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Confronto tra i Baldrs Draumar e il XVII runo

Nel documento Saxonis Grammatici (pagine 61-65)

REGNI DEI MORTI DI FINNI E GERMANI

3.1 PRESENTAZIONE DEL MATERIALE KALEVALIANO RELATIVO AI REGNI DEI MORTI DEI FINNI

3.4.1 Confronto tra i Baldrs Draumar e il XVII runo

Nei Bdr, Óðinn si reca a Hel presso la tomba di una vǫlva defunta (vǫlvaleiði Bdr, str. 44) per comprendere il significato dei sogni funesti del figlio Baldr (Bdr, str. 17). Vǫlva è letteralmente “colei che porta la bacchetta” (tmod. Stabträgerin) e nella tradizione nordica denotava una donna che praticava magia ed era di conseguenza tenuta in gran rispetto. In Islanda, inoltre, i luoghi in cui esse venivano sepolte erano visti, fino a tempi recenti, con particolare soggezione. La vǫlva poteva essere anche spákona perché in grado di fare profezie (norr. spá) che per i germani costituivano molto più della semplice conoscenza del futuro perché, quando qualcosa veniva predetto, la direzione degli avvenimenti era già irrimediabilmente fissata.285 Nel Kalevala Väinämöinen va sottoterra dove giace il gigante Antero Vipunen (ILLUSTRAZIONE 6) per acquisire le parole magiche, negategli a Manala, al fine di riparare il suo runoreki. Vipunen rappresenta lo sciamano morto perché, rimasto in trance troppo a lungo, la sua anima non è più stata in grado di trovare la via del ritorno.286 Mentre Óðinn cavalca in sella a Sleipnir e sotto il loro peso il sentiero rimbomba (Bdr, str. 35), Väinämöinen compie un percorso della durata di tre giorni: trascorre la prima giornata muovendosi agilmente con le donne (XVII, 51-52), la seconda combattendo contro uomini con la punta della spada (XVII, 53-54), e la terza scontrandosi barcollando contro uomini con la lama della mannaia (XVII, 55-56).

Entrambi i veggenti sono morti: nei Bdr si afferma chiaramente che la vǫlva ha trovato sepoltura nel regno dei morti, unico caso in cui si fa riferimento ad una tomba situata a Hel; essa è inoltre collocata ad est della porta della sala di Hel (Bdr, str. 42),

285 De Vries Jan, Altgermanische Religionsgeschichte Band I, op. cit., pp. 324-325.

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alludendo probabilmente alla sua origine di gigante, come successivamente ripreso dall’espressione “madre di tre giganti” (Bdr, str. 137-8). La vǫlva sembra allora essere in relazione con il regno dei morti e dei giganti,287 come ricordato in Vsp, str. 21-2 in cui la

vǫlva che narra ad Óðinn l’origine e la fine del mondo, ricorda di essere discesa dai giganti

che l’hanno allevata. Oltre il mondo abitato si estende infatti Útgarðr, regione abitata da dèmoni e giganti, collocata a settentrione e ad oriente e tradizionalmente connessa al regno dei morti.288 Inoltre i giganti, i primi ad essere venuti al mondo agli inizi dei tempi, sono depositari di una grande conoscenza e quindi gli esseri più saggi.289 Dal Kalevala non si evince se la tomba di Vipunen si trovi o meno a Manala, sebbene ci siano ragioni per credere che sia collocata in un luogo diverso dal regno dei morti da cui Väinämöinen è appena fuggito (XVI runo): Väinämöinen compie infatti un percorso diverso, impiegando soltanto tre giorni anziché tre settimane; non si fa menzione del Tuonelan

joki; non si imbatte in alcuna creatura infera e la vegetazione non è rada come a Manala,

bensì molto rigogliosa. Poiché Vipunen è morto da lungo tempo (XVII, 43), sul suo

ruumis “cadavere” crescono numerose piante che Väinämöinen, esortandolo a destarsi

