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Corpo, abito e movimento

Tanto quanto la postura, gli atteggiamenti, i gesti sono portatori di senso nelle manifestazioni comportamentali attraverso le quali il corpo svela Lamina, altrettanto lo sono gli abiti e gli accessori dei quali esso si veste. Quali concezioni del corpo e del movimento traspaiono attraverso l’abito e il suo uso? Il rapporto tra corpo e abito ha a che fare con la concezione e la rappresentazione che una certa epoca ha del corpo e dunque vi è una costruzione culturale del movimento che nasce dairinterrelazione tra abito e movimento, ovvero nei modi in cui essi si condizionano reciprocamente e formano o trasformano l'immagine del corpo. L’abito è stato considerato soprattutto

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come costrizione del corpo e del comportamento. Il rapporto tuttavia è più sfaccettato e certamente biunivoco, ma difficile da indagare perché mentre ci sono fonti per l'abito, non ve ne sono per il movimento. Dato che è più facile conoscere l'abito - tramite vari tipi di fonti iconografiche, inventari, descrizioni - che il movimento, fino ad ora rinterrelazione è stata letta in un solo senso della biunivocità. Lo studio della mobilità del corpo vestito rivela come l’abito accentui certe parti del corpo enfatizzandone i movimenti o ne celi altre, annullandole o limitandone il movimento. II movimento del corpo risulta così segmentato tra quel che appare e quel che rim ane nascosto.

Un tentativo suggestivo - anche se poco convincente sul piano ermeneutico - di individuare fonti che restituiscano l'immagine di corpo vestito in movimento, è stato autorevolmente presentato da Fritz Saxl nel 1936 che ha osservato la bambola meccanica conservata al Kunsthistorisches Museum di V ienna (tavola 2). Questo automa di piccole dimensioni raffigura una figura femminile dagli abiti sontuosi ed eleganti che suona uno strumento a corde, volge la testa nelle due direzioni e - pur spostandosi su ruote - riproduce un ritmo deambulatorio costituito da piccoli passi. Non avendo potuto vedere personalmente il movimento eseguito dalla bambola, riferisco la descrizione del Saxl:

Philippe Perrot, Le travail des apparence ou les transformation du corps féminin, XVIII-XIX

I movimenti sono caratterizzati da una combinazione di grazia e solennità: i piedi si spostano lentamente, la figura sembra librarsi. La forma del corpo viene completamente occultata dalla sottana. Al contrario, mani e testa si muovono con agio ed eleganza. Al suono della musica, modulata con le mani sensibili ed aggraziate, la testa descrive nel suo moto un arco grazioso. In questo modo un congegno meccanico riproduce lo stile di una donna di società del tempo, per i suoi stessi limiti enfatizzandone, alla maniera di una caricatura, le caratteristiche.120

SaxI dunque ritiene che la sfida che il costruttore dell’autom a si proponeva fosse quella di riprodurre in modo naturalistico la qualità del movimento, e che il risultato, per i limiti imposti dal mezzo meccanico stesso, la restituisca enfatizzata, come in una caricatura. Quella della bambola meccanica resta comunque la ricostruzione e la

Fritz Saxl, Costumi e fe ste della nobiltà milanese negli anni della dominazione spagnola, in II

libro del Sano della Fondazione Querini stampalia di Venezia, Panini, Modena 1987, pp. 38-9. Saxl

attribuisce la costruzione dell'automa a colui che possedeva la più alta competenza in materia verso la metà del secolo XVI, ovvero Giovanni Torriani, ingegnere cremonese che dopo aver svolto la propria attività nel campo della meccanica di precisione e dell'idraulica, prestò la propria opera di costruttore di automi per Carlo V e il figlio Filippo II, con nome ispanizzato in Juanelo Tornano. La sua attività ha nel suo amico Ambrosio de Morales una entusiastica testimonianza: "Per diletto Juanelo ha voluto rinnovare le antiche statue semoventi che i greci chiamavano automi. Costruì una bambola alta un terzo di vara che, messa su un tavolo, vi danza al ritmo di un tamburo che essa stessa suona; poi, compiute le sue evoluzioni, toma al punto di partenza. Benché sia un giocattolo, e dunque nulla di serio (cosa de risa) rivela molto dell'altezza di quell’ingegno" (Ambrosio de Morales, Les antigüedades de la ciudades de

España, Alcalá de Henares 1575, p. 93, citato in M.G. Losano, Storie di automi, Einaudi, Torino 1990, p.

