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I primi studi definibili come “scienze morali” che si occuparono dello studio del comportamento umano escludevano dal loro campo di indagine il corpo.

L’affermarsi dello scientismo riduzionistico porta invece ad un’inversione che tutto spiega attraverso la biologia di un corpo-oggetto. Come reazione al riduzionismo, la psicologia e la psicoterapia si oppongono alla biologizzazione del comportamento umano facendo riemergere nuove forme di svalutazione della corporeità. Ancora una volta il corpo è inteso come corpo-oggetto. E’ solo a partire dagli ultimi decenni che si inizia a parlare del problema del corpo e inizia ad emergere la concezione del corpo-vissuto. La psicologia afferma che la persona non solo ha un corpo, ma è un corpo.

Si inizia a parlare di vissuto corporeo, viene cioè superata la dicotomia tra mente e corpo che aveva portato di volta in volta alla prevalenza dell’una sull’altro nelle teorizzazioni sul comportamento umano. Il punto di incontro tra mente e corpo è proprio il vissuto corporeo, luogo di sintesi e di integrazione di tutte le informazioni somestesiche, sensoriali e viscerali. Ruggeri, scrivendo del vissuto corporeo, afferma che esso si configura come “un processo in cui la componente periferica

somatica è parte integrante non solo in quanto rappresenta la sorgente di tutte le informazioni di partenza, ma anche in quanto costituisce la periferia “effettrice”, a sua volta modificata dallo stesso sistema nervoso” (Ruggeri,1988).

In questa definizione del vissuto corporeo troviamo non più una classificazione dicotomica che scinde i fenomeni fisici del corpo dai fenomeni mentali, ma al contrario la descrizione di un sistema costituito da due termini in continuo mutamento e aggiustamento tra loro. Un’incessante rimando dal corpo alla mente e dalla mente al corpo rende impossibile considerare queste due entità, come entità separate. La complessità del comportamento umano può solo essere compresa come l’effetto di un processo dinamico di comunicazione e congiunzione tra fenomeno corporeo e fenomeno mentale. Il soggetto conoscente ha le sue radici nel mondo, radici costituite dal corpo. La mente può avere conoscenza del mondo proprio

attraverso le modificazioni del corpo. “Come potrebbero, infatti, costituirsi, senza

la più stretta interazione corpo-mente, il pensare per immagini e l’esperienza estetica in genere; o cosa sarebbe la malinconia, senza la sua storia di malori e di lacrime; o la fatica, senza il sudore del corpo e il debito di ossigeno; o la sessualità, senza il suo groviglio di sensazioni, movimento, emozioni e valori? O ancora, la sofferenza e le gioie del parto, il fascino e i disagi del viaggio, la costrittività delle prigioni, l’arte culinaria, le pietose incombenze cimiteriali, le invenzioni dell’abbigliamento, i luoghi e le attività di cura….?”(Venturini, 1995)

In Occidente è Schopenhauer che afferma l’importanza della relazione circolare tra mente e corpo. Secondo Schopenhauer l’uomo non potrà mai pervenire all’essenza delle cose, se non proprio attraverso la speciale relazione che ha con il proprio corpo. Esiste, infatti, una relazione duplice tra il soggetto conoscente e il proprio corpo. Quest’ultimo è infatti dato al soggetto in due diversi modi: come oggetto fra oggetti, ovvero come rappresentazione dell’intelletto, e da questo punto di vista il corpo è sottomesso alle leggi fisiche; ma il corpo è anche dato al soggetto come ciò che è direttamente conosciuto da ciascuno: ogni atto della coscienza è direttamente conosciuto come un movimento del corpo.

Merleau-Ponty esprime la doppia natura del corpo col suo essere paradossale: il corpo è ad un tempo oggetto del mondo ed il mio punto di vista sul mondo. L’esserci, la presenza è prima di tutto esserci col corpo. Da qui nasce l’ambiguità del corpo: “esso è al mondo come oggetto, ma è anche a me come forma e

fondamento”(Henry Ey).

Sartre in “L’Essere e il Nulla” spiega la natura di tale ambiguità. Secondo il filosofo, il problema del corpo e dei suoi rapporti con la coscienza è dato dal fatto che si pone in primo luogo il corpo come cosa, come oggetto vivente costituito da un sistema nervoso, organi, ghiandole, a loro volta suscettibili di essere analizzati chimicamente in atomi di idrogeno, di carbonio, di azoto, ecc… In questo senso il corpo ha le sue leggi ed è suscettibile di essere definito dal di fuori. Quando si tenta di unire questo tipo di conoscenza “esterna” del corpo con la propria conoscenza del corpo, l’intuizione intima che ognuno ha di sé si va incontro a difficoltà insuperabili. Secondo Sartre questo avviene perché si tenta di unire la propria coscienza non al proprio corpo, bensì al corpo degli altri. Esistono due aspetti,

diversi, del corpo: esiste il corpo, quale è per gli altri, ovvero il corpo situato nel mondo; e poi c’è il corpo, quale è per me, e che non si rivela nel mondo. Questi due aspetti del corpo sono su due livelli differenti dell’essere. “Tutto l’essere-per-sé

deve essere corpo, e tutto deve essere coscienza: non può essere unito ad un corpo. Similmente l’essere-per-altri è tutto corpo: non ci sono fenomeni psichici da unire ad un corpo. Ma il corpo è tutto psichico”. Per Sartre è infatti proprio il corpo ad

essere l’oggetto psichico per eccellenza. Il corpo, dunque, non può essere considerato come semplice corpo-oggetto, ma come oggetto sui generis che è il corpo-vissuto. Al dualismo caratterizzante la cultura occidentale, che contrappone l’uomo alla Natura, il soggetto all’oggetto, la coscienza al mondo, si affianca una concezione del tutto differente, e non meno diffusa. La concezione buddhista, la definizione della corporeità di Schopenhauer, la filosofia e la prassi di Marx, il pensiero fenomenologico e importanti correnti dell’epistemologia, si fondano tutte sul superamento del dualismo. In Psicologia, oggi, prevale questa concezione non duale, che ridefinisce il corpo come campo dei processi della condotta. L’uomo non viene più considerato, soltanto per quello che ha in comune con tutti gli altri esseri della natura, ma in primo luogo per ciò che ha di specifico. L’uomo è prima di tutto corpo, ma questa affermazione rifugge dall’essere oggettivazione dell’uomo, al contrario l’essere corpo diventa superamento del corpo e ricomposizione dell’unitarietà dell’individuo.