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di corpi - dopo l’arrivo le nuove generazioni troveranno una nuova

meccanismo

La città si configura come un complesso marchingegno ad orologeria, esercita un enorme controllo nei confronti degli abitanti.

desiderio

Sogni e desideri sono interamente indotti dalla città, tuttavia essi risultano tutti uguali, essendo gli abitanti privi di un’identità propria.

misura

Celle non comunicanti giustapposte definiscono la morfologia. La città misura il proprio movimento mediante le varie configurazioni, e restituisce l’età dei suoi abitanti.

madre

Il meccanismo sopperisce ad ogni possibile aspetto della vita degli abitatori, che ne risultano privi di identità, in uno stato di sogno perenne.

tempo

La città nella sua conformazione è collegata a duplice mandata al

trascorrere del tempo; presumibilmente essa può avere un termine, ma tale termine può essere eternamente distante.

Se la città è un luogo dove un gruppo di uomini nasce, vive, muore; se la città è una madre che cura e protegge i suoi figli, li fornisce di tutto ciò di cui hanno bisogno e decide come essi devono essere felici; se la città è tutto questo indipendentemente dalle sue dimensioni fisiche e demografiche, allora anche l’astronave, che da secoli segue la rotta precisa verso il pianeta di una stella lontana

migliaia di anni luce, è una città. L’astronave è una grande ruota rossa del diametro di 50 metri costituita: da un anello esterno con dimensioni radiali di 3 metri e dimensione assiale di 6, da un nucleo sferico centrale del diametro di 8 metri, e da un collegamento diametrale cilindrico, tra l’anello esterno ed il nucleo, del diametro di 2 metri. Il nucleo centrale contiene il cervello elettronico che programmato alla partenza condurrà la nave alla sua lontana destinazione, gli organi propulsori e tutti gli impianti necessari alla vita della nave e dell’equipaggio. L’anello esterno è diviso in 160 cabine disposte in doppio ordine, cioè l’anello è spartito in 80 settori di due cabine sovrapposte ciascuno. In ogni cabina dorme uno dei 156 membri dell’equipaggio, nella cabina superiore un uomo, in quella inferiore una donna. Tutto l’insieme delle cabine scorre lentamente rispetto alla carenatura esterna in modo da completare un giro in 80 anni. I membri dell’equipaggio dormono senza interruzione dalla nascita alla morte chiusi nelle loro cabine ed avviluppati dai cavi e dai condotti che regolano la loro esistenza; i loro centri cerebrali sono collegati tramite elettrodi ad un “generatore di sogni”. Questo apparecchio si basa su un doppio nastro perforato su cui è registrato il sogno di due vite complementari; nel suo movimento ogni coppia di cabine percorre il nastro facendo recepire ai suoi abitanti il sogno nella sua continua evoluzione;

tutti i passeggeri quindi vivono lo stesso sogno in

→ città come madre

→ tematica di tipo biblico

→ centralità della tecnica

→ popolazione ridotta e demografia fissa

→ stato onirico perenne → dipendenza vitale dalla tecnica

→ sogno indotto dalla tecnica

→ presenza nell’assenza totale

→ tecnica generatrice di morte

→ sogno e desiderio

→ tecnica come madre

tempi diversi. L’ottantesimo settore dell’anello perimetrale non è chiuso, due aperture larghe come la parete esterna della coppia di cabine danno nel vuoto cosmico. Questo settore è situato in corrispondenza dell’attacco di un’estremità del condotto diametrale all’anello. Quando la coppia di cabine nel suo lento movimento supera il settantanovesimo settore la parete esterna comincia a coincidere con l’apertura; non appena si determina una fessura l’aria sfuggendo da essa annulla la pressione della cabina ma prima ancora che per asfissia il passeggero muore per emorragia totale; non più compensati dalla pressione

