• Non ci sono risultati.

Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria"

Copied!
305
0
0

Testo completo

(1)

C o n t o C o r r e n t e co n la P o s t a

A N N O X I - 1 5 5 Ó - X I I I Fascicolo I - Gennaio-Marzo

GIORNALE STORICO E LETTERARIO

DELLA LIGURIA

P U B B L IC A Z IO N E T R IM E S T R A L E

Direttore: A R T U R O C O D I G N O L A

(2)

F R A T E L L I P A G A N O

T I P O G R A F I E D I T O R I - S. A .

V I A M O N T IC E L L I, Jl - G E N O V A - T E L E F O N O 52004

iB«iBMBi>B»f n—«B Il B«fH »**·Μ ·Μ ·~·*.·Μ ·«*»*··*«·»ί e·*·!!·*···*·:!»·«·'··«··"»* *·»··"·*Ι ·Μ·*Ι··· ·«♦·*» »«IBII ·ΙΙ ·ΙΙ·Ι1· II· U B I ! · 11*1 Ι·ΙΙ ·ΙΙ·Ι

N o s t r e E d iz io n i

P O E S IE I N D I A L E T T O G E N O V E S E di M a rtin P ia g g io

ò * edizione, curata da Giulio G a tti - Prefazione di

L. A . Cervetto . . . . . · L . 1 ö .— -

L A C U C I N I E R A G E N O V E S E di G io Batta e G io v an n i padre e figlio Ratto - 1 S a edizione - Prefazione

di Carlo Panseri . . . · · · L. ö .

A N N U A R I O G E N O V E S E F R A T E L L I P A G A N O

£

Guida di Genova e Provincia (Lu nario del S ig n o r

Regina) 1 19 ediozione · 3 0 , « — ;

i 1

— S O M M A R IO =

Arturo Codignola, I l c re d o d i M a z z i n i - Ferruccio Sassi, E v o lu z io n e delle fo rm e p o litic h e L u n ig ia n e s i d a l s e c o lo X l l e ! X V I - M ario Bat- tietini, R a p p o rti d i M a z z in i con d e m o c ra tic i d e l B e lg io . - Paola Catel, A n co ra sul congresso re p u b b lic a n o d e l 3 0 a p r ile 1646. - Renato Giar- delli, S ag g io d i una b ib lio g ra fia g e n e ra le d e lla C o rs ic a . - R A S S E G N A BIBLIO GRAFICA: Arrigo Solini, L 'i d e a d e ll' u n ità i t a lia n e n e l l ' e t à napoleonica ( V it o V ita le ) - Ilario Rinieri, / vesto»'/ d e lla C o r s ic a ( A d o l f o B assi) - S P IG O LA T U R E E N O T IZ IE . Giuseppe Bisogni

(3)

A n n o X I 1935*X I I I

Fa s c i c o l o 1.° - Ge n n a i o- Ma r z o

GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA

Direttore: A R T U R O C O D IG N O L A

Comitato di Redazione : Carlo Bornate - Pietro Nurra - V ito A . Vitale

IL CREDO DI M A ZZIN I

Era. consuetudine, non so se lodevole, dei tempi passati di com­

memorare Giuseppe Mazzini nella- annuale ricorrenza della morte*

con reboante retorica, troppo spesso faziosa; consuetudine poco con­

facente con l ’atmosfera d’oggi, nella quale son più gra d iti i fa tti delle parole; e nella coltura si cerca· di ficcar lo viso in fondo, p iu t­

tosto che acchiappar farfalle sotto l'arco di Tito.

Invitato a rievocare oggi il Grande nella, casa ov’ E g li vide la luce, mi propongo di ripercorrere con voi la via da lu i seguita, pei*

formulare la sua concezione religiosa, intorno alla qua1 e lungo è sta­

to il dibattito, clie ancor oggi non p-uò dirsi chiuso.

L ’indagine non è oziosa, perethè tutto il pensiero politico, so­

ciale economico, letterario delFApostolo, la stessa sua prassi di v i­

ta, non si può comprendere, se non si ha chiaro il centro irra d ia to ­ re della sua fede religiosa; se no-n si risolve cioè, prim a di tutto, quello che ne è il problema fondamentale.

La sua dottrina, espressa in formule filosofiche, si avrà soltan­

to quando si potrà- trovare il saggio Le reliquie d 'u n 1 (pioto, nel quale, per sua dichiarazione, egli la eresse a sistema; ma poiché la- preziosissima opera non s’è potuta rintracciare, ci dobbiamo accon­

tentare di definire J-orientamento del suo pensiero, col sussidio de gli accenni, da lui stesso fatti, disordinatamente, ne’ suoi scritti.

Lungi dall’essere oziosa, l ’indagine è indispensabile a lla compren­

sione. del pensiero e quindi dell’azione d i Giuseppe Mazzini.

Accennerò prima, brevemente, a i tempi nei q u ali e gli a p rì g li occhi a ’ia luce: erano, come g li attuali, per molti p op oli, tem pi "di crisi, in cui crolla un mondo ed un a ltro ne sorge d alle sue rovine.

I l processo storico, apertosi nel 17S9, si chiudeva quand’e g li era ancora decenne: tutto il grande movimento rivoluzionario, che ave­

va la sua radice negli enciclopedisti del secolo X V I I I , era sorto da (i) Discorso tenuto nel salone dell’istituto mazziniano in Genova il 1 7 marzo 1935‘ X Iii* iniziando 1111 corso di conferenze su « Uomini ed idee del R isorgim en­

to », promosso dal Comitato di Genova della Società Nazionale per la Storia del Risorgimento.

(4)

Ar t u r o Co d i g n o l\

huh ìicocssitù storica, t^sprossu nolbi turione ili uiui < iecu lode iit?i razionalism o, che cercava di trad u rre nei la tti la n uova c iv iltà «lei lumi. Senonchè la perfetta felicità sognata d a g li utopisti con lo s t a ­ to d i n atu ra, p areva orm ai, alla dura esperienza, non a ltro che una spaventosa tregenda d i stra g i e di sa n gu e ; la libertà riven dicata sembra \ a risolta in una tirannide p iù ferrea di quella del più schietto assolutism o: la p arola eguaglianza, tanto solennemente proclam ata, non era più ripetuta che in tono »li scherno; la fratellanza dopo es­

sere stata a ffo g a ta — ed in che u n d o ! — uel san gu e delle stra g i di settembre, p areva orm ai aneli'essa un mito.

I l fallim ento sem brava com pleto; ma se erano crollate le ideo’ o- gie m orali e politiche d a cui era sorto il p iù gran d e m ovim ento ri- v o l u t o m i rio della storia moderna, la loro funzione storica non e ra stata perciò meno im p ortan te; perchè precisam ente n ella g ran d e p r o ­ va. gli spiriti vigili avean sentito il form arsi di una realtà storn a ben più concreta di quanto non fosse stata q u e lla sorta d a ll’i'lu m in sino, t hè aveva preteso ricostruirsi un m ondo esclusivam ente su basi r a ­ zionalistiche.

S 'e r a creduto d i poter rin n egare in toto il passato, e si era nega to. di conseguenza, nell'esaltazione d e ll'id e a le cosm opolita ogni v a ­ lore a lle tradizioni storich e; e la realtà degli eventi occorsi e di q u el­

li (h e si stavano svolgendo, dim ostrava col lin gu a g gio più evidente che in tali ideologie a pp un to risiedeva la loro lim itazione e la loro

c ritica. _ .

