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CAPITOLO 4 La traduzione

4.2 Commento traduttologico

4.2.1 Contenuto, tipologia e funzione del prototesto

I sette testi presi in esame all’interno della presente trattazione possono definirsi delle pre- ghiere, seppur distanti dalla concezione cristiana occidentale cui siamo abituati, dove la lode alla divinità è ciò che spicca maggiormente. Dal vocabolario Treccani:

preghièra s. f. [dal provenz. preguiera (lat. pop. *precaria, sostantivazione femm. dell’agg. precarius «ot-

tenuto con preghiere; precario»: v. precario1)]. – L’atto del pregare, le parole con cui si prega, secondo

i sign. fondamentali del verbo. 1. Richiesta fatta a qualcuno con atteggiamento di umiltà, di sottomis- sione: rivolgere, fare una p.; ascoltare, esaudire le p. di qualcuno; calda, ardente, fervida, umile p.; a p. di, su

p. di, dietro p. di, a istanza di. 2. Per estens., domanda cortese, invito (spec. come formula di cortesia

che accompagna o esprime una richiesta): se permette, vorrei rivolgerle una p.; posso rivolgervi una p.?; con p. di

rispondere sollecitamente (in chiusura o nel corpo di una lettera, per lo più ufficiale); con p. di restituzione, di pubblicazione. 3. In senso religioso: a. Le parole, pronunciate o pensate, di cui è costituito il testo che

si recita nel pregare, per rivolgere lodi alla divinità, o implorarne l’aiuto, il perdono, l’intercessione e sim.: dire, recitare la p. (o le p.); le p. del mattino, della sera; le p. dei defunti (o per i defunti). […] 97

È proprio con atteggiamento di umiltà, infatti, che queste donne si rivolgevano a una delle due divinità, o in alcuni casi a entrambe, per implorare il loro aiuto nella speranza di migliorare la propria situazione. A volte arrivavano addirittura a chiedere di porre fine alla propria vita, stanche della propria misera esistenza. Dai loro versi emergono con forza messaggi di dolore e speranza, lamenti di solitudine e difficoltà. Come già osservato, di norma i testi Nüshu erano anonimi, ma le autrici di queste preghiere si firmano, proprio per indirizzare l’attenzione e l’aiuto della dea. Pos- sono tuttavia trovarsi testi firmati da una mano diversa rispetto alla protagonista della vicenda nar- rata, questo perché a volte donne non abili nella scrittura femminile commissionavano le proprie storie ad altre più capaci. È forse il caso della prima preghiera, scritta da Yi Nianhua ma che lamenta la penosa vicenda di He Yinse, donna che non aveva mai avuto modo di conoscere il padre perché deceduto prima della sua nascita e che aveva poi perso anche la madre. Orfana, senza parenti né

