Una ulteriore direttrice di analisi del processo di quotazione seguita da alcuni
studiosi riguarda i costi dell’accesso al mercato borsistico
173; tale filone di studi si
173 Si vedano fra gli altri PIVATO GIORGIO (1976), “La quotazione di borsa di aziende societarie”, op.cit.; RITTER JAY (1987), “The Costs of Going Public”, op.cit.; RUBINO SALVATORE (1989),
sovrappone in parte sia all’analisi delle determinanti della quotazione sia allo studio
degli effetti dell’accesso alla borsa, in quanto l’analisi preventiva dei costi può
costituire un elemento in grado di favorire o scoraggiare la scelta di quotarsi e, allo
stesso tempo, è evidente che il sostenimento degli stessi ne costituisca anche uno
degli effetti.
La valutazione dei costi conseguenti all’eventuale decisione di quotare
l’azienda è un passaggio delicato ma fondamentale, che permette di pervenire ad un
giudizio di sintesi sulla onerosità della scelta di entrare in borsa
174.
In tal senso, in questo paragrafo ci proponiamo di offrire una sintetica
rassegna dei principali costi connessi alla quotazione introducendo alcune possibili
modalità di classificazioni degli stessi
175.
Il processo di quotazione è caratterizzato da una grande complessità che, come
è ovvio, richiede il sostenimento di costi per progettare, decidere e realizzare
“Gli aspetti economici della creazione e del funzionamento della rete nazionale” in GILARDONI ANDREA (a cura di), Un nuovo mercato mobiliare per piccole e medie imprese, op.cit., pagg. 269 e ss.; LEE INMOO, LOCKHEAD SCOTT, RITTER JAY, ZHAO QUANSHUI (1996), “The cost of raising capital”, in The Journal of Financial Research, Vol. XIX, no. 1, Spring; BEATTY RANDOLPH P., WELCH IVO (1996), “Issuer Expenses and Legal Liability in Initial Public Offerings”, Journal of Law and Economics, Vol. 39, n. 2, October; PETRELLA GIOVANNI (1997), I
nuovi secondi mercati europei. Valutazione di convenienza alla quotazione di una PMI, EGEA,
Milano, pagg. 111 e ss; GERVASONI ANNA (1999), “La quotazione in Borsa”, in GERVASONI ANNA (a cura di), Finanziare l’impresa, seconda edizione aggiornata, Il Sole 24 ore, Milano, pagg. 283 e ss.; CORVIN SHANE A., HARRIS JEFFREY H. (2001), “The Initial Listing Decision of Firms that Go Public”, op.cit.; BERRETTI CLAUDIO, DI MASSA FERNANDA, FARINA ANNA, ORSINI EMILIA, PELLIZZONI ENRICO (2002), “Attività, tempi e costi del processo di quotazione: un’analisi empirica per il periodo 1999-2001”, op.cit.; ROMANO GIULIA (2006), “I costi e le opportunità della quotazione: alcuni spunti di riflessione”, in MIOLO VITALI PAOLA (a cura di),
Problemi di costing in diversi contesti aziendali, Edizioni Plus, Pisa; DRAHO JASON (2004), The IPO Decision. Why and How Companies Go Public, op.cit., pagg. 36 e ss.
174 Pivato in proposito ha affermato: «Le trattazioni sono state volte, prevalentemente, ad illustrare i vantaggi della quotazione di borsa per le società emittenti … Ben di rado si è potuto leggere qualche timido accenno ad eventuali oneri e rischi che potrebbero prodursi a carico delle società per effetto della quotazione di borsa dei propri titoli. Ne è derivata una impostazione generale che sembra volutamente finalizzata “a tesi”. Si dovevano invece, a mio avviso, illustrare sia i pregi, sia gli eventuali aspetti negativi della quotazione in borsa; ne sarebbe emersa una più convincente dimostrazione della prevalenza dei primi sui secondi, con chiara conferma della utilità della quotazione di borsa, nei confronti sia delle società sia degli investitori in genere». PIVATO GIORGIO (1976), “La quotazione di borsa di aziende societarie”, op.cit., pag. 531.
175 Si rimanda in merito anche al nostro ROMANO GIULIA (2006), “I costi e le opportunità della quotazione: alcuni spunti di riflessione”, op.cit.
l’ingresso sul mercato di Borsa
176. Anche la successiva permanenza sullo stesso
richiede il sostenimento di ulteriori sacrifici per l’azienda che dovrebbero trovare
adeguata compensazione nei benefici che la quotazione comporta.