L a p a ro la della religion e cattolica che, p rim a d ella rivoluzione, non era orm ai più sentita profondam ente nei cuori n e l l 'o r » del più desolante ateism o, sotto la bufera che aveva travolto Ί clero tra v ia ­ to, com inciava di nuovo a risuon are consolatrice, perchè u e 'lo s t r a ­ zio delle gnerre civili e di conquista, l'u m an ità aveva tro p p o so ffe rto ; e negli anim i provati d alla sventura, e sulle tombe innum erevoli, l a speranza risorgeva, la consolatrice « ultim a dea ».

* · *

Com e in tutte le età profondam ente turbate da crisi sa lu ta ri, e r a sorto anche questa volta spontaneo qu ello stato d 'a n im o p a r t i­

colare che s ’è c onvenuto chiam are col nome di t n e ie ia n u o ; il qu ale è nei più, inconscia asjiettazione di un nuovo verbo, e solo in poche chiare ed acute m enti viene identificato, nella storia degli eventi

umani con una asp irazio n e di carattere religioso.

Nel M azzini, an cor adolescente, questa crisi è in a t t o : nello Schiller, le cui traged ie egli legge frem endo, trova l'esaltazio n e degli a lti valori della r i viltà : ia san tità d e lla gerarchia fam igliare, la in- sopprim ibilità della tradizione nei costum i, la gen uin ità dell an im a

|K»pol-ue, fatta vivere dal genio con fantasm i poetici. Il Goethe lo

(5)

Il Ck ed o d i Ma z z i n i 3

co'pisce sopra tutto per aver dato vita, nel F a u s t , a lle « credenze in ­ viscerate nei costuiai dell'epoca » e più, per aver ritratto, in Mefi- stofelc, il simbolo dell’egoismo, divenuto per i più « legge di vita· » , e per avere esaltato in M argherita « Pinnocenza, la calm a m orale ed i

puri affetti domestici ».

L a restati razione, dunque, non portò soltanto l'a ssu rd o ed a n ­ tistorico ritorno al passato colla netta opposizione del d iritto dei prìncipi a quello dei popoli, con la imposizione del* a religion e catto ­ lica in odio alla libertà di pensiero, ma anche l'esigenza assai v i­

va di una, diremo così, restaurazione interiore che tendeva a rid a re a ll’uomo, per intrinseco processo spirituale, il seuso intimo del v a ­

lore de'Ia vita, l'unità della « verità politicai, religiosa, m orale e letteraria », come il Mazzini stesso nel 1829 — a soli 24 anni — già affermava.

Kisale anzi ail'anno precedente la form ulazione netta di questa concezione: « T u senti — scrive a proposito d eP a filo so fia dello Schlegel — la mancanza d ’un vincolo », che unisca i vari q u ad ri in cui si ritraggono i diversi periodi. « Il problema dello sp irito um ano

— afferma e stabilito con tutte le condizioni; m a la soluzione r i ­ mane in tatta; la parola dell'enigm a può in dovin arsi talora, a ff e r ­ marsi non m ai; pei eli'essa sta nelPintim a connessione, che unisce i progressi della civiltà intellettuale a lla vita p olitica delle n a z io n i;

sta nelle istituzioni con cui si reggono e stà n eirord in ain eu to degli elementi sociali, nelle costumanze, nelle vicende, nelle rel gioni ».

L'esigenza di una nuova fede è (pii im plicita n el!a condanna d e l­

l'ideologia in cui s e ra esaurito l ’illum in ism o; ma questa c riti­

ca, per non essere sterile, non doveva lim itarsi a lla negazione e u n 'e ­ sigenza soltanto, pura e semplice, che si fosse ferm ata lì, a sua v o l­

ta noli era se non un conato di pensiero; cioè non era pensiero. 1 noltre d alla p ura critica negativa non sorgeva una fe d e ; a meno che non si fosse accettato il credo quia in(]ptum di T e rtu llia n o , se si pen ­ sava « Ite non fosse p û possibile a lla ragioue di d a re una sufficiente risposta al problema fondamentale del nostro spirito. In M azzini p r e ­ valse l'esigenza propria della sua generazione di mettersi a l ?a ricerca di una veiita che con» iliasse la filosofia con la re lig io n e ; eterno problepia degli umani, che su tutti predom inava vivo ed urgente, nella generazione succeduta a lla bufera de’la rivoluzione francese.

(Concezione questa pragmatistica — detto fra parentesi — , che, a giudizio di alcuni filosofi a noi contemporanei dovrebbe essere s u ­ perata nella storia del pensiero, che identifica* l'azion e creatrice col pensiero creatore e quindi la religione colla filosofia).

Non è però nei miei propositi esaminare criticam ente la d o ttri­

na del M azzini; mi basta di cogliere in atto il suo form arsi, per i l ­ lustrarne !'es>cnza viva ; ed entro perciò senz’a ltro n ell'argom ento.

(6)

4 Ar t u r o Co d ign o l a

E g li, giovane, nutrito il forte ingegno di studi profondi, meditò innanzi tutto, e lungam ente, sul problem a assillante p er trarne n o r­

ma di vita. L u i stesso, più tardi, lo dirà : « era urgente il conoscere i nostri bisogni, la nostra volontà, le nostre forze, e il come a d o p e ra r­

le : era urgente, per mettersi in moto, il sapere perchè e tvon q u ale in ­ segna·. G rid a r libertà senza definirla·, è istinto di schiavo che soffre, è sfogo d 'an im a appassionata, e generosamente in t o le r a n t e ; ma n ul­

la più. N on si vince un proposito, confidando la mente in un senti­

mento incerto di reazione, in una» idea indefinita di g u e r ra agli o sta ­ coli. L a libertà intesa vi quel modo genera m artiri, non crea la vit­

toria. L 'uom o che sp ira a correre u n a c a rrie ra deve a b b ra c c ia rla tu tta intera d'uno sguardo calcolatore. N o i non vo'evam o e rra re in cerca d 'u n I):o ignoto ed occulto: volevam o intendere, poi a d o ra re : volevamo offrirci, s ’era bisogno, in sacrificio, ma a ll'a lt a r e di nostra scelta, a ll'o g g etto di un culto ragion ato e positivo ».

V o le v a dunque p rim a intend#» poi adorait'. O ’tre lo stato di attesa, cui s'è accennato p arla n d o del messianismo, u n 'altra fede da qu ella scaturente, p ro p ria dei tempi nei quali il M azzini d a ' fo r­

m a a lla sua d ottrin a, è quella nel perfezionamento progress ino d el­

l'uom o, afferm an d o il quale si postulava un fine posto fuori dei tem­

p o : si risolveva cosi, nella su,, essenza, il problem a religioso perché s ’am m etteva una legge prim a regolatrice del mondo.

