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Confronto con intermediari europei ed italiani

CAPITOLO 4: LA CASSA DI RISPARMIO DI SAN MINIATO

4.6 Confronto con intermediari europei ed italiani

L' European Banking Authority, nel 2016, ha effettuato un monitoraggio sui livelli dei ratio di liquidità dell'anno 2015 degli intermediari europei. Questi sono stati suddivisi, in base all'ammontare di T1, in due macro gruppi: G1 e G2. Nel primo gruppo troviamo le banche con T1 superiore a 3 miliardi e attive a livello internazionale, mentre nel secondo gruppo ci sono sia le banche che non raggiungono i 3 miliardi di T1, sia quelle che lo possiedono ma non sono attive internazionalmente. Nel gruppo G2, a causa della grande eterogeneità degli intermediari presenti, sono stati creati tre ulteriori sottogruppi: large, medium e small.

La Cassa di Risparmio di San Miniato si trova tra le small G2, con un T1 intorno ai 167 milioni.

Analizziamo i valori per l'LCR.

Come possiamo vedere dalla tabella entrambi i gruppi hanno registrato un valore di LCR superiore a quello del 100% previsto per l'entrata in vigore definitiva. Questo risultato è stato raggiunto sia grazie all'aumento dei liquidity buffers, sia per la diminuzione dei deflussi di cassa netti. Per quanto riguarda la Cassa troviamo le HQLA dimezzate da 548 milioni per il 2014 a 228 milioni, in controtendenza rispetto agli altri intermediari del gruppo G2.

Tabella 6: LCR e LCR shortfall.

Figura 9: Liquidità da Luglio 2011 a dicembre 2015 (Gruppo G2).

La riduzione è dovuta alla diminuzione di Titoli di Stato con scadenza superiore ai 3 mesi, in particolar modo quelli con scadenza compresa tra 6 mesi ed un anno, non compensata dall'aumento di quelli con scadenza inferiore. Inoltre, anche la disponibilità di cassa è si è ridotta in un anno di circa 1,5 milioni.

Per quanto riguarda il NSFR, anche questo, nel biennio 2014-2015, è stato superiore al 100%, in linea con gli intermediari europei appartenenti alla stessa categoria.

CONCLUSIONI

Come detto nella prima parte del lavoro, la liquidità e il rischio connesso sono stati dimenticati fino a quando, con la crisi del 2008, sono tornati ad essere oggetto di attenzione da parte degli organi di vigilanza e, di conseguenza, degli intermediari.

Nonostante ciò ci sono delle perplessità sull'introduzione di queste nuove norme che, inserite nel contesto normativo di Basilea III, risultano gravare troppo sulla gestione bancaria e rischiano di non essere molto indicative dello stato di liquidità dell'intermediario.

Prendendo in esame la Cassa di Risparmio di San Miniato abbiamo visto che, pur essendo un gruppo bancario di ridotte dimensioni e quindi avente meno strumenti per prepararsi all'entrata in vigore dei ratios di liquidità, le soglie di LCR e NSFR sono superiori a quelle della full implementation già dal 2014. Tuttavia, se guardiamo al Rendiconto Finanziario del 2015, vediamo che l'attività operativa ha generato liquidità per quasi mezzo miliardo, l'attività di investimento ne ha assorbita circa un miliardo e mezzo e quella di provvista 600 milioni. Il risultato è che la liquidità assorbita nell'esercizio è di 1,547 miliardi, quasi dieci volte maggiore a quella assorbita nel 2014.

I requisiti di liquidità, per come sono strutturati al numeratore e al denominatore, hanno portato un cambiamento nella raccolta e nella redditività degli intermediari.

Per quanto riguarda la raccolta in Italia, nel 2015 quella al dettaglio è scesa dello 0,7%, meno che nell’anno precedente: l’aumento dei depositi dei residenti, 3,2%, non ha interamente compensato l’ulteriore forte calo delle obbligazioni detenute dalle famiglie (- 20,6%). Alla diminuzione delle obbligazioni, in corso dall’inizio del 2012, hanno contribuito l’abolizione del vantaggio fiscale rispetto ai depositi e il collocamento da parte delle banche di prodotti finanziari e assicurativi per sostenere i ricavi da servizi. A fine 2015 le obbligazioni detenute dalle famiglie rappresentavano il 13,2% della raccolta al dettaglio delle banche italiane (25,1% a fine 2011). La quota di prestiti non finanziata dalla raccolta al dettaglio (funding gap) delle banche italiane si è ridotta, riflettendo la dinamica ancora debole del credito; a dicembre 2015 era pari al 9,5%, contro il 10,7 del 2014. La raccolta all’ingrosso è cresciuta del 5,5%. L’incremento ha interessato per lo più le passività verso controparti centrali e i depositi da non residenti; le obbligazioni collocate presso banche e investitori istituzionali sono diminuite. Nel 2015 le emissioni nette di questi titoli sono scese di 4,2 miliardi; le banche hanno sostituito parte dei titoli non garantiti in scadenza con emissioni di

strumenti garantiti, meno costosi.

