I l poeta Giovanni Fantoni, più .noto sotto il nome arcadico di Labindo, era nato il 27 Gennaio 1755, quarto tiglio del conte L u d o
vico Antonio, in Fivizzano. La sua fa m iglia vantava o rig in i da F ir e n ze, a cui aveva dato nel XV e X V I secolo alcuni p r io r i; un G iovanni Fant one, antenato del Poeta, si era rifugiato, come ghibellino, in Lunigiana nella prim a metà del 500. M adre era una marchesa De Silva della Banditella, e nonna una contessa P a n d o lfin i; apparte
neva, cioè, ad un ceppo d i tradizioni gentilizie. D i F ivizzan o , ca
ratteristica cittadina lunigianese, già feudo im periale dei M alaspina di Yerrucola ed allora vicariato della Toscana, i F an ton i erano la più cospicua fa m iglia con parentele e amicizie nei p rin cip a li stati italiani.
Appunto perchè appartenente a fam iglia nobile, fo rn ita d i un notevole patrimonio, Giovanni Fantoni, quarto ed ultim o tìglio, era stato destinato dal padre a diventare monaco, o legale o im p ie
g a to : in a ltri term ini a ll’esercizio di una a ttività che g li perm et
tesse di vivere indipendente senza incidere sul p atrim on io a v ito destinato al prim ogenito propagatore del nome. Ma, con tro ogni previsione ottim istica dei suoi, egli aveva ben presto rive la to un ca
rattere non precisamente docile come si sperava. N el M onastero di S. Scolastica in Subiaco, dove avrebbe dovuto adattarsi a- vestire Pabito benedettino, quei buoni P ad ri furono costretti a fa r lo r i chiamare dai g en itori; nel collegio Nazzareno di Kom a lu ta n to ir r e quieto da costringere i suoi maestri a tenerlo cost,antemente isolato in mezzo alla scuola.
Anche i tentativi di im piego non furono b rilla n ti: a 17 anni aveva ottenuto un posto come apprendista nePa Segreteria di Stato in Firenze, ma dovette alle influenti am icizie paterne se g li fu r i sparmiata la vergogna di esserne cacciato via. Poiché g li sembrava di avere maggiore trasporto per la carriera m ilitare, ottenne di vestire in Livorno la divisa dei cadetti, che depose, dopo un anno, sotto pretesto della salute malferma, ma, in realtà, perchè troppo pesante.
P er raccomandazione dello zio materno Andrea De Silva, aiutante di S. M. V itto rio Amedeo d i Savoia, io troviam o nel 1776 in T orin o con il grado di sottotenente nel Reggim ento di F a n teria straniera di Chablais. Però ben presto dovette lasciare Torino per G en ova :
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contro tutti i regolamenti m ilitari aveva creduto d i poter sfidare a duello un suo superiore con il quale era venuto a diverbio e, natu
ralmente, g li erano state imposte le dimissioni.
Ma se nella carriera m ilitare si era arrestato», allora·, al grado di sottotenente, e non poteva vantarsi di aver preso g a rte a fa tti d'arme, oltre un attacco subito da alcuni m alviventi del Bosco di Alessandria, egli saliva ben più rapidamente in fam a come poeta.
Aveva cominciato' a scrivere versi a 15 anni, sotto la guida benevola del Padre Fasce e del Padre Godard nel collegi-o Nazzareno, e, ben presto, usciti) dal collegio, le sue poesie avevano trovato am m iratori nelle allegre e spensierate brigate di amici e di amiche : in Firenze aveva avuto Γ onere di essere iscritto alla Accadem ia d egli A p a tis ti (1773), e, in Torino (1776), quello .ancora più ambito della conces
sione della patente di Pastore di. Arcadia, in cui entrò con i l nome di Labindo Arsinoetico.
