• Non ci sono risultati.

2.3 Risultati del rilievo geomorfologico

2.3.2 Conoscenze pregresse sulla franosità dell’area di studio

L’area investigata rispecchia la diffusa franosità che investe l’intero bordo occidentale del Massiccio della Sila, nonché i caratteri peculiari che la caratterizzano e la rendono fortemente insidiosa. Nell’identificare tali fenomeni di movimenti in massa, infatti, sono state riscontrate elevate difficoltà a causa del loro carattere impulsivo che si realizza nel rapido svilupparsi degli eventi, nonché nel loro repentino esaurirsi in termini di attività e nei lunghi tempi di ritorno tra due successive rimobilizzazioni.

Nel lasso di tempo intercorso tra due eventi, corrispondente al periodo di inattività, si mettono in atto alcuni processi di modellamento che minano le evidenze morfologiche da frana e l’originaria conformazione del corpo frana subisce una serie di modellamenti che cancellano totalmente o parzialmente i caratteri morfologici identificativi. Dunque, per avere un quadro d’insieme dei fenomeni verificatesi in passato e che possono riattivarsi in futuro, risulta di notevole importanza far rifermento ai dati di letteratura.

A tal proposito risulta necessario iniziare lo studio della franosità dell’area ripercorrendo la sua storia attraverso gli studi ed i dati pregressi disponibili, cosi da documentare una variabilità spazio- temporale dei fenomeni gravitativi. Diversi lavori esaminati ( Cascini et al., 1988, 1991,1992a,b, 1994; Casini & Gullà,1993; Matano & Tansi, 1994; Petrucci et al.,1996; Petrucci & Versace, 2005, 2007 e Petrucci et al., 2009) hanno investigato la franosità con approccio interdisciplinare ed hanno messo in atto un reperimento dei dati storici attingendo dal patrimonio inesauribile dell’Archivio del Genio Civile e dell’Archivio di Stato di Cosenza (Petrucci & Versace, 2005, 2007 e Petrucci et

al., 2009). Tali archivi rappresentano una fonte di immagazzinamento per lo sviluppo di ricerche ed indagini atti a far luce sulle azioni intraprese per fronteggiare alle gravi condizioni di dissesto idrogeologico che intaccano, più in generale, l’intero territorio calabrese. I suddetti dati fanno riferimento ad un intervallo temporale che va dagli inizi del ‘900 e sono elencati nella Tabella 2.1, a cui si aggiungonoo in minor dettaglio i fenomeni verificatesi nell’Ottocento (Petrucci et al.,1996). Dall’analisi di studi passati (Cascini & Versace, 1988; Cascini et al., 1991; 1992; Critelli et al. 1990,1991; Matano & Tansi, 1994) i fenomeni franosi diffusi nell'area di interesse possono essere distinti in due tipologie di movimenti prevalenti: movimenti delle coperture detritiche e movimenti di instabilità nella roccia degradata, lungo discontinuità preesistenti (Fig.2.10). Il primo tipo ha sede essenzialmente entro la copertura colluviale e/o residuale e in genere innescati da eventi pluviometrici estremi e stagionali (Campbell,1975; Govi,1979; Govi et al.,1984; Cascini & Versace,1988) con prevalente sviluppo come scorrimenti traslativi. Gli scorrimenti di detriti, talvolta, hanno un carattere estremamente superficiale evolvente in colata lungo versanti con inclinazioni tra i 20-25°. I movimenti delle coperture detritiche si realizzano con maggior frequenza nell’ambito di vallecole a conca e conche sepolte,dando luogo a caratteristici profili longitudinali concavo-convessi. È da notare come le concavità morfologiche, notevolmente presenti nell’area di studio e colmate da terreni colluviali e detritici, siano da considerare elementi morfologici con elevata predisposizione allo sviluppo di fenomeni franosi. Il secondo tipo di movimento ha sede negli gneiss alterati e fortemente fessurati, e si mettono in posto lungo versanti più acclivi caratterizzati da pendenze non inferiori ai 30°. Il loro sviluppo più ricorrente in termine di movimento è lo scorrimento rotazionale. Nei cinematismi delle frane che interessano rocce meno alterate un ruolo fondamentale è giocato dalle discontinuità tettoniche presenti nell’ammasso roccioso. I movimenti in roccia individuano una serie di gradini ribassati verso valle e varici in roccia degradata, in cui generalmente si rinviene un cumulo di frana ampio, talora rimodellato e stabilizzato o addirittura in progressivo smantellamento. La direzione di movimento, generalmente, si esplica lungo la linea di massima pendenza del versante, ma si riconosce una diretta influenza delle condizioni strutturali sull’evoluzione e/o sugli elementi morfologici del movimento franoso. Tra i diversi fenomeni gravitativi in massa afferenti all’area di studio si riportano in dettaglio i dati relativi alle frane di Via San Francesco e di Altavilla.

