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Giudizio di legittimità costituzionale: sentenza della corte costituzionale n.259 del 19 ottobre

PROCEDIMENTO ELETTORALE PREPARATORIO E

2. Giudizio di legittimità costituzionale: sentenza della corte costituzionale n.259 del 19 ottobre

Con ordinanza depositata il 29 maggio 2008 il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), «nella parte in cui non prevedono l'impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, aventi, per effetto, l'arresto della procedura, a causa della definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale», per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 51, primo comma, 103, primo comma, 113 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 84827. L’assenza di un meccanismo giurisdizionale certo e puntuale, mette chi si vede escluso dal procedimento elettorale nelle condizioni di non potersi difendere, ledendo in maniera profonda gli stessi principi costituzionali che sanciscono il diritto di accesso paritario alle cariche elettive, come espressamente previsto dal primo comma, dell’art. 51 della

27 CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 259/2009, in materia di norme per

52 Costituzione: “Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, lo stesso artico 51, al secondo comma, si preoccupa di garantire le stesse oppurtunità tra uomo e donna: “A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomo e donna”; inoltre, la tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti, infatti, è la legge stessa che si occupa di individuare gli organi giurisdizionali competenti a tutelare i diritti soggettivi e gli interessi legittimi, al riguardo, si ricordano gli articoli:

Art. 24 Costituzione, comma primo: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi”; comma secondo: “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”.

Art. 103 Costituzione, comma primo: “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”.

Art. 113 Costituzione, comma primo: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa”; comma secondo: “Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti”; comma terzo: “La legge determina quali organi

53 di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”. Profili di incostituzionalità, inoltre, sono stati riscontrati rispetto all’articolo 3 Costituzione, infatti, il giudice a quo, contesta la disciplina vigente, definendola causa di irragionevole disparità di trattamento che colpisce coloro che sono estromessi dal sistema di formazione dell’organo rappresentativo nazionale rispetto alla posizione dei candidati che subiscono la medesima sorte nell’ambito di elezioni amministrative. L’art. 3 Costituzione, comma primo, recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Il giudice rimettente ritiene che le norme di cui agli artt. 23 e 87 del D.P.R. n. 361 del 1957, «nella parte in cui non assicurano nessuna tutela giurisdizionale (quanto meno, con connotati di effettività) delle posizioni soggettive lese dai provvedimenti di esclusione dal procedimento elettorale, emessi dall'Ufficio elettorale centrale nazionale», non si sottraggano al sospetto di legittimità costituzionale. In particolare, la violazione dell’obbligo di conformarsi al diritto internazionale da parte dell’ordinamento italiano, in riferimento ai principi sanciti dalle fonti sulla protezione dei diritti umani, in particolare violando il comma primo, dell’art. 117 Cost.: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, ed ancora dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Convenzione resa esecutiva con Legge 4 agosto 1955, n. 848, oltre ai già citati articoli 3, 51, 24 e 113 Cost.

54 Il Consiglio di giustizia amministrativa sottolinea, inoltre, come la suddetta questione di legittimità costituzionale assuma rilievo nel giudizio a quo «per via della natura dell'interesse di cui è lamentata lesione», che deve annoverarsi fra le posizioni di interesse legittimo, secondo i criteri di riparto individuati dalla Corte di Cassazione nell'ambito delle elezioni amministrative, pertanto rifiuta, la tesi che ravvisa negli Uffici elettorali la natura di “sezione specializzata del giudice ordinario”, competenti a decidere sulle posizioni giuridiche implicate nelle attività preparatorie delle elezioni”28. Il T.A.R Catania, come visto nel paragrafo precedente, ha ricavato un “riparto di giurisdizione” dal sistema disciplinato dal D.P.R. n. 361/1957, attribuendo all’Ufficio centrale nazionale “natura paragiurisdizionale”, con la conseguenza che il provvedimento con cui esso determina l’ammissione o l’esclusione di liste e candidature sarebbe da ritenersi “atto conclusivo espressivo di una funzione giurisdizionale”. Sulla base di questa argomentazione il T.A.R. Catania nega la proria giurisdizione, perché sarebbe contraria all’autonomia delle Camere e al principio di sovranità popolare, consentire che una decisione giurisdizionale possa modificare la composizione delle Assemblee elettive, e quindi incostituzionale. Però il T.A.R Catania rifiuta anche l’impostazione che le Giunte parlamentari possano pronunciarsi sull’ammissibilità delle liste e delle candidature elettorali, in quanto il disposto combinato tra l’articolo 66 Cost. e degli articoli 23 e 87 del D.p.r., n. 361/1957, limita l’intervento delle Camere alle sole operazioni di scrutinio. La risposta del C.G.A. per la Regione Sicilia fù in contrasto con

28 CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 259/2009, in materia di norme per

55 quanto affermato dal giudice di primo grado, in quanto rileva di fatto, l’assenza di rimedio giurisdizionale ai provvedimenti dell’Ufficio elettorale centrale nazionale, nonostante la condivisa interpretazione che qualifica tali provvedimenti come atti amministrativi. Esclude anche l’assimilazione dei provvedimenti dell’Ufficio elettorale centrale nazionale a quelli di volontaria giurisdizione, implicante la “ strutturazione giurisdizionale della funzione assegnata”.

