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Contenzioso ordinario relativo alle elezioni di comuni, province , regioni e parlamento europeo: articolo 130 c.p.a.

CONTENZIOSO SULLE OPERAZIONI ELETTORALI: I PROCEDIMENT

4. Contenzioso ordinario relativo alle elezioni di comuni, province , regioni e parlamento europeo: articolo 130 c.p.a.

Gli articoli 130, 131 e 132 c.p.a., contenuti nel titolo VI del libro IV, disciplinano rispettivamente, il procedimento di primo grado relativo alle elezioni di Comuni, Province, Regioni e Parlamento europeo, all’art. 130; mentre, agli articoli 131 e 132 è disciplinato il procedimento di appello, rispettivamente per le operazioni elettorali di Comuni, Province, Regioni e Parlamento europeo. Il comma 1 dell’art. 130 c.p.a., recita: “salvo quanto disposto nel Capo II del presente Titolo, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti: a) quanto alle elezioni di comuni, province e regioni, da parte di qualsiasi candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta, al Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il predetto ente territoriale, da depositare nella segreteria del Tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti; b) quanto alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, da parte di qualsiasi candidato o elettore, davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, da depositare nella relativa segreteria entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’elenco dei candidati proclamati eletti”.

L’art. 130 c.p.a., stabilisce un’ipotesi di azione popolare, sulla quale, per via della natura giuridica, si sono formati due orientamenti distinti. Il primo orientamento, arriva alla

102 conclusione che si è in presenza di una giurisdizione di diritto oggettivo, in quanto viene riconosciuta l’azione popolare, al fine di assicurare l’interesse pubblico al corretto svolgimento delle operazioni elettorali.

Il secondo orientamento, riconosce in capo all’elettore, una posizione giuridica soggettiva, fondata sull’art. 1 Costituzione. Questa impostazione restituisce al giudizio elettorale i caratteri delle giurisdizione di diritto soggettivo.

Rimane netta, ovviamente, la distinzione tra il ricorrente semplice elettore, titolare, appunto, di un’azione popolare, volta al corretto svolgimento delle elezioni, da quella dell’elettore candidato in prima persona, che fa valere il proprio interesse alla preposizione all’Ufficio elettivo cui concorre attraverso un procedimento regolarmente svolto.

Il ricorso presentato dal semplice elettore, ha un’ampiezza maggiore rispetto al ricorso presentato dal candidato non eletto. Quest’ultimo, infatti, avrà un’interesse, solo se la rinnovazione delle elezioni ne consente l’elezione, e quindi la possibilità di ottenere una posizione migliore nella graduatoria degli eletti, mentre l’interesse del semplice cittadino elettore coincide con un generico interesse alla rinnovazione delle elezioni.

Il giudice in questo caso, potrà applicare la “prova di resistenza”, per mezzo della quale, deve astenersi dall’annullamento degli atti impugnati se la loro legittimità non influisce in concreto sui risultati elettorali (TAR Emilia Romagna, Parma, 18 ottobre 2007, n. 502).

103 Nel caso in cui il ricorso sia presentato da cittadini elettori, la prova della legittimazione ad agire, coincide con il deposito di un’apposita certificazione di iscrizione alle liste elettorali; ai candidati non eletti è riconosciuta ogni altra documentazione idonea a provare la rispettiva qualità, come prova di legittimazione ad agire, anche semplicemente presentando l’iscrizione nelle liste dei partecipanti alla competizione. Sia i cittadini elettori, che i candidati non eletti, devono depositare la prova della loro legittimità entro dieci giorni dalla notificazione.

Il punto b) del comma 1, articolo 130 c.p.a., stabilisce il termine perentorio di trenta giorni, per il deposito nella segreteria del Tribunale adito, dalla proclamazione degli eletti. Questo termine vale sia per i ricorsi amministrativi e regionali, sia per il deposito alla segreteria del TAR Lazio, per le elezioni europee. Per queste ultime, il termine di trenta giorni, inizia a decorrere, dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’elenco dei candidati proclamati eletti.

