• Non ci sono risultati.

La tabella 5 rappresenta i risultati dei diversi test sierologici effettuati per la ricerca di anticorpi anti-T. cruzi nel siero dei donatori a rischio risultati positivi al test di screening ICT:

Tabella 5 Esiti dei test effettuati su sieri risultati positivi allo screening ID ICT Esito ChLIA Indice ChLIA IB Esito ELISA1 Indice ELISA1 Esito ELISA2 Indice ELISA2

2716 pos neg 0.02 neg neg 0.11 neg 0.02

2190 pos neg 0.01 pos neg 0.67 neg 0.04

4190 pos neg 0.01 neg - - - -

3189 pos neg 0.15 neg neg 0.20 neg 0.05

9472 pos neg 0.09 - neg 0.84 neg 0.05

1180 pos neg 0.02 - - - - -

7190 pos neg 0.07 - neg 0.19 neg 0.06

3971 pos neg 0.01 - neg 0.21 neg 0.01

Note:

ELISA1: antigene ricombinante ELISA2: lisato

- : dato non disponibile per volume insufficiente del siero

Tutte le 4 metodiche hanno dato esito negativo su tutti i campioni ad eccezione di uno. Il campione 2190 è risultato positivo oltre che con l’ICT anche al test IB. Dal momento che, secondo le linee guida dell’OMS sulla diagnosi di CD cronica (2 test positivi con diversa metodica e diverso antigene), la persona in esame è affetta da CD cronica, è stata stimata la prevalenza della CD cronica nel campione dei donatori a rischio (1/1918 = 0,05%).

La persona in esame non è nata in uno dei paesi endemici dell’America Latina, dato che si traduce in una prevalenza di CD cronica negli immigrati provenienti da zone endemiche pari a 0 (0/268).

I 5 test effettuati per la ricerca di anticorpi anti-T. cruzi sui 10 campioni di controllo hanno dato i seguenti esiti:

Tabella 6 Esiti dei test effettuati sui 10 sieri di controllo

ID Esito ELISA1 Indice ELISA1 Esito ELISA2 Indice ELISA2 ICT Esito ChLIA Indice ChLIA IB

4278 neg 0.04 neg 0.30 neg neg 0.02 neg

4277 pos 3.05 pos 1.43 neg pos 1.23 pos*

4293 pos 9.34 pos 3.42 pos pos 9.37 pos

4658 pos 6.75 pos 3.36 pos pos 9.91 pos

4287 pos 9.52 pos 3.80 pos pos 11.22 pos

4522 pos 8.21 pos 4.13 pos pos 12.05 pos

4302 pos 9.58 pos 3.67 pos pos 12.79 pos

4306 pos 9.31 pos 4.57 pos pos 13.07 pos

4666 pos 9.77 pos 3.80 pos pos 13.28 pos

4660 pos 9.52 pos 3.57 pos pos 13.46 pos

Note:

ELISA1: antigene ricombinante ELISA2: lisato

*: uguale al cutoff

Il campione negativo 4278 è risultato negativo in tutti i test effettuati.

I 9 campioni positivisono risultati positivi in tutti i test effettuati, ad eccezione di uno: per il campione 4277 il test ICT ha dato esito negativo.

5 DISCUSSIONE

5.1 Risultati derivati dallo screening dei donatori a rischio dei vari Centri Trasfusionali

Il primo dato analizzato è la percentuale dei donatori a rischio sul numero totale dei donatori. Il valore da noi calcolato è di 2,5% pari a 1530 donatori che, grazie alla sieronegatività, è stato possibile ammettere alla donazione. Questo dato può riflettere in parte la presenza reale di un rischio di malattia nella popolazione dei donatori, in parte è spia di un corretto inquadramento del donatore da parte del medico trasfusionista. Il numero dei donatori a rischio ha subito un trend decrescente nell’arco di tempo considerato: subito dopo l’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 02/11/2015, che ha introdotto lo screening dei donatori di sangue, c’è stato un boom di richieste di test di screening perché ovviamente i donatori, da quel momento ritenuti a rischio, non si erano mai sottoposti al test per la ricerca di anticorpi anti-T. cruzi. Essendo la donazione di sangue nella maggioranza dei casi una pratica abituale, il numero dei donatori da sottoporre a screening è successivamente diminuito perchè molte persone che si presentavano per la donazione si erano già sottoposte al test. Il valore da noi osservato, confrontato col dato analogo raccolto in studi effettuati in paesi europei che hanno adottato ugualmente lo screening sistematico dei donatori, si colloca a metà strada tra lo 0,6% osservato in uno studio svizzero [41] e in uno olandese [57] e il 9,9% di uno studio francese [58]. Quest’ultimo dato, notevolmente superiore, è in parte giustificabile con una ipotetica maggior percezione di rischio di infezione tra i donatori da parte dei medici francesi (i valori di sieroprevalenza nei donatori a rischio sono in effetti doppi rispetto al nostro studio) e, in parte, da un atteggiamento eccessivamente difensivista degli stessi.