Compagni Lino dalla prima giovinezza della sua Musa scapi
gliata e spensierata erano i debita, che egli contraeva allegram ente nei suoi innumerevoli soggiorni, e per cui fu anche arrestato a T o rino. Proprio in tale! circostanza un ammiratore di eccezione, -un calzolaio, si offerse di fa r fronte ai creditori, ma i l Poeta nobil
mente rifiu tò; d’altra parte, anche allora come in altre occasioni, intervenne il Padrei, sempre indulgente, a liberarlo.
Ma se le preoccupazioni finanziarie g li amareggiavano la vita, i divertimenti e g li amori a Fireuze come a Fivizzano, a Torino, a Genova o a Napoli, città tutte in cui andava peregrinando, veni
vano a ristabilire un ceL*to bilancio equilibratore. E g li non disde
gnava di trascorrere dalle frivole avventure in veste di cicisbeo con le nobili dame genovesi a quelle più gravi di conseguenze con una povera domestica di Fivizzano. A Napoli, dove si era recato al se
guito di quella Corte per impiegarsi convenientemente, s’innamorò di una bella viennese camerista al servizio della Regina, certa Grapllt, la cui morte immatura egli pianse sinceramente. Due volte parve periino sul punto di ammogliarsi. In una curiosa denuncia an on im a__biglietto di calice — egli è descritto in Genova nel 1779
« di maniere seducentit onde è idolam ato dai giovani tu o i content- paratici, ed anche dalle dame le più stordite, colle quali usa carezze inusitate \presso di n o i, e condannante da virtuosi. L e sue massime sono perniciose e contrarie alla buona morale. Queste tanto più si bevono facilm ente, quanto essendo legate in versi leggiadri, e la
scivi, avendo un genio e talenti straordinari per la poesia. S i è quasi stabilito qui, ma essendo riM w ttissim o 'Welle sue finanze si fa impre- 81 ai danari dagli amici. La religione, i costum i e la costui conver
sazione, meritano di essere osservati da V 1 . SS. S cr.n ie/ acciò non venga infestata la nostra Gioventù, che pur troppo inclin a al male in \gran p a rto).
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N el 1796, discesi i Francesi in Ita lia , e, appiccato quei colos
sale incendio di idee che tutti sanno all'E uropa, anche G iovanni Fan toni dimentica amori e divertim enti per diventare un ispido de
mocratico filosofeggi an te e gettarsi a corpo· perduto nei p rim i m oti d i R eggio, Modena e Bologna. La metamorfosi im provvisa di questo conte scavezzacollo, lino ad allora protetto e laudatore di P rin c ip i e d i I\e, non poteva non destare stupore; la fam iglia, ligia· al p a terno Governo del Granduca di Toscana, si scandalizzò e lo accusò di tradimento verso la propria classe. 11 Fantoni, in fa tti, aveva vissuto la sua vita di intellettuale insoddisfatto di sè e d egii altri, ora qua- ora là, in qualcheduna tra le piccole Ita lie che si accani
vano e si contendevano a spinte e ad nrtoni un cantuccio d elfa P e nisola. E ra in rapporti di stretta am icizia con Carlo Em anuele M a laspina, marchese di quel guscio di noce che era il feudo d i Fosdi- novo, e aveva goduto della sua fratern a ospitalità nel severo castel
lo avito e nella deliziosa villa d i Caniparola. Conosceva, attraverso le innumerevoli fron tiere tante volte varcate, i suoi p ro te tto ri il Granduca di Toscana, il R e di N apoli, il R e di Sardegna, a cui aveva reso omaggio di inni per i beneiici ricevuti. L 'It a lia , la g ra n de Patria, viveva, soltanto nei classici da V ir g ilio a M achiavelli. A n che l 'A l fieri, che proprio allora tuonava contro i tiranni, invocando la libertà, veniva ascoltato come un abile declam atore senza sover
chi tim ori nei principi e senza troppi entusiasmi nel popolo. Sì, era bello il sogno di una Italia, licostituita a nazione tr a le A lp i e il mare, ma appariva come una utopia da relegarsi tra le esercitazioni retoriche nei canti dei poeti. Chi poteva, infatti, prevedere che, a l
l'im provviso — e proprio nel secolo dei minuetti — , si sarebbe s fe r
rata una delle più violente burrasche della storia, capace di fa r c ro l
lare dinastie secolari, e di minacciare come la fiamma di un v o r ti
coso incendio nomini e cose?
