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1.5 Le applicazioni delle nanotecnologie

1.6.3 Costruire con gli atom

Come sappiamo, esiste un metodo alternativo per realizzare strutture nanometriche, ovvero l’approccio bottom-up. Esso consiste nel partire dal basso, quindi dagli atomi e dalle molecole, per costruire edifici molecolari più complessi, che svolgano determinate funzioni. Seguendo questo principio, nel campo dell’elettronica, in particolare dell’elettronica molecolare, si stanno studiando nuovi processi per costruire dispositivi di dimensioni sempre più piccole. La prospettiva è quella di utilizzare molecole organiche per creare transistor innovativi, che svolgano le stesse funzioni logiche di quelli tradizionali, ma che possano sfruttare il vantaggio derivante dalle dimensioni di pochi nanometri. Questi dispositivi molecolari devono essere progettati come “interruttori” in grado di controllare a comando il flusso degli elettroni. Tuttavia, uno dei problemi più complessi dell’elettronica molecolare, è quello di riuscire a connettere tra loro miliardi di singole molecole, ognuna delle quali dovrà assumere una specifica funzione all’interno di un circuito elettronico. Per sostituire il silicio e le tradizionali tecniche litografiche, è quindi necessario realizzare nanodispositivi con un assoluto controllo delle loro proprietà (come sappiamo tali proprietà cambiano a livello nanometrico), e riuscire a individuare connettori idonei che consentano di collegare questi nanodispositivi tra loro e il mondo macroscopico, ovvero la scala nella quale noi operiamo.106 Queste operazioni risultano essere particolarmente complesse per le tecnologie bottom-up, poiché è più difficile partire dalla scala atomica per riprodurre e collegare in modo ordinato e sequenziale i diversi elementi nanometrici di un circuito elettronico.

Nel 1998, il fisico olandese Cees Dekker e il suo gruppo del Politecnico di Delft, utilizzarono i nanotubi di carbonio per realizzare il primo esempio di nanotubo-transistor. Il loro obiettivo era quello di riuscire a connettere contemporaneamente miliardi di nanotubi attraverso un processo di autoassemblaggio molecolare. In questo modo si sarebbero potute ridurre ad una sola le diverse fasi della fabbricazione dei nanotubi-transistor. Tuttavia, la

complessità di tali processi richiederà ancora parecchi anni di ricerche e sperimentazioni che, in un prossimo futuro, potrebbero portare i chip di nanotubi a svolgere un ruolo da protagonisti nel mondo dell’elettronica.107

Una recente tecnologia, che ha cercato di integrare l’elettronica molecolare con le tecnologie planarie, è detta crossbar (letteralmente: incrocio di righe). Essa consiste nell’incidere alcune barre di silicio di dimensioni nanometriche poste in una direzione, sopra alle quali ne sono sovrapposte delle altre, in direzione perpendicolare alle prime. Nei punti di incrocio tra le barre, le quali sono separate da una distanza di pochi nanometri, vengono legate alcune molecole, agganciate al silicio per le due estremità. Le molecole hanno molte proprietà e potenzialmente possono essere utilizzate per immagazzinare informazioni: possono essere guidate con comandi provenienti dal macromondo a occupare delle posizioni prestabilite, permettendogli di svolgere funzioni di interruttore o di trasporto di elettroni in una determinata direzione. I rotassani108 sono un esempio di molecole utilizzate a tale scopo. Esse presentano una struttura toroidale, possono diventare elettricamente cariche e, sotto l’influenza di opportuni campi elettrici, sono in grado di salire e scendere come dei nanoascensori lungo alcune molecole che fungono da pilastri. Se viene applicata una differenza di potenziale, possono assumere due configurazioni stabili, l’equivalente dello stato 0 e 1 del bit di informazione. Nelle tecnologie crossbar, tali molecole svolgono la funzione di dispositivi molecolari per la memorizzazione, mentre le barre di silicio a cui sono collegate, consentono di connettere elettricamente il resto del dispositivo microelettronico.109