Il comma 2, riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’art. 83/11 del D.P.R. n. 570/1960, detta i compiti del presidente del Tribunale, il quale, con decreto:

- fissa l’udienza di discussione della causa in via d’urgenza;

- designa il relatore;

- ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

- ordina il deposito di documenti e l’acquisizione di ogni altra prova necessaria;

104 - ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile, al ricorrente.

Il comma 3 dell’art. 130 c.p.a., stabilisce che, “il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci gioni dalla data della comunicazione del decreto ci cui al comma 2: a) all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni; b) All’Ufficio elettorale centale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia; c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato.”

Dal dettato del comma 3, si evince che l’unica parte pubblica necessaria è l’Ente locale o la Regione interessata.

L’individuazione della pubblica amministrazione cui spetta la qualità di parte necessaria, nei giudizi elettorali avanti al giudice amministrativo, va effettuata in base al “criterio di imputazione” dei risultati della competizione elettorale medesima e non con riferimento al criterio dell’imputazione formale; il Comune sarà parte necessaria nel caso di elezioni degli organi comunali, e non l’Amministrazione statale, cosi come per le elezioni regionali (TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 2 dicembre 2005, n. 12826).

Da questa pronuncia del TAR Lazio, n. 12826, si capisce che gli organi temporanei, creati per dichiarare il risultato finale delle competizioni elettorali, quali l’Ufficio elettorale centrale e circoscrizionale, non siano parti necessarie nel procedimento in primo grado per difetto di legittimità passiva, in quanto non sono portatori di un interesse giuridicamente rilevante al mantenimento dei loro atti.

105 Il Consiglio di Stato, sez. V, ha ribadito e confermato quanto sostenuto sal TAR Lazio, in una pronuncia del 18 gennaio 2013, n. 218, quindi molto attuale.

Ricapitolando, sono parti necessarie nei giudizi elettorali aventi a oggetto l’atto di proclamazione degli eletti, l’Ente al quale vanno imputati i risultati elettorali, nonché quali contro interessati, i candidati della elezione in oggetto, mentre non sono da ritenersi parti necessarie né gli Uffici elettorali, né l’amministrazione statale ( Ministero dell’interno e la Prefettura)55.

Dalla lettura sistematica degli articoli 129 e 130 c.p.a., emerge che il legislatore, ha omesso volontariamente la Prefettura dalla qualità di parte necessaria nel giudizio relativo alle operazioni di voto, enunciato dall’art. 130 c.p.a., infatti nel procedimento elettorale preparatorio, contenuto nell’art. 129 c.p.a., viene chiaramente indicato che il ricorso deve essere notificato “all’Ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura, e ove possibile, agli eventuali controinteressati”; se il legislatore avesse voluto ricomprendere gli Uffici elettorali e la Prefettura come parti necessarie nel procedimento elettorale in primo grado, è più facile persare che lo avrebbe espressamente stabilito, come per l’art. 129 c.p.a.. Il comma 8 dello stesso articolo 130 c.p.a., conferma ancora questa previsione, infatti, alla parte finale dello stesso comma troviamo la dettatura: “in caso di elezioni relative a comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto”; se la prefettura fosse stata considerata perte necessaria, non avrebbe

55 I. MAURO, Il rito elettorale al vaglio del Consiglio di Stato: chiarimenti in merito

ad onere di notifica e preposizione della querela di falso, 2013, in www.ilnuovodirittoamministrativo.it

106 avuto senso prevedere una comunicazione straordinaria al Prefetto.

Continuando la nostra analisi dell’art. 130 c.p.a., per controinteressati si intendono i candidati eletti che possono ricevere un pregiudizio dall’accoglimento del ricorso. La lettera c) del comma tre, prevede che la notificazione del ricorso deve arrivare ad almeno un controinteressato; questa è una regola processuale per cui, in presenza di controinteressati il ricorso è ammesso laddove almeno uno di questi ne abbia avuto notifica. Il comma 4 dell’art. 130 c.p.a., prevede che entro dieci giorni dall’ultima notificazione di cui al comma tre, il ricorrente deposita nella segreteria del Tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell’avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio. Il comma 5 dell’art. 130, prevede che nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata, l’amministrazione resistente e i controinteressati depositano in segreteria le proprie controdeduzioni.

