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Il contesto nazionale italiano:le origini del fenomeno e le politiche sociali in Italia.

Le origini dell’impresa sociale in Italia, sono fortemente intrecciate con i movimenti sociali, sia laici che religiosi, che hanno caratterizzato la complessa stagione degli anni sessanta e settanta. L’importante ruolo attribuito ai laici dalla Chiesa, con l’esplicito incoraggiamento ad adempiere nei fatti quotidiani alla missione cristiana, ha determinato la nascita di gruppi di volontariato sociale nelle parrocchie per fornire risposte ai nuovi bisogni delle persone e della comunità. E’ in questi anni che si diffonde il movimento femminista e nascono gruppi culturali, politici e sociali con il comune obiettivo di innovare dal profondo, la società.

Anche le istituzioni risentirono dell’influsso modernizzatore dei movimenti degli anni settanta e diedero vita a quella che può essere ricordata come la più importante stagione di riforme sociali del dopoguerra44.

Un elemento determinanante per capire l’evoluzione delle imprese sociali italiane è rappresentato dalla esigua presenza di servizi sociali in tutte le aere del paese. Il sistema delle politiche assistenziali, fortemente marginalizzato rispetto alle politiche di welfare, era basato su poche istituzioni che erano in grado di fornire soltanto i servizi di emergenza, mentre la maggior parte dei servizi di cura era affidato alle famiglia e, al suo interno alle donne. Per la scarsa attenzione da parte delle istituzioni all’offerta di servizi sociali, le prime esperienza di impresa sociale fecero ricorso a risorse private ed al volontariato.

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69 Nei primi anni ottanta, per la necessità di garantire un reddito ai volontari e rendere più stabili tali attività, cominciarono a svilupparsi le prime convenzioni con gli enti pubblici, che garantivano entrate stabili a fronte dell’impegno a svolgere attività sociali tra gli utenti ed i familiari che usufruivano già di tali servizi, seppur in forma occasionale.Il passaggio da un insieme di esperienze visibili solo a livello locale a movimento di carattere nazionale fu determinata da una precisa strategia organizzativa, sostenuta da Confcooperative. All’interno di Confcooperative, nacque Federsolidarietà che svolse un funzione di promozione e sostegno della legge con cui fu riconosciuta in Italia la cooperativa sociale45. E’ nello stesso anno che viene approvata la legge 11 agosto 1991, n. 266, che consente alle organizzazioni di volontariato di strutturarsi in ottica produttiva attraverso la possibilità di assumere dipendenti nei limiti necessari al regolare funzionamento e consentendo di stipulare convenzioni con gli enti pubblici, purchè non per l' erogazione continuativa di servizi sociali.

Le due leggi deteminarono un riconoscimento giuridico ad organizzazioni che prima operavano in un vuoto legislativo e che pur dando risposte concreti a problemi reali, avevano una durata limitata al tempo in cui l’ente pubblico avesse deciso di gestire in proprio il servizio.

La crescente diffusione delle imprese sociali soprattutto dopo il 2000 è conseguente non solo all’aumento della spesa pubblica per servizi da parte degli enti locali46, ma anche all’aumento della domanda privata che ha determinato una crescita della quota di fatturato di queste imprese derivante dai rapporti commerciali con i privati.

All’interno di questa evoluzione, emergono in modo evidente le cooperative di inserimento lavorativo il cui trend di crescita si è rivelato maggiore di quello delle cooperative di servizi. La netta distinzione operata dalla Legge 381 del 1991 tra cooperative impegnate nell’erogazione di servizi socio- assistenziali e cooperative sociali di inserimento lavorativo, con l’obbligo di remunerare i lavoratori svantaggiati, pur prevedendo sgravi contributi, hanno creato un modello di impresa capace di evolversi indipendentemente dalle politiche pubbliche, che vi hanno dedicato scarso interesse.

L’importanza assunta dalle diverse forme di impresa sociale sia nell’erogazione di servizi sociali sia nell’inserimento lavorativo, ha creato una certa pressione da parte delle

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Legge 8 novembre1991, n. 381 46

Montemurro F., 2009, Appalti: rapporto Auser 2009, vince ancora la regola del ribasso, in “Terzo Settore”, inserto del Sole 24 ore, 5 maggio. Tra il 2000 ed il 2008 la quota di spesa dei comuni destinata all’acquisto di servizi sociali da cooperative sociali e in parte residuale da associazioni è passata dal 39,2% al 47,4% della spesa totale, con un picco del 49,5% nelle regioni meridionali e con un livello di oltre il 50% nei comuni di grandi dimensioni.

70 organizzazioni di rappresentanza al fine di chiedere l’approvazione di una normativa, che consentisse di utilizzare forme giuridiche diverse da quella della cooperativa, per dar vita a imprese sociali47. La nuova legge consente di acquisire la qualifica di impresa sociale a tutte le forme giuridiche previste dal codice civile e più precisamente, alle associazioni riconosciute e non, alle fondazioni, alle società a responsabilità limitata, alle società per azioni, alle cooperative, alle cooperative sociali ed ai consorzi (art.1). Con questa normativa, la legge modifica il concetto tradizionale di impresa, stabilendo che si può fare impresa non solo per perseguire un profitto ma anche per obiettivi di interesse generale. La nuova legge dà alle imprese sociali la possibilità di operare in settori diversi dai tradizionali servizi sociali, aggiungendo l’assistenza sanitaria per l’erogazione delle prestazioni relative ai livelli essenziali di assitenza, l’educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53; la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; la valorizzazione del patrimonio culturale; il turismo sociale; la formazione universitaria e post-universitaria; la ricerca e l’erogazione di servizi culturali; la formazione extrascolastica finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastistica e al successo scolastico e formativo. Viene inoltre estesa a tutte le forme di impresa la possibilità di esercitare attività di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, nell’accezione data al termine dal regolamento (CE) n. 2204/2002 che include, oltre ai disabili, anche i giovani e i disoccupati di lunga durata.

4.2 Il contesto nazionale inglese:le origini del fenomeno e le politiche sociali nel Regno