I l Fantoni fu tra i prim i che, nel fiorire delle più audaci spe
ranze, unitamente a tutti g li uomini di intelletto e di cuore, dim en
ticò il suo interesse egoistico e quello dei suoi p rotettori granduchi, principi e re, e indossò la divisa della rivoluzione.
E che egli prendesse sul serio, si preoccupasse e si adoperasse perchè la P a tria non solo risorgesse, ma fosse degna del suo grande passato, è dimostrato dalle sue idee educative, ritenute a llo ra stra^
vaganti e che hanno invece, oggi, uno strano sapore di a ttu alità. In nna sua opera inedita si leggono precetti come questi: « ....L edu cazione dei fig li g iu n ti a l7a puerizia deve essere ceduta dai g e n ito r i alla P a tria . ... D iven u ti questi n om in i, e c itta d in i, a p partengono d 'a li ora in \ poi totalmente alla P a tr ia .... Ciascuno fo rm a to uom o, o citta d in o, ha il d e lito di ammogliarsi, o m a rita rsi, d i p roca ccia re la sussistenza a se stesso, ed alla sua fa m iglia , e d i difendere la
Ma r io Gr o s s i
P a tria .... Ogni figlio a ll'e tà di otto anni sarà presentato dai suoi ge n itori alle scuole p rim a rie.... »
In Modèlla, — poiché riteneva che i giovani dovessero amare Γ Ita lia imparando a difenderla — , radunò una grande quantità di ragazzi, li armò di lu cili di legno e li battezzò i l « Reggim ento.della Speranza ». P e r essi scrisse un inno che divenne fam oso:
« Ora, siam p iccoli — rwi cresceremo »
clie potrebbe essere cantato anche oggi dai nostri B alilla. L e piazze d i diverse città acclamarono allora· in lu i il brillante e focoso ora
tore rivoluzionario.
Oppostosi all'annessione del Piem onte alla Francia, fu im pri
gionato a Torino e di là condotto a Grenoble. Riuscì a sedurre i carcerieri con una traduzione italian a dell’ inno all''Essere Supremo e lo troviam o nel. 1799 capitano aggiunto presso lo stato maggiore di Joubert., Generalissimo delPesercito francese in Ita lia , e, in Ge
nova, insieme con Ugo Foscolo agli ordini di M assena per tutto il tempii di quel memorabile blocco. M a oramai egli sente la stan
chezza della vita m ilitare e nel 1800, accetta con entusiasmo la no
mina di professore di eloquenza e B elle lettere alP U n iversità di Pisa, ove le sue lezioni divennero affollatissime. Si occupò, perfino, in Massa, e forse perdette il suo tempo, attorno ad una sxìecie d i lan
terna magica di sua invenzione da cui si riprom etteva eccezionali vantaggi didattici.
Disgiuntosi anche lo stato di Massa e Carrara, dal Regno I t a lico, i l cui nome gli erra particolarmente caro, e oram ai deluse tutte le sue speranze politiche, decise di tornare ai suoi la v o ri letterari.
Ma, recatosi a Fivizzano, con l ’intenzione di proseguire i l viaggio per recarsi presso Modena nella villa ospitale di un amico, fu col
pito da una febbre im provvisa che lo uccise iL 1° Novembre del 1S07 a 52 anni.