Il M azzini non è avulso dal suo tem po: le esigenze d e l‘a sua g e ­ nerazione sono forse in ini, genio luminoso, ancor più vive che nei suoi contemporanei, tanto urgenti, anzi, da in durlo a rp e re o rre re d a solo il cam m ino ideale d ella società umana, tenendo fisso rocchio, in m odo particolare, a lla storia delle religioni, la quale s ’ident’fica p e r buona parte con quella della civiltà, perchè a seguire qn Ila, è necessario penetrare molto addentro n ella vita dei popoli. l>i qui le sue ricerche intorno alle tradizioni su lla origine del m ondo conserva­

teti d a lie varie religioni, sui culti orientali, sullo svolgersi della ci*

v ilià presso gli In dian i, i C aldei, gli E b re i, gli Kgizi, i Cinesi, i Gre*

ci, i Rom ani. In d a g in e c h ’egli com pie ed in tegra con l'assid u o si li­

dio dei fiosoii m aggiori, sulle opere dei quali medita a lu n g o ; inco­

m inciando da G . Γ*. V ico che ben conobbe, annor p rim a che il M iche­

let, con la s u a op era d iv u lg ativ a togliesse il filosofo napoletano dal*

l ’o b ’io in cui e ra sepolto. A lui infatti rivendica il Mazzini il merito di quanto conquistò la filoso fia del secolo X V I I I , afferm ando già nel 1ν2ί> « il vincolo, che annoila iu un popolo le istituzioni, le lette­

re e i progressi della civiltà, indovinato un secolo in nan zi» dal V i ­ co, « fu posto in chiaro, sottomesso ad analisi e diede cominciamento a una nuova s c u o la ». I risultati di questa nuova scuola non devono essere ignorati ma snpeiati : tende a questo fine lo studio sul granale

(7)

Il C r e d o d i M a z z i n i 5

filosofo meridionale, del quale tracce numerose si ritrovano negli zibaldoni, che testimoniano anche una preparazione, tale d a non es­

sere inferiore a quella di a ltri pensatori Buoi contem poranei.

* * *

D alle sue meditazioni il Genovese è giun te a lla constatazione che la vita è retta· da una leg g e; presupposto questo che segue a quello d e ll’unità dello spirito. Q uale sia questa legge ed in qual m o­

do si attui, è il problem a che si pone e che p er sè risolve. . La storia, e cioè lo svolgersi degli eventi um ani, g li e ra stata guida nella ricerca della soluzione del p ro b le m a: « l a san ta id ea del Progresso » rivelatagli « dalle intuizioni dei core fo rtificate di studi storici » gli aveva fatto superare la concezione n a tu ra listic a della generazione che aveva preceduto la sua. « L e forze d ella gene­

razione n aia fra i due secoli X V I I I -X I X — a ffe r m a — s'e ra n o con­

sumate nei quar&nt’auni di gu erra ostinata e di sacrifici, spesi a ricadere nei fango d ’onde avea voluto levarsi. G ii uom ini, che a v e ­ vano veduto il primo e Fultimo giorno d 'u n a rivoluzione destin ata a mutare le sorti europee, disperavano del progresso ».

Le cause del fallim ento dell’ideologia eran nate con lei, poiché essa aveva tentato di risolvere il problema c o ll’esclusivo esercizio

«« «Ielle facoltà individuali », ossia· con la sola concezione ra zio n a ­ listica; la quale appunto il Mazzini si rifiu tav a di am m ettere n el­

l'esame n itic o a conclusione delle sue meditazioni, che intendo qui ricordare.

* # #

Sullo scorcio del secolo X V I I I la filosofia m oderna con E m a ­ nuele Kant pose i fondamentali capisa’di di un nuovo orientam en­

to idealistico. N e ll’attività dello spirito, dim ostrata criticam ente, si trova la nuova conquista del pensiero, che si· esplica n ell'etica come automa determinazione. 11 Mazzini fa sue le deduzioni t r a t ­

te dai capisaldi d ell’etica kantiana in certi a p p u n ti conservatici nei suoi scritti « secondo Kant — troviamo in 11110 di essi — lo scopo d ell’edurazionc sarebbe di sviluppare n ell’in d ivid u o tu tta la perfezione della quale è c a p a c e » ; concetto su cui rito rn erà pochi anni dopo, afferm ando: « v ’è una legge di K a n t, che definisce, parmi, mirabilmente la missione della giovane E u ro p a ».

Sono dunque d a lui accolti i fondamentali cap isald i del l ’id e a li­

smo, cui non contrasta tutta la tradizione d ella filoso fia ita lia n a dal V ico in poi. Non esita a definire la sua un a dottrina, perchè

« dove non domina l ’autorità d‘ 1111 principio razionale— a ffe rm a — dove tutti gli arridenti sociali non possono rich iam arsi a quel p r in ­ cipio, v ‘è conflitto fra le opinioni, f r a g l ’interessi, f r a le passioni degli individui; allo ra giudioe supremo è la f o r z a » . I l a però ben

(8)

6 Ar t u r o Co d i g x o l a

sura d i precisare — e qui si differenzia dai filosofi neo-idealisti — che, se è « inesorabile su’ principii », sente « bisogno di procedere lento e più cautamente nelle deduzioni », perché « non tutte le con­

seguenze d’un principio possono desumersi a un tratto ».

Respinge cioè le deduzioni che, dai fondamentali principi d ell’i- dealismo, traggono i creatoli del movimento filosofico post - kantia­

no Fichte, Schelling, Hegel, sui sistemi dei quali ha già portato il suo acuto esame critico già ali-età di 23 anni. E gli, che nutre la sua forte, aperta intelligenza con innumerevoli letture di classici della filosofia e di storici delle religioni, in quegli anni in pieno r i­

fiorire, afferma : i filosofi tedeschi « pongono ad esame i lavori del genio, collo stesso spirito indipendente e vivace che presiede alla loro creazione e criticano con eloquenza, lodano con entusiasmo, che è forse la guida più possente alla verità. Ma l'indole, le con­

troversie di religione che nel secolo X Y I agitarono) le menti e le scuole filosofiche, esercitano pure somma influenza sugli ingegni, e ne risulta una oscurità, un amor di sistemi, una tendenza alle astrazioni metafisiche, che troppo sovente campeggiano nei loro scritti.

« Una naturale inclinazione a illim itate ricerche è ognor più av­

valorata dalle scuole trascendentali, e dalle disquisizioni kantiste.

Pare ch’essi divaghino in cerca d’un fine ideale, misterioso indeter­

minato, collocato oltre i lim iti della nostra sfera; e se riconcentra­

no talora le forze, e gettano uno sguardo indagatore sulle umane cose, si slanciano ben tosto con più vigore a tentar di raggiungere questa idea, eh'essi vagheggiano sovra ogni altra.

«Q u in d i teoriche che ti seducono, perchè ogni sistema seduce, ma ti traviano; meditazioni che ti sollevano dal fango di questa terra ma per cacciarti nel vuoto o nei vortici delPiaifinito ».

C ritica non dubbia, come si vede, alla dottrina dei filosofi post- kantiani; è assai significativa poiché è formulata negli anni durante i quali il M azzini segue con non celata simpatia i corsi che hanno ripreso in P a rig i il Cousin ed il Guizot ; corsi che lo stesso Hegel definisce «u n e musique de l ’energie libérale dont Paris, toute la France et l ’Europe retentissaient». 11 futuro Apostolo delPUnità segue cioè non solo il Cousin nel Patteggiamento politico·, ma anche nell'orientam ento kantiano nel quale si trova; non lo seguirà più tardi quando il filosofo eclettico accoglierà le conseguenze tratte dalPH egel, partendo dalla stessa critica kantiana.

L a conquista della moderna filosofia non rende persuaso il M azzin i; per il quale, come Perrore fondamentale delPillumini- smo fu quello d ’aver voluto edificare «sopra una teoria di d iritti, ohe conduce inevitabilmente a ll’accettazione dei fa tti compiuti )), in altre parole, alla adorazione della forza, così la filosofia hege­

liana non fa che sostituire al materialismo brutale degli atei del

(9)

Il Cr ì:do d i Ma z z i n i 7

secolo X V III, un altro materialismo più « mite, velato, celato, a l­

quanto gesuitico » perchè, in tale dottrina « la verità esiste ma re­

lativa . . . , esiste l ’ideale ma in noi, non fuori di n o i».