Nell’ambito degli studi di finanza aziendale, l’attenzione si è concentrata
prevalentemente sul costo del capitale e le problematiche analizzate hanno riguardato
in modo precipuo tale aspetto
177.
Tuttavia, negli studi aziendali è necessario assumere una prospettiva di più
ampio respiro. È ormai condiviso, infatti, che la quotazione comporti il sostenimento
di costi elevati che non si limitano al costo del capitale ma che hanno molteplici
origini.
Per analizzare i costi connessi alla quotazione è necessario includere nel
computo anche i “costi psicologici”, che rappresentano un sacrificio da sopportare in
vista di una “remunerazione”
178. È opportuno dunque far riferimento anche ai
cosiddetti “costi opportunità”
179, cioè ai mancati ricavi o profitti, derivanti dal fatto
che prendendo una decisione in merito all’utilizzo delle risorse disponibili, l’azienda
176 Gozzi in proposito ha affermato: «I costi di riconversione (così come i costi di ogni strategia di riposizionamento competitivo e strategico) possono essere delineati come quelli che l’impresa deve sostenere al fine di progettare, perseguire e realizzare il nuovo assetto organizzativo, produttivo, commerciale e finanziario, individuato come obiettivo della strategia. Tale definizione tende a privilegiare l’elemento di discontinuità, sia per ciò che concerne il contesto aziendale interno, sia per quanto attiene al posizionamento esterno. In altri termini ciò che è rilevante analizzare è il costo del cambiamento dell’impresa, finalizzato all’acquisizione o al recupero di vantaggio competitivi e/o alla ricerca o al recupero di redditività». GOZZI ANTONIO (1991), “Le strategie di riposizionamento”, op.cit., pag. 33.
177 «Secondo la teoria della finanza aziendale il costo della quotazione in borsa è pari al costo che l’impresa attualmente sopporta per raccogliere fondi a titolo di capitale di rischio. A tale costo … si dovrebbero poi aggiungere i costi necessari per l’emissione delle nuove azioni, per gli adempimenti giuridici e per i servizi degli intermediari finanziari, anche se di importo trascurabile rispetto all’intera quotazione e comunque sostenuti “una tantum”». MIGLIETTA ANGELO (1994), La valutazione di
convenienza alla quotazione in borsa, Etaslibri, Milano, pag. 3. In merito si veda anche PETRELLA
GIOVANNI (1997), I nuovi secondi mercati europei. Valutazione di convenienza alla quotazione di
una PMI, op.cit., pagg. 111 e ss.
178 Cinquini parla di «un sacrificio, una rinuncia da sopportare in vista di una “remunerazione”; tale sacrificio risulta sottostante al valore monetario, che costituisce in questa ottica una sorta di “velo”». CINQUINI LINO (1997), Strumenti per l’analisi dei costi Vol. 1, Giappichelli, Torino, pag. 7. In merito si veda anche AMODEO DOMENICO (1976), Le gestioni industriali produttrici di beni, V Edizione, UTET, Torino, pagg. 459 e ss.
179 «Opportunity cost is the measurable advantage foregone as a result of the rejection of alternative uses of resources whether of materials, labour, or facilities». Committee on Cost, Concepts and Standard (1952), “Report”, in The Accounting Review, vol. XXVII, n. 2, New York.
si preclude la possibilità di impiegare in modo alternativo le medesime
180. Tali costi
non hanno una contropartita finanziaria negativa e pertanto non sono individuabili
nella contabilità generale di un’azienda né all’interno del bilancio d’esercizio
181.
Vanno invece esclusi dalla valutazione di convenienza i cosiddetti “costi
sommersi” (sunk cost), cioè i costi che sono stati già sostenuti dall’azienda e che non
possono essere modificati a prescindere dalla decisione di quotarsi; ciò sulla base del
“principio di rilevanza dei costi” che impone di considerare a fini conoscitivi e
decisionali solo i costi “rilevanti”, e cioè quelli “incrementali” che non si dovrebbero
sostenere se l’azienda non si quotasse
182.
È opportuno inoltre evidenziare che i costi della quotazione sono influenzati
inevitabilmente da due elementi: il tempo e la complessità, in termini qualitativi e
quantitativi, degli “interventi” (nuove strutture, revisione dei processi ecc.) che
l’azienda dovrà o vorrà attuare prima, durante e dopo la quotazione, in termini di
numero e di radicalità degli stessi
183.