-A *
Già durante la sua vita innumerevoli erano stati g li am m ira
to r i: tra questi anche uomini di eccezione. V itto rio A lfieri, non fa
cile agli elogi, aveva scritto:
R icca vena instancabile
P a ri alla tua, Famtonit oh deh m i a ressi!
P e r cui tu , Etrusco O r a :io t A l Yenosimo em uli carm i in fissi.
E lo stesso A lfieri, in una lettera, così esprimeva : « ....Che certo le Odi sue massimamente si bramerebbero da tu tti g li am a tori di Poesia scolpite -nell'oro. nonché stampate dal dotto ed accurato Jiodoni.... » Complimento, se si vuole, ma che precisa assai bene le qualità di questa poesia, che è quasi una fusione di delicata m inia
176 Un CONTE R IV O LU ZIO N A LUO, MAESTRO DI G lO S U È C A R D U C C I
tura e d i aggraziata musicalità. 11 Cerrettii lo salutò erede di G ra
zio. I l Tommaseo, più tardi, a qualcuno clie voleva, nel B elgio»
raccogliere le :nigliori cose* degli italian i « moderni » , s u g geiiva di scegliere anche il Fantoni. « M olta passione, m olt’ estro, m olta v i
vezza d’ immagini, quantunque poca o nessuna o rig in a lità » sin tetiz
zerà Ugo Foscolo.
Ma già Melchiorre Cesarotti, parlando di alcuni ten tati\ i di tradurre ^Orazio, aveva individuato il m erito p rin cipale del Fan- toni nella riproduzione di vari metri latin i e così si era espi esso.
« Questa Ode (la X I I del L ib ro 1) clic è una dette più ce le b ri d i Ora- zio ha per cagiomc dei metro una certa rapidità c un concitam ento m ilita re, clic quadra m irabilm ente al soggetto. I o v o lli f a r prova se potessi conservane questa qualità trasportandola nella lingua ita liana collo stesso num ero; prova dalia quale m i sarei astenuto ò*e mi fossero giunte prim a nelle m ani le felicissim e odi d i m e tto , e di stile [perfettamente oraziano del mio gentilissim o am ico X ig. Conte F a n ton i ».
Veramente Finiitazione della m etrica latin a non era nuo\ a in Ita lia . I prim i ten tativi risalgono, in fatti, al 500 ; ina poiché si erano volute adottare le regole quantitative delle sillabe lunghe e breAi estranee e non avvertibili ai nostri orecchi, erano ta llitéi. Comunque sulla traccia di alcuni esempi, solo eccezionalmente fe lic i, e quasi sempre tra tta ti come esercitazioni sulle possibilità d ella nostra lin gua (Chiabrera, Campanella, Filipp in i, K olli. Corazza) il F au ton i curò in modo particolare la combinazione di versi ita lia n i già esi
stenti allo scopo d i riprodurre l'accento della m etrica oraziana così come appare a chi nulla sappia delle arsi e delle tesi del \erso la tino. M algrado tale felice innovazione ed i l successo delle sue odi, di cui si seguirono diverse edizioni, la notte del silenzio avrebbe forse ormai annebbiato il ricordo di questo poeta lunigianese, se Giosuè Carducci non lo avesse più volt? nominato tr a i lir ic i n ote
vo li del 700, e non si fosse appassionato, egli pure, ai te n ta tiv i di metrica oraziana. Inspirandosi ai Fantoni, ed anche, a fortu n ati esempi tedeschi e inglesi, il Carducci im itò, tentò di rendere, e qualche volta rese in modo impeccabile — , i nove ritm i d elle odi che chiamò barbare. D al Fantoni, oltre il metodo di riprod u rre con versi ed accenti italian i i ritm i latini, ricavò» ad esempio, in teg ra l
mente la prima parte della strofe alcaica :
(Orazio) S urne est bibendum, mine pttfe libero Pulsanda tellus, nunc S alia ribu s....
(Fantoni) Sassau, dei f o r t i prole magnanima 1*0, non morranno quei versi lir ic i.