Ogni realtà, « ogni fatto compiuto, è perchè deve essere, ha nella propria esistenza la propria ragione d’essere. Ogni evoluzione, o- gui fenomeno è cagione ed effetto ad un tempo. D io 11011 esiste o non importa tentare l’impresa impossibile d’appurare se esista;

ma l ’ uomo lo c re a » perché il simbolo o il nome può essere utile che siano conservati.

Per il Mazzini questi sviluppi della teoria hegeliana non sono che conseguenza « del concetto materialista che non vede nè può vedere nel mondo se non una serie fin ita di fenomeni prodotti dalle forze di una somma di materia! necessariamente finita, fa ta l­

mente concatenati e chiamati a indefinitamente ripetersi » e cioè cade nella conseguenza ineluttabile dèi fatalismo e « conseguenze del fatalismo sono a loro volta la giustificazione del male e la contemplazione sostituita a ll’azione. A che la condanna — si chiede — dove tutto s’incatena in una serie di fenomeni che sono e f­

fetto e cagione ad un tempo, in virtù di forze e leggi delia m ateria immutabile perchè non intelligente? » E non si vede il Cousin ed il Guizot fautori della religione del progresso, farsi sostenitori d el­

la commedia dei quindici anni recitata tanto bene da L u igi F ilip ­ po — son parole del Mazzini — perchè colla loro dottrina si giu ­ stificano appieno i fatti che avvengono sotto i loro occhi? non si son visti « scrittori tedeschi, inglesi, francesi farsi dottamente apolo­

gisti d’ogni tirannide e contaminare la severa moralità della storia colla riabilitazione di Siila, di Nerone, di Caligola? E la muta inerte contemplazione che intende e ammira, s’è sostituita nei più, tra gli intelligenti, allo spirito d'azione che desume, trasforma e antivede ».

Questa concezione filosofica non può rigenerare le nazioni i>er- chè ogni conquista morale è in tal modo loro preclusa come lo d i­

mostra la storia moderna. « Per una serie di pensieri incatenati e di conseguenze forzate — scriveva ora è un secolo — venimmo· al punto in cui siamo. Così, ci parve che dopo tante delusioni, tanti esperimenti infelici tanta vicenda di casi fosse oggimai tempo di rinsavire, e pensare seriamente a una via di salute. Così intendiamo la nostra missione.

Missione di verità pura e franca fortemente sentita, e ard ita­

mente parlata, 11011 di blandizie funeste, ad uomini o cose, di tran ­ sizioni pericolose, di reticenze colpevoli.

Missione di vero progresso sociale . . · . non d’insistenza sulle vecchie norme, di servilità al passato, di riverenza agli erro­

ri, soltanto perchè commessi dai nostri padri.

Missione altamente rivoluzionaria — di rigenerazione, nazionale

(10)

8 Ar i u r o Co d i g n o l a

d i miglioramento popolare... — non di paurosa riforma, di muta­

mento a pro di una classe sola, di rivoluzione aristocratica ed incom­

piuta-.

Missione infine d'energia, di coraggio, di sacrificio illim itato, non di terrore, di debolezza, dì egoismo mascherato e d'inconse­

guenza ».

E d ecco il Mazzini ergersi come il dantesco Farinata.

L a dottrina è in lui fede: una dottrina che non fosse tale non potrebbe spingerlo sulla tribolata via dell’apostolato e del m arti­

rio. E ’ indispensabile che esista in lui la certezza da cui trae ori­

gine, a sua volta, la dottrina: la fede in Dio.

No, D io eterno, afferma, chi ti nega non può essere che grande­

mente infelice o grandemente colpevole.

La verità è una ed eterna, i l pensiero « germe del mondo in D io >;, che lo contiene tutto, deve realizzarla e può soltanto se respinge la teoria dell'individualism o, se .attraverso l ’ associazione, ricerchi la legge per dirigere la sua condotta·, Ila quale non può es­

sere quella che si ispira, al diritto, ma soltanto quella che prende per sua norma « il fecondo principio del dovere». M a il dovere — come norma — da che può trarre legittim ità se non si ammette l'esistenza- di una causa prima, di un'unica legge generale, immu­

tabile, che costituisce il nostro modo d'esistere ; « che abbraccia ogni serie di fenomeni possibili » che « esercita continua un'azione sull’ universo e su quanto vi si comprende, così nel suo aspetto f i ­ sico come nel morale? ».

L a risposta è ovvia : D io è « Punica causa di tutto ciò che esi­

s te ». Ma qual’è questo Dio?

E g li stesso appena superata, appunto con atto di fede, la tra ­ gica tempesta del dubbio, che per poco non lo travolse, lo afferm a con parole troppo chiare per prestarsi ad arbitrarie interpretazioni :

« Credo in Dio intelligenza, superiore al mondo creato, causa, le g i­

slatore, perchè credo che la sua unità si trasforma e si riproduca in tutta la creazione e generi necessariamente una legge, un pensie­

ro, imo sviluppo continuo, una missione, un intento, un interprete, un’ umanità, quindi necessariamente un'arte, una filosofia, una po­

litica, una religione, della quale tutte le arti le filosofìe le epoche c i­

vili, le religion i non sono che evoluzioni, fasi, manifestazioni pro­

gressive, transitorie, divine ad un tempo ed umane tutte ».

Dio ha creato dunque l'um anità e non i l singolo uomo, che l ’u- manità nel significato mazziniano non è se non l ’espressione del concetto definito da P aolo nella lettera ai Corinti nel modo ben no­

to : « il corpo è uno solo, ed ha molte membra, e tutte le membra, di quel corpo che è uno solo, benché siano molte, sono uno stesso corpo ».

(11)

Il Cred o d i Ma z z i n i 9

I l creatore è uno ed una è l'umanità,: Dio si rivela agli uomi­

ni attraverso le leggi che regolano l 'umanità, ed in tal senso il divino è immanente nella storia; queste leggi non sono conosciute che dalla profonda intuizione del genio e confermate dal l'evolversi dell umanità verso un termine ultimo, che noi oggi è sconosciuto ma che non è perciò meno sicuro·.

* X- *

Questo Creatore, questo Dio, causa e legislatore, con buona pace di molti studiosi del pensiero mazziniano non è immanente;

è un Dio trascendente.

E gli anche aggiunge che non è il « padre nostro che sei nei cieli ».

Lo afferma scrivendo una di quelle sublimi lettere consola­

torie (per la morte di persone care), in cui meglio s'effonde il più alto sentimento del nobilissimo suo spirito; e l'afferm azione è tan­

to più significativa, in quanto egli si rivolge -ad una madre che im ­ preca contro il fato che le ha rapito due f ig li: essa è atea, e perciò grandemente infelice.

A questa russa — di nome Ogarief — in qual parte del mondo Mazzini non esercita la sua azione? — che, evidentemente, non si trova con lui in grande dimestichezza, scrìve : « Se voi foste mia

■sorella» di fede vi direi che sopra di noi tutti c'è D io e la sua leg­

ge, la quale perchè da lui proviene non può che essere legge di vita, la qua1 e vita perchè sua non può essere -annientata da quella tra­

sformazione da noi chiamata morte ». V i direi ancora « che la morte non esiste, che la vita è eterna, che tutto ciò che ha principio in terra, si sviluppa* in altro luogo; che l 'amore è la promessa e la tomba la seconda culla: che tutto ciò che alimenta il cuore d e ir no­

nio è eterno e che la nostra esistenza rassomiglia ai fio ri che ve­

getano nella terra e fioriscono nell'aria pura elevandosi al cielo che ci circonda ».