Alcuni componenti di costo saranno infatti direttamente collegati alla durata
del processo di quotazione
184, inteso in senso ampio come il periodo che intercorre fra
180 Come ricorda Di Stefano «il costo, nella sua concezione classica, deriva da un investimento che l’azienda reputa economicamente utile per lo svolgimento della sua attività produttiva ed esso è misurato da una uscita numeraria, passata, presente e futura. Si veda GIANNESSI EGIDIO (1958), Il
«Kreislauf» tra costi e prezzi come elemento determinante di equilibrio del sistema d’azienda,
Colombo Cursi, Pisa, pagg. 3 e ss.». DI STEFANO GIANCARLO, (1990), Il sistema delle
comunicazioni economico finanziarie nella realtà aziendale moderna, op.cit., pagg. 105-106 nota (2).
Tuttavia in questa sede, come del resto anche nel lavoro del Di Stefano, la definizione di costo che viene accolta, limitatamente a questa specifica trattazione, considera come costo anche una diminuzione dei ricavi che teoricamente sarebbero ritraibili dalla gestione, causata dalla decisione di quotare l’azienda. Allo stesso modo, quindi, potrebbe essere considerato una sorta di “ricavo” anche una riduzione dei costi preventivati o preventivabili conseguente all’ingresso della società in borsa. 181 Cfr. CINQUINI LINO (1997), Strumenti per l’analisi dei costi Vol. 1, op.cit., pagg. 8 e ss. e pag. 42 e ss.
182 Per una definizione dei “costi rilevanti (o eliminabili)” si veda, tra gli altri, Cinquini che li definisce come «quei costi che differiscono fra diverse alternative di scelta e che influiscono pertanto sul risultato finale di un calcolo economico per un giudizio di convenienza; la “rilevanza” è relativa alla possibilità che questi costi non siano presenti o siano di diversa entità in talune scelte rispetto alle altre». Conseguentemente, i «costi irrilevanti (o ineliminabili) sono quei costi che sono ugualmente presenti nelle alternative di azione prese in considerazione; la loro considerazione quindi non incide sul risultato dell’analisi». CINQUINI LINO (1997), Strumenti per l’analisi dei costi Vol. 1, op.cit., pag. 36.
183 Cfr. GOZZI ANTONIO (1991), “Le strategie di riposizionamento”, op.cit., pagg. 33-34; FERRARI GIAMPAOLO (1992), Il giudizio sulla quotazione di un gruppo di “matricole”, op.cit., pag. 246 e ss. 184 Cfr. JOVENITTI PAOLO (1990), Finanza mobiliare, op.cit., pagg. 101 e ss.
la formulazione dell’ipotesi e la sua realizzazione: ad esempio, il costo dei consulenti
si lega necessariamente anche alla durata della loro prestazione professionale nei
confronti dell’azienda quotanda. Allo stesso tempo, anche l’intensità quantitativa e
qualitativa degli “interventi” che l’azienda intende attuare nel corso del processo di
quotazione influenza i costi, sia in modo diretto, facendo variare la complessità
dell’operazione ed il numero di risorse interne ed esterne coinvolte, sia in modo
indiretto, influenzandone la durata – con una tendenziale crescita della stessa
all’aumentare dell’intensità degli interventi necessari
185. Spesso, ad esempio,
l’esistenza all’interno dell’azienda di risorse qualificate e di procedure e strutture già
adeguate alle best practice riduce la complessità del processo di quotazione,
implicando minori interventi preparativi di adeguamento.
I costi della quotazione hanno, in generale, solitamente un importo variabile a
seconda di diversi parametri, quali la dimensione dell’offerta, la “complessità” della
struttura aziendale, il settore di appartenenza, la necessità di riorganizzazioni interne
preliminari al processo di quotazione, gli obiettivi che si intendono raggiungere e così
via
186. Ad esempio come già visto i costi dei consulenti sostenuti al momento della
prima quotazione dipendono indubbiamente dall’esistenza o meno di competenze
specialistiche interne, così come i costi degli intermediari dipenderanno
tendenzialmente dagli obiettivi di collocamento che l’azienda si è prefissa
(dimensioni dell’offerta, capillarità della distribuzione, attenzione al segmento retail
ecc.).
I costi della quotazione, intesi in senso ampio
187, possono essere classificati
sulla base di diversi criteri consolidati nella dottrina economico-aziendale; fra le
possibili classificazioni si citano quelle che suddividono i costi in:
1. una tantum e ricorrenti;
185 Cfr. PETRELLA GIOVANNI (1997), I nuovi secondi mercati europei. Valutazione di convenienza
alla quotazione di una PMI, op.cit., pagg. 117 e ss.
186 Cfr. BERRETTI CLAUDIO, DI MASSA FERNANDA, FARINA ANNA, ORSINI EMILIA, PELLIZZONI ENRICO (2002), “Attività, tempi e costi del processo di quotazione: un’analisi empirica per il periodo 1999-2001”, op.cit.
