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Controllo orientato del campo (FOC : Field Oriented Control)

Capitolo 4 Strategie di controllo del motore sincrono a magnete permanente

4.4 Controllo orientato del campo (FOC : Field Oriented Control)

Il FOC si distingue dai normali sistemi di controllo per motori elettrici in quanto fornisce precise funzionalità di controllo vettoriale delle correnti e delle tensioni che agisce su coppia e velocità.

Controllo orientato sul campo (FOC)

Si tratta della prima strategia di controllo vettoriale per macchina asincrona sviluppato da k. Hasse e F. Blaschke all’inizio degli anni ‘70. Solo con lo sviluppo dei microprocessori a partire dagli anni ‘80 sono nati azionamento per motori asincroni che implementavano il FOC. Le prestazioni di controllo del motore possono essere caratterizzate come efficaci se hanno una rotazione regolare e un buon controllo della coppia su tutta la gamma di velocità, accelerazione rapida e decelerazione. Nello statore FOC la corrente è

controllo della macchina. FOC si basa su proiezioni che trasformano un sistema a tre fasi e dipendente dalla velocità in un sistema a due coordinate indipendente dal tempo. Tensioni e correnti trifase fornite al motore sono rappresentate da un vettore spaziale complesso. Il controllo è implementato utilizzando semplici regolatori, come proporzionale integrato (PI). Il rotante è costituito da due assi: diretto (d) è definito per essere sull'asse magnetico che passa attraverso il centro di un insieme di magneti permanenti sul rotore e quadratura (q) si trova ortogonalmente all'asse d.

Definizione le correnti di riferimenti

La trasformata inversa di Park mi permette di passare da un sistema trifase in un altro di coordinate bidimensionale (d-q) basato sullo stesso riferimento a un sistema di coordinata a tre assi. Le correnti d-q devono essere trasformate in abc per alimentare l’inverter. Questo si ottiene dalla matrice (3.a).

 (d-q) → (abc) Per la prima terna con alpha meno 15°.  (d-q) → (abc) Per la seconda terna con alpha 15°.

Figura 4.2 Schema blocco corrente di riferimento

4.4.2 Controllo isteresi

4.4.3 Regolatori

La Regolazione è un tipo di controllo che ha il compito di mantenere costante la grandezza di uscita, indipendentemente da tutte quelle cause che possono farla variare. Le uniche variazioni di uscita che il sistema di regolazione può accettare sono quelle imposte dai cambiamenti di regime.

4.4.4 Controllo della velocità del motore

Poniamoci il problema di controllare la velocità di un motore, nel senso di fare in modo che il motore abbia la velocità voluta e la mantenga costante in tutte le condizioni di funzionamento, anche quando si varia la coppia resistente. Quest'ultima rappresenta la reazione dell'ambiente all'azione del motore. Poiché la coppia resistente può variare in modo imprevedibile e incontrollabile, essa viene vista come un "disturbo" ed il lavoro del sistemista (studioso dei sistemi) consiste proprio nel fare in modo che il sistema di controllo renda minimo l'effetto del disturbo e consenta il raggiungimento ed il mantenimento della velocità desiderata. Pur essendo prematuro (dato il livello delle conoscenze fin qui acquisite) approfondire il discorso sulle problematiche indicate, cercheremo di dare una idea di come sia possibile ottenere certi risultati. In tutto ciò che diremo considereremo il sistema in condizioni di "regime", in assenza cioè di ogni variazione delle grandezze fisiche coinvolte. Questo ci permettere di annullare i termini in "s" della funzione di trasferimento, che si riduce così al solo "Guadagno statico". In prima approssimazione il guadagno statico è una quantità reale e costante, parte integrante di una funzione di trasferimento, che rappresenta il legame algebrico tra ingresso ed uscita di un sistema in condizioni "statiche" (regime). I termini in "s", invece, portano in conto le relazioni ingresso-uscita durante la fase in cui le grandezze fisiche variano in ricerca di un assestamento ("transitorio").