Clie cosa risponde la sventurata madre al Mazziini, il quale ten­

ta di consolarla, elevando il suo spirito alle altezze sublimi del’ a fede? Non lo sappiamo, ma dalla successiva lettera del Genovese non è difficile comprenderlo : un grido di ribellione e di scherno con­

tro il caso che l'ha colpita, lasciandole il vuoto intorno. « Sapete voi perchè vedete soltanto la morte, il vuoto e la disperazione? __ egli ribatte — sapete voi perchè negate Dio* e l'im m ortalità e proferite l'incomprensibile parola caso, che è, perdonatemi, una parola p ri­

va di senso, dato che tutto ciò che avviene si determina con leggi visibili? Forse perchè di fronte a colui che vi ha parlato, o vi p ar­

la di Dio, come nel mio caso, voi avete pensato al D io dei cristia­

ni e cioè ad un D io che si interessa minutamente di tu tto ciò che noi facciamo, non altrimenti di un direttore di polizia, m i è affidato

il compito di seguire e di controllare ogni nostro atto1.

(12)

1 0 Α κ τ υko Co d i g n o l a

« In tal caso, se si osserva il male clic regna nel mondo, il giu ­ sto sacrificato, il malvagio trionfante, l ’amore distrutto dal m ale fiskio, i fig li rapiti dalla morte, la conclusione per voi non può es­

sere clie la. seguente: o Dio non esiste o non lia amore per le sue creature perché non veglia su noi.

« I l Dio dei cristiani non è il mio D io ; esso è il D io della fan ­ ciullezza del genere umano. Iddio, 1 unica causa di tutto ciò che e-

siste, non conosce lim iti: egli non ha cjreato me e voi ma 1 umanità dalisi quale noi proveniamo e creandola le ha dato leggi, la possibili­

tà di progresso, e ta li leggi si leggono nella storia ed il genio le riconosce nella profondità della sua intuizione. Ognuno di noi r i­

trova D io nel suo cuore nei m igliori momenti d'ispirazione e se non lo possedesse in sé non potrebbe neppure averne 1 idea.

« I disagi che capitano ad ognuno di noi sono la conseguenza della nostra im perfetta natura ; di quanto ci circonda, dei nostri e r­

rori, della nostra imprevidenza ed essi sono indissolubili dalla no­

stra sorte, perchè nella nostra· qualità di esseri umani noi ci trovia­

mo in un gradino inferiore a quello che dobbiamo raggiungere. So­

pra ogni cosa però sta la vita, che è il pensiero di D io e che non può essere distrutta: il progresso che noi constatiamo, che deve realiz­

zarsi qui o altrove, l ’amore che tende a ll?eternità, non sono un 'i­

ronia, ma una uosa sacra sulla te rra : la promessa ed il principio.

L a vostra negazione di Dio sulla terra e la vostra credenza nell e- sistenza del diavolo sono assurde. La legge è l'im m ortalità. Λ oi r i­

vedrete ancora i vostri fig li ».

La ferm a fede nell’immortalità, espressa con tanto commosso ed appassionato fervore nelle sue lettere consolatorie, fece sospet­

tare che nella dottrina del Mazzini trovasse posto anche kt credenza nella metempsicosi ; ma tale interpretazione non può essere presa in seria considerazione, essendo in netto contrasto colle basi stesse di tutta la sua concezione filosofica.

Fissata così l'origin e del « credo di Mazzini » ci sarà agevole illustrare le deduzioni ch'egli ne trae ed a cui s'ispira durante il suo apostolato ; cioè, si può dire, per tutta la vita, che fu sempre coerente, come poche altre nella storia, come quella che voleva sem­

pre raggiungere « l'arm onia progressiva d'idea rappresentata col­

le opere, di pensiero espresso in azione ».

Sappiamo già quale sia il D io di M azzin i; e in che significato egli adoperi la parola Um anità, la (piale rappresenta, è ovvio, l'in ­ sieme dei popoli ; ma il Popolo nelPinterpretazione sua è soltanto

« l ’ universalità degli uomini componenti nazioni », poiché « la m ol­

titudine degli uomini erranti non costituisce nazione, ove non sia diretta da prinenpii comuni, affra tella ta in una tendenza uniforme*

(13)

Il Credo d i Ma z z i n i 11

governata da leggi uguali ». E la· nazione, a sua volta, non è tale se non ha come principio l ’ unità. Senza unità di p rin c ip i, d 'in ten ­ ta e d iritto non può riunirsi in tutto omogeneo, una moltitudine di uomini ; si avrà cioè una genie, non una nazione.

Ancor qui egli convalida la siici dottrina- con ’a storio-. « I bar­

bari __ afferma — venuti dal nord a trucidarsi Pun l ’altro sul cadavere dell'im pero Romano erano gente. G li italiani — soggiun­

se amaramente — a ’ quali ogni manifestazione di principii d’in ­ tento, di diritti è vietata son gente fino a quest’ oggi ».

Che intende il Mazzini con le parole p rin cip io, in ten to, d ilu ito?

« I l principio - - egli risponde — nel quale Ja nazione « ha fede, deve essere inviolabile e progressivo, perchè uè tempi nè capriccio d'uomini lo consumino ». Il d iritto , come è ben noto, trova la sua legge nel fecondo principio del dovere dal quale deriva.

L'u n ità dei princi\pì, inoltre, non può essere vitale se non è spontanea e lifbera, 11011 infirmata dall’arte e dalla violenza. E la- libertà a sua volta, trova il limite a se stessa, intesa come deve es­

sere quale mezzo e non quale fine.

Non è questa-, mi pare una concezione nebulosa nè astrusa-, co­

me di consueto si afferma. Gli sviluppi della sua dottrina, quando son ben ferme queste premesse, non soli meno chiari. Così l'in ten to della nazione è altrettanto chiaramente definito. Essa, precisameli te come gii individui, deve tendere al proprio perfezionamento, a l­

lo sviluppo ordinario delle peculiari sue facoltà ed allo sviluppo dell'attività sociale: la quale 11011 deve prefiggersi di raggiungerò esclusivamente un benessere economico poiché l ’intento, « deve es­

sere radicalmente inorale ».

« U n intento materiale soltanto è di sua natura fin ito — a ffe r­

ma — e, perciò, 11011 costituisce base d’unione perpetua ».

Quali sono i mezzi per raggiungere tale fine? E gli non esita ad additare l’asso dazione, vincolo potente a m oltiplicare le fo rze; as­

sociazione stretta fra eguali in d iritti e doveri, indispensabile per realizzare una armonia nei lavori, una cooperazione generale nella nazione e fra le nozioni nell'umanità.

Ma occorre che anche *1 concetto di eguaglianza, che sta a base dell’associazione, sia ben definito. Il Mazzini supera la con­

cezione deli-eguaglianza lasciata in retaggio dagli enciclopedisti che, la consideravano 1111 diritto di natura. Gli uomini — afferma in­

vece lui — nati « moralmente eguali, dotati delie stesse facoltà,, degli stessi organi, dello stesso istinto di progresso, sottomessi a ll’in ­ fluenza degli stessi principi, 11011 soggiacciono ad altre inegua­

glianze, che a quella del ^in telletto, e a quella che deriva dalla maggiore o minore attività delle facoltà loro: la prima, inegua- gianza di fatto e non di d ir itto , non ereditaria, 11011 tirannica, per­

chè gli uomini piegano spontaneamente davanti ad

(14)

1 2 Ar t u r o Co d i g n o l a

nistra alla nazione, che sa valersene, un elemento efficacissimo di progresso, la seconda suscettibile di modificazioni continue, è ne­

cessariamente segno alla legistiz,ione, clie ripartendo il latoo-ro, e le ricompense proporzionatamente al lavoro, può diminuirla gradata- niente; ma leggi e d iritti civili e politici stanno eguali; per tutti g li uomini che fanno parte della nazione, e chi statuisce il con­

trario, viola l ’ umanità ».

it w

L a dottrina, rievocata nelle linee fondamentali, costituisce per il Mazzini una fede, ed ha perciò caratteri inconfondibili cpn le correnti di pensiero contemporaneo delle quali egli non si fa mancipio.

