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Consiglio Provinciale Trento

Nel documento QUADERNI del CNEL (pagine 79-83)

Conobbi di persona Carlo Dell’Aringa attorno al 2010, scrivem-mo insieme a Lorenzo Cappellari un articolo scientifico sulla produttività di impresa che fu poi pubblicato in un’ottima ri-vista internazionale. Prima di allora lo conoscevo di fama, era un professore importante e famoso e mi colpì molto favorevol-mente che in quel paper lui contribuì sia l’idea fondamentale sia ci diede l’accesso ai dati: tutt’altro che un barone universitario era un professore che nonostante i già tantissimi impegni poli-tici era ancora dedicato alla ricerca; era dotato di una curiosità e di una energia che lo hanno accompagnato fino all’ultimo giorno.

Il periodo di frequentazione più intenso con lui è stato dal 2014 in poi, da quando io iniziai la mia attività di consigliere eco-nomico prima presso il Ministero del Tesoro e poi presso la Presidenza del Consiglio di Matteo Renzi e in seguito di Pao-lo GentiPao-loni. L’ho conosciuto bene nel suo ruoPao-lo di professore prestato alla politica (in quegli anni era deputato PD alla Ca-mera), spesso gli chiesi consiglio, forse perché tra professori universitari di economia ci capivamo meglio e poi perché ci si poteva assolutamente fidare di lui e della sua reputazione. Mi diede spesso preziosi suggerimenti finanche poco prima della sua morte quando gli chiesi in diverse e-mail di ricordarmi al-cuni dettagli per scrivere il mio libro su 4 anni di riforme del lavoro e delle pensioni.

contribu-ti alle riforme degli anni 2014-2018. Il primo tema importante che avemmo occasione di sviluppare con Carlo Dell’Aringa fu nell’ambito della riforma del mercato del lavoro nell’anno 2015 e riguardò il nodo ancora irrisolto delle politiche attive del la-voro. Carlo mise a servizio la sua lunga esperienza e conoscen-za della materia. In particolare si trattava -caso raro in politica ma molto frequente tra gli economisti - di cercare un modello di riferimento per le politiche attive italiane che dovevano nascere in quell’anno. Carlo propose il modello tedesco, modello molto efficiente ma anche molto costoso in cui lo Stato paga una gran-de quantità di personale a disposizione di una rete nazionale di centri dell’impiego con il compito di facilitare la ricollocazio-ne dei lavoratori. Purtroppo le politiche attive del lavoro e la costruzione dell’Agenzia Nazionale (ANPAL) avvenne a costo zero quindi molte di quei suggerimenti non poterono trovare applicazione. Carlo scrisse anche un pezzo nel 2016 in previsio-ne del referendum costituzionale in un libretto che si chiamava “l’economia del sì”. Il pezzo faceva proprio riferimento alle po-litiche attive del lavoro e al rischio di fallimento dell’imposta-zione di ANPAL nel caso il referendum non fosse passato, cosa che poi puntualmente accadde.

Come in tante altre occasioni i corsi e ricorsi della politica ri-portano a galla vecchi temi: di politiche attive si era parlato in tempi antichi dove Carlo era stato già un protagonista; se ne riparla nel 2015 creando l’assegno ricollocazione e l’agenzia na-zionale e pur tuttavia siamo ancora qui e nel 2019 le politiche attive tuttora non funzionano.

Il secondo grande tema fu la legge sui premi di produttività e sul welfare aziendale.

Carlo contribuì sia con la sua grande conoscenza del tema pro-duttività sia con la sua lunga consuetudine di rapporti perso-nali con i rappresentanti dei sindacati e delle parti datoriali con cui spesso parlammo di partecipazione dei lavoratori e di incentivi alla produttività. Alla fine scrivemmo le norme sui

premi di produttività, il welfare aziendale e la partecipazione organizzativa dei lavoratori seguendo spesso i suoi preziosi suggerimenti rispetto ai dettagli su come stabilire gli obiettivi di produttività a livello aziendale, su come verificarli e come condizionare gli incentivi alla partecipazione dei lavoratori. Ci fermammo alla parte incentivante e non progredimmo con la parte normativa che doveva definire le regole della rappre-sentanza dei contratti collettivi nazionali e di quelli aziendali insieme all’istituzione del salario minimo. Il salario minimo era nella legge delega sul Jobs Act ma in quel caso ci fermammo alla discussione e non passammo all’implementazione. Ma sic-come quella discussione è attuale anche oggi vorrei ricordare che lui fu uno dei primi a mettere in guardia su i pericoli di istituire un salario minimo senza considerare le interazioni con i contratti collettivi nazionali.

Carlo Dell’Aringa fu molto utile anche per le relazioni perso-nali cui poteva introdurci, per esempio quando al tempo del referendum costituzionale e delle norme sui premi di produt-tività si stava chiudendo un importante contratto collettivo dei metalmeccanici che poi utilizzò gli strumenti di welfare mezzi a disposizione della recente legge. Lui conosceva tutto e tut-ti mentre noi eravamo nuovi a quella esperienza; allo stesso modo ci aiutò a seguire la riforma delle camere di commercio e ci consigliò su temi importanti come l’alternanza scuola lavoro e gli istituti tecnici superiori.

In ultimo voglio ricordarlo per la sua attività sempre legata allo studio e alla ricerca come coordinatore del programma Arel sull’economia del lavoro. L’ultimo evento Arel che mi ricordo distintamente fu un seminario organizzato sugli effetti del de-creto dignità e sui contratti a termine: uno dei pochi tentativi nella caotica discussione politica italiana di infondere serietà a un discorso pubblico che molto spesso è privo di riferimenti empirici fattuali.

con-tratti a termine da cui credo tutti impararono qualcosa perché fu capace di mettere insieme competenze diverse e conoscenze diverse e farle dialogare su un tema di interesse comune. Que-sto era Carlo Dell’Aringa.

8. “UNA VITA PER IL LAVORO”

Nel documento QUADERNI del CNEL (pagine 79-83)