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UN CONFRONTO TRA I CRITERI DIRETTIVI DELLA LEGGE DELEGA NUMERO 23 E LE MODIFICHE INTRODOTTE DAL

DECRETO LEGISLATIVO NUMERO 156

“Norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, assicurando la terzietà dell’organo giudicante”; così recita l’articolo 10 della legge 11 Marzo 2014, numero 23 con la quale viene delegato il Governo di modificare il funzionamento del processo tributario disciplinato dal D.Lgs 546/92. A questo punto, avendo ben presente il cambiamento accorso all’intero sistema del processo tributario171, così come disciplinato dal D.Lgs 546/92, sia, nel particolare, le modifiche apportate ad uno degli istituti deflattivi del contenzioso, quale la conciliazione giudiziale, possiamo affermare come la riforma sia stata accolta generalmente con favore sia per quanto riguarda il processo tributario nel suo complesso, sia nel particolare istituto della conciliazione giudiziale; pur rimanendo ancora delle questioni aperte che, secondo l’opinione della dottrina172, se oggetto

di determinate modifiche potrebbero migliorare ancora lo stato del processo tributario.

Possiamo infatti notate come la riforma nel suo complesso sia stata giudicata positivamente in dottrina in un’ottica di modernizzazione del processo tributario; il profilo che si sta delineando con questi ultimi 2 anni di riforme è quello di un ordinamento che cerca di creare un disincentivo all’accesso al contenzioso tributario, che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe diventare l’extrema ratio a cui far ricorso in casi limitati, la cui complessità è di difficile composizione con una definizione stragiudiziale.173

171 Per il dettaglio delle principali modifiche alle norme del D.Lgs 546/92 si rimanda al terzo capitolo del presente elaborato, pagina 40.

172“L’impressione è che resti ancora tanto da fare. È tempo forse, di una riflessione più profonda

sulla natura esclusivamente documentale di un processo, come quello tributario, nel quale i valori di lite sono spesso esorbitanti. Da questo punto di vista, il potenziamento dei mezzi istruttori a disposizione dei giudici appare una possibilità quantomeno da considerare con estrema attenzione” M.Leo, La riforma del contenzioso tributario: cose fatte e cose da fare, in Il Fisco 09/11/2015.

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A sostegno di quanto detto possiamo analizzare i dati estrapolati dai rapporti trimestrali sul contenzioso tributario elaborati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Nel passaggio dall’anno 2014 all’anno 2015 il numero di ricorsi pervenuti dinanzi alle Commissioni tributarie è aumentato del 5.86%, mentre facendo un confronto tra il 2016, anno in cui è entrato in vigore il D.Lgs 156/2015, ed il 2015 possiamo notare come il numero di nuovi ricorsi complessivamente pervenuti nelle Commissioni Tributarie sia calato di circa il 9%.174

Probabilmente non un risultato eclatante, ma sicuramente un primo sintomo che quell’idea di fondo, di concepire il contenzioso tributario come ultima strada, percorribile solo in casi di elevata complessità, ha iniziato ad essere recepito dalle parti in causa.

Ovviamente, questo passaggio ad un ordinamento con liti sempre meno frequenti, passa, anche e soprattutto dal potenziamento di istituti quali la conciliazione giudiziale che, insieme alla mediazione tributaria175 e all’accertamento con

adesione176, sono tutti ugualmente caratterizzati dalla previsione di un possibile

accordo tra Amministrazione finanziaria ed il contribuente e che, pongono in assoluta evidenza la ricerca di una soluzione della controversia (instaurata o instauranda) attraverso il contraddittorio tra le parti. Vale quindi rilevare come il contraddittorio abbia assunto un ruolo di assoluta preminenza e centralità nei rapporti tra fisco e contribuente con la funzione di giungere ad una composizione della controversia.177

174 Dati estrapolati dai rapporti trimestrali sul contenzioso tributario elaborati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

175 Istituto disciplinato all’articolo 17-bis del D.Lgs 546/92 176 Vedi nota numero 9 pagina 9.

177 S.La Rocca, La conciliazione giudiziale ed extragiudiziale nel processo tributario ex artt. 48, 48-bis, 48-ter del D.Lgs 546/92, in Bollettino tributario d’informazione n. 11.