97 http://www.treccani.it/vocabolario/preghiera/

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nessuno che potesse aiutarla, rimpiange il suo essere donna e chiede aiuto alla dea Niangniang, lodandone la forza. Yinse è il nome anche di colei che, nella seconda preghiera, invocando sia Niangniang che Gupo, manifesta il desiderio di lasciare il mondo dei vivi. Facendo vaghi riferimenti a un passato duro, la giovane, stanca della propria vita, porge il suo rispetto alle due dee, chiedendo di essere accolta nell’aldilà. Simile il contenuto del terzo testo, dove, sempre invocando entrambe le divinità, l’autrice lamenta la sua infelicità nella speranza di diventare uomo o di raggiungere presto il regno degli inferi. Nella quarta preghiera, la moglie di Tang Youyi prega per il suo ritorno, dopo tre anni di lontananza. Lasciata sola a gestire gli affari di famiglia e a crescere tre figli, si trova nella miseria e ricoperta di debiti. Senza né cibo né denaro, invoca Gupo affinché possa agire e far tor- nare il marito. Una donna di cognome He è l’autrice del quinto testo. Rimasta vedova, racconta lo scorrere del tempo dopo la morte dell’uomo che aveva sposato sei anni prima, al quale era legata da un profondo sentimento. Mese per mese descrive gli avvenimenti fin dall’insorgere della malattia del marito, che la lasciò in poco tempo, senza figli e senza nessuno ad aiutarla col lavoro nei campi. Il suo unico desiderio è quello di raggiungerlo nel mondo dei morti, a frenarla c’è solo il suo senso di pietà filiale nei confronti della madre. Diverso il dolore contenuto nel sesto testo, composto in onore di una cara cugina defunta. Colei che ha composto questi versi, appare estremamente affranta e sola, dopo la sua morte. Affinché quest’ultima possa trovare rifugio nell’aldilà, viene preparata una casa di carta da bruciare, secondo i rituali funerari della cultura cinese. Dopo la descrizione di ogni piano dell’abitazione, la ragazza manifesta messaggi di speranza e la volontà di raggiungerla. Anche in questo caso, ciò che frena l’autrice è il suo dovere nei confronti dei genitori. Una volta che anch’essi saranno deceduti, lei sarà libera di raggiungere l’amata cugina senza preoccupazioni. L’autrice della settima e ultima preghiera è una donna, probabilmente una ragazza, di cui la madre, proveniente dal villaggio di Lingling, distretto della città di Yangzhou, deve occuparsi da sola. Senza specificare come si sia creata la loro situazione, essa invoca l’aiuto e la benedizione della dea Niang- niang. Elementi comuni rintracciabili nei testi sono la devozione nei confronti delle due dee, il desiderio di morire, il forte senso di pietà filiale dovuto ai genitori o ai suoceri, e la disperazione nel vedersi sole e impotenti senza il proprio marito. Numerose le espressioni con funzione fàtica ed evocativa (si rimanda ai prossimi paragrafi per una loro analisi più specifica). Il linguaggio è sem- plice, senza troppi fronzoli, in linea con il presumibilmente basso livello di istruzione delle donne Nüshu. Nonostante ciò, non mancano le dimostrazioni di rispetto e devozione nei confronti delle divinità, che vengono invocate sempre con toni di umiltà, deferenza e affettuoso timore. Non c’è una lunghezza fissa e costante dei testi, si spazia da un totale di venticinque versi nella preghiera più corta, a un massimo di ottantasei in quella più lunga. Sono tutti versi formati da sette caratteri, a esclusione di due eccezioni già evidenziate in precedenza. Non si nota la presenza di rime o assonanze, difficili da individuare anche a causa delle differenze fonetiche nei dialetti dei vari

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villaggi: non avendo documentazioni scritte e ufficiali, infatti, è difficile verificare con sicurezza di quanto e come potesse variare la pronuncia delle parole di villaggio in villaggio e di conseguenza, rintracciare somiglianze o ripetizioni di suoni. Anche per questo motivo, nel presente lavoro si è preferito concentrarsi maggiormente sulla trasposizione del significato di queste preghiere, piutto- sto che sulla loro metrica.

Per le caratteristiche finora elencate, facendo riferimento alle categorie individuate da Peter Newmark in A Textbook of Translation98si ritiene che i testi in esame siano classificabili sia come

espressivi (incentrati quindi sull’emittente - le donne Nüshu), sia come vocativi (incentrati sul de- stinatario – le dee Niangniang e Gupo). Lo stile è a metà tra il religioso, seppur non eccessivamente formale, con richieste specifiche al destinatario, e il colloquiale, vicino allo stile orale, dove la parte più massiccia della comunicazione è ricoperta dall’espressione di esperienze a carattere soggettivo99.

La funzione del linguaggio è fortemente emotiva, il testo spesso parla dell’io narrante, comunicando al lettore quali siano i suoi stati d’animo100: viene data l’impressione di un suo profondo coinvolgi-

mento. Vi è anche una funzione conativa, in quanto sono presenti invocazioni, suppliche e un forte desiderio dell’emittente verso il destinatario.101 Assente quasi del tutto la funzione estetica: le pre-

ghiere non venivano lette in pubblico e non erano destinate ad esibizioni, lo scopo era totalmente privato.

Non si riscontra la presenza di linguaggio settoriale e vocaboli tecnici. Tuttavia, sono fre- quenti i riferimenti alla cultura cinese e ai suoi costumi: sentimenti di pietà filiale, la dipendenza della donna nei confronti dell’uomo, le decorazioni dei luoghi religiosi, la suddivisione del tempo secondo il calendario lunare, festività (qīngmíng 清明 “Giorno della pulizia delle tombe”, chóngyáng 重阳 “Festa del Doppio Nove”), ecc.

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