I commi 6 e 7 dell’art. 130 c.p.a., stabiliscono che, a conclusione , il collegio, sentite le parti, se presenti, pronuncia la sentenza, la quale è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa, tempi strettissimi, quindi, per la pubblicazione della decisione. Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, il giorno successivo all’udienza è emesso il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi. Non è, quindi, più prevista la lettura del dispositivo immediatamente all’udienza pubblica (art. 83 undicies, comma 4, D.P.R. n. 570/1960).

107 Il comma 8 dell’art. 130 c.p.a., prevede che, La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del TAR, al Sindaco, alla Giunta provinciale, alla Giunta regionale, al presidente dell’Ufficio elettorale nazionale, a seconda dell’ente cui si riferisce l’elezione. Il Comune, la Provincia o la Regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni relative a Comuni, Province o Regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata la sua definitività.

Il comma 9 dell’art. 130 c.p.a, attribuisce al TAR, allorquando accoglie il ricorso, il potere di correggere il risultato delle elezioni e quindi di sostituire ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. Questa disposizione è perfettamente coerente con quanto disposto dall’art. 134 c.p.a., nella parte in cui dispone che il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi a oggetto, tra gli altri, gli atti e le operazioni in materia elettorale.

Il comma 10, dispone che tutti i termini diversi da quelli indicati nel presente articolo e nell’articolo 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario.

L’ultimo comma dell’articolo 130 c.p.a., è l’undicesimo, e stabilisce che l’ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del

108 risultato elettorale. L’Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale e alla segreteria del Parlamento europeo.

Vista la rilevanza degli interessi e delle posizioni che entrano in gioco, è importante fare qualche precisazione su come e quando è possibile ricorrere alla tutela giurisdizionale elettorale. La pronuncia n. 502 del 18 ottobre 2007 del TAR Emilia Romagna, Parma, ha precisato che “nei giudizi elettorali, al fine di evitare che l’indicazione dei voti contestati si trasformi in un mero espediente per provocare un generale riesame delle schede elettorali in sede giurisdizionale, attribuzione estranea ai compiti del giudice amministrativo, i motivi di censura debbono essere prospettati con sufficiente grado di concretezza, indicando gli errori nelle operazioni elettorali e la loro incidenza sul procedimento e sui risultati elettorali, specificando la natura dei vizi denunciati, il numero, ancorché approssimativo, delle schede contestate e gli uffici elettorali di sezione cui si riferiscono le schede stesse. Pertanto è inammissibile la censura diretta non a denunciare specifici vizi invalidanti la dichiarazione di nullità delle schede elettorali, ma solo a provocare in sede processuale un generale riesame delle schede medesime, senza fornire neanche un principio di prova atto a identificare, sia pure sommariamente, la natura e la consistenza, anche sotto il profilo numerico, dei vizi per i quali le schede stesse si assumono illegittimamente annullate”.

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso deve essere indicata la natura dei vizi denunciati, il numero delle schede contestate e le sezioni elettorali a cui si riferiscono le schede medesime. Ciò comporta l’inammissibilità dei ricorsi meramente esplorativi, quelli cioè,

109 proposti al buio e miranti esclusivamente a sollecitare l’effettuazione da parte del giudicante di accertamenti istruttori diretti ad una rinnovata e indiscriminata ripetizione, in sede contenziosa, delle complesse operazioni elettorali, confidando nell’emersione ex post di taluna delle irregolarità denunciate. Questo principio generale adottato prende il nome di “specificazione dei motivi temperato”.