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Pro e contro della nuova disciplina della conciliazione giudiziale

Partendo dal principio direttivo della legge delega va detto che questo aveva un contenuto fortemente opinabile.178

Infatti, in materia di conciliazione, si richiedeva al legislatore delegato di procedere al “rafforzamento e razionalizzazione dell’istituto della conciliazione nel processo tributario, anche ai fini di deflazione del contenzioso e di coordinamento con la disciplina del contraddittorio fra il contribuente e l’amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo, con particolare riguardo ai contribuenti nei confronti dei quali sono configurate violazioni di minore entità.”

La prima parte della disposizione è chiara nel richiedere un rafforzamento ed una razionalizzazione dell’istituto che possono essere tradotti, rispettivamente, in una estensione dell’ambito di applicazione179 e in una delega a rimuovere imperfezioni

e storture.

La parte che ha suscitato più dubbi della suddetta delega è quella dove si richiede che l’intervento normativo sia diretto al coordinamento con la disciplina del contraddittorio fra il contribuente e l’amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo.

Sembra infatti, difficile ipotizzare un qualche intervento normativo sulla conciliazione che possa adempiere a questa impossibile delega; è infatti assai arduo tracciare un nesso tra contraddittorio procedimentale e conciliazione giudiziale, se non nel limitato intervento che lega l’estensione della conciliazione ai procedimenti sottoponibili a reclamo/mediazione.

In alternativa, si è ritenuto che il legislatore delegante abbia adoperato il concetto di contraddittorio in modo del tutto improprio, tale da ricomprendervi tutte le

178 E.Marello, Osservazioni sulla nuova disciplina della conciliazione nel processo tributario, in Il Fisco, rassegna tributaria, numero 6/2015.

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forme di attuazione della pretesa in forma dialogica, tra cui su tutte l’accertamento con adesione.180

In questa prospettiva, la delega imporrebbe al legislatore delegato di attuare un intervento normativo omogeneizzante tra adesione e conciliazione, ma, se questo è il senso che si vuol attribuire a questo passaggio della legge delega, come sarà evidenziato in seguito, il risultato ottenuto con il D.Lgs 156/2015 è stato esattamente l’opposto.

Comunque sia, qualunque fosse il significato attribuibile a questa parte della delega, il legislatore sembra essersene del tutto disinteressato.

Per quanto riguarda invece l’ultima parte della delega, che richiedeva un maggior riguardo per i contribuenti nei confronti dei quali sono configurate violazioni di minore entità, sebbene si presti più ad essere letta come diretta a regolare altri istituti (come ad esempio reclamo e mediazione) si era ipotizzato che con la nuova disciplina della conciliazione si avrebbe avuto un favor conciliationis più marcato per le liti di modesto valore181.

Dunque, a meno che, la parte della delega non volesse, con un’espressione assai contorta, suggerire la rimozione del limite della inconciliabilità delle liti assoggettate a reclamo182, anche in questo caso il legislatore delegato è rimasto

inerte.

In sostanza, il legislatore delegato ha lasciato inattuata larga parte del principio direttivo, promuovendo, comunque, alcune variazioni di rilievo alla disciplina

180 E.Marello, Osservazioni sulla nuova disciplina della conciliazione nel processo tributario, in Il Fisco, rassegna tributaria, numero 6/2015.

181 E.Marello aveva ipotizzato un abbuono sanzionatorio più elevato o modalità di pagamento più favorevoli per queste liti di modesto valore.

182 Se l’intenzione del legislatore delegato fosse stata questa, allora è stata pienamente accolta, come evidenziato nel capitolo 3.1 pagina 51.

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della conciliazione183, che sono in linea con i principi di rafforzamento e

razionalizzazione dell’istituto chiesti dalla legge delega.

Analizzando il nuovo istituto della conciliazione va detto che le modifiche apportate dal legislatore risultano complessivamente condivisibili ed effettivamente idonee al raggiungimento dell’obiettivo della deflazione del contenzioso e di dare un maggiore appeal ad un istituto, fino a questo momento poco utilizzato.

