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moderna (fossato, spianata, cinta bastionata)

(Autore ignot,o, Legnago/Porto, 1545, BCTv, ms. 1019, cc. 30- 31: tav 14a)

63 G. MAZZI, Michele Sanmicheli, la cosiddetta scuola sanmicheliana e le difese della Repubblica, in in F. P. FIORE, a cura di, L’ar- chitettura militare di Venezia in Terraferma in Adriatico fra XVI e XVII secolo, Atti del convegno internazionale di studi, Palmanova 2014, pp. 119-121

64 G. MAZZI, Il Cinquecento: i cantieri della difesa, in AA.VV., L’architettura a Verona nell’età della Serenissima (sec XV-sec XVIII), Banca Popolare di Verona, Verona 1888, p. 108

affidò il ruolo di ingegnere alle fortezze, trovan- dosi ad affiancare il capitano in molti dei can- tieri di ammodernamento, trovandosi a proporre soluzioni spesso diverse, come avvenne a Le- gnano. Dopo aver acquisito fama ed esperienza nella terraferma, a partire dal 1535, Sanmicheli divenne Soprintendente delle opere fortificate di Levante, Dalmazia, Candia e Laguna: sostan- zialmente operò in tutti i territori della Repubbli- ca, lasciando la propria impronta.67

In ogni intervento a lui ascrivibile egli introdusse tecniche innovative, con la costruzione di mas- se murarie notevoli, di complessi percorsi inter- ni alle fortificazioni (archibugiere), progettando anche molti mezzi di costruzione, come macchi- ne idrauliche per trasportare grossi pesi.68 Il clima di trasformazione della prima metà del secolo investirà anche la capitale Venzia, la cui difesa fu oggetto di rilievi e analisi di Sanmicheli e della Rovere. La questione della difesa della città e il suo ruolo nel sistema territoriale fu uno dei nuclei del dibattito sulle fortificazioni. La ne- cessità di sicurezza militare ma senza intaccare la libertà e l’espressione dei valori civili marcia- ni portò i due esperti a formulare proposte si- mili basate su un sistema integrato di difesa.69 In quest’ottica si procedette con la costruzione “alla moderna” di due castelli: una fortezza por-

tuale già presente, a Chioggia, fu riammodernata con lo scavo di un canale artificiale, accanto alla costruzione del nuovo Forte di Sant’Andrea.70 Un’altra importante preoccupazione del Senato in quegli anni fu rivolta alle fortezze più lontane e difficili da raggiungere e gestire, come sotto- lineato da Della Rovere durante i lavori per la difesa di Corfù nel 1537.71 Proprio a questo fine fu deciso di istituire una magistratura apposita: i Provveditori alle fortezze, che si occupassero di ogni problema riguardante il settore difensi- vo. Tale magistratura, creata nel 1542 si estinse con la caduta della Repubblica.72 L’operato dei Provveditori fu normato da decreti del Senato (emanati nel 1546, 1550 e 1557) che stabilirono le procedure da rispettare nel corso della costru- zione di opere fortificate, per garantire un totale controllo dei cantieri.

Nella seconda metà del secolo, ai lavori sulle fortificazioni delle grandi città furono affiancati degli interventi su fortezze strategiche minori, situate in particolare nelle coste dello Stato da mare. Sulla base dei suggerimenti dati da Della Rovere, furono costruite una serie di opere mi- litari, porti e fortezze, completamente indipen- denti dalle città; parallelamente furono poten- ziate alcune basi navali lontane dalla capitale, in modo tale da supportare le attività di manuten-

67 P. MARCHESI, Fortezze veneziane: 1508-1597, Rusconi, Milano 1984, pag. 77-78

68 I documenti con rilievi e proposte progettuali del Sanmicheli sono quasi tutti dispersi. L’unica raccolta è reperibile in A. GHI- SETTI GIAVARINA, Disegni di Michele Sanmicheli e della sua cerchia. Osservazioni e proposte, Crocetta del Montello (TV), 2013 69 E. CONCINA, Venezia, le città fortificate, il levante. Politiche, tecniche, progetti, da XV al XVII secolo, Venezia 1996, pp. 80-82 70 P. MARCHESI, Fortezze veneziane: 1508-1597, Rusconi, Milano 1984, pag. 192

71 F. M. DELLA ROVERE, Discorsi Militari, Ferrara, 1583, pp. 3-14

zione che fino ad allora erano dipese esclusiva- mente dall’arsenale di Venezia.73

In questa fase si registrò anche un cambiamen- to della polita del “munire e ornare” suggerita qualche decennio prima dal Gritti: fu il Senato a imporre che il denaro pubblico sia da utilizzare esclusivamente per fini di sicurezza e non più “a pompa e ornamenti impertinenti”.74 Risulta evi- dente che i pochi interventi architettonici dell’e- poca con motivi simbolici, come le porte monu- mentali di Bergamo, siano concessioni politiche nella strategia di celebrazione della grandezza della Repubblica.

