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costituzionalismo, teoria dei diritt

SOMMARIO: II.1. «Far ricominciare il mondo daccapo», ovvero della rivoluzione. – II.2. L’«ar-

ma» dei diritti naturali e la sovranità popolare. – II.2.1. Paine: tra i Levellers e Locke. – II.2.2.

Diritti e società: una prima approssimazione. – II.3. Costituzionalismi: lo “specchio”, la “fion-

da” e il “nodo delle generazioni” (Burke e Paine). – II.3.1. Ordine politico, giusnaturalismo ega-

litario, cittadinanza. – II.3.2. Diritto e potere. – II.3.3. Un costituzionalismo progressivo. – II.4.

Echi montesquieuiani: la teoria delle forme di governo in Paine. – II.4.1. Contro il governo mi-

sto. – II.4.2. Monarchia è dispotismo. – II.4.3. “La corona in frantumi”: rappresentanza e demo- crazia repubblicana. – II.4.4. Il confronto con la «fazione» dei federalisti: “repubblicanesimi con- tro”. – II.5. Il tempo della costituzione: il dilemma della legittimità tra continuità e innovazio-

ne. – II.6. La teoria dei diritti di Paine: natura, società, istituzioni. – II.6.1. Un excursus: dalle

critiche ai diritti alla loro autorità. – II.6.2. L’autorità dei diritti tra costituzione e democrazia.

But where says some is the King of America? [...]. Yet that we may not appear to be defective even in the earthly honors, let a day be solemnly set apart for proclaiming the charter; let it be brought forth placed on the divine law, the word of God; let a crown be placed thereon, by which the world may know, that so far as we approve of monarchy, that in America THE LAW IS KING. For as in absolute governments the King is law, and there ought to be no other. But left any will use should afterwards arise, let the crown at the conclusion of the ceremony be demolished, and scattered among the people. (Common Sense 1

) 1

TH. PAINE, Common Sense, p. 34 (trad. it., p. 96: «Ma dicono alcuni, dov’è il re d’A-

merica? […] Pure affinché non sembri che manchiamo di qualcosa, sia pure solo degli onori terreni, si stabilisca solennemente un giorno per la proclamazione della Carta; che la si pre-

The Rights of Man are the rights of all generation of them, and cannot monopolized by any. That which is worth following, will be followed for the sake of its worth; and it is in this that its security lies, and not in any conditions with which it may be encumbered. When man leaves a property to his heirs, he does not connect it with an obligation that they shall accept it. Why then should we do otherwise with respect to constitutions? (Rights of Man, II 2

) A Declaration of Rights is, by reciprocity, a Declaration of Duties also. Whatever is my right as a man, is also the right of another; and it become my duty to guarantee, as well as to possess. (Rights of Man, I 3

)

II.1. «Far ricominciare il mondo daccapo», ovvero della rivoluzione Una lettura complessiva dell’opera di Paine offre l’occasione di esaminare il farsi processuale della concezione della sovranità che caratterizza l’epoca cosiddetta delle «rivoluzioni democratiche»4

in cui la novità dei tempi è se- gnata dal fondamento inaudito su cui essa viene a poggiare: il popolo5

. Inqua-

senti come fondata sulla legge divina, il verbo di Dio; che una corona vi sia posta sopra, co- sicché il mondo sappia che, se noi approviamo la monarchia, in America la legge è re. Come nei governi assoluti il re è la legge, così nei paesi liberi la legge deve essere il re; e non deve esisterne un altro. Ma perché in seguito non si verifichi qualche uso scorretto, alla fine della ce- rimonia la corona sia spezzata e distribuita a tutto il popolo, al quale appartiene di diritto»).

2

TH. PAINE, Rights of Man, II, pp. 594-595 (trad. it., p. 277: «I diritti dell’uomo sono i

diritti di tutte le generazioni di uomini, e non possono essere monopolizzati da una di esse […]. Quando un uomo lascia la sua proprietà agli eredi, non la subordina ad un obbligo da parte loro di accettarla. Perché, dunque, dovremmo tenere una condotta diversa in materia di Costituzioni?» [corsivi miei]).