Il legislatore non ha radicalmente mutato l’identità dell’istituto, ma ne ha confermato i tratti caratterizzanti, risolvendo, alcune questioni più rilevanti dal punto di vista applicativo che, in passato, potevano averne limitato il successo.184

L’estensione dell’istituto della conciliazione anche oltre l’udienza di primo grado è stato identificato come uno dei cambiamenti più incisivi, in quanto risponde all’esigenza di porre un freno alle lungaggini del processo tributario che, per tutti e tre i gradi di giudizio, può durare anche sei anni e dove si susseguono interventi normativi o di prassi e interpretazioni giurisdizionali che possono incidere sul diritto o la pretesa in contestazione, facendo sorgere l’esigenza in capo alle parti di rivedere le proprie posizioni in corso di causa anche oltre il primo grado.185 Tuttavia, detto dell’effetto positivo che comporta l’estensione al secondo grado di giudizio della conciliazione giudiziale, va segnalato come, al fine di liberare tutta la potenzialità deflattiva dell’istituto, sarebbe auspicabile il reinserimento della previsione che consentirebbe alle parti di poter conciliare la lite anche in Cassazione.186

183 Per E.Marello le modifiche di rilievo sono quelle che riguardano l’estensione dell’area applicativa, l’anticipazione del perfezionamento al momento della redazione del verbale di conciliazione o della sottoscrizione dell’accordo e la generale razionalizzazione dei procedimenti. Osservazioni sulla nuova disciplina della conciliazione nel processo tributario, in Il Fisco, rassegna tributaria, numero 6/2015.

184 F.Rasi, Le nuove prospettive del reclamo/mediazione e della conciliazione giudiziale, in Rassegna tributaria, 2017, numero 1.

185 L.Lodoli, La carta della conciliazione anche oltre il primo grado, in Il sole 24 ore.

186 “Occorre rilevare, tuttavia, che nell’ultima versione del testo, approvata in prima lettura dal Consiglio dei Ministri, è stato eliminato il comma 5 dell’articolo 48, il quale consentiva la conciliazione anche in pendenza del giudizio di Cassazione. Invero, sarebbe quantomeno

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La motivazione che ha spinto il legislatore ad escludere la conciliazione in Cassazione è connessa alla particolare natura di tale giudizio; infatti il ricorso per Cassazione187 è configurato come un controllo di legittimità, ovvero un controllo

sull’esatta applicazione delle norme di diritto; consente di impugnare le sentenze rese in grado di appello ma solo per errori di diritto, mentre restano esclusi gli accertamenti in fatto188.

Tuttavia, se le modifiche apportate dal decreto legislativo 156/2015 sono state accolte con favore guardando singolarmente all’istituto della conciliazione giudiziale, lo stesso non può essere detto se si guarda al rapporto e al coordinamento dell’istituto in esame con altri istituti quali l’accertamento con adesione e la mediazione.

Si tratta di istituti con la medesima ratio di fondo, ovvero quella di disincentivare la lite tributaria, mediante il raggiungimento di un accordo tra l’Amministrazione

auspicabile un reinserimento di tale disposizione, anche in ragione della ratio sottesa alla riforma dell’istituto.” S.Loconte, Riforma contenzioso: conciliazione estesa anche all’appello,

www.ipsoa.it .

187 Il ricorso in Cassazione è disciplinato dall’articolo 360 del codice di procedura civile che indica i motivi del ricorso per Cassazione: “Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione:

1) per motivi attinenti alla giurisdizione;

2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;

3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;

4) per nullità della sentenza o del procedimento;

5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tale caso l'impugnazione può proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3.

Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio.

Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché' sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.

Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge.”

188 Questa la motivazione data dal legislatore nella relazione illustrativa al D.Lgs 156/2015 per quanto riguarda l’esclusione della conciliazione dal ricorso in Cassazione: “Non si è ritenuto opportuno prevedere la conciliazione nella fase di cassazione, stante la particolare natura di tale giudizio, in cui si controverte solo di violazioni di legge con l'esclusione di accertamenti in fatto.”

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finanziaria ed il contribuente; si tratta di istituti contigui ai quali il contribuente può ricorrere senza soluzione di continuità, ma che, a seguito delle modifiche apportate presentano significative differenze, che non consentono di ricostruire in modo unitario il sistema degli istituti deflattivi del contenzioso tributario.

Questa connessione tra i tre istituti è rimarcata anche dal progressivo abbattimento189 delle sanzioni nel passaggio tra una controversia potenziale, come nell’accertamento con adesione, ad una controversia attuale, come nella mediazione e nella conciliazione.

