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I viaggi, gli sbarchi e l’accoglienza

Nel documento Rifugiati vecchi e nuovi in Medio Oriente (pagine 85-89)

Premessa

L’

inevitabile corollario dei viaggi della speranza che hanno portato, in questi ultimi anni, centinaia di migliaia di persone a tentare di raggiungere l’Unione Europea è una lunga scia di tragedie e di morti che, con implacabile regolarità, ci ricordano che nel quieto Mediterraneo si sta consumando un vero e proprio dramma. Una guerra silenziosa che, nono- stante l’impegno della Marina italiana e di quelle di altri paesi europei, sta lasciando dietro di sé un lungo elenco di morti e di dispersi. Una triste contabilità che, inevitabilmente, sottostima le perdite, la cui reale entità resterà in molti casi ignota, sepolta per sempre in fondo al mare.

Le stime disponibili parlano di un numero di morti compreso tra le 3.200 e le 3.700 unità nel 2015 e di circa 440 nei primi tre mesi del 2016. Una cifra, quest’ultima, già largamente superata in quella specie di bollet- tino di guerra che trova spesso spazio nelle prime pagine dei nostri gior- nali. Una tragedia che nasce dall’inevitabile contrasto tra il desiderio e la necessità per i profughi di trovare protezione ed accoglienza e una politica migratoria che ritiene di risolvere il problema alzando dei muri ai nostri confi ni o lungo le nostre coste. In questo quadro, un’operazione come Mare Nostrum condotta dal governo italiano ha rappresentato una signi- fi cativa e importante novità. Parziale e temporanea, purtroppo, come si è visto quando a fi ne 2014 è stata sostituita da operazioni più limitate e con obiettivi di più basso profi lo.

In realtà, le dimensioni raggiunte dagli arrivi rendono indispensabile la ricerca di un nuovo e più effi cace sistema di gestione delle migrazioni forzate a livello europeo. Basti considerare che, secondo i dati di Frontex, il numero di intercettazioni degli attraversamenti delle frontiere esterne dell’Unione ha raggiunto nel 2015 gli 1,8 milioni di unità, mentre nel 2014 i valori si erano fermati a 283 mila e nell’anno delle primavere ara- be si era arrivati a 141 mila. Anche considerando che nel valore del 2015 vengono in realtà conteggiati due volte gli immigrati arrivati in Grecia e poi rientrati nell’Unione attraverso l’Ungheria o la Croazia, si arriva pur sempre a superare il milione di unità con un incremento di 3,7 volte rispet- to all’anno precedente.

Bisogna poi tener presente la grande fl essibilità dei percorsi di questi fl ussi migratori. Nel 2014, ad esempio, la rotta del Mediterraneo centrale

che dalla Libia porta in Italia era quella largamente prevalente con quasi 171.000 intercettazioni, 3,4 volte più di quelle registrate lungo la rotta del Mediterraneo orientale che dalla Turchia porta in Bulgaria e soprat- tutto in Grecia. Nel 2015 la situazione si è completamente ribaltata: le intercettazioni in Italia sono infatti scese a 157.000 mentre in Grecia sono arrivate a 880.000. Sono cambiamenti importanti che rifl ettono le scelte politiche dei paesi di transito e di quelli di arrivo, ma che possono anche comportare un aumento dei rischi e una più alta probabilità di dar luogo a fatal journeys.

La crescita degli arrivi e del numero di persone a cui è stato ricono- sciuto il diritto alla protezione internazionale ha ovviamente stimolato cambiamenti importanti nel nostro sistema di accoglimento. Nel caso, ad esempio, dei minori stranieri non accompagnati, che costituiscono una delle categorie più fragili e su cui si appunta una particolare attenzione da parte della comunità internazionale, il sistema italiano ha puntato recen- temente a superare la forte eterogeneità territoriale che caratterizzava il sistema di accoglienza a favore di un approccio più omogeneo.

D’altra parte, anche nel campo dell’accoglienza delle persone bisogno- se di protezione l’Italia presenta risposte diversifi cate nei vari ambiti ter- ritoriali, rifl ettendo diversità di approcci e anche differenze nella capacità di azione delle amministrazioni locali. Differenze che possono comunque rappresentare una risorsa, specie se a livello centrale si riesce a mettere in- sieme e confrontare le diverse esperienze al fi ne di individuare le pratiche più effi caci. Non va poi dimenticato, che in un contesto di potenziale de- clino demografi co, come quello italiano, l’inserimento dei profughi e dei rifugiati nelle aree dove sono più evidenti questi processi, potrebbe con- tribuire a contrastare dinamiche che stanno mettendo a serio repentaglio la stessa sostenibilità demografi ca di diverse aree del territorio nazionale.

La concentrazione degli arrivi nel Mediterraneo e, in particolare, in Grecia e Italia, non è solo l’effetto della maggiore vicinanza alle aree di origine dei migranti, ma è anche il prodotto del Regolamento di Dublino che scarica, di fatto, tutto il peso dell’accoglienza sui paesi posti ai con- fi ni dell’Unione Europea. Un rischio, per altro, già evidente al momento del varo della normativa, come a suo tempo è stato evidenziato da diversi osservatori, ma che ormai sta determinando una situazione chiaramente insostenibile. Non solo dal punto di vista di un’equa distribuzione tra i pa- esi membri del peso dell’accoglienza dei richiedenti asilo, ma anche sotto il profi lo del rispetto dei diritti umani e della necessità di tutelare la vita di

quanti affrontano i rischi connessi ai “viaggi della speranza”. Rischi che, come mostrano gli studi ripresi nei nostri articoli, sono più alti per le fa- miglie con bambini, una delle componenti più fragili di questa particolare corrente migratoria e anche quella, con ogni probabilità, più direttamente collegata ai confl itti in corsi e con maggiori diritti al riconoscimento della protezione internazionale.

Pubblicato il 15 ottobre 2014

Nel documento Rifugiati vecchi e nuovi in Medio Oriente (pagine 85-89)