Il campione dei donatori a rischio è risultato essere composto prevalentemente da maschi (59,9%), dato in linea con le percentuali di genere dei donatori totali. E’ interessante notare che il campione dei donatori a rischio è composto in netta maggioranza (78,7%) da persone originarie da paesi europei, a maggioranza italiani, mentre solo il 14% è rappresentato da persone provenienti da paesi

endemici dell’America Latina. Questo dato evidenzia come siano state considerate a rischio di infezione da T. cruzi persone che hanno semplicemente viaggiato verso paesi endemici dell’ America Latina. A sostegno di questo dato il fatto che il range di età più rappresentato tra i donatori a rischio è quello dei 40-50 anni. Mediamente in questa la fase della vita, più che in altri periodi, si dispone di risorse economiche che permettono di intraprendere viaggi dispendiosi anche verso destinazioni lontane. Tuttavia, il fatto di aver viaggiato in paesi dove la tripanosomiasi americana è endemica non espone automaticamente al rischio di contrarre l’infezione da T. cruzi. Alla luce dei dati raccolti, sembra ci sia stata una non idonea applicazione dei criteri per la valutazione di donatore a rischio, atteggiamento che si è tradotto in un eccesso di richieste di test di screening. Il campione dei donatori risultati sieropositivi al test di screening (8) mostra valori maggiori nei soggetti femminili (6) e nei soggetti di origine Latino Americana (25% vs 14%) rispetto al gruppo dei donatori a rischio. La fascia di età dei 40-50 anni è rappresentata anche nel gruppo dei sieropositivi (4) ma è seconda al gruppo con età dai 18 ai 30 anni (5). Tra i sieropositivi al test di screening un candidato donatore è originario del Brasile, paese più rappresentato tra i donatori a rischio dell’America Latina.

Il valore di sieroprevalenza dello 0,4% tra i donatori a rischio è un valore basso ed ed è in parte in linea con i valori analoghi osservati in altri studi europei di sieroprevalenza. In uno studio inglese [59] la sieroprevalenza calcolata era dello 0,58%, in uno condotto in Svizzera [41] 0,1%; in Olanda [57] il valore calcolato era pari a 0%. In una ricerca condotta in Francia [58] la sieroprevalenza calcolata era dell’ 1%, valore doppio. In uno studio italiano [60] condotto nella capitale, il valore registrato è risultato pari al 3,9%; il dato, sensibilmente maggiore, è da ascrivere ad un numero esiguo (128) di donatori arruolati ed a un’alta prevalenza (80%), tra questi, di persone originarie dell’ America Latina.

La stima di prevalenza di CD cronica nella popolazione dei donatori a rischio è molto bassa ed è pari allo 0,05%. Il dato mostra in parte delle analogie con i valori corrispondenti registrati in altri studi europei: Svizzera [41], Francia [58]. Se confrontato invece con i dati di uno studio inglese (0,007%) [59] il nostro dato

risulta dieci volte più alto, mentre è dieci volte inferiore rispetto al dato di uno uno studio spagnolo (0,62%).[61] Il dato più elevato della Spagna è da attribuire alla maggiore prevalenza di immigrati provenienti dai paesi endemici per malattia di Chagas.

