*)Questeattaccaturesonorimaste oggisolamentenelle pre-posizioni articolate.Cosìdallaprep.r/eodi e dallaprep.aeda,
con
gli art, eloil,lo li,lale,sì fecedelo d'elMelo, deli, dela,dele,aH,alo,a.li,ala, a le, dal, da lo,
da
li, da la, da le, le quali,maritatesi insieme,raddoppiaronolaconsonante,salvo ledue
prime,efecerodello,delli, della, delle, allo,alli,alla,al-le, dallo,dalli, dalla, dalle. Così,daco epe [che furono voci intereper con e per,
come
mostrano, fra'moltissimi, questi esempii; Ovidio,Rimedio d'Amore,
pubb. daF. Zambrini,p.21. (Prato,1850) //tavoliere ei tempi
commossi
comolto vino tolgonogliuomini da loroanimo;ep. 52.Pe
ricordanzaè ri-creatoci rinnovato Vamore.] da co epe,dico,e dagli articoli,sifecero co
7
e col,peH
e pel, e collo,colli pello, pelli ec. Dicasi lo stesso di trae fra.Quanto
all'articolazione dellaprep. in, vedi la nota 7. Queste attaccaturerimangono
oggi anche in parecchie delle maniere prepositive,come
affronle, allato,ac-costo, accanto ec.
*Questaleggendadi
Susanna
èpressoapoco unvolgarizza-mento
del capitoloXXXIII
della Profezia di Daniele.'Balbilloniaper Babbillonia: scambio di consonanti fre-quentenegliantichi:cosìsulbitamenteper subbitamenteapag.
13.
Quanto
allo scrivere con doppia consonante queste ed al-tre simili parole,non mancano
esempii negliantichi. Simin-tendi, OvidioMagg.
voi. 1 pag. 156. (Prato, 1856) La quale TisbediBabbilonia videda lungi a'razzuoli dellaluna. Legg.di S. Brigida, MS. dell'Angelica di
Roma,
seg. T. 5. 4.a car.1.Etnon solamenteilpadreetla
madre
fuorono nobbiliet vir-tuosi,ma
eliandio tucta la suaantichità.— 20 —
3
Fue
per fu. Gli antichi chiusero in e leterzepersone sin-golari de'perfetti di tutte e tre le conjugazioni,come
amoe^temeeotemè, udie, eperciò fue èvoceprimitiva;
non
vi s'ag-giunsela e perevitare l'accento finale in queste voci. Vedi ilNannucci, AnalisiCriticade'verbi italiani, pag. 452.
* inperciò cheU.
La m
fu scambiata inn
ne'primi secoli della lingua innanzialle labiali6ep; così senpre,lenpo, onbra conbaltere. Legg. ined.pubb. daF. Zambrini, voi. 1, p. 96.(Bologna, 1856) Figliuolo miodolcissimo, ahi continovo il di-giuno, e conpi letue orazioni,e senpre ti
raccomanda
a Dio.S. Efrem. Serm.VlII, pubb. daF. Frediani e C. Guasti. ( Pra-to, 1850) //monaco. . . deba cercare d^avere
armadura
con la quale eglipossaconbattere Sitrovaanche innanzialleliquidem,L
Avveri, di Maritaggio,pubb. daF. Zambrini,p.9,(Imo-la, 1852)
La
fenminacKè
buona faeonore a séed atutto suo parentado. Fav. di Esopo, p.93. (Napoli,1829) Venendodalla cittàV
Asino inleggiadritoper li barilinuoviandavasi guar-dando intorno edalato.^ amaestratain. Amaestrare, scritto con la
m
scempia, fu additato dal Frediani nello spoglio all'OvidioMagg.
p. 19, con esempiialtresì d'Albertanoe del Flavio Volgare;ma
am-maestrare alcunoinuna
cosa è nelVocabolario con un soloesempio
del Boccaccio.^nutritain ec. Nutrito per educato, allevato, è con tre e-sempii,
ma uno
soloè antico,diJacopone.' in nellalegge.