61; vedi anche Io studio più completo su Tornano: José A. García - Diego, Los relojos y autómatas de

Juanelo Turriano, Albatros, Madrid - Valencia 1982). Spesso questo tipo di automi di piccole dimensioni

veniva utilizzato per animare le tavole dei banchetti, tuttavia vi è testimonianza dell’esistenza di un automa femminile danzante a grandezza naturale, descritto da Piccolomini: "Or sono tre anni alcuni bagatellieri e giocolatori (...) andarono pubblicamente mostrando (...) una fanciulla fabbricata con arte meravigliosa che per il moto di circoletti e rotelle avea sembianza di vita, che per se stessa, per attivissima agitazione del volto e di tutte le membra, pareva che or camminasse e, or suonando il cembalo, ovvero la cetra, ballasse con grazia, leggiadria e venustà mirabili." (Citato in G. P. Cesarani, Gli automi.

Storia e mito, Laterza, Roma - Bari 1983, p. 53). Sugli automi nel rinascimento vedi anche E. Battisti, fa n ti rinascimento, voi. I, pp. 248-86.

descrizione del movimento e ha lo stesso statuto epistemologico di un testo o di una immagine.

In particolare qui mi interessa capire quale sia la relazione tra il modo di ballare di uomini e donne e la progressiva differenziazione delle fogge del sistema vestimentario che va operandosi a partire dalla fine del medioevo. La differenziazione delle fogge in riferimento al genere sessuale cui fatato - o meglio - il sistema vestimentario - è destinato, concede a uomini e donne possibilità di movimento m olto diverse. A partire dalla fine del medioevo si assiste a una differenziazione netta dell'abito a seconda del sesso, che tende a nascondere o dissimulare parti diverse. Nel primo quarto del XIV secolo, l'abito maschile a cominciare dai gruppi di giovani guerrieri, si accorcia sempre più, lasciando scoperte le gambe a partire da una zona

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variabile compresa tra glutei e ginocchia. Questo cambiamento, scoprendo una porzione maggiore degli arti inferiori e conferendo loro visibilità e mobilità, comporta evidentemente delle trasformazioni nel modo di danzare.

La versione del manuale di Giovanni Ambrosio (Pa), presumibilmente redatta 12 anni dopo quella prodotta dallo stesso autore prima della conversione (Pg) su cui mi sono basata nel prim o capitolo, ne è una copia identica se non per il fatto che contiene alcuni capitoli in più dedicati al modo di danzare con abiti di diversa foggia: "Capitolo de dannar longo", "Capitolo de dangar corto", "Capitolo de dannare con mantellina". I tre capitoli sono evidentemente rivolti ai danzatori uomini, dato che gli abiti cui si fa cenno sono abiti maschili. Secondo il maestro di danza Guglielmo/Ambrosio, colui che danza con un abito lungo deve farlo con gravità e diversamente da come danzerebbe se indossasse un abito corto. Anche i suoi gesti devono essere conseguenti

Nota che uno che dan£asse con uno vestimento longho elle di bisogno de ballare con gravita. & ballare con un'altra forma che non se fa de ballare con uno vestito corto perche dannando corno che gisse con uno vestito corto non d im a bono. E[t] bisognia che tucti li suoi giesti & movimenti siano gravi & suave tanto quanto che he debito che porta & per forma che quella turca o

Ad esempio, nel passare in rassegna gli inventari toscani tra Tre e Quattrocento Adriana Rossi (/ nomi delle vesti in Toscana, "Studi di lessicografia italiana", 1991, voi. 11, pp. 5-124) nota come "solo negli inventari quattrocenteschi diventa frequente il riferimento al sesso di chi indossa la veste".

panno luongho che porta indosso non savia agire movendo troppo in qua & in la. E[t] siati acorti che bisognia grande actetudine, & gran misura & gran tempo a dannare con esso a uno panno longo che con lo corto arichiede dangare