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(Carducci) S ì, come fiocchi di fum o candido tenui sfilando passem le nuvole.
I due ultimi versi furono, invece, m odificati dal Carducci che tornò con una felice variante al Chiabrera. M a nessuna differenza, di ritm o è possibile rilevare tra queste strofe asclepiadee :
(Orazio) Dianam tenerae d icite virgines, Intonsum , inceri, d icite Cynthium La to nam q ue $ up t e m o
Dildctam penitus I o vi.
(Fantoni) Coûta, a che giovano sospiri e lagrim et S ’o lire la s tigià sponda inoAiKhbUe P riego m orta i non giunge
a P lu to inesorabile?
(Carducci) E cco, ed il memore ponte d ilungasi:
cede l ’aereo de g li archi slancio, e al liquido s agguaglia
pian che allungasi e mormora.
oppure tra queste saffiche:
(Fantoni) Pende la notte.: I cavi bronzi io setito I/ ora che fugge rep lica r son a n ti;
Scossa la porta stride agl’incostanti B uffi del vento.
(Fantoni) Fugge Vautunno. Spoglia le frem en ti Selve dicembre di canute fronde*
Tornati lottando a dominar su l'Onde P ro te rv i i v e n ti.
(Carducci) Ombra dì un fiore è la beltà, su cui bianca farfalla poesia volteggia : eco di tromba che si perde a valle
è la potenza.
Ê curioso notare quanto diverso fosse il movente di queste crea
zioni metriche nei due p oeti: nel Fantoni la passione per i classici e, in special modo, per Orazio lo induce a tentarne la im itazione, valendosi di versi italian i già noti e usati : è quindi un ritorno verso il passato. N el Carducci vi è, al contrario, i l desiderio d i nuove forme più agili, più libere, senza vincoli di rime per « pensieri e
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sentim enti diversi di qu elli degli a ltri poeti ita lia n i » e perché pen- sa d ie « la nuova form a m ètrica » sia « m&no discordante dalla f o r ma con cu i quei pensieri si andavano determinando nella m e n te ».
Sembra quasi che egli presenta nell’aria quella febbre d i i innen a- meut/0 e di giovinezza che porterà anche tra noi le teorie nuove, da cui dovranno sorgere g li esempi classici del D Annunzio o riv olu- zionari dei futuristi. E intonazione quasi rivoluzionaria p arve λοΙθι dare anche il Carducci alle sue nuove odi, i l cui prim o verso p ro clama :
« Odio l'usata poesia.... »
in realtà la poesia barbara del Carducci, m algrado i p rim i tem pestosi consensi e g li entusiasmi successivi, è rim asta un ten tativo quasi isolato, anche se tra i pochi seguaci si deve porre G abriele D ’Annunzio nelle deliziose liriche della adolescenza, e in qnelle m i
rabili « E legie Romane » troppo poco note per la loro suggestiva bellezza. Ciò non to glie che le odi barbare del Carducci si siano in nestate nel tronco glorioso della poesia italiana, e, alcune, si pon
gano degnamente tra le m igliori dell'ottocento. M a tra tu tti i ritjn i barbari uno solo ha dimostrato vita particolarm ente robusta ed c la strofe saffica che il Carducci ha trovato, insieme c o n Pasclepia- dea, perfetta, tra le im itazioni dei m etri oraziani del F an ton i. I l D 'Annunzio della maturità, 11 Pascoli, Ceccardo R occatagliata Ceccardi, — tra i m aggiori — e quasi tu tti i poeti viven ti se ne sono valsi, ritornando, però, a ll’ uso della rima.