esterna tutti i vasi sanguigni si rompono, il sangue trasuda attraverso tutta l’epidermide e quasi subito gela. La fessura continua ad allargarsi e contemporaneamente i cavi ed i condotti che avevano tenuto in vita l’uomo, si staccano dal corpo che, libero, fluttua lentamente spinto dalla debole forza centrifuga fuori dell’apertura nello spazio esterno. Poi il lento movimento delle cabine determina il restringersi progressivo dell’apertura fino alla chiusura completa. È in questo momento che dalla parte opposta dell’anello, al settore 40, nel punto dove si attacca l’altra estremità del condotto diametrale,

il sogno stimola i sessi di una coppia; due ovuli vengono fecondati da due spermatozoi sotto un controllo che impedisce ogni possibilità di errore. All’interno delle due cabine vuote si espandono due “uteri meccanici” che ricevono i due ovuli fecondati, quello maschile di sopra e quello femminile di sotto. Nove mesi dopo gli uteri si ritirano liberando i feti che nel loro sviluppo hanno già inglobato i terminali dei cavi e dei condotti vitali. Così generazione dopo generazione l’astronave procede verso la meta, segnando la propria strada con spoglie dall’aspetto di rubino,

→ stato onirico

→ tematiche di tipo biblico

→ promessa

con il suo carico di dormienti dai sogni felici fino alla Nuova Terra dove i risvegliati fonderanno una nuova Babilonia ed una nuova Gerusalemme, una nuova Atene ed una nuova Roma, una nuova Mosca ed una nuova New York ed anche naturalmente una nuova Berlino, una nuova Saigon, una nuova Città del Capo. E saranno felici.

Il primo terzo del documento si conclude con questa quarta città, o Città Astronave, un elemento – edifico – macro architettura che tanto nell’impianto e nella composizione, quanto nella poetica che permea il progetto, ci mostra al contempo continuità e discrepanze con quanto lo ha preceduto. In tal senso, ad una prima ricognizione il lettore può riconoscere come l’impianto del racconto muova verso una strutturazione maggiormente narrativa, è possibile cioè rilevare una vaga consecutio temporum che ad esempio nelle prime due città è del tutto assente, e si palesa a contrario nella terza città, rendendo essa e la presente maggiormente rassomiglianti a delle parabole dal punto di vista strutturale, parabole che vorrebbero essere tali a detta degli autori, come ricordato in precedenza. Manca al solito un esplicito riferimento al significato del racconto, e la situazione iniziale di esso non viene resa nota al lettore. Permane tuttavia, come nel caso della precedente città, che una situazione iniziale sussista, ossia che tali edifici nascano per una ragione: tale motivazione è ancora una volta drammatica, se non tragica, e ha a che fare implicitamente con la fine, la morte, l’annichilimento. Sempre di pari passo a New York

of Brains, a tale dramma implicito iniziale si risponde con un anelito

all’eternità e ad un ipotetico nuovo inizio, inserito tuttavia all’interno di un meccanismo sadico e perverso, mosso dalla disumanità tipica della macchina cui il destino del racconto è affidato. Tale anelito in entrambe le città è reso esplicito da una formula profetica che fa da chiosa ad entrambi i racconti, la cui contraddittorietà è lampante. Se

New York of Brains finisce con “e saranno finalmente soli”, la presente Città Astronave chiosa con un “e saranno felici”: entrambe le frasi

suonano come delle minacce o delle sentenze, poste come sono a chiudere delle narrazioni quali quelle in esame su queste pagine. Si noti come sia possibile congetturare che il cataclisma generatore della

Città Astronave possa anche essere il medesimo della città precedente:

che esso lo sia o meno, il presente racconto ci mostra una umanità ridotta a pochissime unità in eterna fuga dal pianeta natio reso

presumibilmente inabitabile, in direzione di una ipotetica Nuova Terra, la cui destinazione è nota alla sola macchina, ossia l’astronave stessa, nello specifico del cervello elettronico che ne controlla l’esodo.