Essa è sempre avvivata dal calore della fede, in lui incrolla­

bile e tanto profonda da fa rg li dettare una pagina inspirata, che forse occorre rievocare a ricompensarci un p o’ della crudele vivise­

zione che abbiamo sino ora compiuta.

« F ig li di' D io e dell'umanità, levatevi e movete. L ’ ora suonò.

L a libertà vive in v o i; l ’uguaglianza che un giorno s’aspettava in cielo passeggia oggi sulla terra che voi calcate e al disopra della redenzione sociale. Sappiate com pirla: mostratevi uguali a ll’im ­ presa, non dubitate del successo; non d ite: si am deboli; quando D io assegna una missione, ei v ’ aggiunge le forze necessarie a com­

pirla. Ora, una missione v ’è affidata: in nome suo, siate fra telli ed uguali. R aggi delPUmanità, voi movete tutti dalla stessa c ir­

conferenza per convergere ad un centro solo. Inoltrate dunque tut­

ti. L a libertà, di tutti deve essere conquistata da tutti. Senza -questa partecipazione comune a ll’impresa, come s’accerterebbe la

vostra missione?.... »

« L ’iniziativa non è dietro voi : essa v ’è innanzi. Non è più racchiusa nella teoria dei d iritti...., non è più nelle parole libertà, eguaglianza, traduzione del doppio aspetto subbiettivo ed obbiet­

tivo. vita propria e di relazione dell’io : non è più in quella di fratellanza,, figlia d ell’eguaglianza, religione individuale, espressio­

ne di un fatto, anziché definizione di un principio, che unisce senza associare, connette due termini senza dirigere la loro a tti­

vità collettiva verso la conquista di un terzo, e santifica il pre­

sente, senza creare il futuro. L ’iniziativa è n elP Umanità, nuovo concetto, programma non veduto dai vostri padri : nell’Umanità che ha per suo metodo il Progresso, come il progresso ha per suo metodo l ’Associazione- »

Ribaditi i caposaldi della sua dottrina, addita le nuove vie da seguire con ispirati accenti : occorre — afferma — « segnare chiaramente con esattezza la lincia che distingue il passato d all’av­

venire, giovarsi dei grandi risultati del primo, ma soltanto come

(15)

Il Credo d i Ma z z i n i 13

di mezzi per conquistare il secondo ; trovare nel passato il punto dal quale devono muovere le generazioni, ma evitando quanto può tendere a imprigionarle nei suoi contini ; sfuggire a ll’errore che confonde la successione delle cose colla loro causa, immiserire la coscienza e la missione dei popoli ; e dire loro ch’essi non fanno che desumere conseguenze, lavoro che i popoli abbandoneranno sempre a quei che posero le premesse, mentre il fatto d ’una mani­

festazione sociale, d’un'Epoca nuova, d’ un nuovo battesimo, ard i­

tamente annunziato, basterebbe per sè ad ampliare il loro oriz­

zonte, a redimere la loro· esistenza, a creare una nuova a ttività e a rivelar loro forze, oggi ignote, proporzionate alle loro imprese.

(( Ritemprare la» nazionalità e metterla in armonia co 11’ Uma­

nità: in altri termini redimere i popoli colla coscienza d’ una mis­

sione speciale fidata a ciascuno d’essi e il cui compimento, necessario allo sviluppo della grande missione unitaria, deve costituire le loro in ­ dividualità e acquistare ad essi' un diritto di cittadinanza nel mondo ».

*· * ir

Queste parole il Mazzini scrive nel 1834, a 29 anni : il suo storicismo, di pretta ispirazione vichiana, è agli antipodi dell’in ­ tellettualismo degli enciclopedisti francesi, altrettanto lontano dal misticismo inconsistente dei tedeschi e della dottrina di. Hegel e

de’ suoi epigoni.

La tradizione schiettamente italiana, cui egli si riallaccia, è troppo estranea al pensiero francese ed a quello tedesco; ma l ’il- Jnnunismo ed il pensiero razionalìstico tedesco, non disgiunti da orna concezione religioso-teologica, son pure stati necessari, per dare a ll’orientamento del pensiero· mazziniano una fisionomia propria.

Poiché il Mazzini, checché si sia- detto, ebbe uno spirito così concreto da dover essere da noi considerato come uno dei più schietti rappresentanti della nostra stirpe; è quindi necessario a f­

fermare ben chiaro che l ’opera sua è grande non solo per aver contribuito, col sacrificio di tutta una vita, a dare agli Ita lia n i patria e indipendenza, ma per essere stato uno dei più grandi maestri di vita.

I l termine ultimo che l ’Ita lia nuova dovrà raggiungere, egli lo ha collocato molto in alto; tanto in lalto, anzi, che dopo il ’70, e cioè dopo che la nostra penisola finalmente potè essere una -— in gran parte mercè il suo apostolato — egli si dichiarò insoddisfatto.

Ma la. méta da lui genialmente additata deve essere raggiun ta; i suoi, contemporanei e le generazioni susseguitesi sino ad oggjity pur avendo in un secolo fatto dei prodigi — si pensi che cosa era

(16)

14 A R T 'jRO Co d i g n o l a

r i ta lia nel 1835 — possono e debbono attingere ancora vitale n u ­ trimento d a lla sua d o ttrin a; perché il grande suo m erito iu quello di aver posto delle solide basi di credenza, religiosam ente sentite, d alle qu ali scaturiscono soluzioni geniali, ma non astratte a i più g ra v i problem i che assillano ancor oggi la torm entata um anità.

Esse contengono germi che in un avvenire prossim o o lontano d a ­ rann o il loro frutto.

Poiché la patria per il M azzini fu davvero re ligio n e; la fede n ella missione d e ll’I t a lia per lo svolgersi d ella civiltà è certezza in c ro lla b ile : « ‘L ’I t a lia è un in fan te divino — a fferm a — chia­

m ato da D io ad essere il Mosè d ell’E u ro p a dei popoli. Ciascuno di noi è chiamato ad esserne l'educatore. Ciascuno di noi lo può, purché l ’anim a sua divenga tem pio di virtù, sim bolo d ’unità fra i l Pensiero e PA zione. »

E d è questa missione ch’eg’i bandisce, con lin gu aggio p ro fe ­ tico: « N e l l a grande tradizione d e ll’ U m an ità — esclam a — ho studiato la tradizione italian a, e v 'h o trovato R om a due volte d i­

rettrice del mondo, p rim a p er g li Im peratori, più ta rd i pei P a p i : v ’ho trovato ohe ogni manifestazione di vita ita lia n a è stata ma­

nifestazione di v ita europea e che, sempre, quando cadde l ’Ita lia , P U n it à m orale E u rop ea cominciò a sm em brarsi n e ll’analisi, nel dubbio, n e ll’anarchia.

C redo in »un'altça manifestazione del Pensiero Ita lia n o , e cre­

do che un a ltro m ondo Europeo debba· svolgersi d a ll’alto d ella c it­

tà eterna che ebbe il Cam pidoglio ed ha oggi il Vaticano. »

* * *

I l V eggente di Staglieno è stato profeta. A l l ’I t a lia in cam ­ mino, a ll ’Ita lia di V itto rio Veneto e di M ussolini, il tra d u rre in realtà, come sta facendo, il religioso credo mazziniano.