D ’ altra parte se principale m erito del Fantoni è quello d i aver indicato la via per riprodurre, secondo l ’indole della nostra lingua, g li antichi m etri, di cui ha forn ito p erfetti esempi, è ingiusto d i
menticare a ltri pregi notevoli, della sua Musa. P rim o fr a tu tti e, nella sua età, se non unico certo raro, quello di aver precorso i sentimento patriottico e, pertino, unitario. Cosi egli invocava l ’ I ta lia :
Squarcia le vesti d ell'ob b rob riof al crine I/ elm o rip o n i, al sen d’usbergo, destati
D a l lungo sonnot e su le veite alpine A lla difesa ed a i trio n fi apprestati.
Ed anche:
Madre feconda di biade e d 'u om in i Ita lia β salve___ V it t r ic e , assidili Sovra le tombe gra vi
D ella gloria degli a vi.
E così pure ammoniva g li Ita lia n i :
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aS'c d'un lungo servizio,
P e r g li a ltri amari, a voi $On dolci i f r u t t i, Possenti almen nel vizio,
Siate servi d’un solo e non d i tu tti.
Sono frequenti Je liriche di squisita fattu ra come, ad esempio, quella composta nel 1787 sullo stato d ell’Europa che incom incia:
Cadde Vergennes; del Germano Im pero L\eroe vecchiezza nella tomba spinse : Pace smarrita ouoprì il volto e cins\e
M arte il cim iero.
Mentre è impetuosa come la sua anima e tra le più notevoli per ispirazione classica la sferzante saffica, che egli compose contro a l
cuni critici malevoli :
M evii tede te: m i balena in viso del D io di Pin d o il provocato\ sdegno.
E m p i trem ate: chi deride è degno D ’esser deriso.
A ltro m erito del Fantoni è la musicalità del verso sempre im pec
c a b le e perfetto. Sembra· che e g li si sforzi a essere intonato a ll’ I talia in cui vive e di cui è parte, tutta protesa nella febbre di gesta
zione da cui è appena sorta, o sta sorgendo, la musica in tutte le sue molteplici espressioni. E g li stesso, certo soprava lutando la sua opera, così parlava dei p rop ii versi :
Invano il Tempo tenterà di spargerli D ’edace polve e di secreto orrore,
Sacri a ll’Ita lia un dì, più grandi, e al m erito, Vivranno eterni, e spireranno amore.
Ma per giungere ad essere uno dei grandi poeti d ell’età sua
— che ebbe tra i maggiori Γ A lfieri, il Parini, il Foscolo ed i l M on
ti, — g li mancò la necessaria robustezza d ell’ingegno. Nocque pure alle sue pregevoli ed innate qualità di artista la vit<a sempre ir re quieta di città in città, le preoccupazioni economiche gravissime e, perfino, il furto di una cassetta contenente m olti lavori letterarii, a cui dava grande importanza. D ’ altra parte le occupazioni di tu tti i generi non gli avevano permesso di comporre, come ne aveva in tenzione, alcune opere originali o ad imitazione dei classici greci, latini e, perfino, dei profeti biblici. Particolarm ente interessante, a l meno a giudicare dagli scarsi frammenti, avrebbe dovuto essere un suo poema georgico in cui, tornando su un vecchio m otivo caro a lla Musa di V irgilio voleva cantare la terra e i suoi prodotti. Pu re la m orte lo colpì, quasi a ll’improvviso, mentre si accingeva a recarsi nella quieta e raccolta villa di <un amico per mettere un po’ d i o r
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dine tra le sue carte e, proprio, quando sperava di dare a lle stampe, in una d i quelle: meravigliose edizioni che i l Bodoni curava in modo perfetto, i l m eglio della sua produzione. L a m aggior p arte d elle sue li ri d ì e vennero così pubblicate postume, racim olate qua e la d agli
dine tra le sue carte e, proprio, quando sperava di dare a lle stampe, in una d i quelle: meravigliose edizioni che i l Bodoni curava in modo perfetto, i l m eglio della sua produzione. L a m aggior p arte d elle sue li ri d ì e vennero così pubblicate postume, racim olate qua e la d agli