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Il primo aspetto che deve essere preso in considerazione rimane il peso sociale e politico degli oggetti analizzati. Il fatto che gli oggetti della toreutica getica databili nel primo periodo provengono principalmente da tesori di deposito o corredi funerari realizzati in metalli pregiati, attesta la loro qualità come manufatti di prestigio. Il significato dell’oro viene a sottolineare in pieno tale argomentazione, accettando la relazione tra lo statuto sociale-politico e gli oggetti sfoggiati come elmi, ed accessori di parata. L’arte della lavorazione metallurgica dell’oro e dell’argento rappresenta la risposta delle elite nord-

 

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܇t. Burda, Tezaure de aur din România, 1979, p. 29. 123

Fibulele din Dacia preromană (sec. II î.e.n. – I. e. n.), Bucure܈ti, 1997, Idem, Războinici Юi artizani de prestigiu in Dacia preromană, Cluj-Napoca, 2002; M. Petrescu-Dâmbovi܊a, Al Vulpe (coord.), Istoria Românilor, vol. I, Bucure܈ti, 2001. p. 752 e ss.

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V. ܈i I. Hora܊iu Cri܈an, Spiritualitatea geto-dacilor…, 1986, pp. 334-337. 124

Ibidem.

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A. Rustoiu, Războinici Юi artizani de prestigiu in Dacia preromană, Cluj-Napoca, 2002, pp. 63 e ss. 126

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danubiane verso le influenze artistiche proveniente dal medio ellenistico, dall’influenza scitico-iraniana, celtica e romana, da dove sono ripresi i motivi iconografici già utilizzati nelle altre culture come elemento di valorizzazione di una posizione sociale preminente. Oltremodo, i contatti con le popolazioni vicine della Tracia, argomentate attraverso l’approccio di forma e stile di raffigurazioni iconografiche suggerisce la connessione storica dei geti nel mondo sud-est europeo in una maniera piuttosto consistente malgrado le scarse informazioni provenienti dalle fonti antiche letterarie. Molto probabilmente gli artigiani di questi oggetti godevano di uno statuto simile a quello dei traci sud-danubiani, dove il lavoro su commissione degli orefici provenienti dal medio geto-dacico certifica una mobilità dettata da offerte di lavoro e risorse di metalli pregiati. Nel periodo corrispondente ai secoli III-II a.C. si può osservare la quasi totale sparizione degli oggetti fabbricati in oro, sia a causa della diminuzione o dell’esaurimento della forza economica dell’aristocrazia, sia a causa di alcuni cambiamenti di carattere ideologico anche a livello funerario. Quanto a questi cambiamenti mentali dobbiamo sottolineare il fatto che l’epoca del regno dace conosce un’ ampliamento dello sforzo edilizio, specie di santuari e cittadelle, che conduce all’idea di un certo dislivello tra il cerimoniale religioso e quello funerario e le azioni di costruzione cariche di simboli, come la legittimazione, l’affermazione dell’autorità e la conservazione della nuova autorità politica rappresentata dai sacerdoti. L’argento rimane tuttavia un metallo pregiato usato come simbolo del potere aristocratico locale.

Un secondo aspetto, correlato al primo, si rapporta al valore religioso di questi oggetti. Tale connotazione è dettata dall’esistenza dei depositi, alcuni di carattere funerario, con un ruolo cultuale importante, dall’associazione di questi oggetti con contesti religiosi espliciti o soltanto suggeriti, ma piuttosto dall’iconografia, e della mancanza di oggetti che possano illustrare aspetti di vita quotidiana degli autoctoni127.

Tra le più importanti problemi attualmente molto discussa rimane la personalità del re locale, il basileus, soprattutto quando si parla dei primi secoli riguardanti la toreutica geto-dacica. Per il medio culturale tracio si accetta l’idea che le raffigurazioni antropomorfe sono legate sia dal mondo divine che di un linguaggio ideologico regale. In tale situazione, gli oggetti di Agighiol, dove le somiglianze di stile con oggetti provenienti dal tesoro di Rogozen rimane evidente, valida anche per tutte le altre raffigurazioni del cavaliere, non è azzardoso pensare l’identificazione di un discorso politico-religioso nel messaggio visuale rapportato alle scene iconografiche. Il culto popolare dell’eroe si

 

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sviluppa intorno all’immagine di un re molto potente che eccella sia nella caccia che nella guerra128. Nel secondo secolo a.C., il tipo iconografico consacrato per la raffigurazione del culto dell’eroe lo rappresenta un cavaliere, spesso con una phiala in mano, accompagnato da un animale e avendo davanti a se un altro cavaliere. Gli animali raffigurati sull’arte getica posso suggerire un approccio verso tale motivo iconografico: il mostruoso uccello rapace che tiene nel becco e negli artigli prede, simboleggia il dominio verso la terra e l’acqua. Alcuni autori come Ann E. Farkas, associa i piccoli uccelli raffigurate sui calici di Agighiol e Metropolitan Museum con il piccolo cavaliere che accompagna ad Heros raffigurato nelle placchette dell’eroe cavaliere, raffigurazioni appartenenti all’epoca romana, un fatto plausibile per l’autrice di considerare l’iconografia dell’eroe o del re semi-divino, una tematica “fluida” nel IV secolo a.C., argomentando che tale iconografia si standardizzerà nell’epoca romana nei rilievi del culto di Heros 129. Nella nostra analisi, il rapporto tra la preminenza di uno statuto-socio-politico e la cavalleria è attesta dalla sepoltura di cavalli come ad Agighiol e Peretu, o dalla moltitudine di oggetti di bardatura scoperti in contesti funerari, fatto interessante che suggerisce la pratica della erotizzazione della personalità del conducente certificando il fenomeno che il motivo artistico di raffigurazione dell’eroe-cavaliere rimane famigliare alla toreutica geto-dacica130, perpetuandosi anche nell’epoca dello stato dacico, sulle raffigurazioni iconografiche presente a Lupu, Surcea e Polovragi131.