La stretta aderenza del ricorso in materia elettorale al modello impugnatorio di aggressione all’atto amministrativo ha portato a ritenere che il ricorso per motivi aggiunti sia inammissibile, pertanto, non possono essere prospettate ulteriori censure all’indomani del decorso del termine decadenziale, restando solo ammesso lo sviluppo delle doglianze prospettate con il ricorso introduttivo ovvero con gli altri atti che lo seguono entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti. Così il Consiglio di Stato, sez. V, 22 settembre 2011, n. 5345: “Nel giudizio elettorale sono ammissibili motivi aggiunti che costituiscono svolgimento di censure tempestivamente proposte, mentre non sono ammessi nuovi motivi di ricorso derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure, così conciliandosi i contrapposti interessi in gioco”. Questa impostazione ben radicata nella giurisprudenza amministrativa, meriterebbe una revisione, in quanto, consentire l’utilizzo del ricorso per motivi aggiunti anche in presenza di nuovi documenti dai quali desumere la presenza di censure non originariamente conosciute, da un lato favorirebbe la qualificazione della giurisdizione in questione quale giurisdizione di merito, dall’altro, garantirebbe uno strumento per assicurare l’effettività e la concentrazione della tutela processuale.

110 È importante affrontare ora, la questione dibattuta sulla possibilità di ammettere la deposizione testimoniale nel giudizio elettorale.

Come chiarito, il contenzioso elettorale si caratterizza per la difficoltà per gli interessati di acquisire direttamente elementi di prova circa la correttezza delle operazioni di scrutinio, quindi, si tratta di notizie acquisite da soggetti terzi. La giurisprudenza amministrativa per far entrare nel giudizio simili dichiarazioni ha ritenuto che le dichiarazioni sostitutive degli elettori, quando rese ex. art. 47, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e complete della menzione, ai sensi dell’art. 48, della consapevolezza del dichiarante delle sanzioni penali previste nel caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti, richiamate dall’art. 76 del D.P.R. citato, costituiscono indizio di anomalia sufficiente per sottoporre a verificazione le operazioni elettorali.

Qualcosa, però, sembra destinato a cambiare all’indomani dell’entrata in vigore dell’art. 63 del Codice che ammette senza distinguere tra le tipologie di giurisdizioni la prova testimoniale quale mezzo di prova che è sempre assunto in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile. L’ampiezza della formulazione dell’art. 63, unitamente alle esigenze che possono svilupparsi nell’ambito del giudizio elettorale, militano nel senso di ritenere ammissibile il mezzo di prova in questione anche all’interno del contenzioso elettorale.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale, nella disciplina previgente, la giurisprudenza amministrativa quasi unanime, riteneva che il termine entro il quale dovesse essere spiegato il ricorso incidentale fosse, come visto nel capitolo apposito, quello di quindici giorni dettato dall’art. 83/11 del D.P.R. 570/1960,

111 decorrenti da quello della notifica del ricorso principale, unitamente alla contestuale fissazione dell’udienza con decreto presidenziale. Nessuna novità si evince dalla formulazione dell’art. 130 c.p.a. che ha lasciato inalterata la formula, per la verità un po’ ambigua, secondo la quale: “L’amministrazione resistente e i controinteressati depositano nella segreteria le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti”.

Infine, da ultimo, va affrontata la questione del rapporto tra il giudizio elettorale e la querela di falso. La V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 16 febbraio 2011, n. 1000, ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale degli artt. 8, comma 2, 77 e da 126 a 131 del c.p.a. nella parte in cui assegnano alla giurisdizione ordinaria la decisione sulla querela di falso, disponendo, altresì, la sospensione necessaria del processo amministrativo.

