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The Great Fire of London.

4.5. Convergenze e divaricazion

Alla luce di quanto affermato su The Great Fire of London, si può dire che il legame con il romanzo dickensiano, annunciato dalla prefazione “the story so far”, disegni quella che la Onega definisce “transhistorical connectedness”.107 Caratterizzandosi come una “performative phrase”, l’espressione “the story so far” riprenderebbe parodicamente quelle dei romanzi di Dickens (si consideri, ad esempio, la prefazione di David Copperfield), suggerendo al lettore che “this novel begins before it begins”,108

e offuscando così, da una parte, l’idea di un punto di partenza ben definito, e conferendo, dall’altra, un respiro “metatemporale” alla narrazione. Inoltre, ciò induce a prendere atto della commistione tra realtà e illusione nell’ambito della narrativa, come afferma sempre la Onega:

This connectedness suggests that the boundaries between fiction and reality are nonexistent, that the difference between “fictional” characters and “real” people, and between “real” and “fictional” worlds, simply does not hold.109

La suspension of disbelief implica, come già visto, la proiezione in una realtà diegetica, quella dei personaggi ackroydiani (come Spender), nella quale, tuttavia, trova spazio l’apparizione “spettrale” di un personaggio facente parte di una dimensione romanzesca di secondo livello (connessa al presupposto fantasioso di Little Dorrit che si “impossessa” di Audrey). La struttura a frames (analizzata nel capitolo precedente), attraverso cui Ackroyd “accoglie” nel suo testo lo spirito del mondo di Little Dorrit e quello del personaggio di Amy, lascia ipotizzare come la “realtà” ackroydiana non sia più “vera” di quella dickensiana e, di conseguenza, come entrambi i romanzi siano delle “narrative constructions”, dove The Great Fire of London si delinea appunto come una ricostruzione di Little Dorrit.

106 Cfr. Ibidem. 107

Cfr. Susana Onega, Metafiction and Myth in the Novels of Peter Ackroyd, cit., p. 28.

108 Cfr. Jeremy Gibson e Julian Wolfreys, Peter Ackroyd. The Ludic and Labyrinthine Text, St

Martin’s Press, New York 2000, p. 77.

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Tuttavia, nella sintesi del primo libro di Little Dorrit, elaborata da Ackroyd nel prologo, il lettore può notare fin da subito alcune discrepanze rispetto all’intreccio originale: Ackroyd sostiene che Arthur Clennam riesce a scoprire l’eredità dei Dorrit grazie all’aiuto di Pancks, mentre nel testo di Dickens è solo Pancks a farlo. Una seconda divergenza consiste nell’aver attribuito l’appellativo “Little Mother” a Maggie, mentre nell’originale esso è il nome con cui quest’ultima chiamava l’amica Amy. Ovviamente, questi “errori” hanno uno scopo ben preciso nell’ambito del testo ackroydiano, rivelandosi secondo Onega funzionali ad avallare un altro postulato, formulato in precedenza, secondo cui “the past, whether the historical or literary past, is truly unrepeatable”.110

La stessa funzione sarebbe ricoperta dal titolo, facente riferimento, come già visto, ad un evento storico che nel corso del romanzo non compare, se non in modo trasversale. L’autore, infatti, operando una dislocazione tra storia “reale” e storia “fittizia”, trasforma l’incendio che nel 1666 aveva devastato Londra in quello che devasta il set di Spender nell’epoca contemporanea in cui si muovono i personaggi, luogo simbolico dove si svolge l’atto performativo, nonché la ricostruzione dell’illusione narrativa attraverso strumenti tecnologici. Un’ulteriore “interpolation of the past as a fiction into a present fictional reality”111

è percepibile nel testo nel momento in cui, dopo essersi accordato con il Film Finance Board, Spenser ottiene il finanziamento per il suo progetto, sentendo particolarmente vicina la possibilità di recuperare lo spirito dickensiano, nonostante le direttive di Lustlambert: “Little Dorrit was no longer his fantasy. It was, now, a reality…”.112 Un altro momento in cui tale “interpolation” si manifesterebbe è quando “the music from a juke-box collided with that from the television set, making an awkward counterpoint between the fake Victorian tune and the real contemporary one.”113 La melodia vittoriana, presentandosi come una imitazione (fake), evidenzia implicitamente l’impossibilità di recuperare la verità del passato se non attraverso un palinsesto o un simulacro testuale; allo stesso modo, Ackroyd non manca di ricordare al lettore che i referenti storici presenti nel

110

Cfr. Ivi, p. 78.