La costruzione della cinta di Bergamo fu la più significativa operazione difensiva nel confine oc- cidentale in contrasto agli spagnoli (1561-1590). Ad occuparsi del progetto e della realizzazio- ne saranno principalmente Sforza Pallavicino, Governatore Generale, e Giulio Savorgnan76. In particolare, fu il Governatore Generale a ri- conoscere l’importanza strategica della città e a definire la proposta progettuale della fortezza.77

Gli interventi effettuati in questo periodo mira- rono a migliorare e integrare anche le cinte ba- stionate erette pochi decenni prima, apportando la trasformazione dei baluardi in muratura in ba- stioni terrapienati e rafforzando i tratti lunghi di cortina e inserendo orecchioni di arrotondamen- to dei fianchi dei bastioni.

Con questo obiettivo, Giulio Savorgan fu inca- ricato, tra il 1561 e il 1567, di revisionare anche le fortezze dello Stato da mar, con particolare riferimento nel Regno di Canea. Il sistema forti- ficato della capitale, Candia, era stato organiz- zato pochi decenni prima dal Sanmicheli (inviato a Creta nel 1538), includendo i borghi dell’en- troterra, l’insediamento più antico e il grande arsenale (il secondo maggiore della Repubblica dopo quello di Venezia).78 In generale, le mura dei principali centri dell’isola erano già state ogget- to dell’intervento di Sanmicheli ma nell’arco di pochi decenni subirono numerose modifiche per risolvere difetti e necessità emergenti.79

73 M. FERRARI BRAVO, S. TOSATO, Gli arsenali oltremarini della Serenissima. Approvvigionamenti e strutture cantieristiche per la flotta veneziana (secoli XVII-XVIII), Milano 2010, pp. 217-227

Un altro territorio che nello stesso periodo subì degli aggiornamenti fu la Dalmazia, con par- ticolare attenzione a Zara, considerata uno dei nodi centrali del sistema difensivo marittimo: a partire dal puntone realizzato da Sanmicheli, fu eretto il forte nuovo, situato all’esterno del borgo e quindi avanzando il fronte bastionato verso la terraferma. Analogamente, all’imbocco

dell’Adriatico furono effettuati grandi interventi cinquecenteschi a Corfù.80

In questo quadro, i confini che risultavano meno fortificati furono quelli orientali dello Stato da terra, sui quali, negli ultimi dieci anni del XVI secolo, si decise di intervenire. Nato il proposi- to di fondare una nuova città-fortezza, la forma dell’intervento fu dettata dai più recenti studi e innovazioni nel campo della difesa statica. La fama della città, fondata nel 1593, presto si affer- mò in tutta Europa.81

Posta in posizione strategica al centro della pia- nura, Palmanova rappresenta, con il suo impian- to radiale, un esempio di città-ideale rinascimen- tale, basata sulla perfetta geometria prospettica e sull’ideale della centralità umana nell’univer- so.82 Il progetto fu opera di un insieme di esper- ti ma autore principale fu Giulio Savorgnan, in particolare per quanto riguarda la struttura dei bastioni, rappresentazione di un modello da lui concepito, con rivestimento murario fino al li- vello di campagna e restante in terra. La cinta è completamente terrapienata e fornita di sortita, elemento di comunicazione tra l’interno della fortezza e la fossa.83

Candia, esempio di rinnovamento con rafforzamento delle cortine, terrapienamento dei bastioni e inserimen- to di orecchioni nei bastioni

(G. CORNER, Candia, Venezia, Biblioteca nazionale mar- ciana, citata in E. CONCINA, E. MOLTENI, La fabrica della fortezza: l’architettura militare di Venezia, Banca Popolare di Verona, Banco S. Geminiano e S. Prpspero, 2001, pag. 202)

80 A. ZMEGAC, Fortezze venete in Dalmazia, in F. P. FIORE, a cura di, L’architettura militare di Venezia in Terraferma in Adriatico fra XVI e XVII secolo, Atti del convegno internazionale di studi, Palmanova 2014, pp. 283- 304

81 Antonio Memmo, Provveditore Generale di Palmanova, scrisse a tal proposito in una Relazione del 1599: “da tempi lontanissimi si vedono ogni giorno personaggi di molta qualità venire a considerarla et ad ammirarla come propugnaculo appunto di tutta la Italia e dello stato di questa serenissima Repubblica”. In A. TAGLIAFERRI, a cura di, Relazioni dei Rettori veneti in Terraferma. XVI, Provveditorato Generale di Palmanova, Milano 1979, p 35

82 A. MANNO, Palma, la nuova Aquileia, specchio di Venezia e del Rinascimento, in L’architettura Militare di Venezia in terraferma e in Adriatico fra XVI e XVII secolo, a cura di F. P. FIORE, atti del convegno internazionale di studi, Palmanova 2013, pp. 221-240 83 P. MARCHESI, Fortezze veneziane: 1508-1597, Rusconi, Milano 1984, pag. 177-178

Palmanova, esempio di città-ideale di perfetta geometria (autore ignoto, Pianta della Fortezza Reale di Palma, 1731, BCTv, ms. 1155, tav. 10)

Nel XVII secolo la distribuzione delle opere di- fensive risultò completata ma si susseguirono lavori di completamento dei manufatti, a seguito del progredire delle tecniche costruttive. In par- ticolare, gli interventi nelle città della terraferma furono spesso opera dei più noti architetti rina- scimentali italiani, quali il vicentino Vincenzo

Scamozzi84. Egli progettò a Bergamo il Palazzo