provenienti da offerte, elemosine, legati ed emolumenti, andavano a beneficio della compagnia; l’ingresso era soggetto all’approvazione dei sindaci, e ad una offerta in cera e denaro una tantum.

Una devozione al SS.mo Sacramento viene fatta risalire all’epoca del prevosto Antonietto Romagnano e alla messa del Corpus Domini fondata da Enrico Rampart (nel 1505).

I confratelli erano soliti portare il SS.mo Sacramento agli infermi (anche esterni alla compagnia) ed accompagnare le sepolture dei confratelli. La compagnia faceva celebrare diverse messe in onore di S. Gregorio e del SS.mo Sacramento. Solo nel corso del Seicento la compagnia sembra prendere sede stabilmente nella cappella omonima. Nel corso del Settecento sono eletti anche dei consiglieri.

3.3 La confraternita di Santa Croce

A differenza delle due precedenti, la confraternita di Santa Croce (spesso citata in diversi contesti, inclusi i registri, come «confraternita dei disciplinanti -o battuti- della Santa Croce») è di fondazione più antica, addirittura precedente alla costruzione della chiesa gotica, e citata da tutti gli autori di riferimento: Bosio (1878, p. 245) narra di come venne eretta il 4 febbraio 1303 in una piccola chiesa accanto alla casa dell’elemosina, poi Ospizio di carità. Sono inoltre consultabili, presso l’archivio della parrocchia, testimonianze dirette dell’esistenza di tale confraternita: tra questi la copia seicentesca di una bolla del 1303 in cui Papa Callisto III approva i 29 capitoli e le regole della confraternita dei Disciplinanti di Santa Croce (ibidem).

Nella geografia interna della chiesa v’è forse traccia della confraternita nell’attuale cappella dei Santi Piemontesi (già Cappella di Santa Croce)142, sicuramente nello stendardo seicentesco

141 Con Zangola 2018 si cita direttamente l’introduzione storica presente nel nuovo inventario dell’archivio della

Collegiata, compilato dalla dottoressa Chiara Zangola tra il 2015 e il 2018 e attualmente in corso di revisione. Da questa fonte sono tratte le notizie sotto riportate.

38 della confraternita, ancora visibile nella sagrestia143. Mignozzetti (2012, p. 256) afferma che i disciplinanti si occuparono anche della gestione e dell’abbellimento dell’attuale Cappella di San Tommaso Apostolo nella seconda metà del Cinquecento; nel 1594 la sede della confraternita fu traslata nella nuova chiesa di Santa Lucia, posta nel cimitero dei canonici144, che i confratelli restaurarono ed ampliarono145.

Anche Allegra (1987, p. 191) cita la confraternita nel suo lavoro, indicandola come la più antica e potente confraternita della città.

Nonostante l’antichità della fondazione, tuttavia, i primi registri con i nomi dei confratelli arrivati a noi risalgono al 1556.

143 Ivi, p. 141.

144 Bosio 1878, p. 245. 145 Mignozzetti 2012, p. 376.

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