CAPITOLO 5 – Analisi economica del processo produttivo
5.2 Strumenti di analisi per la valutazione economica
5.2.2 Costo totale del prodotto (Total Product Cost, TPC)
Dopo aver spiegato come valutare quanto denaro serve per costruire un impianto, è necessario stimare il costo necessario a far funzionare l’impianto stesso. Ciò porta a definire il cosiddetto costo totale del prodotto (TPC).
Si riporta in Figura 5.5 uno schema in cui sono mostrate le diverse voci costituenti il TPC, affiancate da un’indicazione sul loro peso relativo (percentuale), dettato dall’esperienza relativa a numerosi impianti esistenti.
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Tale assunzione viene ripresa per la valutazione del processo oggetto di studio, considerato quindi nell’ottica di un’espansione di un sito industriale esistente, nel quale sono già disponibili spazi adibiti alle utilities. Ciò risulta sensato in quanto la realizzazione di un processo di produzione d’olio da biomassa algale è spesso effettuata integrando l’area di coltivazione con impianti preesistenti, come quelli di produzione di energia, o per il trattamento acque (Mazzitelli, 2010).
Figura 5.5. Ripartizione del TPC nelle diverse voci che lo caratterizzano, con a fianco il
peso relativo delle stesse tipicamente riscontrato in impianti chimici (Bezzo, 2013).
Si vede dalla Figura 5.5 che il TPC si può suddividere in due categorie: i costi di produzione e le spese generali (SARE). Queste ultime comprendono le spese amministrative, i costi di distribuzione e vendita e le spese associate alla ricerca e sviluppo. Nel complesso possono essere valutate come il 2,5% dei ricavi delle vendite.
I costi di produzione sono inoltre costituiti da tre voci distinte:
• costi variabili di produzione (o costi diretti, o di funzionamento): definiti in questo modo poiché variano con il volume dei prodotti. Maggiore è la produzione, maggiore è la loro entità. Di conseguenza comprendono i costi delle materie prime, delle utilities, una parte delle spese di manutenzione, i salari degli operatori d’impianto ed altre voci definite in Figura 5.5;
• costi fissi: questi sono indipendenti dal volume dei prodotti; comprendono, infatti, l’ammortamento del capitale, le imposte locali, le assicurazioni...
• spese generali di produzione: comprendono la maggior parte delle spese di manutenzione (solo una piccola parte è inclusa nei costi variabili), gli oneri addizionali sulle retribuzioni, i servizi di vigilanza...
Definito il TPC, è necessario un modello utile ad una sua stima sufficientemente accurata per lo scopo della Tesi. Con riferimento a (Douglas, 1988), si propone l’equazione:
>÷ ±?™. ≅ 1 ,03> ÐrßÐ ˆoßX X ½ ˆX + ÐrßÐ Ýß „ ß Xr? + 0,186> Ðrß T´/Ì? +
+2,13 × 10‹>å° Ð½X oßÐ ? + 0,025> o¿ ? (5.3)
dove:
(TPC)wd = costo totale del prodotto, escluso l’ammortamento (without depreciation) [$/anno]; (costo materie prime + costo utilities) = costo annuo associato all’acquisto di materie prime e all’utilizzo dei servizi di fabbrica [$/anno];
(costi ISBL) = costi diretti interni [$];
(n° operatori) = numero di operatori richiesti durante l’esercizio del processo [adim]; (ricavi) = ricavi associati alle vendite del prodotto [$/anno].
È evidente che i coefficienti dell’equazione 5.3 sono dimensionali, tali da generare addendi espressi in $/anno, a partire da informazioni in unità di misura diverse.
Alla base del presente modello ci sono le seguenti ipotesi:
• le spese generali (SARE) sono assunte pari al 2,5% dei ricavi annui;
• le spese (annue) per la manutenzione sono assunte pari al 4% di FCI;
• il costo “aziendale” di un operatore turnista è di circa 100 k$/(turnista·anno): tale stima, effettuata da Douglas, è in eccesso, poiché normalmente il valore è di circa 50-60 k$/(turnista·anno);
• si considera il caso in cui non si prende a prestito capitale e non ci sono spese per affitti;
• nel calcolo di TPC è escluso l’ammortamento.