3

TH. PAINE, Rights of Man, I, p. 509 (trad. it., p. 189: «Una dichiarazione dei diritti è

per reciprocità anche una dichiarazione dei doveri. Quello che è il mio diritto di uomo è anche il diritto di un altro; ed è mio dovere garantirlo così come possederlo»).

4

R.R. PALMER, L’età delle rivoluzioni democratiche, cit.

5

Per un’analisi del concetto di sovranità – nel quadro della letteratura italiana più re-

cente – si vedano, fra gli altri: A. BIRAL, P. COSTA nel volume di “Filosofia politica” dedica-

to ai materiali per un lessico politico europeo (1, 1991), rispettivamente Per una storia della

sovranità (pp. 5-50) e Il modello giuridico della sovranità: considerazioni di metodo e ipotesi di ricerca (pp. 51-70); L. FERRAJOLI, La sovranità nel mondo moderno. Crisi e metamorfosi, in

drare la sovranità nella sua specifica forma popolare significa anche esamina- re i profili genetici, i caratteri e le forme che concetti quali libertà, autorità e potere vengono ad assumere in quella tela complessa che sottende al costi- tuzionalismo, inteso come insieme di limiti al potere sovrano stesso6

. Co- me si cercherà di mostrare, infatti, è attraverso la ricostruzione dei nessi fra rivoluzione, costituzione, ordine politico e diritti che si può individuare il contesto di riferimento necessario per comprendere il senso storico e con- cettuale – nell’età moderna – di ciascuno di questi elementi, ma anche per provare a fissare, grazie tale tramite, un certo tipo di dominanza problema- tica che si incentra sulla categoria della sovranità e sulla sua peculiare rela- zione con il costituzionalismo. Un plesso di questioni che rimanda alla congiunzione fra rivoluzione americana e rivoluzione francese7

e che segna il

M. BASCIU (a cura di), Crisi e metamorfosi della sovranità, Giuffrè, Milano, 1996; G. SILVE-

STRI, La parabola della sovranità: ascesa, declino e trasfigurazione di un concetto, in “Rivista di

diritto costituzionale”, 1, 1996, pp. 3-74; M. FIORAVANTI, Sovranità: il concetto moderno,

in ID., Costituzione e popolo sovrano. La costituzione italiana nella storia del costituzionalismo

moderno, il Mulino, Bologna, 1998, pp. 47-68; M. TROMBINO, Sovranità, in A. BARBERA

(a cura di), Le basi filosofiche del costituzionalismo, Laterza, Roma-Bari, 1997, pp. 193-214;

G.M. CAZZANIGA, CH. ZARKA (a cura di), Metamorfosi della sovranità, Ets, Pisa, 1999 (che

contiene anche un contributo di Cazzaniga su Paine: La société civile en tant que pouvoir

constituant dans la théologie fédéraliste de Paine, alle pp. 261-271); A. BALLARINI, Teoria del-

le formazioni dominanti: saggio sul principio moderno di sovranità, Giappichelli, Torino,

2002; S. SIMONETTA (a cura di), Potere sovrano: simboli, limiti ed abusi, il Mulino, Bolo-

gna, 2003 (il volume, che si caratterizza per un taglio interdisciplinare e diacronico, contie- ne anche un mio contributo sui temi della sovranità e del costituzionalismo in Paine: So-

vranità popolare e «costituzionalismo progressivo» in Thomas Paine, pp. 137-157, che costitui-

sce una primissima elaborazione di alcune sezioni di questo capitolo); D. QUAGLIONI, La

sovranità, Laterza, Roma-Bari, 2004; Sovranità, fascicolo monografico di “Parolechiave”,

35, 2006. Per un quadro del più recente dibattito filosofico-giuridico: E.DICIOTTI,V.