Sembrano relativamente insormontabile le identificazioni divine precise nei personaggi antropomorfi a causa dell’assenza o le poche informazioni offerte dalle fonti

 

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K. Porožanov, La cavalerie thrace, in Actes 2-e Symposium International des Etudes Traciennes, Thrace Ancienne, Komotini, 1997, vol II, pp. 515-521, analizza l’importanza della cavaleria nel medio tracio e vede nel motivo iconografico del cavaliere ilo risultato della fusione con la reincarnazione dell’immagine re- cavaliere e del dio: ”La cavalerie thrace a été témoin de la création, de l’évolution et du déclin des sociétés des classes au Ier mill. Av. J.-C. Son simbole, c’est le HEROS THRACE., incarnation de l’idée étatique du roi et du dieu, fusionnés dans l’image du CAVALIER.” ; Per la considerazione della caccia e della guerra con “prove” che riguardano l’acquisizione ed il mantenimento dello status regale nel mondo geto-dacico V. Sîrbu, G. Florea, Imagine Юi Imaginar …, pp. 62-63.

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Ann E. Farcas, Style and Subject Matter in Native Thracian Art, Metropolitan Museum Journal, 16, 1981, pp. 38-48, p. 47: ” The imagery of animal and human figures is in part traditional and looks back to the Late Bronze Age, despite the obscurity which covers those links with the past. At the same time, the art looks forward to the Roman period, when the iconography of the Heros or deified king - still fluid during the fourth century - was standardized. The animal style may have died out in Roman times, but it was a vital and peculiarly Thracian idiom in its day, despite its many ties to the other peoples, both earlier and contemporany”.

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Analizzando il costume tracio e quello med P. Alexandrescu dimostra la ripresa dal medio iraniano di alcune modalità specifiche di raffigurazione dei cavalieri, in tutta l’area nord-pontica, sottolineando il carattere di riflusso artistico a causa dell’importanza di questi gruppo sociale., P. Alexandrescu, Le groupe de

trézor … (I), 1983, pp. 55-59.

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antiche letterarie esplicite, ma le comparazioni con il medio tracico (Vratza, Panaghiuri܈te, Rogozen) indicano l’esistenza di una divinità femminile (Bendis) con complessi attributi, che ha un corrispondente maschile (Grande Dio o Grande Dio Guerriero). Oltre alle antropomorfizzazioni divine, che può essere attribuito all’influenza greca, l’arte geto- dacica dei metalli del periodo iniziale ricorre anche alle raffigurazioni zoomorfe che “nascondono” attributi di alcune divinità con competenze complesse, magari anche universale132, in una maniera iraniano-scitica.

La toreutica geto-dacica adopera invece una serie di maniere stilistiche originali: la riduzione dei delineamenti delle forme animaliere ma l’amplificazione dei volumi delle forme umane, l’elaborazione originale nella riduzione iconografica di alcuni animali come l’uccello, il cervo, i personaggi umani, le facce umane sovradimensionate che evocano poteri divini. Il carattere delle figure zoomorfe ricoprono un alto grado di favolosità nei secoli V/IV – III a.C., da ciò che si osserva nell’epoca dello stato dacico, dove il realismo delle raffigurazioni diventa una note predominante, ma non certo unica. Vale a dire, che lo stile zoomorfo evolve verso un altro grado di fedeltà nella raffigurazione animali era, anche se le figure antropomorfe mantengono le loro particolarità legate alla di sproporzionalità ed ieratismo. L’approccio verso la realtà può essere considerato un riflesso artistico degli geto-daci verso l’incremento delle influenze iconografiche dei modelli offerti dall’arte greco-romana, non solo una più grande percezione nella raffigurazione animali era che quella antropomorfa.

Come anche la toreutica tracica sud-danubiana, quella getica gioca un ruolo di “colaggio” tra Oriente ed Occidente, essendo totalmente depositaria di un codice simbolico con profondi significati sociali, politici e religiosi.

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P. Alexandrescu, Le groupe de trézor … (II), 1984, pp. 85-97 realizza un’analisi comparativa degli oggetti dei tesori di Băiceni (idolo zoomorfo) e Agighiol, dove sottolinea alcuni temi che appaiono anche in altre aree culturali : il tema dell’uccello rapace, del animale che divora la sua preda. Anche se non si può mettere un segno di egalità tra il personaggio raffigurato sull’elmo di Băiceni e quello da Agighiol, l’autore considera che su alcuni oggetti di Agighiol è raffigurata una divinità molto importante per i geti, “il dio dell’uccello unicorno”/ il dio con l’uccllo unicorno” che ricopre competenze universali (pp. 96-97).

2.3. L’iconografia dell’Eroe Cavaliere nella toreutica tracica;