187 L’accezione di costo qui definita, come già ricordato nella nota 180, differisce da quella “tradizionale” in quanto in tal caso non si fa solo riferimento agli investimenti misurati da un’uscita numeraria, ma anche alla mancata realizzazione di teorici ricavi ottenibili dalla gestione.
2. diretti e indiretti;
3. costi-uscita o spese e costi opportunità
188.
I costi connessi alla quotazione sono innanzitutto classificabili in costi una
tantum e costi ricorrenti
189. I primi sono direttamente legati al processo di
preparazione alla quotazione (adeguamento ai requisiti formali e sostanziali richiesti
dalla normativa in vigore ma anche dagli standard e dalle best practice definite dal
mercato) ed al processo di ingresso in borsa vero e proprio (ad esempio i contributi
dovuti per la quotazione alla società di gestione del mercato e il tempo che il
management dedica ai road show e agli incontri con gli analisti e con i giornalisti
190).
Si tratta dunque di costi che vengono sostenuti esclusivamente in occasione
dell’evento “quotazione” (ed eventualmente quando e se ricorreranno successivi
aumenti di capitale).
In particolare, fra i costi una tantum è possibile citare i costi di consulenza, i
costi di collocamento, i costi di adeguamento della struttura organizzativa e del
sistema di controllo ed i costi per la pubblicità dell’operazione.
I costi di consulenza vengono corrisposti ai soggetti che intervengono nel
processo di quotazione per la loro attività di sostegno ed ausilio di tipo finanziario,
188 Una diversa prospettiva di analisi potrebbe portare ad una ulteriore classificazione dei costi di quotazione in costi derivanti dalla regolamentazione e dalla vigilanza o indipendenti da essa. Alcuni Autori in proposito hanno suddiviso i “costi della regolamentazione” in direct administrative costs,
compliance costs e excess burdens. I primi sono costituiti dalle fees pagate dalle aziende alle autorità di
vigilanza e alla società di gestione del mercato; i secondi sono connessi all’esigenza di modificare processi e strutture al fine di poterli adeguare alla normativa o comunque alle “richieste” del mercato, mentre gli ultimi vengono definiti come «those costs which result from distorcion to the market created by regulation and are borne by society as a whole». Si veda in merito BANNOCK GRAHAM (2002), “Financial services regulation: controlling the costs”, The Financial Regulator, vol. 6, n. 4. Sul tema dei “costi della regolamentazione” si rimanda anche a ZINGALES LUIGI (2004), “The costs and benefits of financial market regulation”, op.cit.
189 Cfr. PETRELLA GIOVANNI (1997), I nuovi secondi mercati europei. Valutazione di convenienza
alla quotazione di una PMI, op.cit., pagg. 117 e ss.
contabile, legale
191, ma anche in tema di comunicazione e investor relation, di
traduzione in lingua inglese ad esempio del sito e delle pubblicità e così via
192.
I costi di collocamento si riferiscono invece al compenso complessivo dello
sponsor e del global coordinator
193dell’operazione per le attività di coordinamento,
garanzia di collocamento e vendita dei titoli
194.
I costi di adeguamento della struttura organizzativa e del sistema di
controllo
195(che potremo definire come costi dell’innovazione
196) si riferiscono alla
necessità di dover modificare, spesso notevolmente, i sistemi di comunicazione - per
adeguarli a gestire la complessa relazione con il mercato finanziario -, nonché i
sistemi di corporate governance e di controllo interno - per garantire la trasparenza
191 Per il caso americano con riferimento ai servizi legali e di auditing oltre che di underwriting si veda BEATTY RANDOLPH P., WELCH IVO (1996), “Issuer Expenses and Legal Liability in Initial Public Offerings”, op.cit.
192 Ad esempio un fattore di costo diretto deriva dalla stipula di eventuali clausole di garanzia del collocamento, in base alle quali l’intermediario presta sostanzialmente un servizio di assicurazione per il quale puó richiedere una remunerazione maggiore in virtù del maggior rischio sopportato. Cfr. ROSS STEPHEN A., WESTERFIELD RANDOLPH W., JAFFE JEFFREY F. (1997), Finanza
aziendale, op.cit., pag. 729.