Oltre alle tecnologie crossbar, si stanno sviluppando nuovi dispositivi che si basano sullo stato di spin dell’elettrone per immagazzinare le informazioni. Lo spin indica il verso del moto rotatorio dell’elettrone intorno al proprio asse, moto che può essere orario o antiorario, e che determina l’orientamento del campo magnetico da esso generato. Questi due stati di spin possono essere codificati come i valori 0 e 1 del bit di informazione. Tuttavia un dispositivo elettronico, per poter leggere e scrivere informazioni, necessita dell’uso di correnti elettriche e voltaggi. Con la scoperta della magnetoresistenza gigante (GMR) nel 1988, è nata una nuova disciplina nota come spintronics110, che ha aperto la strada all’utilizzo di materiali magnetici su nanoscala in circuiti integrati con la funzione di creare memorie permanenti. La spintronics consente di sfruttare sia le proprietà di carica elettrica, sia le proprietà magnetiche

107 Per un ulteriore approfondimento si veda BOEING, L’invasione delle nanotecnologie, cit., pp. 100-102. 108 Attestato in Atlante del Novecento, vol. 2, Torino, UTET, 2000, p.702.

109 Si veda NARDUCCI, Cosa sono le nanotecnologie, cit., p. 68.

110 “I dispositivi spintronici si basano sull’abilità di creare e controllare correnti di elettroni con lo spin

polarizzato in una certa direzione.” Federico FAGGIN, “Dalla microelettronica alla nanoelettronica”, Mondo

dell’elettrone che si manifestano nel suo spin quantico. Lo studio della magnetoresistenza gigante, ha portato a progettare sensori magnetici sensibilissimi, costituiti da strati ultrasottili alternati di metalli magnetici e non magnetici, che sono in grado di convertire in variazioni di corrente elettrica campi magnetici estremamente piccoli. Queste scoperte hanno permesso di realizzare supporti di magnetizzazione a elevatissima densità, oggi già normalmente utilizzati negli elaboratori elettronici.111

L’IBM di Zurigo, ha progettato un nuovo dispositivo in grado di immagazzinare le informazioni in modo rivoluzionario: il Millepiedi. Questo progetto si basa sull’utilizzo delle sottilissime punte del microscopio a forza atomica per “scrivere” le informazioni su un supporto, in cui vengono incisi dei nano-buchi mediante un processo meccanico. Le informazioni possono essere codificate facendo corrispondere ad ogni buca il bit 1 e alla superficie liscia il bit 0. Dispositivi di recente realizzazione sono formati da 64 file con 64 microlamine o leve, ognuna contenente una punta, per un totale di 4096 punte in uno spazio pari a 7 x 7 mm2. Inviando un impulso elettrico alla leva, una resistenza scalda la punta che si trova alla sua estremità, e questo le permette di incidere il bit di informazione sulla superficie polimerica sottostante. Questa struttura consente di scrivere, leggere e cancellare l’informazione in tempi molto rapidi, ovvero circa 1-2 megabit al secondo, con un basso consumo di energia. Il millepiedi della IBM potrà raggiungere una straordinaria densità di memoria, molto superiore rispetto a quella dei dischi magnetici che sono in uso ormai da più di cinquant’anni.112

Si sta sviluppando una nuova tecnologia che, pur essendo ancora allo stadio di ricerca, appare davvero promettente per il futuro della nanoelettronica: il computer quantistico. L’obiettivo di questa macchina innovativa, è quello di saper sfruttare le leggi che governano il mondo atomico per memorizzare ed elaborare informazioni attraverso l’utilizzo di singoli atomi. Quando un atomo assorbe un fotone, i suoi elettroni si spostano dall’orbita interna ad una più esterna con energia più elevata; modificando lo stato energetico dei singoli atomi, è possibile passare dallo stato 0 (fondamentale) allo stato 1 (eccitato), generando nell’atomo un cambiamento dei suoi bit di informazione, che nel mondo quantistico vengono definiti qubit. La particolarità dei qubit, è che essi non si trovano solo allo stato 0 e 1, ma esiste anche uno stato intermedio tra i due. Far dialogare tra loro i diversi qubit per svolgere operazioni logiche all’interno del computer, diventa quindi un’operazione molto complessa che avrà ancora bisogno di parecchi anni di studio.113

111 Si veda NARDUCCI, Cosa sono le nanotecnologie, cit., pp. 69-71.

112 Per un ulteriore approfondimento si veda BOEING, L’invasione delle nanotecnologie, cit., pp. 108-111. 113 Si veda PACCHIONI, Quanto è piccolo il mondo, cit., pp.108-111.

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