Riemerge qui quella figura di una tecnica come madre amorevole capace di dare la vita che abbiamo riconosciuto tra le mura

trasparenti e quadrettate – come le finestre di un carcere - della Città

2000t. Analogamente ad essa anche l’astronave dispensa la morte,

con un non trascurabile distinguo, ossia che tale esito è certo e non annoverato nel campo delle possibilità come nel caso della prima città: al compimento dell’ottantesimo anno una coppia di abitanti muore e viene gettata negli spazi siderali, senza meriti o demeriti, senza cioè che la cosa sia una condanna causata dal dissenso. In maniera analoga alla terza città il dissenso non è semplicemente concepibile, l’asservimento alla macchina è totale, e se il corpo fisico viene mantenuto – da cui la non-immortalità degli abitanti – esso di fatto non viene utilizzato al netto del sistema nervoso centrale. Quest’ultimo risulta sollecitato dal computer centrale in una sorta di fase onirica perenne, indotta dalla macchina, che nel caso di questa città non è sommatoria del pensiero dei singoli, ma totale appannaggio dei dati in possesso della macchina stessa: non ci troviamo pertanto di fronte a quella feticizzazione di una sorta di inconscio collettivo che abbiamo riconosciuto in altre tra le precedenti città. L’asservimento alla tecnica da parte dell’abitante è totale nel caso della Città

Astronave, sia dal punto di vista della sussistenza fisica, sia di quella

mentale, in un meccanismo coercitivo tra i più radicali tra quelli presenti nell’excursus del documento nella sua interezza. Non ci troviamo in questo caso di fronte nemmeno a quella mente alveare di cui abbiamo trattato in seno all’analisi della terza città.

Questa sistematizzazione comparativa tra le prime quattro città si rivela una interessante chiave di lettura interpretativa, poiché come vedremo costituisce un elemento di indagine per certi versi efficace nel dare ragione delle differenti morfologie delle città stesse. Esso inoltre ci permette di verificare come l’elemento narrativo, seppur minimale, rappresenti un meccanismo generativo di forza più intensa di quanto presagibile alla luce di un’analisi che tenga conto di ogni singola città come cosa in sé: alcune considerazioni infatti semplicemente non potrebbero emergere.

Si consideri in prima analisi il tema del movimento, questione già sviscerata nelle precedenti sezioni: notiamo come la Città Astronave sia effettivamente un macro edificio in movimento perenne, in analogia alla seconda città – la città Coclea Temporale – e altrettanto

in opposizione nei confronti delle eternamente immobili prima e terza città. Si noti come siano presenti delle simmetrie: la presente città assomiglia alla seconda da questo punto di vista, come la prima e la terza sempre dalla stessa angolazione risultano ravvicinate. Orbene, nella stessa maniera la morfologia macroscopica delle città risulta alternativamente accoppiata: la prima e la terza rimandano al quadrato, la seconda e la quarta al cerchio. Rimanendo focalizzati sul tema del movimento, non possiamo fare a meno di notare come sia la presente città sia la Coclea Temporale affianchino ad un

movimento assoluto di tipo lineare un moto di secondo grado, questa volta relativo, di tipo rotazionale. Quest’ultimo si rivela meccanismo generativo della forma prima a cui le due città fanno riferimento, e tale forma deriva direttamente dalla narrazione, trovando in essa ragione. Tali considerazioni sulla morfologia collegata al movimento ci conducono ad un’altra questione interessante, poiché ancora una volta collegata, ossia quella del tempo e del suo scorrere. Si noti come le città che per brevità qui di seguito definiamo come circolari si interfaccino in maniera differente con il tema del tempo rispetto alle città che definiremo quadrangolari: esse procedendo nello spazio procedono parimenti nel tempo, cosa che le seconde non fanno. Tale movimento nel tempo include un decadimento biologico dell’abitante, e nel caso della Coclea un decadimento dell’edificio. Si crea così un secondo binomio che potremmo definire come:

quadrato = eternità ferma cerchio = mortalità in movimento

La scelta morfologica nel caso delle città circolari come questa sottolinea tale meccanismo concettuale poiché prefigura e rende esplicito concretamente il decadimento del fisico umano. La Città