VELLUZZI (a cura di), Ordinamento giuridico, sovranità, diritti, Giappichelli, Torino, 2003. Per una disamina del concetto di popolo, dalla stagione affermativa dei diritti – che si ori- gina proprio con le rivoluzioni settecentesche – fino al recente “sfaldamento” si veda G. BONAIUTI, Corpo sovrano. Studi sul concetto di popolo, Meltemi, Roma, 2006.

6

Per una disamina dei presupposti fondamentali del costituzionalismo si può vedere L. ALEXANDER (ed.), Constitutionalism. Philosophical Foundations, Cambridge University Press,

Cambridge, 1997. Maria Zanichelli, entro una più ampia riflessione sulla genesi dei diritti, ha osservato che l’idea della costituzione come «modalità di limitazione del potere politico»,

presente nel pensiero di Locke, Montesquieu, Blackstone, giunge fino a Paine: M.ZANI-

CHELLI, Il discorso sui diritti. Un atlante teorico, Cedam, Padova, 2004, p. 63.

7

Per una comparazione degli elementi essenziali delle due rivoluzioni, in particolare sul

piano della storia costituzionale, si veda M. FIORAVANTI, Stato e costituzione: materiali per

consumarsi della rottura tra corona e popolo.

A quest’ultimo aspetto sarà dedicata una particolare attenzione anche per- ché, per quanto poco indagato nelle sue articolazioni teoriche, il costituzio- nalismo di Paine ci sembra mostrare una significativa originalità capace di connettere la questione della sovranità con quella del popolo e con una certa idea del progresso, nonché di prefigurare una visione della cittadinanza e dell’ordine politico di notevole spessore anche con riferimento al dibattito contemporaneo8

.

L’indagine del pensiero costituzionale di Paine consentirà di mettere a fuoco alcuni aspetti fondamentali della sua teoria delle forme di governo, quali, ad esempio, l’affermazione della necessità, per una nazione che si dà nuove regole e nuove leggi – in seguito ad una frattura rivoluzionaria, ad un cambiamento radicale – di avere una costituzione scritta che preceda il go- verno e ne sia il fondamento; la sovranità popolare che trova la sua realizza- zione attraverso il contratto, il patto sociale; la prefigurazione di una demo- crazia centrata sulla rappresentanza e cuore di una concezione repubblicana nettamente contrapposta sia al governo monarchico (per Paine sempre e comunque dispotico) sia alla democrazia diretta, che può facilmente inclinare in quella paradossale eccezione rappresentata dal «dispotismo della libertà»9

. In questo scenario è incastonata la teoria dei diritti di Paine, articolata a più livelli. Se il nesso strutturale tra la sovranità popolare e l’analisi delle va- rie forme di governo si risolve nella critica radicale al principio dell’eredita- rietà, i diritti, così come egli li intende – ovvero come espressione dell’auto- nomia e dell’autorità eguale dell’individuo, regolata dalla figura degli altri in- dividui all’interno del contesto sociale e istituzionale, in base ad un principio di reciprocità – costituiscono l’alternativa concettuale al sistema gerarchico che vincola le generazioni limitandone gli spazi di libertà. I diritti dell’uomo rappresentano il fondamento stesso della miglior forma di governo, quella repubblicana; un fondamento, cui non saranno risparmiate critiche, ma che nella teorizzazione painiana si allarga, per cerchi concentrici, dalla natura al- la società, alla storia e quindi alla dimensione politica, radicandosi in un im-

ID., Costituzione, il Mulino, Bologna, 2003, e Costituzionalismo. Percorsi della storia e ten-

denze attuali, Laterza, Roma-Bari, 2009, in part. i capp. II e III. 8

Cfr. C. MARTINELLI, Le radici del costituzionalismo. Idee, istituzioni e trasformazioni

dal Medioevo alle rivoluzioni del XVIII secolo, Giappichelli, Torino, 2009, pp. 134-135. 9

Cfr. C. PASSETTI, «Despotisme de la liberté»: l’eccezione giacobina, in D. FELICE (a cura

di), Dispotismo. Genesi e sviluppi di un concetto filosofico-politico, 2 tt., Liguori, Napoli, 2001-2002, t. II, pp. 419-438.