La stima di prevalenza di CD cronica nel sottoinsieme dei donatori a rischio provenienti dall’America Latina è pari a 0%, dato in netto contrasto col valore (media europea) stimato di 4,2% presentato nello studio di Ana Requena-Méndez et al. del 2015.[8] Questa incongruenza è verosimilmente da attribuire in parte al fatto che la media europea comprende anche la Spagna, paese ad elevata prevalenza di immigrati latinoamericani e in parte al numero esiguo, nel nostro campione, di donatori provenienti dall’ America Latina (268 = 14%).

5.2 Confronto tra le metodiche utilizzate

La positività agli anticorpi anti-T. cruzi, evidenziata al test di screening ICT sugli otto campioni, non è stata confermata né dal test ChLIA nè dall’ IB in 7 casi su 8. Anche i 2 test ELISA, effettuati allo scopo di confrontare i risultati, hanno dato un esito negativo su questi 7 sieri. Considerato il risultato negativo ottenuto in tutti i 4 test, si può concludere che siamo davanti a 7 casi di falsa positività, dato che rientra pienamente nelle casistiche dei test di screening. Un test con elevata sensibilità è infatti da preferire nelle procedure di screening, in particolare a livello dei centri trasfusionali dove si devono preservare le scorte di sangue da rischi infettivi, a costo di dover spendere risorse per approfondire l’indagine diagnostica anche su campioni falsamente positivi.

I risultati dei test effettuati sui 10 sieri di controllo mostrano concordanza su tutti i campioni ad eccezione di un controllo positivo che è stato valutato negativo dal test di screening ICT. Questo dato si pone in contrasto con l’elevata sensibilità che il test ha mostrato nel saggiare i sieri dei donatori a rischio. Era lecito aspettarsi un risultato positivo su un campione di controllo definito positivo (grazie alla positività ottenuta con i 2 test ELISA) e confermato anche dai test ChLIA e IB. La mancanza di accuratezza osservata per il test ICT è un dato allarmante considerato che è la metodica utilizzata per lo screening dei donatori e dunque non può dare

esiti falsamente negativi, pena il rischio di trasmissione di infezione a chi riceve la trasfusione. Il dato assume un peso consistente considerato che il fallimento del test si è verificato nel contesto di un piccolo gruppo di sieri di controllo (10). Alla luce di questa evidenza, sembra opportuno prendere in considerazione la modifica dell’algoritmo diagnostico per l’infezione da T. cruzi a iniziare dal test di screening.

6 CONCLUSIONI

I dati raccolti nel periodo di circa tre anni relativi allo screening dei candidati donatori di sangue permettono di fare alcune considerazioni. L’introduzione dello screening sistematico dei candidati donatori a rischio si è rivelata una procedura efficace: con un costo relativamente basso ha permesso di salvaguardare la sicurezza delle donazioni di sangue e, al tempo stesso, di guadagnare un notevole numero di donatori (1910 nel nostro caso) e quindi di donazioni che, prima dell’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del novembre 2015, sarebbero andate perse. Questo è un dato importante soprattutto per i centri ospedalieri di rilievo nazionale come l’AOUP pisana in cui è presente un’importante attività di chirurgia, in particolare dei trapianti, che non può prescindere dalla presenza di adeguate scorte di sangue e derivati.

Alla luce dei bassi valori di sieroprevalenza tra i donatori a rischio e del fatto che la maggior parte delle richieste di screening sono fatte per soggetti nati in Europa e che hanno viaggiato in paesi dell’America Latina, sembra opportuno dover migliorare la selezione dei donatori a rischio di infezione da T. cruzi. L’aver semplicemente viaggiato in paesi endemici non espone infatti automaticamente al rischio di infezione da T. cruzi. Appare necessario inserire nel questionario del donatore domande specifiche sulle condizioni favorenti l’infezione come il soggiorno in aree rurali, la pratica di attività a contatto con la natura come il camping e il trekking, come specificato nel Decreto del Ministero della Salute. Sembra anche appropriato, al fine di aumentare la sicurezza delle donazioni,

introdurre la domanda relativa ad eventuali trasfusioni di sangue subite durante il soggiorno in paesi endemici, evento teoricamente improbabile, ma pur sempre possibile. Una migliore selezione dei donatori a rischio si tradurrebbe in una minore esecuzione di test di screening e dunque in un alleggerimento del lavoro per il personale dei laboratori e in un risparmio di risorse economiche, dato quanto mai attuale e auspicabile nel nostro paese.