Il Consiglio di Stato ha evidenziato come in origine il legislatore abbia escluso la possibilità per il giudice amministrativo di sindacare la falsità dei documenti pubblici per l’assenza di strumenti probatori idonei a siffatti accertamenti. Questo limite, però, è stato via via superato grazie all’introduzione nel processo innanzi al giudice amministrativo dello strumento della consulenza tecnica d’Ufficio e della piena equiparazione nelle controversie attratte dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dei mezzi probatori a disposizione delle parti rispetto a quelli a loro assegnati dal codice. Il superamento dell’ostacolo relativo alla carenza di mezzi istruttori per verificare l’autenticità dei documenti pubblici, ha indotto il Consiglio di Stato a riflettere

112 circa la compatibilità del meccanismo di sospensione necessaria del giudizio elettorale in costanza di un processo per querela di falso con il principio acceleratorio che governa il contenzioso elettorale dinanzi al giudice amministrativo, una simile limitazione rischia di comprimere fortemente l’effettività della tutela giurisdizionale, a fronte del rischio che il giudizio di querela di falso si definisca a legislatura oramai decorsa. Le lungaggini discendenti dalla necessità di un doppio giudizio si riverberano anche in termini di lesione del principio di ragionevole durata del processo, nonché di violazione degli artt. 6 e 13 CEDU in relazione al diritto a un ricorso effettivo. Nell’ordinanza sono state poi individuate altre due lesioni, quella al principio del buon andamento dell’attività amministrativa, che deriva dall’impossibilità per il giudice amministrativo di verificare tempestivamente la falsità dei documenti pubblici e il tradimento dei criteri contenuti nella delega conferita al legislatore delegato che lo impegnavano a costruire un meccanismo processuale improntato sulla snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo. Promessa quest’ultima tradita dal legislatore delegato che ha, invece, mantenuto in capo al giudice ordinario il potere esclusivo di accertare la falsità degli atti correlati alle operazioni elettorali. La Consulta, con sentenza dell’ 11 novembre 2011, n. 304, ha rigettato sia le censure di costituzionalità sollevate dal Consiglio di Stato, rilevando come la tradizione ultracentenaria di mantenere in capo al Giudice ordinario le controversie introdotte con querela di falso risponde a persistenti valori ed esigenze di primario risalto, quali anzitutto, la necessaria tutela della fede pubblica, che deve essere assicurata a prescindere dalla sede processuale in cui

113 l’autenticità dell’atto sia stata, incidentalmente, messa in dubbio. La tutela del suddetto bene primario necessita, quindi, dell’affermazione del principio dell’unitarietà della giurisdizione.

La Consulta non ha ravvisato, neppure, le violazioni degli invocati parametri costituzionali e sopranazionali indicati dal Consiglio. A fronte della piena discrezionalità garantita al legislatore ordinario non può ravvisarsi lesione al principio di effettività alla tutela giurisdizionale, atteso che la remissione della questione al Giudice ordinario non comporta un vulnus al suddetto principio assicurata a prescindere dalla sede processuale in cui l’autenticità dell’atto sia stata, incidentalmente, messa in dubbio. La tutela del suddetto bene primario necessita, quindi, dell’affermazione del principio dell’unitarietà della giurisdizione; sia le violazioni degli invocati parametri costituzionali e sopranazionali indicati dal Consiglio. A fronte della piena discrezionalità garantita al legislatore ordinario non può ravvisarsi lesione al principio di effettività alla tutela giurisdizionale, atteso che la remissione della questione al giudice ordinario non comporta un vulnus al suddetto principio. Allo stesso tempo, non comporta violazione del principio di ragionevole durata del processo, atteso che il processo conosce altre ipotesi di sospensione, si pensi a quella costituzionale e comunitaria, che incidono sulla durata del giudizio, giustificati però dalla necessità di soddisfare esigenze di rango fondamentale. Neppure appare prospettabile una limitazione della tutela giurisdizionale approntabile dal g.a. tale da tradursi in un vulnus al

114 principio di adeguata tutela giurisdizionale degli interessi legittimi56.

56 F. CARINGELLA-M. PROTTO, op. cit., pp. 1372-1385; La disciplina sul

contenzioso nelle operazioni elettorali alla luce delle norme del Codice del processo amministrativo, op cit.; V. SALOMONE, I riti speciali nel nuovo processo

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5. Procedimento in appello in relazione alle operazioni elettorali