Per quanto riguarda la Cassa, troviamo che la raccolta complessiva da clientela ha subito una lieve flessione dello 0,6% rispetto all’esercizio 2014, in linea con l'andamento italiano; in particolare il decremento della raccolta diretta è quasi del tutto compensata dall’incremento della raccolta indiretta. Se guardiamo alle obbligazioni, anche in questo caso la flessione del 21,5% della Cassa è in linea con quella degli altri intermediari sul territorio nazionale (-20,6%). Per il funding gap troviamo che gli impieghi con la clientela finanziati da raccolta diretta sono il 94,5%, in aumento rispetto all' 84,7% del 2014.

Nel 2015 la redditività delle banche italiane ha registrato segnali di miglioramento: il ROE è tornato positivo (il 3% circa per il sistema). Esso rimane però basso nel confronto internazionale. Il margine di interesse è sceso del 3,5%, quello di intermediazione è salito dell’1,7% per effetto dell’aumento sia dei ricavi da commissioni (6,1%), specie per l’attività di gestione del risparmio, sia del risultato dell’attività di negoziazione, quasi raddoppiato rispetto al 2014. I costi operativi sono cresciuti del 4,8%, soprattutto per il versamento dei contributi al Fondo nazionale di risoluzione (circa 2,3 miliardi) in connessione con la risoluzione della crisi di quattro banche. Al netto di tale versamento, i costi sono aumentati dello 0,5%. Le rettifiche su crediti sono diminuite del 34,1%; la loro incidenza sul risultato di gestione è scesa di oltre 30 punti percentuali, al 68,2%, un valore ancora elevato rispetto a quello precedente la crisi (era circa il 20% nel biennio 2006-07).

Nel bilancio della Cassa di Risparmio di San Miniato troviamo che il margine di interesse si è ridotto del 6,5% e quello di intermediazione del 22,6%, sul quale pesano la riduzione degli utili da cessione o riacquisto di attività finanziarie disponibili per la vendita e di passività finanziarie e il risultato netto dell'attività di negoziazione. I costi operativi, diversamente dagli altri intermediari, sono scesi del 6,8%, grazie alla riduzione per le spese per il personale. Il conto economico del 2015 chiude con un risultato negativo da ricondurre in sostanza alle pesanti rettifiche su crediti (103 mln), alla svalutazione della partecipazione in C.R. Volterra (22,5 mln), al costo sostenuto per la contribuzione al Fondo Nazionale di Risoluzione e al Sistema di Garanzia dei Depositi (FITD) (complessivi 5 mln). In particolare le rettifiche su crediti sono aumentate del 128% rispetto all'anno precedente.

Solo un sistema bancario stabile può assolvere in modo durevole ed efficace l’obiettivo di finanziare a costi contenuti famiglie e imprese. Oggi, tuttavia, le regole a presidio della stabilità richiedono più capitale, più liquidità, meno leva. Tutto ciò implica minori opportunità

di ricavi, una pressante esigenza di contenere i costi e la necessità di un più esteso utilizzo delle nuove tecnologie. Il sistema bancario italiano si trova a far fronte a tre principali aree di debolezza: l’elevata incidenza dei crediti deteriorati, la bassa redditività, la necessità di adeguare il modello di attività al nuovo contesto di mercato.

Nel breve termine il recupero della redditività è reso più difficoltoso dalle persistenti richieste di rafforzamento del capitale. Le modifiche normative renderanno meno rischiose le banche, dotandole di più elevata capacità di assorbimento delle perdite, di maggiore liquidità e di un minor grado di leva finanziaria. Ciò conferirà stabilità all’intero sistema, accrescendone la resistenza in caso di crisi. Ma nella transizione, soprattutto in alcuni paesi, le nuove regole rischiano di comprimere ulteriormente la redditività degli intermediari, già fiaccata dagli anni di crisi, aumentare il costo della loro raccolta e determinare una riduzione della dimensione complessiva del sistema creditizio, con possibili riflessi negativi sulla disponibilità di finanziamenti all’economia reale e sulle stesse banche.

Il flusso di perdite su crediti, per quanto diminuito rispetto al passato, continua a incidere sul risultato di gestione. Gli sforzi delle banche per accrescere e diversificare le fonti di ricavo e per contenere i costi di struttura devono proseguire e intensificarsi. Un contributo essenziale deve derivare dalla revisione del modello di attività: quello fondamentalmente basato su una diffusa presenza territoriale, infatti, non appare più sostenibile. Per i servizi tradizionali, standardizzabili, occorre muovere decisamente verso l’intenso sfruttamento della tecnologia (e-banking, digitalizzazione); il ruolo dei punti fisici di contatto con la clientela sul territorio deve essere focalizzato sull’offerta di servizi di corporate finance alle imprese e di gestione del risparmio alle famiglie.

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