Tuttavia il D.Lgs 156/2015 ha modificato il momento di perfezionamento dell’istituto della conciliazione giudiziale, statuendo che si perfezioni con la sottoscrizione dell’accordo e non più con il versamento; cosa che non è avvenuta invece per l’istituto dell’accertamento con adesione e della mediazione.

La ragione sottesa a questa modifica è da ricondurre alla necessità di risolvere le problematiche procedimentali derivanti dalla coincidenza tra effettuazione del pagamento e perfezionamento della conciliazione, che hanno comportato, in caso di insolvenza del contribuente, accertata successivamente alla declaratoria di estinzione del giudizio, la necessità di riattivare il processo.190

La novità, guardando esclusivamente all’istituto della conciliazione, è da valutare molto positivamente in quanto, una volta sottoscritto l’accordo tra le parti non ci sarà più possibilità di riassumere il processo e in caso di inadempimento del contribuente le somme saranno immediatamente iscrivibili a ruolo, mentre nel caso di inadempimento dell’Amministrazione il contribuente potrà esperire azione esecutiva davanti al giudice ordinario.

189 Le sanzioni infatti sono applicate nella misura di 1/3 del minimo edittale nell’accertamento con adesione, come disciplinato dal D.Lgs 218/97; in caso di mediazione le sanzioni sono pari al 35% del minimo previsto dalla legge, come previsto dall’articolo 17-bis comma 7 del D.Lgs 546/92, ed in caso di conciliazione giudiziale sono applicate sanzioni pari al 40%, in primo grado, o al 50%, in secondo grado, come stabilisce l’articolo 48-ter al primo comma.

190 Così si esprime l’Agenzia delle entrate nella circolare 38/E 2015, nel commentare le modifiche apportate al processo tributario dal D.Lgs 156/2015.

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Tuttavia, questo specifico intervento normativo determina una criticità sistematica, perché istituisce un diverso regime per la conciliazione, rispetto all’accertamento con adesione191.

Modificando solo la conciliazione, il D.Lgs 156/2015, allontana due istituti che erano stati ideati, nella riforma del 1997, come speculari.192

L’esigenza di sistematicità è stata, quindi, sacrificata al cospetto della necessità di salvaguardare l’efficienza ed efficacia della conciliazione giudiziale, in ossequio a quelle aspirazioni di efficienza ed efficacia individuate dal legislatore delegante come prioritarie nella fase di riscossione dei tributi.193

Si tratta di differenze di particolare rilievo che il legislatore avrebbe potuto superare facilmente; nulla osta, infatti, alla possibilità di estendere all’accertamento con adesione ed al reclamo/mediazione la regola per cui il perfezionamento si realizza al momento della sottoscrizione dell’accordo, dando il legislatore, una semplificazione della procedura anche per questi due istituti, come avvenuto per la conciliazione.194

L’ultimo aspetto che è stato rilevato in dottrina è come, a seguito delle modifiche all’istituto del reclamo/mediazione, si sia presentata una situazione di identità di presupposti e di ambito oggettivo di applicazione con la conciliazione giudiziale195; è stato sollevato un dubbio circa l’utilità dell’istituto del reclamo che

191 Articolo 9 D.Lgs 218/97: “l’adesione si perfeziona con il versamento”.

192L’intervento sull’adesione non era coperto dalla delega, ma, constatato che l’attuazione della

delega ha avuto tempi lunghissimi, un legislatore minimamente accorto sul piano sistematico avrebbe comunque potuto intervenire in correzione con una disposizione ad hoc senza molti problemi.

E.Marello, Osservazioni sulla nuova disciplina della conciliazione nel processo tributario, in Il Fisco, rassegna tributaria, numero 6/2015.

193 A.Renda, I pagamenti dovuti a seguito dei controlli degli Uffici dopo la riforma della riscossione, in Corriere tributario numero 28/2016.

194 “Il legislatore “bene” ha fatto a modificare la conciliazione, ma “male” ha fatto a non modificare l’accertamento con adesione e la mediazione/reclamo. Alla continuità della ratio di questi istituti, non consegue una continuità di disciplina operativa, obbligando così il contribuente a ponderare con ancora più attenzione le proprie scelte.” F.Rasi, Le nuove prospettive del reclamo/mediazione e della conciliazione giudiziale, in Rassegna tributaria, numero 1/2017. 195 G.Fransoni-R.Suraci, L’esecuzione degli accordi che definiscono le liti di rimborso in sede di mediazione e conciliazione, in Corriere tributario 6/2016.

