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2.2 I contributi di Keplero alla matematica

2.2.3 I contributi di Keplero alla teoria delle gure regolari

Le gure regolari nel piano e nello spazio orirono più di un problema geometrico a Keplero. La profonda convinzione della possibilità di spiegare la natura tramite semplici simmetrie lo condussero a molti schemi e ad importanti contributi alla geometria. Il primo risultato di Keplero fu la scoperta di due poliedri a stella regolari. Per secoli lo studio dei poligoni a stella era stato limitato al piano: tra coloro che li studiarono ricordiamo in particolare Thomas Bradwardine (Chichester, 1290 - Lambeth, 1349), il quale aveva ampiamente approfondito l'argomento nel suo libro Geometria speculativa. Keplero fu il primo ad estendere questa nozione allo spazio: al giorno d'oggi conoscia- mo quattro poliedri regolari a stella, solitamente attribuiti a Poinsot che li scoprì nel 1809, ma in realtà due di essi furono scoperti e riportati da Keplero già nel libro II dell'Harmonices Mundi (1619). Si tratta del dodecaedro del terzo e del settimo tipo. Questa scoperte in realtà furono precedute da risultati simili sui poligoni a stella, conte- nuti sempre nell'Harmonices Mundi.

Tuttavia, già nel precedente Mysterium cosmographicum compare un poligono regolare di 40 lati (Fig. 2.1), del tredicesimo tipo: Keplero lo ottenne il 19 luglio 1595 durante una lezione al collegio di Graz, disegnando una struttura costituita da una successione di apparenti triangoli equilateri inscritti in una circonferenza.16 In realtà i triangoli non

si chiudevano mai perfettamente, in quanto gli angoli non erano proprio di 60◦, ma di

58◦300. Così, dopo due vertici, la linea spezzata non tornava nel punto di partenza, ma solo accanto a quello, dando il via a un nuovo triangolo. In questo modo, Keplero ottenne una circonferenza circoscritta ed una inscritta ai triangoli.17 Ma come si collegava questo

all'astronomia e allo studio del cosmo, principale obiettivo di Keplero? Il rapporto dei raggi di queste circonferenze doveva essere utilizzato nel confronto dei raggi delle orbite dei pianeti. Ma Keplero non si fermò qui, arrivando così al cuore del Mysterium cosmo- graphicum: un altro tentativo di esprimere questo rapporto, questa volta coi raggi delle sfere inscritte e circoscritte, lo portò ad immaginare il sistema solare come un'alternanza di poliedri regolari e sfere ad essi circoscritte. Egli inscrive quindi un cubo in una sfera, un tetraedro nella sfera inscritta nel cubo, un dodecaedro nella sfera inscritta nel tetrae-

16Ibidem, pp. 49-50. 17Lombardi, pp. 26-27.

Figura 2.1: Poligono regolare di 40 lati. dro e così via.18

Questo modello di sistema solare gli fu ispirato dalla profonda esigenza di ricercare una profonda armonia nell'universo, impronta indelebile del suo creatore. L'idea di un mondo che manifestasse armonia in ogni sua parte era uno dei cardini del pensiero di Keplero, e ricorre infatti costantemente in ogni sua opera. La ducia nella possibilità di mettere in luce queste regolarità era il segreto della tenacia di Keplero nella ricerca di leggi di natu- ra. Proprio lo studio di questa armonia lo condusse ad una ulteriore tematica di ricerca, quella di riempire il piano e lo spazio tramite gure regolari. Egli risolse completamente il problema per il piano nell'Harmonices mundi, tenendo anche in considerazione i poli- goni a stella per la tassellazione.

Questo problema non era certo una novità: molti autori si erano confrontati con esso, spesso cadendo, come Aristotele e Bradwardine, nell'erronea convinzione che lo spazio potesse essere riempito con tetraedri regolari.

Un altro aspetto indagato da Keplero, nel suo trattato sulla forma dei occhi di neve (Strena seu de nive sexangula - Il dono ovvero Sulla neve esagonale), è il modo in cui

2.2 I contributi di Keplero alla matematica 33 possono essere disposte le circonferenze nel piano e le sfere nello spazio, l'argomento pre- ferito di Lord Kelvin nelle sue congetture sulla struttura dell'atomo.19 Prima di studiare

il caso specico della neve infatti, Keplero generalizzò il discorso al tema delle forme na- turali simmetriche, esaminando in dettaglio l'architettura degli alveari e la disposizione dei semi all'interno delle melagrane. Le sfere inizialmente rappresentano proprio l'astra- zione dei semi di melagrana, ma presto si trasformano in oggetti astratti, detti sferule o globuli, in grado di fungere da modello per una generica sostanza, immaginata come un insieme discontinuo di piccole parti identiche.

Egli mostra come, in generale, esistono due disposizioni tridimensionali che consentono di sistemare in maniera eciente un insieme di sfere nello spazio. La prima, in cui ogni la di sfere è posizionata esattamente sopra l'altra, ha lo svantaggio di non ottimizzare l'occupazione dello spazio. Si dimostra più eciente la disposizione in cui ciascuna la è leggermente traslata rispetto alla precedente, in maniera tale che ogni sfera vada a cadere nell'interstizio tra due sfere consecutive della stessa la. Viene così enunciata la celebre congettura di Keplero, con la quale egli sosteneva che non esistesse alcun modo di sistemare delle sfere nello spazio con densità media superiore a quella dell'impacchet- tamento cubico a facce centrate.

Potrebbe sembrare un'osservazione quasi banale, visto che lo stesso Keplero ammise che la congurazione più densa fosse la stessa disposizione con cui l'ortolano dispone le aran- ce in un negozio di frutta, come quella rappresentata in Fig. 2.2.20 Per quanto sia di

facile comprensione, questa congettura si è dimostrata di assai dicile dimostrazione ed ha angustiato i matematici per i secoli successivi. Fu Carl F. Gauss a dare una prima dimostrazione parziale della congettura nel 1831, ma tuttavia mancava ancora una di- mostrazione generale. Proprio per questo motivo, Hilbert la pose al numero 18 della sua famosa lista dei 23 problemi non risolti della matematica, che venne presentata l'8 agosto del 1900 al Congresso internazionale dei matematici di Parigi.21 Essa è stata dimostrata

solo nel 2005 da Thomas Hales della University of Pittsburgh, in Pennsylvania.

19Idem.

20Lombardi, pp. 147-148. 21Ibidem, pp. 148-149.

Figura 2.2: Thomas Hales illustra la congettura di Keplero.