pianto istituzionale che meriterà specifica attenzione nei prossimi capitoli. L’esperienza della rivoluzione americana svolge un ruolo decisivo nella ge- stazione del pensiero costituzionale di Paine10

, che del resto fu tra i prota- gonisti – insieme a Benjamin Franklin – della stesura della prima costitu- zione della Pennsylvania11

, «la più democratica tra le costituzioni degli Stati americani»12

, quella certamente più vicina alla Costituzione giacobina del 10

Cfr. i già citati studi di Eric FONER: Tom Paine and Revolutionary America, cit., e

Tom Paine’s Republic: Radical Ideology and Social Change, cit., ai quali si può aggiungere il

più recente G. NASH, The Unknown American Revolution. The Unruly Birth of Democracy

and the Struggle to Create America, Viking, New York, 2005. Per un’utile trattazione del

pensiero di Paine entro «il grande laboratorio della rivoluzione americana» si veda S. VI-

SENTIN, Gli Stati Uniti d’America e la rivoluzione, in A. PANDOLFI (a cura di), Nel pensiero

politico moderno, Manifestolibri, Roma, 2004, pp. 405-438 (in cui si accostano a Paine, Jef-

ferson e Adams al fine di delinerare orientamenti teorici che finiranno anche per confliggere nel corso del processo di trasformazione avviato con la Dichiarazione d’Indipendenza).

11

Il testo della costituzione nella traduzione italiana si trova in A. AQUARONE, G. NE-

GRI, C. SCELBI (a cura di), La formazione degli Stati Uniti d’America, 2 voll., Nistri-Lischi,

Pisa, 1961, vol. II, pp. 13 ss. Per un raffronto tra le prime costituzioni americane (Virginia,

Massachusetts, Pennsylvania) si vedano C. KEYNON, Constitutionalism in Revolutionary

America, in J.W. CHAPMAN, J.R. PENNOCK (eds.), Constitutionalism, in “Nomos”, 1978,

pp. 84-121; E. ROTELLI, Forme di governo delle democrazie nascenti, cit., in part. pp. 145-

152; R. BEEMAN, The Varieties of Political Experience in Eighteenth-Century America, Uni-

versity of Pennsylvania, Philadelphia, 2003. Cfr., inoltre, J.P. SELMAN, The Pennsylvania

Constitution of 1776. A Study in a Revolutionary Democracy, University of Pennsylvania

Press, Philadelphia, 1936 (19722

), in part. pp. 94-133. Per l’analisi di due altri Stati em-

blematici si rinvia a G. BUTTÀ, Sovranità. Diritto di voto e rappresentanza in Massachusetts e

South Carolina 1776-1860, Giuffrè, Milano, 1988. Fu soprattutto in Pennsylvania che Pai-

ne diede il suo massimo contributo politico-istituzionale: membro attivo del Comitato di corrispondenza pennsylvano, della Conferenza provinciale del 18 giugno 1776, instancabile promotore di progetti per raccogliere fondi per la lotta indipendentistica, dal 2 novembre 1779 fu segretario dell’Assemblea Pennsylvana, ove poté vedere, seppure parzialmente, rea- lizzarsi il suo progetto abolizionista. Per l’attività di Paine in Pennsylvania durante la rivolu-

zione, si veda, tra gli altri, E. FONER, Tom Paine and the Revolutionary America, Oxford

University Press, New York, 1976. Cfr. anche E.P. DOUGLASS, Ribelli democratici nella ri-

voluzione americana (1955), Il Saggiatore, Milano, 1963, pp. 247-262. 12

N. MATTEUCCI, Organizzazione del potere e libertà. Storia del costituzionalismo moder-

no, Utet, Torino, 1976, 19882

), p. 129. Si vedrà più avanti come questa esperienza segni profondamente la prospettiva costituzionale di Paine anche nell’ambito della discussione con i federalisti all’epoca della stesura della Costituzione federale del 1787. Nella costitu- zione della Pennsylvania è chiaramente espressa quella centralità del legislativo che segna la visione painiana e il suo legame con le posizioni di Sieyès: a un esecutivo estremamente de- bole e non monocratico corrisponde il potere dell’assemblea di mettere sotto accusa ogni magistrato, sia del ramo esecutivo sia di quello giudiziario, di destituirli per cattiva condot-