193 La Borsa Italiana definisce lo sponsor come un “Intermediario finanziario che assiste l’emittente nella procedura di ammissione a quotazione degli strumenti finanziari sui mercati regolamentati e nel periodo successivo, al fine di assicurare un regolare svolgimento della stessa, ponendosi come garante delle informazioni fornite dall’emittente stesso”; il global coordinator invece come una “Banca o Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) che coordina il consorzio di collocamento e segue una società in tutto il processo di offerta dei propri strumenti finanziari sul mercato”. Cfr. www.borsaitalia.it
194 Con riferimento alla remunerazione degli intermediari per i servizi di collocamento delle IPO si vedano, ad esempio, le indagini empiriche di BERRETTI CLAUDIO, DI MASSA FERNANDA, FARINA ANNA, ORSINI EMILIA, PELLIZZONI ENRICO (2002), “Attività, tempi e costi del processo di quotazione: un’analisi empirica per il periodo 1999-2001”, op.cit. e LAZZARI VALTER, GERANIO MANUELA (2003), “Il Mercato delle Initial public offering nell’Europa continentale”, in FORESTIERI GIANCARLO, LAZZARI VALTER (a cura di), Il finanziamento delle imprese. Quale
futuro?, Bancaria Editrice, Roma, pagg. 138 e ss.
195 Il Di Stefano con riferimento ai costi connessi alla divulgazione delle informazioni parla di “costi di rilevazione, elaborazione e trasmissione delle informazioni”. Per quanto concerne i costi di rilevazione, l’Autore afferma che essi «non sono generalmente per un’azienda di medie-grandi dimensioni dei costi “aggiuntivi”. … Prescindendo da ulteriori approfondimenti sull’argomento, è comunque evidente come l’utilizzo di un sistema di contabilità analitica consenta al “soggetto economico” una più accurata analisi della gestione ed un migliore processo decisionale. Diventa a tal punto relativamente facile, per le grandi aziende, trarre i dati fondamentali per l’informazione esterna dal sistema informativo interno, e ciò senza rilevanti aggravi organizzativi ed amministrativi». DI STEFANO GIANCARLO, (1990), Il sistema delle comunicazioni economico finanziarie nella realtà aziendale
moderna, op.cit., pagg. 106-107.
196 Sul tema dei costi dell’innovazione si veda ANTONELLI VALERIO (1997), Il costo delle
strategie. Aspetti evolutivi della gestione e determinazioni quantitative, Giappichelli, Torino, pagg. 41
degli assetti proprietari e del sistema delle regole secondo le quali le aziende sono
gestite e controllate e tutelare gli azionisti di minoranza
197.
I costi per la pubblicità dell’operazione riguardano i costi per la
comunicazione finanziaria pre-collocamento e la pubblicità istituzionale volta ad
accrescere la notorietà dell’azienda e dell’operazione, nonché i costi per la
comunicazione obbligatoria (una serie di avvisi che l’azienda ha l’obbligo di
pubblicare sui giornali), ricorrendo all’utilizzo di diversi canali: stampa, televisione,
radio, internet.
Il forte “potere” di influenza esercitato dalle principali testate giornalistiche
“impone” spesso alle aziende di pubblicare, durante il periodo di quotazione, alcune
pagine di “pubblicità facoltativa” sui principali quotidiani. Questa “prassi” implica
quindi, di fatto, un forte incremento dei costi sostenuti dalle aziende che vogliano
quotarsi.
Altri costi una tantum sono ad esempio i costi per la stampa dei prospetti, le
tasse di istruttoria da corrispondere alla Consob ed alla società di gestione del
mercato e così via.
Con riferimento particolare al nostro paese, il “corrispettivo per apertura
istruttoria”
198, richiesto da Borsa Italiana al momento del primo invio di
documentazione da parte della società quotanda, si configura come un costo
determinato in modo “fisso”, a prescindere da dimensioni, settore di attività ecc.;
invece, i corrispettivi di quotazione richiesti dalla società di gestione del mercato al
momento della prima quotazione e poi, successivamente, ogni semestre, mutano in
base alla capitalizzazione dell’azienda, anche se è prevista la fissazione di un livello
minimo (floor) e massimo (cap)
199. I contributi richiesti dalla Consob per le azioni
quotate di società italiane sono anch’essi variabili, ma “a scatti”
200.
197 Dal punto di vista contabile, ad esempio, attualmente le società quotate devono sostenere rilevanti costi per l’adeguamento dei propri sistemi contabili ai nuovi principi internazionali IAS/IFRS. 198 Attualmente pari ad euro 10.000.
199 Si fa riferimento ai Corrispettivi di quotazione stabiliti da Borsa Italiana ed in vigore a partire dal 1 gennaio 2006.
200 Tali corrispettivi risultano infatti attualmente pari «ad una quota fissa di € 8.550 fino a € 10.000.000 di capitale sociale, più € 80,5 ogni € 500.000 oltre € 10.000.000 e fino a € 100.000.000 di capitale