Come
da in venisse ne, igrammatici, per quantoiosappia,non
1'hanno
spiegato abbastanza. Il Nan-nucci (Analisi critica de'verbi italiani, p. 18, n. 1 ,ma
più nelle giunte e correzioni all'opera stessa)me
ne fa capire l'origine. Si disse anticamente elper il: or dicendo inel, sicongiunseroqueste
due
voci,raddoppiandolan,ed ecco imiel;posciasi staccarono,esiscrissemne/;ne/ diede nascimento al
?2e.Queirmnonfu
dunque
ripetizionedella stessa preposizione in,come
dicono tutti i grammatici con la solita cantilena, proprietà dilingua,ma
fu una voce che nacque dall'attacca-turadell'in e dell'articolo el: cosachenon
fu pur capita da antichi e diligenti editori. 11 Nannucci perciò vorrebbe che—
21—
quando
si trova in nel,si scrivesse, in el, togliendo via,co-me
superflua, la 71 dell'attaccatura;ma come
far poiquando
sitrova in nello, innella?dovrebbero sciogliersi in lo, in la,
maniera
meno
frequente,ma pureusata dagliantichi,rimasa og-giaipoeti.Maiocredochez/ìne//o,mne//aec.nonsienoaltrochelapreposizione
me
gliaggettivie//o,e//a,chene'primordii della lingua dovettero tenerluogodiarticoli,eperò credo chesìVin«e/,
come
Vin nello ec.sienodiquelle cosechevanno
rispettate perla storia della lingua.Quando
per contrario Vin si trova innanzi adel,dello, ec,come
indelcuore, in dellamenteec,
quell'm equivale SLÌVints, inz, ins de'Provenzali, accorciati dalVintusde'Latini.Vedi esempiidell'unoe dell'altromodo
nel Vocabolario.8
La
parolamagione, chemanca
affattonelcodice perma-nifestoerrore del copista, è richiesta,
come ognun
vede, e dal senso, e dal latino chedice: et erat eipomerarium
vici-num domui
suae.Ho messo
piuttosto magione,come
parolapili prediletta ai trecentisti; oltreché, la orrevolezzadi Gio-vacchino
mi
facrederechelasua fosse, piìicheuna
semplice casa,una
magione.^cittade. Gli antichi
quando
terminarono,come
chenon
spessissimo,invocale accentataun nome,
locavaronodal no-minativo latino della terza, virtus, civitas: ladesinenzain dete, ciltade,virtiite, fu figliuolalegittima dell'ablativo, civi-tate, virtute, ec. In generale,gli antichiper
maggior
liscezza di pronunziaallungarono,quando
di una,quando
di più let-tere,un nome
tronco o monosillabo; così più sotto cillde.Cioè, pine, none, sine spesso ne'testi,per ciò,più,no,sì.Nella legg. di S. leronimo, pubb. daF,Zambrini,pag. 15. (Imola, 1852)
Di
ninnacosa cottamainon
mangiò, se none duevolte neirultimainfermità. Sine e none per sìeno vivono ancora nel contado diToscana, e nel dialetto romanesco, adoperati nelle risposte, assolutamente.*"
Uno
anno furono fattimassaidue
signiori—
Il \ai:Et con-siitutisunt depopulo duosenesjudicesin ilioanno.La
Crusca spiega massajoemassaro, custode di cose mobili, cioèmas-serizie, denari per lo più appartenenti al pubblico.