Regolatori industriali

Figura 4.4 Sistema di regolatore

R = Regolatore

G = Sistema oggetto (Sistema da controllare)

H = Trasduttore

x(t) = Ingresso di riferimento

r(t) = Segnale di reazione

e(t) = Segnale di errore

m(t) = Azione del regolatore

La figura 4.4 mostra un tipico sistema di regolazione. Molto spesso nei sistemi di controllo industriali non è possibile conoscere l'esatta funzione di trasferimento del sistema oggetto, per cui risulta molto difficile, se non impossibile, mettere in pratica tutte quelle tecniche conosciute per lo studio della precisione a regime. Allo stesso modo non è facile applicare al sistema oggetto quelle procedure, che verranno studiate nel seguito, necessarie per studiare, ed eventualmente correggere, le caratteristiche del sistema stesso legate alla stabilità. In questi casi si fa ricorso ad apparecchiature standard, dette "Regolatori industriali", che, inserite nella catena diretta del sistema di controllo, subito dopo il nodo di confronto, consentono di gestire il segnale di errore per attuare una opportuna azione di controllo, di vario tipo, con la possibilità di modificarne i parametri mediante alcune manopole opportunamente tarate. In alcuni casi particolari, questi dispositivi possono comprendere direttamente il generatore di segnale di riferimento ed il nodo sommatore, nonché una rete correttrice per la stabilità nel caso in cui si conoscesse, anche in modo approssimato, la posizione dei poli del sistema da controllare. L'azione di un regolatore, cioè il suo modo di gestire il segnale di errore per esercitare il controllo, dipende dalla relazione matematica che lega il segnale di uscita a quello di ingresso. Si possono avere regolatori che esplicano le seguenti azioni:

 Controllo proporzionale (P).  Controllo integrale (I).  Controllo derivativo (D).

 Controllo proporzionale ed integrato (PI).  Controllo e derivativo (PD).

 Controllo proporzionale integrale e derivativo (PID).

Regolatore Proporzionale (P)

In un regolatore ad azione proporzionale il legame tra il segnale m(t) presente alla sua uscita (azione del regolatore) e quello e(t) presente al suo ingresso (segnale di errore) è espresso da una relazione del tipo:

m(t) = 𝐾

𝑃

e(t) (4.1)

L'azione di un regolatore proporzionale risponde prontamente alle variazioni della grandezza controllata. Ha però il difetto di non annullare completamente il segnale di errore, perché solo la presenza di quest'ultimo provoca l'azione controllante. L'unica cosa che si può fare è ridurre al minimo l'errore elevando il guadagno 𝐾𝑃 del regolatore, compatibilmente con le esigenze di stabilità. Ricordiamo che un

errore non nullo significa che la grandezza in uscita non ha esattamente il valore da noi voluto.

Regolatore Integrativo (I)

In un regolatore ad azione integrativa il legame tra il segnale m(t) presente alla sua uscita (azione del regolatore) e quello e(t) presente al suo ingresso (segnale di errore) è espresso da una relazione del tipo:

m(t) = 𝐾

𝐼

∫ 𝑒(𝑡) 𝑑𝑡 (4.2)

Derivando membro a membro la 4.2, si ottiene:

d m (t)

dt = K𝐼 e(t) (4.3)

Dalla (2.3) si deduce che la m(t) varia per tutto il tempo in cui e(t) ≠ 0 (derivata al primo membro della (4.3) diversa da zero), per cui il regolatore modifica la sua azione fino a quando non riesce ad annullare l'errore.

L'azione di un regolatore integrativo ha il pregio di annullare a regime il segnale di errore. Poiché, però, l'azione controllante viene fuori da un processo di integrazione, la sua velocità di risposta è molto inferiore a quella del regolatore proporzionale.

Regolatore Derivativo (D)

In un regolatore ad azione derivativa il legame tra il segnale m(t) presente alla sua uscita (azione del regolatore) e quello e(t) presente al suo ingresso (segnale di errore) è espresso da una relazione del tipo:

m (t) = 𝐾

𝐷

𝑑 𝑒(𝑡)

𝑑𝑡 (4.4)

La caratteristica di questa regolazione è di opporsi alle oscillazioni della grandezza controllata; più è accentuata l'oscillazione di quest'ultima e più forte è l'azione regolatrice, perché più grande è il valore della derivata a secondo membro della (4.4). Lo svantaggio di tale regolazione è costituito dal fatto che , una volta smorzata l'oscillazione, la derivata dell'errore si annulla e quindi si annulla l'azione regolatrice, ma questo non vuol dire che sia nullo anche l'errore, per cui il valore finale dell'uscita risulta distante da quello previsto. Questo fa sì che tale regolazione non possa essere mai impiegata da sola.

Regolatore Proporzionale Integrativo (PI)

In un regolatore ad azione proporzionale-integrativa il legame tra il segnale m(t) presente alla sua uscita (azione del regolatore) e quello e(t) presente al suo ingresso (segnale di errore) è espresso da una relazione del tipo:

m (t) = 𝐾

𝑃

e(t) + 𝐾

𝐼

∫ 𝑒(𝑡) 𝑑𝑡

= 𝑚

𝑃

(t) + 𝑚

𝐼

(t)

(4.5)

E' una regolazione che mette insieme la prontezza di risposta dell'azione proporzionale con la precisione dell'azione integrativa. Essa è ottenuta sommando algebricamente le due azioni messe insieme.