Infine l’evidenza di scarsa specificità del test di screening ICT utilizzato presso il nostro Laboratorio porta a considerare il suo affiancamento con una metodica più specifica. La scelta potrebbe ricadere su un test ELISA ad alta sensibilità diagnostica, come suggerito, in diversi lavori[2][47][48][50]. Il ruolo di secondo test potrebbe essere rivestito sempre dalla metodica ChLIA. Come test di conferma, in caso di sierodiscordanza tra i primi due, potrebbe essere introdotta la metodica WB con antigene da lisato parassitario (l’unico attualmente in commercio in Europa) o il TESA-blot (attualmente non in commercio in Europa) che utilizza l’antigene escretorio-secretorio di T. cruzi; entrambi hanno mostrato ottime prestazioni di specificità diagnostica.[53][62][63][64].

+ - + - - +

Test di screening ELISA

Diagnosi di CD cronica Può donare sangue Test ChLIA Test WB Falsa positività al test di screening

7 BIBLIOGRAFIA

[1]De Carneri. Parassitologia medica e diagnostica parassitologica, Milano, Ambrosiana, 2013. [2] Angheben A. et al. Chagas disease and transfusion medicine: a perspective from non-endemic countries. Blood Transfus. 2015 Oct;13(4):540-50.

[3] Bonney KM. Chagas disease in the 21st century: a public health success or an emerging threat?

Parasite. 2014;21:11.

[4] Basile L. et al. Chagas disease in European countries: the challenge of a surveillance system. Working Group on Chagas Disease. Euro Surveill. 2011 Sep 15;16(37). pii: 19968.

[5] Conners, E. et al. A global systematic review of Chagas disease prevalence among migrants.

Acta Trop. 2016; 156: 68–78.

[6] Monge-Maillo B. et al. Challenges in the management of Chagas disease in Latin-American migrants in Europe. Clin Microbiol Infect. 2017 May;23(5):290-295.

[7] Strasen et al. Epidemiology of Chagas disease in Europe: many calculations, little knowledge.

Clin Res Cardiol. 2014 Jan;103(1):1-10.

[8] Requena-Mendez, A. et al. Prevalence of Chagas disease in Latin-American migrants living in Europe: a systematic review and meta-analysis. PLoS Negl Trop Dis. 2015; 9: e0003540.

[9] Herrador Z. et al. Using hospital discharge database to characterize Chagas disease evolution in Spain: there is a need for a systematic approach towards disease detection and control. PLoS Negl

Trop Dis 2015;9: e0003710.

[10] Angheben A, et al. Chagas disease in Italy: breaking an epidemiological silence. Euro

Surveill. 2011 Sep 15;16(37) pii: 19969.

[11] Rassi A Jr. et al. American trypanosomiasis (Chagas disease). J Infect Dis Clin North Am. 2012 Jun; 26(2):275-91.

[12] Fabiani S. et al. Solid Organ Transplant and Parasitic Diseases: A Review of the Clinical Cases in the Last Two Decades. Pathogens. 2018 Jul 31;7(3). pii: E65.

[13] D.-A. Álvarez-Hernándeza. et al. Chagas disease: Current perspectives on a forgotten disease.

Revista Medica del Hospital General de Mexico. 2016.

[14] Zulantay I. et al. The PCR-based detection of Trypanosoma cruzi in the faeces of Triatoma infestans fed on patients with chronic American trypanosomiasis gives higher sensitivity and a quicker result than routine xenodiagnosis. Ann Trop Med Parasitol. 2007 Dec;101(8):673-9.

[15] Zingales B. et al. A new consensus for Trypanosoma cruzi intraspecific nomenclature: second revision meeting recommends TcI to TcVI. Mem Inst Oswaldo Cruz. 2009 Nov;104(7):1051-4. [16] Brasil PE. et al.Commercial enzyme-linked immunosorbent assay versus polymerase chain reaction for the diagnosis of chronic Chagas disease: a systematic review and meta-analysis. Mem

[17] Schijman AG. et al. International study to evaluate PCR methods for detection of Trypanosoma cruzi DNA in blood samples from Chagas disease patients. PLoS Negl Trop Dis. 2011 Jan 11;5(1):e931.