Per stimare il costo totale del prodotto (ammortamento escluso), è quindi necessario calcolare:
• il consumo di materie prime, il consumo di utilities e la portata di prodotto: ciò è possibile a partire dai bilanci di materia ed energia associati al processo;
• i costi di tutte le apparecchiature installate (per la valutazione dei costi diretti ISBL);
• il numero totale degli operatori necessari all’esercizio del processo. Quest’ultimo aspetto rimane l’unico non ancora affrontato.
Il numero degli operatori richiesti (turnisti) può essere stimato da un’analisi sul flowsheet della “quantità di lavoro” da compiere. In un impianto industriale, funzionante con un processo continuo, il lavoro è organizzato in turni, ciascuno dei quali è coperto simultaneamente da più operatori: ogni posizione corrisponde ad 8 ore per turnista. Un operatore copre circa 5 turni settimanali per circa 48 settimane all’anno ed è quindi in grado di effettuare 240 turni annui. Giacché un impianto continuo lavora per quasi 365 giorni all’anno e ogni giorno, per ogni posizione, ci devono essere 3 turni, per ciascuna di esse vanno coperti complessivamente 1095 turni all’anno. Di conseguenza il numero di turnisti che serve a coprire ogni posizione in turno è di circa 4,6. Considerando eventuali malattie, permessi, festività ferie, aggiornamenti, lavoro extra durante gli avviamenti, l’azienda dovrà pertanto assumere 4,6-5 operatori per ogni posizione di lavoro in turno. È possibile pertanto
stimare il numero di turnisti necessari sulla base del numero di posizioni richieste per turno nell’impianto (Npt).
Npt può essere stimato dall’equazione (Barolo, 2012):
²45 ≅ ä6,29 + 0,23²5 .: (5.4)
dove Nstadi è il numero di operazioni in cui il processo si articola, e include compressori, scambiatori, miscelatori, reattori, ecc... (si escludono dal computo apparecchiature come pompe e serbatoi, che non incidono in modo rilevante sui costi diretti).
Valutato Nstadi, il numero Nop di operatori necessari si può stimare da:
²34≅ 4,7²45 (5.5) L’ultimo elemento da definire per la determinazione completa di TPC è l’ammortamento. Questo è in sostanza la modalità contabile con cui si registra nei libri aziendali il deprezzamento nel tempo delle apparecchiature e dei fabbricati (Barolo, 2012). Del capitale investito globalmente, solo per il capitale fisso (escluso il terreno, che normalmente non si svaluta), si computa l’ammortamento. Non può essere ammortizzato né il capitale di esercizio (perché lo si recupera a fine progetto), né quello di startup. Per la definizione dei piani di ammortamento, è necessario definire alcune variabili:
• capitale fisso d’investimento, terreno (land) escluso (FCIL): si ricorda che il costo del terreno va detratto da FCI;
• valore di recupero (salvage value, S): è il valore di FCIL valutato alla fine della vita utile dell’impianto;
• vita utile dell’impianto (n): è specificata dalla normativa fiscale e non rispecchia l’effettiva durata “fisica”, ma il periodo di tempo entro cui termina l’ammortamento. Normalmente nell’industria chimica è pari a 10 anni;
• capitale totale di ammortamento (D), pari a FCIL-S;
• quota annuale di ammortamento (dk);
• valore contabile alla fine dell’anno k (BVk): è la quota di FCIL non ancora svalutata alla fine dell’anno k. Si ha:
BVk = FCIL-∑Œ ƒ×
×Ö (5.6)
Si definiscono infine i tre principali piani industriali attraverso cui si effettua l’ammortamento:
• ammortamento a quote costanti (SL), in cui le quote di ammortamento sono uguali lungo tutta la vita dell’impianto:
ƒŒ8¤ =.ÄPÇE8
• ammortamento a doppie quote proporzionali ai valori residui (DDB): ƒŒÃÃ2 = 2.ÄPÇE∑”_FÔ3\.Ô
< (5.8)
• sistema modificato di recupero accelerato dei costi (MACRS), che usa un metodo DDB, ma commuta su SL non appena il metodo a quote fisse fornisce una quota di deduzione maggiore del DDB.