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potrebbe rappresentare un appesantimento procedurale sensibile negli enti di piccole dimensioni e, dall’altro lato, un duplicato della conciliazione196.

È stato inoltre rilevato come un atto impositivo di valore inferiore ai 20.000 euro potrebbe essere oggetto di una preventiva istanza di adesione da parte del contribuente, con possibile riduzione delle sanzioni ad 1/3 del minimo edittale; successivamente soggetto alla procedura di reclamo/mediazione con possibile riduzione delle sanzioni al 35% del minimo edittale; e infine potrebbe essere presentata istanza di conciliazione giudiziale con, in caso di accordo, una riduzione delle sanzioni al 40% del minimo edittale.

In questo modo il reclamo/mediazione rischia di perdere la sua funzione deflattiva essendoci soluzioni diverse rispetto ai vantaggi concreti per il contribuente (una differenza minima sulla riduzione delle sanzioni che colpisce somme non elevate).197

La continua evoluzione del rapporto Fisco – contribuente: un rapporto più moderno fatto di meno liti e più dialogo

Ultimamente, l’ordinamento fiscale è stato interessato da una serie di interventi legislativi compositi ed articolati, mossi, però, dalla medesima ratio legis, ovvero dall’intento del legislatore di realizzare una modernizzazione del rapporto Fisco – contribuente, nell’ottica di una più proficua collaborazione e di un più ampio dialogo.

I passaggi normativi sono molteplici: si è iniziato con la già citata Legge numero 23 del marzo 2014 (cosiddetta legge delega fiscale), passando attraverso la Legge 15/12/2015 numero 186 (legge sulla voluntary disclosure) e la Legge 23/12/2014

196 Così si esprimono:

C.Zunino e V.Picco, Gli strumenti deflattivi del processo tributario, in L’Iva numero 4/2016 L.Lovecchio, Estensione e semplificazione della procedura di conciliazione per deflazionare il contenzioso, in Il Fisco 09/11/2015.

197 L.Lodoli, La carta della conciliazione anche oltre il primo grado, Il sole 24 ore, aggiunge anche come forse sarebbe meglio eliminare il reclamo e concedere i medesimi criteri e parametri di valutazione all’ufficio in sede di adesione.

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numero 90 (legge di stabilità per il 2015), fino ad arrivare al decreto attuativo della legge delega fiscale numero 156/2015.

Tutti questi interventi possono essere letti in una logica sistemica di prevenzione degli illeciti fiscali e di deflazione del contenzioso; obiettivi da realizzarsi in primo luogo attraverso la predisposizione di un modello di tax compliance più moderno, in cui vanno ad inserirsi nuovi o più evoluti strumenti di dialogo e composizione dei conflitti tra le due parti del rapporto tributario.

L’idea è quella di consentire al contribuente e all’Amministrazione di accordarsi prima sulle modalità e i termini della corretta e concreta applicazione delle disposizioni fiscali, complesse e mutevoli, rapportandole e calandole in un contesto economico, a sua volta molto vario.

Da questo scenario sono quindi emersi nuovi strumenti di dialogo con il fisco, come le norme in materia di cooperative compliance198 che tramite

l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, mira ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti.

198 Il regime di adempimento collaborativo introduce innovazione nel rapporto tributario, prevedendo nuove modalità di interlocuzione costante e preventiva con l’Agenzia delle entrate, con la possibilità di pervenire a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali. Tale previsione offre l’opportunità di gestire le situazioni di incertezza attraverso un confronto preventivo su elementi di fatto che può ricomprendere anche l’anticipazione del controllo e si presta, pertanto, a prevenire e a risolvere anticipatamente le potenziali controversie fiscali.

L’articolo 6 del D.Lgs 128/2015 prevede diversi effetti di natura premiale per le imprese che intendono aderire al regime quali:

- Procedura abbreviata di interpello preventivo nell’ambito della quale l’Agenzia delle entrate si impegna a rispondere ai quesiti delle imprese entro quarantacinque giorni decorrenti dal ricevimento dell’istanza o della eventuale documentazione integrativa richiesta.

- Applicazione di sanzioni ridotte alla metà, e comunque in misura non superiore al minimo

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