179313

. È nel corso di questo processo che s’impone la teoria del compact, della costituzione scritta come legge superiore alla quale si attribuisce un’au- torità del tutto nuova: l’autorità che ha una norma promanante, appunto, dal popolo sovrano14

. È quanto basta per legittimare l’«atteggiamento epocale moderno» enucleato dall’idea di rivoluzione15

, ma anche per pensare i limiti del potere sovrano che, come si cercherà di mostrare, risiedono, oltre che in specifici assetti istituzionali, nell’idea del succedersi delle generazioni.

Come si è già avuto modo di accennare, il concetto di rivoluzione gioca un ruolo centrale nel quadro dell’elaborazione teorica di Paine, costante- mente intrecciata alla sua instancabile attività politica di rivoluzionario in tre mondi (America, Francia e Inghilterra16

. Paine presenta della rivoluzione

ta, di nominare gli ufficiali dell’esercito. Emerge qui l’idea di una democrazia «populistica», fondata sulla volontà della maggioranza, nella quale il potere preminente deve spettare all’unica assemblea, espressione diretta della sovranità popolare; la volontà del popolo è, il- luministicamente, buona. Come si vedrà a questo tipo di repubblicanesimo radicalmente democratico (o, appunto, “populista”) si contrapporrà il repubblicanesimo di Adams e dei federalisti, che a partire da una pessimistica sfiducia nell’uomo, puntano ad una democrazia “bilanciata”, nella quale il sistema bicamerale e il potere di veto alle leggi dato dal governa- tore costituirà un equilibrio di organi in cui nessuno può sopraffare l’altro: una nuova ver- sione della teoria del governo misto, aspramente criticata da Paine (cfr. infra). Non va però

dimenticato che la costituzione della Pennsylvania, come ha notato M. FIORAVANTI (Costi-

tuzionalismo, cit., p. 78), «si conclude con una sezione interamente dedicata alle garanzie

della costituzione, sotto il duplice profilo della revisione costituzionale e del controllo di co- stituzionalità»: ruolo-chiave svolge a questo fine il Consiglio dei censori, eletti dal popolo e in carica per sette anni.

13

Il nesso storico tra le due costituzioni è analizzato molto puntualmente, tra gli altri, in H. DIPPEL, Aux origines du radicalisme bourgeois. De la constitution de Pennsylvanie de 1776

à la constitution jacobine de 1793, in «Francia. Forschungen zur westeuropäischen Geschich-

te», 16, 1989, 2 (1990), pp. 61-73; G. MAGRIN, Il costituzionalismo americano e la nascita

della repubblica in Francia, in F. MAZZANTI PEPE (a cura di), Culture costituzionali a con-

fronto. Europa e Stati Uniti dall’età delle rivoluzioni all’età contemporanea, Atti del Convegno

internazionale (Genova, 29-30 aprile 2004), Name, Genova, 2005, pp. 273-292.

14

Cfr. E.S. CORWIN, L’idea di “legge superiore” e il diritto costituzionale americano,1928,

Neri Pozza, Venezia, s.d. [ma: 1965].

15

Si possono vedere al riguardo le trattazioni, di taglio prevalentemente filosofico, di K. GRIEWANK, Il concetto di rivoluzione nell’età moderna. Origini e sviluppo (1969), La Nuova

Italia, Firenze, 1979; H. ARENDT, Sulla rivoluzione (1963), Comunità, Milano, 1983. Cfr.

