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COSTRUZIONE DEL MODELLO AD ELEMENTI FINITI

3.1 Costruzione del modello FEM

3.1 Costruzione del modello FEM

In questo capitolo viene descritta la realizzazione del modello FEM tramite software ANSYS 15.0.7. Questo lavoro prosegue lo studio della vita a fatica di giunzioni-stepped lap , intrapreso da Michele Ferrari [6]. Tuttavia mentre il suo lavoro si concentra su modelli con lay-up [0]8, in questa tesi sono stati sviluppati altri due codici che permettono di studiare il comportamento di elementi con lay-up [02/452]s e con lay-up [02/455/0]. Per quanto riguarda il primo lay-up sono state analizzate tre differenti lunghezze di sovrapposizione: 3,5 e 8 mm, mentre per il secondo si è analizzato solamente l’overlap 5 mm per poter costruire le curve di Paris dei provini testati sperimentalmente.

Nelle figure riportate in seguito è raffigurata la geometria del provino caratterizzata da una lunghezza L, una larghezza b e da uno spessore t; è inoltre raffigurato un focus della zona di giunzione a gradino in cui si evidenziano le differenti disposizioni delle lamine a seconda del lay-up considerato. In Fig. 3.1 è rappresentata la disposizione delle lamine del lay-up [02/452]s

Se si considera il lay-up [02/455/0], si può vedere come la geometria sia analoga al caso precedente, mentre è differente la disposizione delle lamine come mostra la Fig 3.2.

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Per la modellazione del giunto sono stati utilizzati elementi tipo PLANE 183 isoparametrici ad 8 nodi, nelle condizioni di deformazione piana (plane strain).

Le proprietà del materiale sono differenti a seconda che si considerino le lamine orientate a 0° oppure quelle orientate a 45°.

Le proprietà delle lamine a 0° sono riportate in seguito:

MODULO ELASTICO LONGITUDINALE [MPa] MODULO ELASTICO TANGENZIALE [MPa] COEFFICIENTE DI POISSON

E

XX=58050

G

XY=500

υ

XY=0.3

E

YY=6000

G

YZ=500

υ

YZ=0.3

E

ZZ=58650

G

XZ=3300

υ

XZ=0.06

Mentre le proprietà delle lamine a 45° sono le seguenti: MODULO ELASTICO LONGITUDINALE [MPa] MODULO ELASTICO TANGENZIALE [MPa] COEFFICIENTE DI POISSON

E

XX=11930

G

XY=500

υ

XY=0.3

E

YY=6000

G

YZ=500

υ

YZ=0.3

E

ZZ=11930

G

XZ=27516

υ

XZ=0.81

Tab.1 proprietà materiale lamine a 0°

Tab.2 proprietà materiale lamine a 45° Fig. 3.2 geometria giunti stepped con lay-up [02/455/0]

Capitolo 3

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Nella figura seguente è rappresentata una porzione del modello FEM utile per mettere in evidenza il lay-up del provino e la dimensione della mesh in prossimità delle estremità, lontano dalla zona di giunzione. Anche in questa rappresentazione, le lamine a 0 gradi che costituiscono gli strati più esterni del laminato sono di colore azzurro, quelle a 45 gradi, situate all’interno, sono di colore viola.

Il giunto è vincolato all’estremo sinistro bloccando tutti i gradi di libertà lungo le direzioni x e y, mentre all’estremo destro solo lungo la direzione y, nel quale inoltre è stata applicata una distribuzione σ uniforme per simulare il carico.

Per ciascuna lunghezza di sovrapposizione sono stati analizzati due diversi livelli di carico, basso carico ed alto carico: con alto carico si indica una sollecitazione per cui la vita a fatica aspettata si aggira attorno ai 1·105 ÷ 2·105 cicli, mentre con basso carico si indica una sollecitazione per cui la vita a fatica aspettata si aggira attorno ai 2·106 cicli.

Fig. 3.4 rappresentazione dei vincoli e dei carichi applicati Fig. 3.3 mesh e lay-up [02/452]s modello Ansys

33 LAY-UP OVERLAP W [mm] BASSO CARICO [MPa] ALTO CARICO [MPa] [02/452]s 3 77.30 105.04 5 103.58 137.55 8 109.04 153.14 LAY-UP OVERLAP W [mm] BASSO CARICO [MPa] ALTO CARICO [MPa] [02/455/0]s 5 103.58 137.55

È stato creato un modello parametrico in linguaggio APDL (Ansys Parametric Design Language), grazie al quale è stato possibile lanciare diverse analisi variando di volta in volta la lunghezza di sovrapposizione w e la lunghezza della delaminazione a.

Il file APDL del modello con lay-up [02/452]s è riportato in appendice A mentre quello per la realizzazione del lay-up [02/455/0] è riportato in appendice B.

Una volta lanciato l’APDL, il programma “chiede” di inserire i dati di input relativi alla lunghezza di sovrapposizione w, alle lunghezze di cricca a1, a2 e a3 e all’ampiezza di carico Δσ. Le lunghezze vanno espresse in millimetri mentre il carico in MPa. Qualora si voglia lanciare un’analisi simulando una delaminazione propagante all’interfaccia tra la prima e la seconda lamina, si deve dare ad a1 un valore diverso da 0 mentre le lunghezze

a2 e a3 devono essere nulle. Nel caso in cui si voglia invece creare una cricca di dimensioni superiori, propagante, per esempio, all’interfaccia tra la seconda e la terza lamina, è necessario porre diverse da 0 sia a1 che a2. Un discorso analogo deve essere fatto se la delaminazione propaga all’interfaccia tra il terzo e il quarto strato, in questo caso anche

a3 deve essere posta diverso da 0.