La frana di Via San Francesco ampiamente studiata in letteratura (Cascini 1986, Cascini et al.,1992, 1995; Cascini & Gullà 1993) si presenta come una serie di scorrimenti retrogressivi che coinvolgono i terreni colluviali-residuali - saprolitici (corrispondenti alle classi di alterazione VI e

V nella classifica adottata come riferimento, si veda il capitolo successivo) e varie coltri detritiche per uno spessore di 20-25m, i quali poggiano su un substrato meno alterato con morfologia a gradini ribassante verso valle su cui si imposta una paleo vallecola a conca. Le cause determinanti il dissesto sono una combinazione degli incrementi delle pressioni neutre legati ad innalzamento dei livelli piezometrici della falda sotterranea, e l’azione di scalzamento al piede operata dal Torrente Riganello. Tali cause nel corso dell’ultimo secolo hanno portato a due riattivazioni, l’ultima delle quali è stata consequenziale alle intense precipitazioni che si sono prolungate nel tempo (gennaio del 1981) ed ha compromesso gli edifici presenti nell’area fino alla successiva evacuazione. L’intermittenza del fenomeno è stata stimata con tempi di ritorno superiori a 50 anni, secondo studi idrologici (Cascini & Versace, 1988), con un modellamento verificatosi nel periodo di quiescenza che ha obliterato gli indizi morfologici della frana, a causa anche dei piccoli spostamenti che la caratterizzano (solo alcuni decimetri).

La frana di Altavilla rappresenta, invece, una caso di interferenza tra l’urbanizzazione e l’ambiente fisico a causa di un antico dissesto che nel tempo si è ampliato fino a coinvolgere una parte del centro storico ritenuto stabile. Il progressivo ampliamento deriva del sollevamento tettonico che insieme ad una fase di incisione del Torrente Corno ha fatto si che la frana, presente alla base del versante, si espandesse verso la parte alta del versante fino ad intaccare l’abitato di Altavilla. L’approfondimento del Torrente ha causato lo sviluppo di fenomeni di scalzamento al piede del versante, con il conseguente scivolamento di porzioni di materiale roccioso poco alterato. La suddetta attività erosiva del Torrente, che è perdurata nel tempo, alla fine degli anni ‘30 ha permesso ai dissesti di continuare la propria espansione fino alla porzione sommitale della collina, con ultima rimobilizzazione intorno al 1970.

In aggiunta ai dati storici tratti da pubblicazioni, si è attinto al catalogo delle frane cartografate nel Piano Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico(PAI) con aggiornamento dati a febbraio del 2011. Lo Stralcio della carta PAI dell’area investigata(Fig. 2.11) mostra la presenza di una pericolosità variabile da media a molto alta. In particolare, l’area totale interessata da fenomeni del PAI risulta essere circa il 12% ed è ripartita nelle diverse categorie di pericolosità media, alta e molto alta rispettivamente con valori circa del 66%, 21% e 13% (Fig. 2.11 A).

Documenti correlati