S. VECA, Rivoluzione, in ID., Questioni di giustizia, Einaudi, Torino, 1991, pp. 235-269;

M. RICCIARDI, Rivoluzione, il Mulino, Bologna, 2001.

16

Sul lascito di tale attività in questi contesti si veda, da ultimo, S. WILENZ, Paine’s Le-

gacy, in J. CHUMBLEY, L. ZONNEVELD (eds.), Thomas Paine: In Search of the Common

quel significato eminentemente moderno che riflette la contrapposizione fra volontà e tradizione17

, e che sta al fondo della sua polemica con Edmund Burke a proposito della Rivoluzione francese – capitolo assai significativo del- la storia della filosofia politica – nonché della sua vision costituzionale. Pai- ne, assurgendo a voce del popolo americano, esprime radicalmente la con- vinzione che la rivoluzione stia aprendo uno scenario inedito per la storia della libertà dell’uomo. Di qui il richiamo ad una creazione dal segno quasi sovrumano (che attesta il nesso tra ispirazione religiosa e radicalismo politico presente nella sua opera18

: «We have it in our power to begin the world over again. A situation, similar to the present, hath not happened since the days of Noah until now»19

.

Cardini dell’avvenuta frattura col passato20

sono le affermazioni che uno Stato può nascere attraverso un atto di volontà del popolo, che il popolo può dichiararsi sovrano, che può auto-costituirsi, che lo può fare separandosi da un altro popolo di cui faceva storicamente parte e che il tutto richiede nulla più che una razionale spiegazione al resto dell’umanità21

. È questa l’e- splicita, dichiarata espressione di un libero volere politico in grado di espli- carsi scegliendo la propria forma di governo.

Il passaggio dalla legittimazione consuetudinaria a quella contrattuale ren- de inderogabile documentare, e quindi scrivere, l’atto di volontà fondante compiuto dal popolo dichiaratosi sovrano. Un atto questo che interrompe il tempo, lo rinnova, segnando una frattura, dichiarando l’accettazione di un modello di politica aperto e rischioso e per questo pieno di promesse22

. In- cardinare l’obbligazione politica nel principio di volontà popolare, come già

17

Cfr. P. VIOLA, Il trono vuoto. La transizione della sovranità nella Rivoluzione francese,

Einaudi, Torino, 1989, pp. 5-25.

18

Per un quadro d’insieme sul pensiero millenarista durante la rivoluzione si veda R.

BLOCH, Visionary Republic, Millenial Themes in American Thought, 1756-1800, Cambridge

University Press, Cambridge, 1985. Su questi aspetti: cfr. cap. I del presente lavoro.

19

TH. PAINE, Common Sense, p. 52.

20

Si tratta di una frattura di natura politica rispetto all’Ancien régime ma anche, più in ge- nerale, di natura teorica rispetto alla tradizione consolidata del pensiero politico occidentale.

21

Cfr. Incipit della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, a cura di T. BONAZZI, Marsilio, Venezia, 1999. Si vedano, per un’accurata disamina, T. BONAZZI,

Un «costituzionalismo rivoluzionario». Il demos basileus e la nascita degli Stati Uniti, cit.; P.

MAIER, American Scripture. Making the Declaration of Independence, Knopf, New York,

1997.

22

Cfr. T. BONAZZI, Struttura e metamorfosi della civiltà progressista, Marsilio, Venezia-

avevano proposto in maniera dirompente i Levellers e anche Locke, implica negare la naturalezza delle gerarchie di potere e sancire una precisa idea di eguaglianza (questa sì naturale) che, se da un lato, nega la strutturale analo- gia fra l’unico Reggitore dell’universo e il Reggitore dello Stato – anch’egli unico e a cui si deve, secondo una logica verticale, obbedienza assoluta –, dall’altro, apre lo spazio ad una relazione orizzontale secondo cui gli indivi- dui, attraverso un patto, sono tutti eguali23

. Significa, in aggiunta, mettere il mondo in movimento (farlo re-iniziare, «iniziare daccapo»). La rivoluzione non è soltanto un fenomeno che investe la vita politica di un paese, è un rinnovamento che accoglie in sé gli aspetti sociali, economici, morali24

, è la risposta positiva ai turbamenti politici di un mondo che non accetta più per buona la rete di rapporti dell’antica società per ceti e che, dunque, cerca di

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