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un poco più gagliardo. -

Danzando con una veste lunga, si devono rallentare e addolcire i movimenti, essere precisi nel ritmo, in modo che gli spostamenti della veste siano concordi e coerenti al movimento del corpo perché da esso ricevono un corretto impulso. Al contrario

chi danga con uno vestito corto bisognia de dannare in altra forma che quella dello longo. Li se arichiede de fare salti & volte tonde & fioregiare con misura & con tempo & a quello abito del vestire corto sta bene affare questo E[t] se tu volessi gire con gravita chomo avemo dicto di sopre non dirria bono e[t] senia signale de non intendere.123

La veste corta consente agli arti inferiori più visibilità e più libertà di movimento nell'eseguire ornamenti, salti e giri. Un'attenzione particolare inoltre si deve rivolgere all'uso della mantellina corta, che può destabilizzare l'equilibrio:

Ancora siate avisati che bisogna altra discriccione de dangare con una mantellina corta piu che con una turca, neanche con uno vestito, e [t] la cagione si e che la mantellina piglia vento ch'e corno tu dai un salto o una volta la mantellina si arimove elle di bisogno che a certi gesti & a certi movimenti & a certi tempi tu piglie la tua mantellina per un Iato e[t] a certi tempi se piglia per tucti doi li lati che he una signoria a vedere pigliare col tempo. E[t] quando

124 questo non se facesse alli tempi che bisognia sem a signale de nonintendeie.

[22

Pa, c 24 r, edizione Sparti p. 232.

123 Ibidem. 124

E’ interessante notare come in questo caso si cerchi di regolare secondo il ritm o della danza che viene eseguita il gesto funzionale e necessario di tenere ferma la mantellina, con una mano o due, in modo che tale gesto diventi parte integrante dell’esecuzione e anch’esso diventi danzato. Dalle indicazioni di Guglielmo/Ambrogio si evince anche che era consuetudine danzare con il mantello e che in quegli anni le due fogge - veste e mantello corti e lunghi - convivevano. La veste corta per gli uomini si diffuse definitivamente nei primi anni del secolo XVI. Lo sottolinea, in riferimento alla pratica coreutica, anche una Lettera di Andrea Calmo che compara gli usi in atto nei balli della propria giovinezza con quelli attuali. Nelle Lettere, scritte intorno agli anni 1550 (i primi tre libri delle Lettere compaiono a stampa tra 1547 e 1552) Calmo si immagina uomo anziano: il passato cui nostalgicamente si riferisce di conseguenza è da collocare all’inizio del secolo, tempo in cui gli uomini si recavano alle feste

i homeni con le so veste longhe serai davanti, senza far strepiti, ni romor, ni frape, se sonava el so tamburin e altabasso un clavecimbano o do liuti, o una bai dosa con la so violeta, baiando passo e mezo, rosina, tentalora, anella, vanti de Spagna, torcia mo vilan, zoioso, padoan, saltarello, bassadanza, tignando le done col so fazzoleto da brigae piene de amorevolezza e de grandissima

125 coscienti a.

Gli uomini indossavano vesti lunghe, chiuse sul davanti e danzavano senza urlare e senza fare rumore o dar colpi con i piedi, accompagnandosi con strumenti dal tenue suono per eseguire canzoni a ballo, bassedanze e balli. Alcune delle forme - saltarello e bassadanza - e dei titoli - Voltati Rosina, Anello, Gioioso - citati appartengono al repertorio attestato dalla letteratura orchestica della tradizione di Domenico, altre sono forme tradizionali cantate di lunga permanenza - Tentalora, Torcia mo vilan - altre ancora sono forme che si affermano nel corso del cinquecento - passo e mezzo, Pavana di Spagna, pavana.

Il legame della coppia è costituito dal fazzoletto che uomo e donna tengono dai due opposti capi ad impedire il contatto delle mani. Il fazzoletto fa la sua comparsa per

assolvere a vari usi quali coprire la scollatura, il capo o ornare la mano che lo tiene e, a giudicare dalle immagini del Vecellio, era una consuetudine condivisa da donne di

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vari strati sociali: nobili veneziane, prostitute, contadine toscane. Le funzioni di soffiare il naso, coprirsi la bocca negli accessi di tosse e raccogliere lo sputo sono più