A r t u r o C< » l i g n o l a

(17)

E V O L U Z IO N E D E L L E

F O R M E P O L I T I C H E L U N I G I A N E S I D A L SECOLO X I I A L X V I

( Continuazione, vedi num. precedente)

N el mentre questi «avvenimenti si svolgono avendo a teatro la vallata del V ara, altri fatti — nel loro complesso più interessanti e produttivi di più durature conseguenze — ci rivelano nelle popo­

lazioni della M agra resistenza d ’una crisi più profonda, o per lo meno più sentita da tutte le popolazioni della V a l di M a g ra e da*

tutti i vari strati sociali.

Esaminiamo ad esempio il quadro offertoci d alla nota pace sti­

pulata in A u lla nel 12-02 tra Vescovo e M alaspina : è un panoram a vasto e complesso sintetizzato nella nuda sclieletricità di poche r i ­ ghe. ft di dominio comune la precisione, quasi la m eticolosità o meglio l ’amore al formalismo meticoloso, dei nostri m aggiori. N on vogliamo esagerare, ma non crediamo però di errare traendo d a lla carta, alcune osservazioni. Essa ci descrive praticamente tutta la Lunigiana vescovile delia bassa vallata M agra - V a ra organizzata a comune agrario con i propri consules, milites e p op u lu s: g li uom i­

ni, questi, che 11011 sono « de espiscopo » ma hanno giurato « sequimen- tum episcopi » ( J). V i è rappresentata Pontremoli : ma in essa il p rim i­

tivo ordine gerarchico è capovolto; vi sono infatti « populus et m i­

lites » ; è il comune cittadino che ha perduto il carattere m agn ati­

zio — <>, se vogliamo nel caso specifico, signorile delle origin i — ed è già divenuto un Comune a tinta popolare proseguendo a ll ’interno ed a!l*esterno nelle direttive politiche segnate dalla tregua del 1173;

preludio delle lotte acerrime scoppiate nel secolo successivo, e com ­ poste nel 13.17 dal Cardinal Fi escili ( 2), tra il ceto cittadino — a r ­ tigiano, e magnatizio per sangue o per denaro — ed il ceto agricolo del distretto. Abbiam o numerosa la rappresentanza del ceto fe u ­ dale assorbito nella circoscrizione comitale dalla p olitica vescovile, ormai sprovvisto di propri uomini che non siano anzitutto v a lv a s­

sori od uomini della curia, ormai investito soltanto di poteri r i ­ flessi di subfeudo da quella concessi; accanto a questi, mem bri di quel l’aristocrazia montana tanto caratteristica in certi a tte g g ia ­ menti ed in certe configurazioni giuridiche dei loro poteri, da d arci l'im pressione verace di relitti abbandonati dal n a u fra g io di o r g a ­ nizzazioni politiche anteriori di decenni ed anzi di secoli. N otiam o ( ì ) Cfr. ad oh. nel Cod. IViavicino ì patti stipulati con g li uomini della villa di S. Terenzo del Bardine.

( 2i Cfr. O. S forza, S t o r i a di P o n t r e m o l i d u lie o r i g in i al 1500, Firenze, Tip.

Franceschini e C.,

(18)

16 M a r i o Ba t t i s t i n i

infine il fo lto gruppo proveniente d a lla L un igian a dei M archesi ; ed anche questo ci presenta i vari aspetti della diversa costituzione sociale e p olitica delle singole terre, che dobbiamo partita-mente esam inare p er poter abbracciare nel suo insieme ed in tutto il suo valore p artita rio questo mosaico form ato d a lla brillan te adunata delle forze lunigianesi del 1202. L a carta è -una traccia del cammino percorso e delle posizioni sino a llo ra raggiun te con lento e tenace la ­ vorio, e costituisce per alcune classi il p iù alto livello delle re a ­ lizzazioni in fatto conseguite sia a llo ra sia in seguito, per a ltre in ­ vece un punto di partenza. Anche in questa parte della L u n ig ia n a la crisi stava m aturandosi dopo un periodo non lungo di in cuba­

zione, con una contem poraneità non casuale rispetto alle rim anenti zone: è t*utta la regione che si agita e che lascia intravvedere l'e s i­

stenza d 'u n a fitta rete di scambi e di estesi contatti tra le varie p a rti di essa e con le regioni lim itrofe. Q ualcosa di ben diverso in ­ somma dallo squallido e desolato quadro che da alcuni si ostentava non si sa m eglio se per convinzione od inveterata consuetudine.

L a classe orm ai p erven u ta: « i d o m in i», sorti e sviluppatisi a ll'o m b ra del potere feudale, e che in parte provengono d ai vecchi v a lv a ss o ri; le necessità delle guerre hanno poi favorito l'ascesa di

« uom ini nuovi » tra tti in prevalenza d alle fila di coloro che, o n e lla zona stessa o tem poraneam ente em igrati altrove, hanno potuto costituirsi un discreto peculio, e su lla ricchezza m obiliare hanno costituito la successiva fo rtu n a fam igliare. G li uni e g li a ltri d i­

ventano ta lo ra i banchieri dei M archesi, come più tard i quel R o l­

la n d o lo qm. T aren te de G iov a ga llo dal quale Isn ard o' M ala sp in a riceve a prestito 400 genovini necessari per la spedizione d i Corsica con 600 uom ini d ’arm e (*) ; ed anche conseguono in cessione, a t i­

tolo di g aran zia, una parte dei proventi p ro p ri del sistema fiscale feud ale, come quel nobile milite Tom asio qm. Rosso de G io v a g a llo che van tava d iritti sui pedaggi percetti lungo le strade di A u lla , V illa fr a n c a e L ic cia n a (2). Parecch i sono i consorzi dominicali già form ati nel 1202 sulle terre m archionali, come quelli di G roppo di San P ie tro e di B a g n o n e ; m a non potremmo davvero g ara n tire che l'o r ig i­

ne loro fosse m olto antica, ove se ne tolga la casa di M oregnano con i sottoram i d e riv a ti d i C alice e G iovagallo, scesa in L u n ig ia n a d a ll’E ­ m ilia rieJPundecimo secolo con atteggiam enti indipendenti. A ccan to a questi m a g g io ri vassalli, dobbiam o ricordare tra i presenti a lla tregua quelle stirp i che — come i B ianchi, ed i C astello — in p arte si tro van o in relazione di vassallaggio con i M archesi, in p arte però godono di poteri e d iritti loro pervenuti d a diversa mano così d a poter a p p a rire del tutto indipendenti, e non solo nel secolo X I I I ma anche nel successivo, cioè nel periodo di netto predom inio ma·

lasp inian o su tu tta la zona a levante d ella M ijgra.

O) Flristito, op. cit. I I , n. 511 : atto 14 dicembre 12Θ9.

( 2) R . A. S. Firenze, Perg. F ondo M a la sp in a : alto 1T> agosto 3302.