dal suo sonno interminabile (XVII, 84), abbatte con la propria spada. Similmente, anche il cadavere della vǫlva è coperto di neve, rugiada e colpito dalla pioggia (Bdr, str. 54-6), il che allude al fatto che sia anch’essa morta da lungo tempo (Bdr, str. 57). Óðinn la desta usando valgaldr “Toten[erweckungs]zauberei”, ovvero “magia per risvegliare i defunti” (Bdr, str. 46). La veggente si sveglia sdegnata (Bdr, str. 47) come Vipunen che, mordendo l’asta di ferro infilatagli in bocca da Väinämöinen, inghiotte anche quest ultimo (XVII, 89-98). Durante il primo scambio di battute, la vǫlva si chiede che razza di uomo, a lei sconosciuto, l’abbia incomodata (Bdr, str. 51-3); anche Vipunen si chiede che essere sia colui che gli sta facendo saltare i tizzoni ardenti in bocca (XVII, 149-156): lo scambia per una creatura malvagia, un malanno voluto da Dio o frutto di magia nera (XVII, 179-184). Dopo ogni risposta, la vǫlva chiarisce di farlo con riluttanza e minaccia di tacere (Bdr, 7

7-8), mentre Óðinn la incalza a continuare fino a quando avrà udito tutto ciò di cui vuole essere informato (Bdr, str. 81-3). Vipunen cerca invece di liberarsi del suo interlocutore pronunciando formule magiche: Väinämöinen tuttavia minaccia di non uscirsene fino a

287 Von See Klaus, Kommentar zu den Liedern der Edda, op. cit., pp. 417, 419-420.

288 De Vries Jan, Altgermanische Religionsgeschichte Band II, op. cit., pp. 373-374.

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quando avrà ascoltato “scongiuri magici a migliaia” (XVII, 522) che gli permettano di riparare il runoreki.

In entrambe le tradizioni il capo della comunità si reca alla tomba del veggente/ gigante defunto per cercare di risolvere una situazione di crisi acquisendo conoscenza. Da un particolare, ovvero dalla presenza di una maga di sesso femminile in Bdr e di uno sciamano maschio nel Kalevala, salta anche all’occhio una differenza tra le due tradizioni: mentre nel mondo finnico esistevano sciamani di sesso maschile, presso i germani la magia era prerogativa delle donne. Gli uomini, infatti, si vergognavano di praticarla perché al suo esercizio era connesso svo mikil ergi “un così grande ergi”.290

In norreno il sostantivo ergi e l’aggettivo argr (< germ. ARGA-) indicavano sia “viltà” e “codardia”, sia “non virilità”, “effeminatezza”. L’associazione di queste due accezioni sul piano linguistico è tuttavia riscontrabile soltanto in Scandinavia. Come sostiene Verio Santoro, il germ. ARGA- sarebbe infatti riconducibile all’ i.e. ERGH-, “scuotere”, “tremare” e conseguentemente il “tremare per paura” sarebbe alla base degli sviluppi semantici del termine nelle lingue germaniche. Che il significato primo sia quello di “viltà”, “codardia” è confermato anche dal prestito finlandese arka, “empfindlich”, “scheu”, “ängstlich”, “furchtsam”291 non successivo agli inizi dell’era volgare. Proprio perché in norreno il termine era connesso all’omosessualità, l’accusa di essere argr costituiva la peggior offesa mossa contro un uomo ed era perciò fondamentale nel níð. L’epiteto argr costituisce, in particolare nel discorso diretto, l’insulto per eccellenza292 e proprio con questo valore viene usato da Loki come offesa ad Óðinn in Ls, str. 24:

‘Enn þic síða kóðo Sámseyo í, oc draptu á vétt sem vǫlor; vitca líki fórtu verþióð yfir, oc hugða ec þat args aðal.293

290 Santoro Verio, Germ. arga-, iniuriosum verbum. Aspetti etimologici e semantici, Roma, Aracne, 2002, p. 14.

291 Per gli ulteriori significati ed esempi di veda Klemmt Rolf, Rekiaro Ilkka, Suomi-Saksa-Suomi

Sanakirja, Jyväskylä, Gummerus, 2008 alla voce arka.

292 Santoro Verio, op. cit., pp. 13-15, 25, 61-63.

293 Kuhn Hans, Edda. Die Lieder des Codex Regius nebst verwandten Denkmälern. Herausgegeben von Gustav Neckel, Heidelberg, Carl Winter Universitäsverlag, 1962, Ls, str. 24.

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«Di te dissero che avevi fatto incantesimi in Samsey e battevi sul tamburo magico, come le veggenti. In veste di maga hai viaggiato tra i popoli

e penso che da invertiti sia questo.»294

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