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tarde.128

.129

I giovani invece si esibiscono in una danza molto più animata:

de sti sbalanzari de sti saltari, de sti verigolari, e de sti mostrali de vita, de ati e de braghe, con quei pifaroni mantoani ch’el par, al sagramento de le schile, che i habbia un travo in boca, e quei lironi che someia un grumo de bespe che vaga a tom o una carogna, che de quel basso se farave una casa da statio, tignando le femene soto i brazzi, strengandoghe le man e qualche altra cosa e brute parole, che voio taser, andando sbragazzai a mo ranochi, zurlando a tomo a mo una rioda e tirando cavriole a mo simioti, ganzati de calcagni, picegari de pie, cimando el fioco e remenandose avanti e indrio a la condition d ì cani, che inse fuora de aqua?l3°

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Elena Polidori Calamandrei, Le vesti delle donne fiorentine nel Quattrocento, Firenze, Società Editrice “La Voce”, 1924

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Cesare Vecellio, tìabiti antichi et moderni di tutto il mondo, di nuovo accresciuti di molte

figure, Sessa, Venezia 1598.

I2S

Il tema è discusso ampiamente da Norbert Elias, Il processo di civilizzazione, Il Mulino, Bologna 1992 (Basel 1939).

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"adolescenti, viscareli, giotonceli e cavestri da forche, in luse al presente seculo, che no spruzza, ni no ulisse, ni sa da bon, aroganti, superbi, insolenti, lussuriosi, lenguaizzi, fastidiosi, con puoche letere e manco cervelo e pieni de presontion, che infeta, amorba e vasta l'aiere, la tera, l’in femo e le zente de bona qualitae". Andrea Calmo, Lettere, a cura di Vittorio Rossi, Torino, 1888, Libro III, Lettera 34, pp. 232.

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E continua, citando i nomi di due maestri ed esponenti del rinnovamento dello stile di danza che porta all'affermarsi dello stile italiano, di cui si sofferma a descrivere le caratteristiche peculiari, ma anche i pericoli (!): "L’ vero che me podess dir: «Cusin da ben, e’ so che no biasimar la gaiardia d'i fieli de Paluelo e de mistro Donao, che i par calalini e oseleti, che svolazza, con salti tondi, salti roversi, salti spacadi, salti in atto e salti del cavalo, lizadri fieri e destrissimi, honor, fausto e gloria de l'arte balarina»; ma pur al mio giudizio la me par cossa da mati spazzai a stracarse, a risego de butarse un schinco de

Le gambe scoperte rendono possibili e visibili giri, salti ornamentati, giochi di tallone, movimenti veloci e staccati dei piedi e grandi salti tramite i quali, in una sorta di competizione, si deve riuscire toccare con la punta del piede un fiocco tenuto ad altezza sempre crescente. Dunque non più un modo di danzare che si basa sulla scansione ritmica dell'incedere, ma che elabora passi e figure che si basano sulla mobilità, sul ritmo concitato e su un certo grado di atletismo.

Nel modo di danzare degli uomini gravità e lentezza sembrano essere associati alla veste lunga, la gagliardezza, i salti i giri e gli ornamenti a quella corta. Quanto dunque della qualità di movimento della donna è condizionato dal modo di vestire, oltre che alle prescrizioni del comportamento, alla disciplina del corpo, alle concezioni dell'esercizio fisico e della virtù morale e corporea della modestia?

Secondo Castiglione la donna deve

aver iudicio di conoscer quai sono quegli abiti che le accrescon grazia e più accomodati a quelli esercizi ch'ella intende di fare in quel punto, e di quelli servirsi; e conoscendo in sé una bellezza vaga ed allegra, deve aiutarla con i movimenti, con le parole e con gli abiti, che tutti tendano allo allegro; così come un'altra, che si senta ancor aver maniera mansueta e grave, deve ancor accompagnarla con modi di quella sorte, per accrescer quello che è dono di

131 natura.

L'abito femminile verso la metà del secolo XV era costituito da una gamurra o cotta, abito di sotto lungo fino a terra e con maniche, di lino o di lana a seconda della stagione e da una giornea o roba, sopravveste lunga anch’essa, senza maniche, cui le maniche potevano essere aggiunte con un sistema di allacciature. Nella stagione

liogo, o de piar una gignata e perder zo che se ha vadagnao in sie mesi. Almanco, consanguineo mio saorosissimo, e ’no fevemo sti chiassi, ste zanze e ste bagatele, quando gieremo garzoni: v’arecordeu che a le ventido hore dìnstae porta verno i nostri lauti in barca, cantando barzelete per canal grando somiavemo tanti carubinì, e pu per pratica e per naturalitae stambotizavemo zorziane, che le andava da dolcez za e da maraveia infina in cielo? ". Andrea Calmo, Lettere, a cura di Vittorio Rossi, Torino, 1888, Libro III, Lettera 34, pp. 232.