(19)

■KV0LUZI0.n l DELLE FOU ME P O LIT IQ U E L U N IG IA N E S I DAL SECOLO S I I A L X V I 17

Md, ripeto, i ipotesi d un’origine abbastanza recente dei domini di second’ ordine già accennati, mi sembra abbia qualche fonda­

mento. Vassalli diretti auch essi dei Marchesi, ma evidentemente di scarsa importanza presi partitamente, costituiscono, riuniti nella nota tregua del 1173, un elemento di forza tu tt’altro che trascura­

bile in quanto, essendo a diretto contatto con le m ilizie tratte dal- I elemento feudale, non era difficile per loro valersi di un proprio prestigio persona'e per diffondere le idee e le aspirazioni d'intona­

zione comunale mosse da Pontremoli e da loro stessi abbracciate al fine di scalzare il potere superiore o almeno di acquistare in credito ed in ricchezze. Siamo nel vero contado, eppure essi non si diportano diversamente dai valvassori dei feudi maggiori facenti ca­

po un tempo alle più fiorenti città.

D ’ una cosa possiamo esser certi : del controllo esercitato dai M ar­

chesi ininterrottamente — eccezion fatta pel quarantennio in esa­

me — su queste formazioni minori. Ma abbiamo già detto che que­

sto è un periodo di crisi: superata questa, riprende il predominio effettivo dei Malaspina che con lavorìo lento, tenace e silenzioso giurigeianno a smantellare in modo definitivo le resistenze e le op­

posizioni della classe, a rinnovarne la composizione, a staccarla del tutto - così trasformala — dall’ altro elemento sul quale essa pog­

giava: il «p o p u lu s ». Appoggio cercato dalla bassa feudalità, qui;

non subito, come nella Lunigiana occidentale, dal salire delle classi borghesi e popolari, le quali — assente od impotente l ’alta aristo­

crazia — imponevano dapprima il riconoscimento del dualistico Comune (signorile e popolare) in attesa della totale eliminazione, per forza esterna se non per sviluppo interiore, del potere politico feudale. Nella Lunigiana marchionale, i vari movimenti e sommo­

vimenti ci danno l’impressione d’una corrente in lento deflusso, ben arginata e opportunamente incanalata dal potere costituii o.

Lo vediamo già il « populus », nella carta del 1202, comparirci come ’’.in entità della quale non è possibile disconoscere l ’esistenza, ed è perciò riconosciuta o almeno ammessa in linea d,L fatto : ed essa già manifesta una propria volontà ed una propria capacità di agire. Si tratta ancora d’ una capacità collettiva giuridicamente l i ­ mitata in quanto questo popolo non ha ancora i propri legali rap­

presentanti con carattere continuativo, ed ognuno « prò te m p o re »;

non consoli, non podestà, non rettori, nè regole di viver connine co­

munque fissate.

È solo una forza politicamente viva, almeno pel momento, e che tende inevitabilmente ad un pieno riconoscimento giuridico. M a la stessa denominazione ci m ostra un complesso demico che, p u r così cojne si presenta, non è privo di certi diritti, d ’n n a certa l i ­ bertà personale: non tutti gli a b itatori delle terre dei M archesi dovevano essere loro « homines » , come non tutti g li ab ita to ri delle

(20)

13 F e r r u c c i o S a s s i

terre vescovili erano « de episcopo ». Ripeto che la causa precipua

«li questo stato .li cose dovrebbe essere ricercata nel costante d i ­ fetto di circolante, assai inferiore quantitativam ente al fabbisogno creato d alla necessità di resistere a lla costante p r e s s i o n e esercitata sui M archesi d ai Com uni p a d a n i: fabbisogno direttam ente p ro p o i- zionale a lla pressione, e fortemente sentito già n ella metà de ^ colo X I I . Ï2 noto che in questo periodo, quasi non \ e urto che noi term ini in un a ritira ta dei M archesi ed in uno sborso di denari da p arte del Comune, di Piacen za soprattutto, p e r com pensar oro in qualche modo la p erd ita di territori vasti e abbastan za produttivi.

D op o l'insurrezione del 1173 e 73, le cose volgevano abbastanza, ina­

le : bisognava ricorrere alle fonti stesse del reddito. E così vediamo __ il -M febbra io 1180 — Opizzo ed O pizzino M alasp in a cedere feudo, per l a somma di 230 lire, denari due per

d aggio di T orriglia, e prom ettere Tappi-ovazione der fra t e li M oi c el­

lo e A lb e rtin o (*)· N e l m arzo 1188, M oroello e ridotto al l""»t<> di non poter restituire al conte Tebaldo di L av a g n a la modesta som ­ ma di 21 lire genovesi, così che a gara n zia del prestito deve <onee- dergli la rendita di cui godeva in A lb a re to e T arso gn o (-). A p p e n a nn anno dopo, il 19 marzo 1184, Opizzo e Opizzone M archesi di O ram ala non possono d isp o rre delle W)0 lire d a 'c o n se g n a rsi in de­

posito ai consoli piacentini a gara n zia dei patti stipulati — che ad ogni modo consentivano loro di poter respirare, almeno p er qua - che tempo — e preferiscono attendere il saldo di altrettante che sono lo r dovute a compenso d ella cessione di Carpineti e di »isni.i i- tova (3) : e sul pedaggio di O ra m ala garantiscono debiti e crediti originati da danni reciprocam ente arrecatisi d a Comune e feuda­

ta ri, in attesa di un a definitiva regolazione dei loro rapporti ( ).

L ’im pegnare le fonti di un reddito certo, se non n ella quantità, n ell’esistenza, era probabilm ente l ’unico mezzo per fa r fron te a lle più o meno momentanee detìcenze di cassa; senza dubbio e ra il più pratico, specialmente allorché trattavasi di diritti fiscali che, er esser percetti in località o del tutto isolate o almeno periferiche rispetto a lla zona n ella quale andava concentrandosi il dom inio m a r­

chionale, ed invece prossime a fiorenti od im portanti citta, sareb­

bero stati facile preda dei potenti Com uni viciniori. M a il lato più preoccupante in questo seguito di ritirate verso l i L un igian a — nei 1189 quanto restava a M oroello, Opizzone e A lb e rto in vai di la r o veniva ceduto al Comune di Piacenza per 4000 lire di buoni d e­

n ari piacentini (5) — consisteva nella perdita dei prodotti delle

( ì ) Fekretto, op. cit. I, n. 2S7, nota.

(2) « Registrum Magnum » del Comune di Piacenza, 1, so.

<3) Ib. n. 274.

(4) Ib. n. 243.

(5) lb. n. 280.

Riferimenti

Documenti correlati

Il primo, registrato nel vecchio inventario sotto il titolo più che generico di m utuum im positu m si riferiva invece ad un Consulatus drictu s Alessandrie;

Potrem o convocare riunioni periodiche per l ’impostazione di ri cerche nuove, per la discussione di ricerche in corso o per d ib attiti co stru ttiv i su

Per le Isole d’ Affrica l’ illustre D’Avezac, che godiamo annoverare* tra i nostri socii d’ onore, ne rese aperta quella intricata matassa con un fare dotto

Nos de Bolano ad hoc specia- liter convocati et cohaunati per campanam et voce&lt;m&gt; preconis more so- lito a , auctoritate et decreto domini Gerardi de Falcinelo,

Ego Guido, abbas monasterii Sancti Stephani, nomine ipsius monaste- rii, confiteor m[e debere] tibi Baldiciono, filio quondam Ugonis de Baldi- cione, libras XX

Il Giornale Ligufiico essendo « Γ o rgan o ufficiale della Società Ligure di Storia Patria » pubblicherà specialmente le m em orie che saranno lette nelle

Ma prima di venire alla trascrizione ed interpretazione della medesima, fa d’ uopo avvertire come essa manchi disgraziatamente del principio, e d’ una parte

E d infatti, per la storia delle relazioni diplomatiche di Genova cogli altri Stati italiani e stranieri le Am baxiatorum expensae danno poco più che il nome