Ma
qui— 22 —
pare chestia in senso piìi largo,
come
ci dà \ìjudices della Vulgata; se purenon
si volesse legger, furono fattisigniori duemassai,prendendo
massaipervecchi, attempati, aggetti-voadoperatocome nome
assolutamentealplurale; tanto più cheanche appresso troviamo voltati in massai ilsenesdel-la Profezia: Spesse volte la vedevano quelli due massai en-trare et uscire delsuo giardino;evennero quelliduemassai,
liqualierano signioridella cittade.Questiesempii, con
que-st'altro che aggiungerò, si potrebbero allegare al §.II. della Crusca. Legg. ined. voi. 1. p. 55. (ed. cit.) Ordinò
XII
dimo-ni informa
diXII
massai sacerdoti, bianchi tuttiquanti; e'pareano più beglimassaiche
mai
fossero veduti;e poi ordinòXI
donne massaie in apparenza di grandissimasantità.Non
vo'neppur tacere che questa voce, qui, e ogni volta chesiincontra in questa leggenda, vedesi nel codicesottoscritta di
mano
delloSmunto;
il quale la credette per avventuradegna
diqualche considerazione.—Si noti di piùin signiori quell't intruso , che,come ognun
sa, le sillabe gna, gne,gno,gnu,
noi richiedono. Così nella Novella del Grasso, pubb. testéda
P. Fanfani,pag. 1 (Firenze, 1856) Quali sono dipintori, orefici, scultorie legniajuoli. Gli antichi metteano riquando non
ve n'erabisogno; lo lasciavano,quando
era necessarioarenderschiacciato ilsuono
del e e del g, qualche volta anche dellaz; arroggie, crescie,cierlo,fede;per contra-rio, gugno, gorno, co,mogie, graza, vizo, pergiugno, giorno,ciò,moglie, grazia, vizio. Così Vh, che, piùche lettera, è un segno ortografico,
come
bene ha detto ilRodino
(Gram. No-vissima, part. 1, p. 18) gli antichi la mettevano il più delle volte
dopo
ilce
\\ginnanziallevocali a,o,w,come
Ghostanti-no,chominciò,e tantialtri: lalasciavano,quando
avrebbedovuto render duroil suonodellesopraddetteconsonanti innanzi al-le vocali e, {. Nella legg. di S. leron. pag. 6. (ed. cit.)S'm-gegnaronodi scernillo abbominevolmenle con uno vestimento difemmina. Leggi la Prefazioneal Volgarizzamento dell'Ec-clesiaste (Napoli,1850),dove ilp. Frediani discorre assailar-gamente
e dottamenteintorno a questecose."
adimandare manca.Eccone
unaltroesempio. Legg.ined.— 23 —
voi. 1, p. 188. (ed, clt.)
Datemi
Vanello pernome
del fi-glinolo di messere lo re d^oltremare, sotto i patti e sotto legrazie esottoleleggicW
V óe adomandate.Adomandar
e,ma
nel senso di andare, ilpeterede'Latini, è additatodal
Fredia-ni, spogliocitato, p. 7.
»- e
Susanna
erausata d^andare.E sta per sempliceripieno in questo luogo. Vedi la n.45.^^So/assare.
Manca
così scritto.^'^unodie. Z)^e,pe^ di', giorno, è voce intera;
dual
plurale;non
vi èmessa
la e per evitare ilsuono
del monosillabo ; viene dal diesde'Iatini, e sitrova diambo
igeneri anche in italiano.Così nella Vitadi Cola di Renzo,e. XXVIII.Una
die convitao a pranzo Missore Stefano de la Colonna; e e. XIII.Inquelli dii fo
una
festa de santo Ioanni. Si trovaanchedie invariabileal plurale,come
moltialtri (vedi la n. 39). Legg.ined. voi.2. p. 147. (ed. cit.)
Lo
inperadoreandoe fuori della cittadeper suoifatti, estettealquantidie. Si disse anche dia ne'primi secoli della lingua, dal provenzale. In Jacopone, lib.IV. C. VIII. 3. Penitenza fa nonposso, Mangiare
una
voltail dia.E
inBuggerone
daPalermo:Edamepare
mill'anni la dia Ched eoritorni a voi,madonna
mia.**ebbeno cioèebbero.