Astronave e la Coclea Temporale rappresentano per una certa

quota parte dei complessi orologi, la cui lettura in sezione per quanto concerne la seconda città e in pianta riguardo alla quarta ci restituiscono l’età degli abitanti, tenendo conto che tale età all’interno di esse ha ancora un senso per il semplice fatto che la morte all’interno di esse esiste. La matrice circolare ben simboleggia il meccanismo concettuale sotteso perché si interfaccia con il cerchio della vita e con la ciclicità che lo caratterizza. Oltre ad essere una

città circolare, questa Città Astronave si presenta infatti come ciclica, capace di riassumere la propria configurazione primigenia ogni 80 scatti, corrispondenti a 80 anni: la ripartizione dei suoi spazi è legata al tempo, come succede per la Coclea Temporale, che aumenta di un livello all’anno. A differenza di quest’ultima la lettura della sua configurazione ci permette di individuare a che punto del ciclo ci troviamo, ma non il numero totale di cicli, similarmente ad un orologio che al posto delle ore abbia degli anni, inseriti in una giornata che ne dura 80. Non ci è in definitiva permesso conoscere da quanti anni la Città Astronave sia in viaggio, osservando l’astronave stessa. Il suddetto viaggio si svolge attraverso gli spazi cosmici, in diametrale opposizione al sottosuolo entro cui si muove la Coclea Temporale. Se il tragitto di quest’ultima si configura come un seppellimento sempre più profondo, chiaramente collegato concettualmente al tema della morte, come abbiamo avuto modo di considerare nell’analisi delicata, la fine della vita gioca un ruolo chiave anche nel caso della quarta città. Si noti come venga riservata attenzione particolare alle varie fasi della morte degli abitanti nel testo: in un racconto che consta di poco più di 4000 caratteri, più di 700 sono dedicati alla descrizione, non priva di un gusto perverso per il grandguignolesco, della dipartita della coppia di abitanti che ha raggiunto l’ottantesimo anno di età. Il movimento assoluto lineare della città è esso stesso segnalato dai corpi rossi “come rubini” che essa si lascia alle spalle ogni anno con cadenza regolare: un ipotetico conteggio di essi ci permette la lettura del numero di anni dai quali la città è in viaggio, creando così un’altra coppia di binomi resi fisici tra le categorie di spazio e tempo:

movimento lineare assoluto = anni di viaggio

movimento rotazionale relativo = fase del ciclo ottantennale

In questo parallelo tra spazio e tempo nella Città Astronave non si può fare a meno di notare come la morte coincida con l’unica uscita disponibile dalla città stessa: tale considerazione palesa come il meccanismo che permea la città sia in definitiva la morte stessa. La città infatti è costretta a ruotare al solo scopo di espellere gli

alla pagina seguente: dettagli dei disegni quotati presenti nell’edizione su

abitanti più anziani, altrimenti non ruoterebbe. Se la città è capace di generare morte, e questo è lo scopo del suo movimento, altrettanto non si può dire per quanto concerne la vita, che seppur sviluppata in degli “uteri meccanici” similari a quelli della prima città, è ancora generata da un meccanismo di accoppiamento, seppur privo di coito, tra gli elementi di una coppia. È proprio tale meccanismo a dare ragione della configurazione a doppia ghiera che la città presenta: in questa maniera l’astronave sopperisce al suo compito di mantenere in vita una specie, la specie umana, nell’attesa di un approdo a nuovi incontaminati lidi, se mai tale approdo avverrà. Qui si palesa un altro elemento di quella perversione che ci pare animare questa città in particolare: la coppia giunta al proprio quarantesimo anno di età dà alla luce nella zona diametralmente opposta dell’astronave, distante circa 100 metri, o 40 anni, una seconda coppia, che a sua volta darà alla luce un’altra coppia e così via. Ne deriva che gli abitanti della città sono in definitiva frutto di incesti successivi. Il movimento ciclico come rappresentazione della ciclicità della vita degli abitanti e della sua ripetitività si mostra ulteriormente evidenziato dal fatto che la città si configura come un gigantesco tape loop, un nastro magnetico che copre la lunghezza di una vita su cui è registrato il percorso della vita stessa, per poi tornare all’inizio. Gli abitanti risultano talmente tanto parificati, ossia annichiliti nella loro individualità, per mezzo del congegno tecnologico, che si trovano letteralmente ad assistere, durante la fase onirica che coincide con la loro intera esistenza, al medesimo percorso vitale. Tuttavia non è possibile per essi riconoscere tale meccanismo inquanto ne sono parte integrante, impossibilitati ad osservare la Città Astronave dall’esterno.