[18] Notomi et al. Loop-mediated isothermal amplification of DNA. Nucleic Acids Res. 2000 Jun 15;28(12):E63.

[19] Thekisoe et al. Species-specific loop-mediated isothermal amplification (LAMP) for diagnosis of trypanosomosis. Acta Trop. 2007 Jun;102(3):182-9.

[20] Rivero et al. Rapid detection of Trypanosoma cruzi by colorimetric loop-mediated isothermal amplification (LAMP): A potential novel tool for the detection of congenital Chagas infection.

Diagn Microbiol Infect Dis. 2017 Sep;89(1):26-28.

[21] Besuschio et al. Analytical sensitivity and specificity of a loop-mediated isothermal amplification (LAMP) kit prototype for detection of Trypanosoma cruzi DNA in human blood samples. PLoS Negl Trop Dis. 2017 Jul 20;11(7):e0005779.

[22] Schijman AG. Molecular diagnosis of Trypanosoma cruzi. Acta Trop. 2018 Aug;184:59-66. [23] Dias JC. et al. 2nd Brazilian Consensus on Chagas Disease, 2015. Rev Soc Bras Med Trop. 2016 Dec.

[24] Brasil et al. ELISA versus PCR for diagnosis of chronic Chagas disease: systematic review and meta-analysis. BMC Infect Dis. 2010 Nov 25;10:337.

[25] WHO Expert Committee Control of Chagas disease. World Health Organ Tech Rep Ser. 2002;905:i-vi, 1-109.

[26] Afonso AM. et al. A systematic review of high quality diagnostic tests for Chagas disease.

PLoS Negl Trop Dis 2012;6: e1881.

[27] Riera C. et al. Identification of a western blot pattern for the specific diagnosis of Trypanosoma cruzi infection in human sera. Am J Trop Med Hyg 2012 86: 412–26.

[28] Chappuis F. et al. Validation of a rapidimmunochromatographic assay for diagnosis of Trypanosoma cruzi infection among Latin-American migrants in Geneva, Switzerland. J Clin

Microbiol 2010; 48: 2948–52.

[29] Leiby DA. et al. Serologic testing for Trypanosoma cruzi: comparison of

radioimmunoprecipitation assay with commercially available indirect immunofluorescence assay, indirect hemagglutination assay, and enzyme-linked immunosorbent assay kits. J Clin Microbiol. 2000 Feb;38(2):639-42.

[30] Apt W. et al. Guías clínicas de la enfer-medad de Chagas: Parte II. Enfermedad de Chagas en el adulto, la infancia y adolescencia. Rev Chil Infectol. 2008;25:194---9.

[31] Ministerio de Salud. Guía Clínica Guía de Diagnóstico, Tratamiento y Prevención de la

Enfermedad de Chagas. Santiago, vol. 1; 2011. p. 1---38.

[32] Apt W. et al. Guías clínicas de la enfer-medad de Chagas: Parte IV. Enfermedad de Chagas en pacientes inmunocomprometidos. Rev Chil Infectol. 2008;25: 289---92.

[33] Schmuñis GA. Trypanosoma cruzi, the etiologic agent of Chagas' disease: status in the blood supply in endemic and non endemic countries. Transfusion. 1991 Jul-Aug; 31(6):547-57.

[34] Schmunis GA. Epidemiology of Chagas disease in non-endemic countries: the role of international migration. Mem Inst Oswaldo Cruz. 2007;102 (Suppl 1):75–85.

[35] Castro E. Chagas' disease: lessons from routine donation testing. Transfus Med. 2009 Feb;19(1):16-23.

[36] Blumental S. et al. First Documented Transmission of Trypanosoma cruzi Infection through Blood Transfusion in a Child with Sickle-Cell Disease in Belgium. PLoS Negl Trop Dis. 2015 Oct 15;9(10):e0003986.

[37] Ana Requena-Méndez et al. Health Policies to Control Chagas Disease Transmission in European Countries. PLoS Negl Trop Dis. 2014 Oct 30;8(10):e3245.