L’interpretazione sostenuta dal T.A.R. Catania a questo punto, appare come una manipolazione dettata dall’esigenza di far fronte alla complicata situazione di conflitto istituzionale tra la Corte di Cassazione e le assemblee politiche. Per sciogliere questo nodo cruciale, sull’individuazione del giudice del contenzioso pre- elettorale politico, e mettere fine a questa serie di contrapposizioni giurisprudenziali, al C.G.A per la Regione Sicilia non rimane che chiedere l’intervento della Corte Costituzionale. Ma prima di arrivare alla pronuncia della Corte, si sono espresse entrambe la Giunte parlamentari sulla questione. Il 13 dicembre 2006 la Giunta delle Elezioni dei Deputati, ha negato la propria competenza a conoscere i riscorsi riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, dichiarando gli stessi inammissibili sulla base che "la verifica dei titoli di ammissione degli eletti esclude per definizione che nella stessa possa ritenersi ricompreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive di coloro i quali, singoli o liste intere, non hanno affatto partecipatoalla competizione elettorale”. Il 26 febbraio 2008 la Giunta delle Elezioni e Immunità del Senato, si è uniformata all’impostazione offerta della Giunta delle elezioni della Camera dei Deputati, negando la propria cognizione agli atti relativi alla fase preparatoria delle elezioni politiche, nella parte

56 riguardante soggetti o liste non ammessi alla competizione elettorale. La decisione della Corte Costituzionale in commento, è emessa nella forma della sentenza di inammissibilità della questione sollevata, motivando che situazione di incertezza sul giudice competente a conoscere dei ricorsi avverso gli atti degli Uffici elettorali deriva da una divergenza interpretativa delle disposizioni vigenti, che può e deve essere risolta con gli strumenti giurisdizionali, comuni e costituzionali, esistenti. Né la Corte di cassazione, né la Camera dei deputati hanno affermato che non esiste un giudice competente; dalle citate pronunce, d'altra parte, non si può evincere il vuoto di tutela denunciato dal rimettente. Gli stessi organi hanno dato divergenti interpretazioni dell'art. 87 del D.P.R. n. 361 del 1957 e dell'art. 66 Cost., in esito a ciascuna delle quali varia l'individuazione della giurisdizione cui devolvere le controversie sorte nel procedimento elettorale preparatorio. Si tratta, come già detto, di contrasti che possono dar luogo ad un regolamento di giurisdizione o ad un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, dal primo dei quali discende il riparto della giurisdizione in base alla legge ordinaria, dal secondo la delimitazione delle sfere di competenza costituzionalmente sancite, qualora il problema si incentri sull'interpretazione dell'art. 66 Cost. In definitiva, non siamo in presenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile con gli ordinari strumenti ermeneutici e processuali, ma di una controversia interpretativa, che può essere considerata una circostanza contingente e accidentale non riferibile alla norma in sé e che, pertanto, non dà luogo ad un problema di costituzionalità29. Come si precisa nella sentenza stessa, però, il coinvolgimento della

57 Consulta appare ammissibile solo nell’ambito di una ricostruzione del problema che “si incentri sull’interpretazione dell’art. 66 Cost.”, e non anche sul riparto di giurisdizione definibile in forza della legislazione ordinaria in vigore. Nella stessa sentenza n. 259/2009, la Corte afferma di non condividere la prospettazione del C.G.A. per la Regione Sicilia , che qualifica interessi legittimi, la cui tutela spetta, in linea di principio, alla giurisdizione amministrativa, le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel procedimento elettorale preparatorio. Lo stesso giudice dichiara che le norme censurate lederebbero il diritto di elettorato passivo (art. 51, primo comma, Cost.) e quindi esplicitamente riconosce che le questioni attinenti le candidature, che vengono ammesse o respinte dagli uffici competenti, nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo, tutelato per di più da una norma costituzionale, come tale rientrante, in linea di principio, nella giurisdizione del giudice ordinario. In tal senso si è orientata la giurisprudenza di legittimità, che ha statuito appartenere alla giurisdizione ordinaria la cognizione delle controversie che, pur sorte nel procedimento elettorale preparatorio, coinvolgono il diritto a prendere parte al procedimento medesimo.

Da quanto sopra rilevato segue, come logica conseguenza, che la cognizione delle controversie che abbiano ad oggetto il diritto di un candidato a partecipare ad una competizione elettorale potrebbe essere attribuita al giudice amministrativo solo a titolo di giurisdizione esclusiva. E difatti l'art. 44 della legge 18 giugno 2009 n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) ha delegato il Governo ad introdurre, entro un anno dalla

58 data di entrata in vigore della legge stessa, «la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di Consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni». Se quindi l'introduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva può essere effettuata solo da una legge – come prescrive l'art. 103, primo comma, Cost., e nel rispetto dei principi e dei limiti fissati dalla sentenza n. 204 del 2004 di questa Corte – risulta inammissibile il petitum posto dal giudice rimettente, che risolva nella sostanza, nella richiesta alla stessa Consulta di introdurre essa stessa con una sentenza additiva, tale nuovo caso, che può invece essere frutto di una scelta legislativa non costituzionalmente obbligata30. In conclusione, la sentenza, senza tuttavia riconoscere il valore di organo paragiurisdizionale all’Ufficio centrale nazionale, acclara l’avviso del T.A.R. Catania circa la necessità di un intervento legislativo che ponga fine a questa lunga e intollerabile serie di contrapposizioni giurisprudenziali31.

30 Corte Costituzionale, sent. 259 del 2009, in www.cortecostituzionale.it

31 PANCRAZIO M. SAVASTA, Il contenzioso elettorale, (Relazione al Convegno

Nazionale di Studi “La codificazione del processo amministrativo: riflessioni e proposte” – Siracusa 30 e 31 ottobre 2009), in www.giustizia-amministrativa.it

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