111 Cfr. Ivi, p. 80.

112 Cfr. Peter Ackroyd, The Great Fire of London, cit., p. 54. 113 Cfr. Ivi, p. 10.

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romanzo sono solo “pantomimic and playful impersonations”,114

reali, dunque, quanto può esserlo lo spirito di Amy.

Nell’ambito della ricostruzione ackroydiana, definibile in termini genettiani come una “playful distortion”, 115

la componente performativa predomina infine sulla realtà:

The black canvas was hoisted up even higher above the set, and several smaller canvas awnings were placed in position beside it, in order to create darkness where there had been none before. Black felt was tacked into place along the narrow alley between the warehouses, and the sides of the vast and empty buildings had been coated in grey paint. Spenser Spender supervised the work, alternately looking through the camera which was now pointed away from the river and towards the warehouses. They rose in front of him like houses of darkness, oppressive yet unreal. They had been transformed into replicas of warehouses. Reality itself had been suspended. 116

L’oscurità, considerata convenzionalmente come l’assenza naturale di luce, diventa qui il prodotto della creatività del regista, il quale può orchestrare i chiaroscuri della scena a suo piacimento.

Si può infine riflettere su come Spenser Spender, oltre ad essere il fulcro su cui convergono le storie degli altri personaggi e al di là del suo esito fallimentare, incarni il tentativo dell’artista di recuperare un’eredità nazionale. Non a caso, il suo nome richiama pure quello di due importanti artisti britannici, Edmund Spenser e Stanley Spencer, 117 anch’essi impegnati nella ricerca dell’espressività della Englishness e nel tentativo di darle configurazione plastica attraverso la loro arte. Il mondo creato da Spenser ha, tuttavia, l’effetto di disperdere e cancellare la realtà che riproduce, assorbendola all’interno del suo stesso simulacro cinematografico.

La componente performativa è rilevabile anche in altri momenti della diegesi: abbiamo visto come essa si manifesti nel “gioco delle parti” che sta alla base del rapporto coniugale di Spenser e Laetitia o nel modo in cui Audrey entra in simbiosi con Amy. Ci sono poi i “tic” di Little Arthur, il cui modo di parlare, ricco di manierismi, ricorda quello di alcuni dei più celebri personaggi dickensiani, come Quilp di The Old Curiosity Shop o Jenny Wren di Our Mutual Friend (1864-65). L’elemento performativo in The Great Fire of London è altresì

114 Cfr. Jeremy Gibson e Julian Wolfreys, Peter Ackroyd. The Ludic and Labyrinthine Text, cit., p. 80. 115

Cfr. Gérard Genette, Palimpsests: Literature in the Second Degree, University of Nebraska Press, Lincoln 1997, p. 24.

116 Cfr. Peter Ackroyd, The Great Fire of London, cit., p. 108.

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presente nelle fiamme che devastano il set nell’epilogo; la descrizione dell’incendio pone infatti l’enfasi sui riflessi delle fiamme nel Tamigi e sulla forza del vento che le fa vacillare:

Tim turned towards the river, as if for relief. Bu it had become brilliant and fiery, taking on the shape and quickness of the flame. The city’s skyline was hidden by smoke, and the surrounding neighbourhood was fully ablaze. A strong wind was blowing, pushing the flames forward. They burnt for a day and a night. It seemed to Tim that they would burn for ever, taking the whole of London with them.118

Ancora una volta, Ackroyd trasmette l’idea che il Grande Incendio di Londra, esattamente come la realtà racchiusa in Little Dorrit, non può ripetersi se non attraverso una sua rappresentazione spettacolare.

Per concludere, si noti che l’autore scompone gli elementi referenziali della realtà dickensiana sovvertendoli all’interno della sua stessa narrazione, per poi rendere esplicita tale strategia nel commento finale, con una liberazione dei “personaggi prigionieri” e l’annientamento del regista-orchestratore:

This is not a true story, but certain things follow from other things. And so it was that, on that Sunday afternoon, that same Sunday when Spenser Spender had died in the Great Fire caused by Audrey, Little Arthur set the prisoner free.119