Il viaggio nello spazio cosmico rimanda una serie di considerazioni già fatte in precedenza in sede di analisi della terza città, il rapporto a distanza con la quale diviene ancor più interessante se si pensa a come il cosmo rappresenti il deserto più ampio concepibile: così, se New York of Brains troneggia al centro di una landa desolata, la

Città Astronave si muove nel vuoto pneumatico, aggiungendo un

ulteriore e definitivo senso di solitudine esistenziale al progetto. L’evento epocale rappresentato dall’allunaggio il 20 luglio del 69 ha focalizzato l’attenzione delle masse, infondendo un ottimismo nel progresso non privo di contraddizioni, su cui grava la consapevolezza che esso costituisca in parte un cercato elemento di distrazione

da tematiche ad alto rischio quali la guerra fredda. A proposito dei paesaggi lunari, Roberto Gargiani e Beatrice Lampariello evidenziano come la pubblicazione sui principali rotocalchi delle foto della NASA “dischiudono a Superstudio un universo di immagini di luoghi ancora più desertici di quelli scelti dalla land art, privi di qualsiasi traccia umana, ideali rifugi di un’architettura visionaria (…)”.*

All’interno del presente racconto è inoltre collocato un interessante elemento di peculiarità, rappresentato dall’inizio del racconto stesso, vale a dire una definizione atipica di città come spazio indefinito dal punto di vista fisico, come “luogo dove un gruppo di uomini nasce, vive, muore; (...) la città è una madre che cura e protegge i suoi figli, li fornisce di tutto ciò di cui hanno bisogno e decide come essi devono essere felici (...) indipendentemente dalle sue dimensioni fisiche e demografiche (...)”. Il passo, idealmente concettualizzato in due aree distinte, ci fornisce alcuni punti di vista interessanti attorno alla visione sul senso dell’architettura come disciplina in Superstudio. Tralasciato il secondo, in cui si ribadisce la figura qui declinata in maniera inquietante della “madre amorevole”, è l’inizio del passo a focalizzare l’interesse in questa sede. All’interno di esso paiono comparire in nuce i concetti che saranno palesati all’interno del progetto della Super Superficie e del documento degli

Atti Fondamentali, in cui poi la detta Super Superficie sarà inclusa.

Definire la città come luogo in cui l’uomo nasce, vive e muore vuol dire svincolare la città stessa da quel corpus di elementi, morfologie o strategie di insediamento che per secoli ne hanno caratterizzato l’esistenza stessa. Si pensi a riprova di ciò che un uomo può nascere, crescere e morire anche inserito in un ambiente diverso da una città come quelle che siamo abituati a considerare tali, e già lo fa. In questo passaggio emerge profondamente quindi l’idea di Superstudio di un’architettura non fisica, ossia non composta e generata dagli strumenti classici del fare architettonico, che non ha in definitiva nell’architettura costruita la propria realizzazione fattiva. Dopo la realizzazione delle 12 Città Ideali il gruppo fiorentino cerca di esplicitare questa visione attraverso dei documenti di varia natura, raccolti in un ideale contenitore concettuale che definiscono Gli Atti

* SI veda il già citato Gargiani, R., Lampariello, B. (2010). Superstudio. 1ed. Milano: Laterza. pagg. 68 e segg.

Fondamentali. Questi sono divisi in cinque categorie: Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte. Tali categorie costituiscono il climax di

un percorso riduttivo di interrogazione nei confronti della materia, direzionato alla totale smaterializzazione della stessa, a favore di una nuova consapevolezza della vita dell’uomo: non più quindi una