Eno
terminazionequasi costantenegli antichi,come
anche ono e ino, dove il verbo,come
faoggi, avrebbe dovuto uscire inero. Piìisotto, corsenoesaziasseno.Legg.di S.Ieron,p.10. (ed.cit.) Disse loroche lavassenoi piedi al leone,e diligentemente cercassino che
male
il lione avesse nel piedi.Fu
frequente anche la terminazione inoro. Simin-tendi,OvidioMagg.
voi. 1. p.iM. Lo
preteaveacomandatochelefantisanza ricevere prezzo, guardassoro la festa diBacco, e che ledonne coprissoro i lorocorpi delti orrevoli vestiri, e che s'acconciassoro gVintrecciatoi, echeportassoro le grillan-de in testa, e chepiagliassoro i freschi fiori con le mani. La terminazione ino viveva nel cinquecento, frequente nel
Ma-chiavelli, nelGuicciardini,ein altri.
Ma
diquesteterminazioni sola quella in ono nella terza plurale del condizionale, pare che possa,adoperata con giudizio, starbene anche oggi." guardavano come
laec.Guardare
perprocurare,tentare,— 24 —
è col seguentedel Boccaccio, g. 1. n.3. S'avvisò troppo bene, cheilSaladino guardavadiprenderlo nelleparole,per dover-glimuovere alcunaquistione. Questodellenostre leggendegli
farebbe
buona
compagnia, ancbe pelcompimento
diverso."
ilcuoreloroardevadellasua bellezza.Chìamol'attenzione de'VocaboIaristi suquesto esempio: forsenon
istarebbemale
congli altri al §. VII.,senon
si dovessegiàporre con l'unico del Firenzuola al§. X.^^ecominciarono ausareetordinare
come
ec.Usare parmi es-sere qui adoperatonel sensodi praticare, conversare insieme ad un fine. Merita considerazione.'^preghianlipev preghiamti.GW antichiterminavanospesso in wle
prime
personedel plurale,particolarmentequando,co-me
qui,accompagnate
daaffìsso.Nell'Eneide del Lancia,pubb.daP.Fanfani[Elrurin, \n.l,\). 165.)Noidobbianoelleggere alcu-nosavio,ilqualesiaesemploeregoladellanostravita.^eUeWile de'SS. Padri:Z)<7e/o a lui, enoiancheglile direno, avederese giovasse.
Quando
lo affisso eralo, li, la, /e,cambiavano
anchela
m
nin l, permaggior
liscezza di pronunzia. Seneca, Pi-stole,pag. 27. ( Firenze, 1717 ) Vi confesso, che noiamiamo
naturalmenteilnostro corpo,etegnallo caro,esiunnesolleciti.^°aconseniire.Mancacosì scritto:eccone
un
altro.Legg.ined.vol.l. p.180.(ed.cit.) E, snelli pervostre parolepaci/icee cor-tesi, nonaconsentisse, diteli ec.
^^Nota questopassaraduntrattodallanarrazionealdialogo.
2- e, dittoquesto,ec. Ilparticipio,chesceseregolarmente da dire, fu dito- quindi da dictus, ditto; che, secondo il
Nannuc-ci. Analisi ec. p.582, si concedeoggi ai poetisolamente.
-^andòcorrendoaprire.lldottosig.E. Rocco,nell'Aggiuntee correzioniallaCruscaec.v.anc/are,scrive«IlP.Frediani diceche questo verbo (andare) si
può
adoperare innanzi all'infinito senza lapreposizione a;ma
io credo che ciònon
possa farsiche con verbicomincianti perla lettera a; e ciò
non
col solo verboandare,ma
conqualunque
verbo dimoto
»Ecco due
de'quattro esempii che ilRocco
ne cita, delMorgante.1, 23.Quando
civennialprincipioabitare: e 31. Questo gigantear-mar
sicorse afuria.— 25 —
-^giovano per ^louane:terminazione
non
infrequente negli antichi tanto pe'sostantivi,quanto pergli aggettivi, cosìnomo^crino, costumo, comuno. Vedi il Nannucci, Teorica de'nomi, pag. 104a 114.