Una volta che sono stati dati in input al programma i diversi parametri, viene costruito dapprima il modello geometrico; vengono creati in sequenza i keypoint, le linee e le aree, successivamente viene stesa la mesh. Nel lavoro di tesi di Michele Ferrari [6] sono state eseguite delle analisi di verifica per accertare il miglior compromesso tra le dimensioni dell’elemento della mesh all’apice della cricca e la precisione dell’analisi. Si è visto che per avere un numero ragionevole di elementi della mesh senza appesantire in maniera

Tab.3 livelli di carico analizzati, lay-up [02/452]

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eccessiva il modello FEM, con relativi aumenti di tempi di calcolo, è opportuno scegliere 0.01 mm come valore minimo di element size all’apice della cricca.

Una volta che la mesh è stata creata, le istruzioni contenute nell’APDL consentono di applicare al modello geometrico creato vincoli e carichi.

Per tradurre il modello reale in un modello ad elementi finiti si è pensato di realizzare le due parti del giunto separatamente e di tenerle unite tramite l’impiego di set di coupling

DOF lungo il profilo del gradino.

Con questa operazione ad ogni nodo appartenete al giunto SX ed al suo corrispettivo, appartenente al giunto DX, sono associati gli stessi spostamenti lungo l’asse x e y, essendo in plane strain, realizzando di fatto la continuità strutturale. In questo modo è stato semplice riprodurre di volta in volta l’avanzamento della cricca, eliminando progressivamente tali set.

Fig. 3.5 giunto di SX e giunto di DX modellati separatamente in Ansys

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Il cordone di giunzione costituito dai set di coupling DOF, come si può facilmente vedere, presenta delle discontinuità in corrispondenza di ciascun gradino, per meglio simulare la dinamica di propagazione delle delaminazioni come si vedrà in seguito.

Le giunzioni stepped-lap soggette a fatica presentano fin dai primissimi cicli la formazione di una cricca trasversale in corrispondenza delle zone di giunzione dei diversi strati, questo aspetto è stato ampiamente trattato nel lavoro Cristanini Simone [5] ed è stato personalmente riscontrato nelle prove svolte in laboratorio.

Le cricche trasversali sono le prime ad innescarsi e la loro propagazione risulta pressochè istantanea. Una volta che tali cricche trasversali si sono propagate, all’aumentare dei cicli a fatica, inizia la propagazione delle delaminazioni, a partire dalle interfacce più esterne. Per la costruzione del modello ad elementi finiti si è dunque scelto di costruire una zona di giunzione non integra, per simulare il danneggiamento che si ha nelle fasi iniziali della prova a fatica, inoltre si è optato per una propagazione simmetrica della delaminazione lungo le diverse interfacce.

La propagazione della delaminazione lungo le diverse interfacce è schematizzabile nel seguente modo:

Fig. 3.8 schematizzazione dell’evoluzione del danneggiamento Fig.3.7 schematizzazione zona di giunzione con cricche trasversali

a

Capitolo 3

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Si è inoltre assunto che il passaggio da un’interfaccia all’altra avvenga con la completa separazione della precedente rispetto alla successiva. Si deve tener conto che, per necessità di modellazione legate al tipo di approccio utilizzato nel calcolo, la cricca può assumere la dimensione minima di 0.055 mm e massima pari alla lunghezza di sovrapposizione meno 0.255 mm. Una volta completata la fase di pre-processor, viene lanciata la soluzione non lineare del modello: il tempo per completare la soluzione di un’analisi di un giunto con overlap w=3 mm difficilmente supera i 20 minuti mentre i tempi di attesa per risolvere non linearmente i giunti con w=5 mm e w=8 mm sono notevolmente superiori arrivando in alcuni casi anche a 4 ore di elaborazione prima di arrivare a convergenza.

Nelle Fig. 3.9 e 3.10 sono raffigurati due esempi di deformata che si ottengono in ambiente post-processor una volta che la soluzione è arrivata a convergenza.

La prima deformata fa riferimento ad una delaminazione propagante lungo l’interfaccia tra primo e secondo strato, ottenuta ponendo a1= 2.4 mm e w = 8 mm, mentre la seconda si riferisce ad una delaminazione propagante all’interfaccia tra la terza e la quarta lamina di un giunto con overlap w=3 mm.

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Per calcolare G si è sfruttata la tecnica del VCCT, grazie alla quale è stato possibile calcolare simultaneamente GI e GII per le diverse lunghezze di cricca.

Al termine di ogni analisi viene generato dal codice Ansys un file di testo contenente i valori delle forze e degli spostamenti nodali necessari per l’applicazione del VCCT. Oltre a tali valori, i diversi file .txt restituiscono in output anche i valori degli spostamenti nodali dell’estremo di applicazione del carico, permettendo così il calcolo di GTOT,ext tramite la seguente relazione:

𝐺

𝑇𝑂𝑇,𝑒𝑥𝑡

=

𝑃2 2𝑏

𝜕𝑐

𝜕𝑎

(3.1)

dove P è il carico applicato, b lo spessore del giunto (nel nostro caso unitario, essendo in

plane strain), e 𝜕𝑐

𝜕𝑎 è la variazione di cedevolezza del giunto al propagare della cricca lungo l’interfaccia di giunzione. Questa relazione è utile per verificare se i risultati ottenuti tramite analisi locale con VCCT sono compatibili con quelli derivanti da un’analisi globale in quanto non vengono contemplati spostamenti e forze nell’intorno dell’apice della cricca, bensì il carico applicato e la variazione di cedevolezza globale del pezzo.

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