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invernale veniva usata l'oppelanda (la cioppa in Toscana), con maniche larghe e aperte e foderata di pelliccia.

La morbidezza cadente delle lunghe gonne lasciava intravedere la forma delle gambe e dei fianchi e i loro movimenti. A partire dal XVI secolo la gonna si allontana sempre di più dal corpo grazie all'uso delle sottogonne rigide di stoffa grossolana armata con rami flessibili di arbusto che danno al classica form a a cono o a campana, che appare in Spagna verso il 1470 e si diffonde in tutta Europa a partire dalla Francia, paesi Bassi, Inghilterra e - più tardi - in Italia. Cesare Vecellio, descrivendo 'THabito delle Duchesse di panna ò d'altre Signore feudatarie di tutta la Lombardia" spiega che sotto la gonna "costumano il verducato, overo faldiglia, qual tien con arte la sottana larga à modo di campana, che to m a molto commodo al caminare, ò danzare; et hora di

132 costumano per tutta l'Italia queste sopra dette faldiglie".

Di gambe e fianchi si perde la traccia e quel che si vede muovere è una campana 133 rigida in cui si colgono le amplificazioni ritmiche, m a non la forma del movimento. II sottogonna modella l'anatomia costruendo l'ipertrofìa dei fianchi sulla base dei canoni di bellezza, ma al contempo nasconde il movimento naturale del corpo e ne falsa gli effetti visivi. Concorre a enfatizzare l'ipertrofia dei fianchi anche la costrizione operata dal corsetto, che accentua la sottigliezza della vita, fa risaltare i seni, ma blocca e irrigidisce ogni possibilità di movimento della parte superiore del corpo.

Che cosa resta visibile del corpo della donna in movimento? Si muovono - non visti - i piedi e le gambe e si muovono anche le parti visibili del corpo: il collo, il volto, le mani, messi in risalto tramite decolleté, colletti e poi gorgere, o dai polsini. Colletti e polsini si arricchiscono di ricami, fino a prendere il sopravvento nella decorazione nel secolo successivo. In epoca post-tridentina la moda dell'abito rigido "alla spagnola", che impedisce il movimento del costringendo il corpo, si afferm a nel contesto delle élite sociali curiali o urbane, ovvero tra gruppi di persone che non avevano necessità di

Cesare Vecellio, Habiti antichi et moderni di tutto il mondo, di nuovo accresciuti di molte

figure, nell’edizione Bologna 1982, p. 71.

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Brian Reade, The dominance o f Spain, 1550-1600, George G. Harrap and Company LTD, London 1951, pp. 6-7.

compiere movimenti complessi nella loro vita quotidiana. La rigidità del corpo diventa dunque anche un segno di distinzione sociale.

Montaigne nel 1581 a Bagni di Lucca, in Toscana, organizza un ballo in cui si distribuiscono come premi capi d'abbigliamento e chiede alle dame della nobiltà locale di costituirne la giuria sottolineando il fatto che il giudizio doveva dipendere non soltanto dal movimento dei piedi, ma anche della continenza, dell' "aere", del buon modo e della grazia di tutta la persona. L'apprezzamento della danza si a associa nella stessa frase a commenti sull'abbigliamento:

Alla verità è bella cosa, e rara a noi altri Francesi, di veder queste contadine tanto garbate vestite da signore ballar tanto bene: et a gara di nostre

134 gentildonne le più rare in questa virtù ballano altre,

E ancora:

Quei contadini, e le lor donne, sono vestiti da gentiluomini. Non si vede contadina che non porti le scarpe bianche, le calzette di filo belle, il grembiale d’ermesino di qualche colore: e ballano, fanno capriole e molinetti molto

Montaigne, Viaggio in Italia, Laterza, Bari 1972, pp. 279-80. Ivi, p. 274.

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Ogni qual volta che se baia se talia caput Joannis Baptiste1

La figlia di Erodiade senza nome che si esibisce in una danza senza nome nel

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