*5 Vacusavano. Acusare
manca
così scritto.'^corremo aloro, etrovàmogli,ec.
La
prima personaplurale delperfettonelle treconjugazionisiscrive oggicondue
m,niadapprima
siscrissecon una, e ne'testi,che sonostampaticon diligenzanon
dirado s'incontra.IISigoli,p. 2.(Firenze, 1829) PartimocidiFirenzeadì13dM^os/o.—
Scesero regolarmente dal latino,amavimus,
douimus, audivimus, fognato il v: si scrisseroposciacondue m
perdistinguerli dalleprime
plu-rali delpresentedell'indicativo,che daprincipioebberoegual terminazione.Nannucci, Analisi ec. p. 184.—
-' bocepervoce, boto peryo/o,perl'affinitàche ètra queste
due
consonanti.28son queste che tudì'ì
Quando
dìnon
è imperativo,ma, come
èinquesto luogo,secondasingolare dell'indicativoin
cambio
di dici,si suole scriver da'piùcon l'apostrofodi\ credendolo ac-corciato di dici;quando
è imperativo, onome
per giorno, con l'accento.Ma
il Mastrofìni, Dizionario, §.LX.
n. 3., edil Nannucci, Analisi, pag. 569. avvertono che dì, tanto
se-conda
singolare dell'indicativo,quanto seconda singolare del-l'imperativo,sono,non
troncamenti didicidadicere,ma
voci intereda dire; e perciòvanno
scritte solo con l'accento per distinguerle da dipreposizione-bene
scriver devesi di\no-me,
per giorno, con l'apostrofo, essendo questoun tronca-mento
di die,antica voce,dal lat. dies.Vedi la n. 14.^^ Così ilcodice,
ma manca
certoqualche cosa.II lat: rever-timiniad judicium, quia falsum testimonium loculi sunt ad-versus eam: senon
volesse già staccarsi quel falsamente,e in-tender che i giudiciiavessero falsa mente.^''Adirietro o Addirietro vienedaa
dV
o addierielro,d\ohaigiorni dietro, passati, innanzi, prima.
Poco
dissimileè questo de'Fatti diEnea
(ed. Puoti) //qualeregnoglierapervenuto amano
perAndromaca
suamoglie, inquadirietomoglie diEt-tore.
Fu
adoperatopiù di frequente,come
qui, per addietro— 26 —
semplicemente.
Com.
a Dante, pubb. daP. Fanfani (Etruria, An. I, p. 36.) Questi due giovani lascìorono gli uccelli in quelle isole diRomania,ed incontanentesi tornarono addirie-tro. Adirietro e addirietromancano
nel Vocabolario,come
che sieno frequentissimi negli antichi.IVeronesiIo aggiunse-ro,ma
i Bolognesilobandirono.^^puosello perj3uo5e?i/o,cambiatalanin/perlaragionealla nota 19 assegnata. Così piùsopra
domandavano
perdoman-davano.
^-
mala
sentenzia.Illat.di più:Venietsede inmedio nobis,el indicanobis: quia libiDeus dedilhonorem
seneclutis."
mosterrò per mostrerò. Cosìofferrò, enterrò, sofferrò e simili,non sonovocisincopate,come
diconoquasituttii gram-matici,ma
venutecidal Provenzale, ediclassicine son pieni.Ne'Proverbii di Salomone, pubb. dal Can. G. Bini (Firenze, 1847) Senel tuo cuore enterrà senno,e le scienziepiaceranno alla tuaanima, ec. Albertano p. 18 (Firenze, 1610).