[38] Ana Requena-Méndez et al. Cost-effectiveness of Chagas disease screening in Latin American migrants at primary health-care centres in Europe: a Markov model analysis. Lancet

Glob Health. 2017 Apr;5(4):e439-e447.

[39] Agapova M. et al. Cost-effectiveness of screening the US blood supply for Trypanosoma cruzi. Transfusion. 2010 Oct;50(10):2220-32.

[40] Pedreira de Freitas JL. et al. First test on accidental transmission of Chagas disease to man by blood transfusion. Rev Paul Med 1952;40: 36–40.

[41] Niederhauser C. et al. Selective Testing of At-Risk Blood Donors for Trypanosoma cruzi and Plasmodium spp. in Switzerland. Transfus Med Hemother. 2016 May;43(3):169-76.

[42] Benjamin RJ. et al. Trypanosoma cruzi infection in North America and Spain: evidence in support of transfusion transmission. Transfusion 2012;52:1913–21.

[43] Cancino-Faure B. et al. Evidence of meaningful levels of Trypanosoma cruzi in platelet concentrates from seropositive blood donors. Transfusion. 2015 Jun;55(6):1249-55.

[44] Cancino-Faure B. et al. Why are platelets the most frequently mentioned blood component in Chagas transfusion transmission reports? Blood Transfus. 2016 Mar 21:1.

[45] Antinori S. et al. Chagas disease in Europe: A review for the internist in the globalized world.

Eur J Intern Med. 2017 Sep;43:6-15.

[46] Duarte LF. et al. Comparison of seven diagnostic tests to detect Trypanosoma cruzi infection in patients in chronic phase of Chagas disease. Colomb Med (Cali). 2014 Jun 30;45(2):61-6. [47] Otani MM. et al. WHO comparative evaluation of serologic assays for Chagas disease.

Transfusion. 2009 Jun;49(6):1076-82.

[48] Flores-Chávez [Comparison of conventional and non-conventional serological tests for the diagnosis of imported Chagas disease in Spain]. Enfermedades Infecciosas y Microbiología

Clínica 28(5):284-93.

[49] Balouz V. et al. Chagas disease diagnostic applications: present knowledge and future steps.

Adv Parasitol. 2017;97:1-45.

[50] Castro E. Chagas' disease: lessons from routine donation testing. Transfus Med. 2009 Feb;19(1):16-23.

[51] Angheben A. et al. Accuracy of a Rapid Diagnostic Test (Cypress Chagas Quick Test® ) for the Diagnosis of Chronic Chagas Disease in a Nonendemic Area: A Retrospective Longitudinal Study. Am. J. Trop. Med. Hyg., 97(5), 2017, pp. 1486–1488.

[52] Angheben A. et al. Rapid immunochromatographic tests for the diagnosis of chronic Chagas disease in at-risk populations. A systematic review and meta-analysis. Submitted to PlosNTD

2018.

[53] Umezawa ES. et al. Immunoblot assay using excreted-secreted antigens of Trypanosoma cruzi in serodiagnosis of congenital, acute, and chronic Chagas' disease. J Clin Microbiol. 1996 Sep;34(9):2143-7.

[54] Yonemura S. et al. Improving the safety of whole blood-derived transfusion products with a riboflavin-based pathoge reduction technology. Blood Transfus. 2017 Jul;15(4):357-364.

[55] Allain J-P. et al. Effect of Plasmodium inactivation in whole blood on the incidence of blood transfusion-transmitted malaria in endemic regions: the African Investigation of the Mirasol System (AIMS) randomised controlled trial. Lancet 2016 Apr 23;387(10029):1753-61.

[56] Nkohkwo A. et al. Whole blood pathogen reduction technology and blood safety in sub- Saharan Africa: A systematic review with regional discussion. Afr J Lab Med. 2016 Jun 9;5(1):363.

[57] Slot E. et al. Risk Factors and Screening for Trypanosoma cruzi Infection of Dutch Blood Donors. PLoS One. 2016 Mar 7;11(3): e0151038.

[58] El Ghouzzi MH. et al. Testing blood donors for Chagas disease in the Paris area, France: first results after 18 months of screening. Transfusion. 2010 Mar;50(3):575-83.

[59] Kitchen AD. et al. The early implementation of Trypanosoma cruzi antibody screening of

Documenti correlati