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contesto, tendenze e normative

Nel documento Rifugiati vecchi e nuovi in Medio Oriente (pagine 48-52)

Premessa

I

l problema della gestione dei fl ussi dei richiedenti asilo ha acquistato ne- gli ultimi due anni un ruolo sempre più importante nella vita dell’Unio- ne Europea, arrivando a mettere in discussione principi, come quello della libera circolazione, che sembravano solidi e soprattutto defi nitivamente acquisiti. D’altra parte, le dimensioni raggiunte dal fenomeno segnano una netta rottura rispetto alla situazione di qualche anno fa. Nel 2015 sono state infatti registrate nei 28 paesi dell’Unione 1.257.000 prime richieste di asilo, più del doppio del 2014 (563.000) e addirittura 4,8 volte di più di quante ne siano state presentate nel 2011 (263.000) nel corso delle prima- vere arabe.

Una crescita che ha messo in ginocchio un sistema che presentava, per altro, più di un punto debole. L’architrave dell’intero sistema di gestione dei fl ussi dei richiedenti asilo è infatti il Regolamento di Dublino che at- tribuisce l’onere della presa in carico al primo paese dell’Unione attraver- sato ma che, molto spesso, non è la meta desiderata da persone che hanno già in Europa familiari o conoscenti. Inoltre, i paesi posti ai confi ni ma- rittimi o terrestri dell’Unione non sono in genere quelli economicamente più solidi e hanno sistemi di protezione meno generosi di altre realtà, dove è infatti da tempo consolidata la presenza di ampie collettività originarie delle zone di maggiore provenienza dei richiedenti asilo. Pensare che i paesi di confi ne possano sobbarcarsi tutto il peso delle migrazioni forzate dirette verso l’Unione Europea è evidentemente del tutto irrealistico e il sistema è infatti entrato in crisi profonda, nel momento in cui il fenomeno ha raggiunto i livelli degli ultimi anni. Nel 2015, ad esempio, gli arrivi in Grecia, attraverso la rotta del Mediterraneo orientale, sono stati 885.000, una cifra chiaramente ingestibile per un paese di neanche 11 milioni di abitanti e in condizioni di grande diffi coltà economica.

Il peggioramento di diversi confl itti in molte aree prossime all’Europa ha determinato direttamente questa crescita nel numero di arrivi. Com- plessivamente, nel mondo le persone sotto protezione internazionale, comprese quelle rimaste all’interno del proprio paese (Internally Displa- ced Persons, o IDP) sono infatti passate dai 37,5 milioni del 2005 ai 60 milioni del 2015, con una crescita di 22,5 milioni in appena dieci anni. Al- le tradizionali aree di crisi, quali l’Afganistan, l’Iraq, il Sudan e l’Eritrea,

si è aggiunta in questi ultimi anni la Siria (il cui caso è approfondito in questo ebook), dove il confl itto è ancora lontano dal trovare una soluzione negoziale, dopo aver provocato la fuga dalle proprie case di quasi la metà dei 23 milioni di abitanti del paese. Il caos libico, seguito all’intervento occidentale che ha portato alla caduta del regime di Gheddafi , ha creato poi la situazione ideale per le attività dei traffi canti di esseri umani, pro- prio sulle coste del Mediterraneo di fronte alla nostra Sicilia. Sviluppi di questo tipo dimostrano tutti i limiti di qualsiasi politica migratoria, nel cui ambito non si potrà mai trovare una soluzione soddisfacente a problemi di questa entità e di questa natura, ma richiamano direttamente le responsa- bilità dell’intera comunità internazionale. È questa, infatti, che dovrebbe farsi carico di trovare le risposte che permettano di por fi ne a confl itti che, in alcuni casi, vanno ormai avanti da decenni.

Non bisogna poi dimenticare che la distinzione tra migranti forzati e cosiddetti migranti economici non è sempre facile da stabilire, in molte situazioni concrete alle diffi coltà economiche possono infatti aggiungersi persecuzioni per motivi etnici o religiosi, situazioni di confl itti o problemi di natura ambientale. In questo senso, la situazione più diffi cile è sicura- mente quella dell’Africa subsahariana, in cui le diffi coltà politiche, eco- nomiche e sociali si sommano a una dinamica demografi ca di straordina- ria crescita. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, da qui al 2050 la popolazione di questa parte del mondo appare destinata ad aumentare di un miliardo e 169 milioni, passando dai 962 milioni attuali ai 2 miliardi e 123 milioni di metà secolo. Di questo aumento eccezionale, 658 milioni riguarderanno la popolazione in età lavorativa che è la parte più diretta- mente coinvolta nei fl ussi migratori. Siamo di fronte a processi che l’Eu- ropa deve iniziare ad affrontare con grande impegno se non vuole rischiare di essere travolta da dinamiche che avvengono a non molta distanza del nostro cortile di casa.

D’altra parte, per l’Europa il problema dei profughi non è certo nuo- vo. I confl itti nella ex Iugoslavia e nell’area del Caucaso lo hanno dram- maticamente riportato all’attenzione dell’opinione pubblica continentale all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, ma tutta la storia europea del Novecento è in realtà costellata di esodi forzati, scambi di popolazione tra un paese e l’altro e persecuzioni etniche. Dalle guerre balcaniche ai due confl itti mondiali, le migrazioni forzate per effetto diretto degli eventi bellici o come risultato degli accordi di pace rappresentano, con ogni pro- babilità, la parte più consistente dei fl ussi migratori europei dell’ultimo

secolo. La novità attuale è che non siamo più in presenza di un fenomeno prevalentemente continentale, ma di fl ussi che provengono in larga misura dall’Asia e dall’Africa.

Gli sviluppi di questi ultimi due anni hanno comunque messo in luce tutti i limiti del sistema europeo di gestione delle migrazioni forzate, an- che se per arrivare a una soluzione veramente duratura sarebbe necessa- rio un impegno di tutta la comunità internazionale, che porti alla fi ne dei diversi confl itti che da tempo insanguinano molti paesi del Medio Orien- te e dell’Africa. Resta però la necessità di avere una politica migratoria dell’Unione Europea più realistica, che tenga conto della necessità di una più equa ripartizione del peso tra i paesi membri e che consideri con la dovuta attenzione gli sviluppi della situazione nelle aree più prossime al nostro continente. Un percorso che, in questi mesi si è avviato, sia pur con inevitabili diffi coltà e contraddizioni, e di cui il recente accordo con la Turchia rappresenta un discutibile ma signifi cativo esempio. D’altra parte, la necessità di trovare un bilanciamento in tema d’asilo tra diritti indivi- duali e diritti degli stati non è certo un tema nuovo per l’Europa, ma che andrebbe affrontato con una discussione aperta attenta anche a trovare nuove strade e nuove modalità di intervento.

Pubblicato il 15 aprile 2016

Nel documento Rifugiati vecchi e nuovi in Medio Oriente (pagine 48-52)