Non
chi comincerà,ma
chiperseverrà, è acconcio ad aver lo regno di Dio. Parecchie di queste contrazioni vivono tuttora,come
verrò, diverrò, vorrò, terrò ec.
Ma
chi volesse saper meglio, leggal'operadelNannucci,Analisi,§. IV, pag. 232,dove stan-no acasatuttelepiù riposte ragionidi queste cose.^*Il lat: inveterate dierum
malorum.
Il Martini:vecchio di giornirei."
Il lat: Innocentes opprimens,et dimittens noxios. Si direb-be che quel false siauna
giunta superflua del traduttore,non
bastandogli il sansa colpa. Superfluo èanche li in proscio-gliendoli.Mancano
inquesto luogo le parole seguenti del lat:dicente Domino:innocentes et
justum
noninterficies.^^ Sotto
un
susino. Il lat. subschino, edilMartini,50<^oun
lentisco.
" La
Vulgatatutt'altrimenli:Semen
Chanaan, et non Inda.3«
Manca
certo qualcosa. Il lat.ha:Nunc
ergo die mihi, sub qua arbore comprehenderis eos loquentes sibi. Qui ait : Sub prino.^* conmoltevergine. Il Nannucci,Teorica de'nomi,c.
IX
p.241. dice che la desinenzaplurale
de'nomi od
aggettivifem-— 27 —
minili, fuconfigurata in origine su quella de'Ialini; e però nella
prima
damM5ae,si dissemuse,ds.bonae,buone:neUA terza da matres,madre, dadulces,dolce; nellaquintada species^spe-cie. Oggi è rimasasolo questa dellaquinta, dicendosi,come ognun
sa, la specie e le specie. S. Bernardo,pian, e lament.dellaVergine, pag.2. (Firenze, 1837). Corretefigliuole, cor-rete vergine sante, correte
madre
tutte. S.Efrem.Serm.
V.p.6. Guai ad me, anima, che cacciasti
da
te li santiAngeliperle tuebrutte operazione.
*"t;Mo'^M.Alcunicredetterochevuoifossesincopedivuoli;ma.
vuoièvoce interadavoeìxo voire, che fece voo, voi, voe ec:
ritenemmo
di queste vocisolamentelaseconda delsingolare, frappostovi I'm: scorciatadell'i, fece vuo\ IlBocc. g. 9. n. 4.Non mi
vuo' tumigliorarequitre soldi?E conl'affisso,il Var-chi, nellaSuocera,3. 2. Vuo'latu anche meco?Nannucci
Ana-lisi, p.765.
*' eh^elladovesse fareninna vanità. I
Grammatici
avrebber volutochequi si fossedetto non dovesse fareninna vanità, o ninnavanità dovesse onon dovessefare, perchè,come
avvisai anche nelle noteall'Epistola diCicerone a Quinto, p.33. (Na-poli,1851),danno
per regola inviolabile chequando
ninno, nessuno, veruno, nullo, niente,nulla, sono posposti al verbosideveavanti a questoporre ilnon, e
quando
gli sono preposti,si
può
mettere olasciar da parte il non. Ma, dissi colà e qui ripeto, cheil farqualche volta altrimentinon
ècosa da susci-tar fazioni; particolarmentequando
dal trasgredirquesta re-gola venisse dignità o grazia al discorso. Leggine parecchi esempii nel Fornaciari, Del Soverchio rigore de'grammatici, discorsoI §. 33. (Lucca, 1850).—
*2 giuco
manca
al Vocabolario:dovrebbe
esserviper la sto-ria dellalingua.*' reggimenti cioèatti, opere, frequente negli antichi. Pass.
163. Gliattie reggimentidifuorimostranoquello chel'uomo
è dentro.Vedinealtri esempiinelVocabolario.
**e'dimandolla.- Potrebbequest'e'pereiriferirsialpadreed allamadre, perchè dimandolla potrebbe