Il nostro PI abbiamo:

Regolatore Proporzionale Derivativo (PD)

In un regolatore ad azione proporzionale-derivativa il legame tra il segnale m(t) presente alla sua uscita (azione del regolatore) e quello e(t) presente al suo ingresso (segnale di errore) è espresso da una relazione del tipo:

m (t) = 𝐾

𝑃

e(t) + 𝐾

𝐷

𝑑 𝑒 (𝑡)

𝑑𝑡

= 𝑚

𝑃

(t) + 𝑚

𝐷

(t)

(4.6)

E' una regolazione utile quando il sistema oggetto ha una dinamica molto accentuata (costanti di tempo lunghe meno poli molto prossimi all'origine). In tal caso la semplice azione proporzionale o l'azione proporzionale integrativa non vanno bene perché danno origine ad una sovra elongazione nel controllo per il fatto che l'azione della grandezza controllante impiega un certo tempo per propagarsi nel sistema oggetto fino alla grandezza controllata, la quale quindi "informa" con ritardo il regolatore dell'effetto dell'azione stessa. Il regolatore, trovandosi sbilanciato, è così costretto ad invertire ripetutamente la propria azione, causando delle oscillazioni nella grandezza controllata. L'uso di una azione proporzionale-derivativa tende invece a smorzare sul nascere tali oscillazioni. Anche in questo caso l'azione voluta è ottenuta sommando algebricamente le due azioni componenti.

Regolatore Proporzionale Integrativo Derivativo (PID)

In un regolatore ad azione proporzionale-integrativa-derivativa il legame tra il segnale m(t) presente alla sua uscita (azione del regolatore) e quello e(t) presente al suo ingresso (segnale di errore) è espresso da una relazione del tipo:

m (t) = 𝐾

𝑃

e(t) + 𝐾

𝐼

∫ 𝑒 (𝑡) dt + 𝐾

𝐷𝑑 𝑒 (𝑡)

𝑑𝑡

= 𝑚

𝑃

(t) + 𝑚

𝐼

(t) + 𝑚

𝐷

(t)

(4.7)

Tale regolazione semplicemente sfrutta i vantaggi delle tre regolazioni elementari di tipo P, I e D.

4.4.6 Parametri di progettazione del regolatore

Tra i vari metodi noti per determinare i valori dei parametri di un regolatore scegliamo quello di Ziegler-Nichols, perché molto semplice ed abbastanza usato in ambiente industriale. E' un metodo sperimentale che consente di ricavare i valori ottimali dei parametri 𝐾𝑃, 𝐾𝐼 e 𝐾𝐷 agendo su apposite

manopole dotate di scala tarata. La procedura da seguire è la seguente:

 Si monta l'intero sistema, lasciando nulli i valori di 𝐾𝑃, 𝐾𝐼 e 𝐾𝐷.

 Con 𝐾𝐼 e 𝐾𝐷 ancora nulle, si aumenta gradatamente 𝐾𝑃 fino a portare l'intero sistema al limite

della stabilità. Questa condizione è segnalata da una risposta al gradino unitario di tipo oscillatorio non smorzato.

 Si individua il valore di 𝐾𝑃 = 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 che genera la condizione precedentemente indicata.

 Si misura il periodo 𝑇𝐶 dell'oscillazione permanente che si è generata (sempre in risposta al gradino

unitario).

Parametri di regolatore

Regolatore 𝐾𝑃 𝐾𝐼 𝐾𝐷 P 0,5 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 0 0 PI 0,45 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 0,542 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 𝑇𝑐 0 PD 0,5 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 0 0,1 𝑇𝑐 PID 0,6 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 1,2 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 𝑇𝑐 0,075 𝐾𝑃𝑀𝐴𝑋 𝑇𝑐

Tabella 4.1 Parametri regolatore

Sequenza ripetuta

Emette una sequenza ripetitiva di numeri specificati in una tabella di coppie valore-tempo. Il valore del tempo dovrebbe essere mono tonicamente crescente.

Inverter

È costituto di 3 switch ciascuno

Schema blocchi del FOC con inverter

Figura 4.7 Azionamento FOC con isteresi,

si assume 𝐼1𝑞 = 𝐼2𝑞 ( ciascuno avvolgimento trifase sviluppa

metà coppia)

.

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