quella voraginein fondo allaquale rosseggiavanolave fuse;parca
un
sa-crariointercetto aimondani, un
tribunaledi eterni destini.Attorno at-torno dagli erti ciglionicome ombre
simboliche di vestali,siergevano densibianchi fumi. Soffiavaun
ventogagliardo ditramontana, chefacea intirizzire; iltermometro
segnava zero.—
Si assisteva in sogno aun
paesaggio lunare; sotto al nero squallore dellelave parcasordamente
muggisseuna
voce cupa, solenne; la grande potenza chimica sotto-stantecomunicava un
fremito arcano alle nostre fibre; l'anima ne stupiva.Lasciando la gola delcratere
montiamo
sullavettaculminante, sulla quale seduti adanfiteatroaspettiamo il sorgeredel sole.È
ancorabuio,una
caligme misteriosa avvolge tutto ilpanorama;
però sull'orizzonte si notaun
orlo pallidissimo, biancheggiante. L'occhio lo guardafissa-mente
in grande aspettazione.A
poco a poco lo si vede cospargere diun
fioco bagliore, chesi va facendo sensibilmente più vivo e definito;sembra
la cornice diun quadro
divino mirabilmente tornita e frasta-gliata, chenon
sisa se attribuirsidebba
a terre lontane, o anubiche radano il mare...Ancora
qualcheistante eduna
specie di nebbia dia-fana formata di pulviscolo luminoso si avanza conuna
specie di stra-scico, quasilambendo
la superficie delle onde.Contemporaneamente una
nuvoletta sospesain altosu diessasi vede indorarsi pallidamente.Ormai
l'occhionon
si stacca piùda
quelpunto; lagrandeapparizionesi attende di là a
momenti;
il palpito dell'attesa fa presentire l'arrivo delnume
aspettato;un
tremito misteriosoanima
tutte le cose,come
chiamandole auna
grande mostra, aun sovrumano
appello. Si comin-ciano a distinguere sfumature di paesaggi, dicolline, dimonti,di valli:si van lumeggiando apriche pendici; fescamente cominciano a verdeg-giare fitti prati di aranci; s'aprono sfondi che fannointravvedere nebu-losamente
sempre
più lontane prospettive; le nebbie si squarciano, si diradano, svaniscono; lestelle tacitamentefuggono aduna
aduna
nelle profonde azzurrità del firmamento; la natura si desta, il gran misterosi squarcia, la grande verità si svela. Dalla
immensa
distesadell'onde doratesorge, odaliscaaffascinante, laCalabria;come uno
specchio scin-tillada
lungi il lago di Lentini; si disegnano distintamente le forme della gran catena delle Nebrodi.Una nube
ostinatacicontende ancora la vista del sole;ma
ecco che si fende, e dal suogrembo
si riversaun
torrente di luce fiammeggiante. Ilpanorama
si schiude, sì unifica, si sublima!Mi rammento
che viaggiando in ferrovia insieme a vari Soci del Club Alpino di Palermo, l'onorevole Minghetti,che casualmentesi tro-vava nell'istesso nostro vagone, ci diceva:L'Etna
fu casada
sé.È
appunto questalasuapiù grandesingolarità: senzacontendenti orivali,
—
24-nella sua
maestà
inconcussae severasi elevagigante,signoredell'isola.La
suaombra immensa, come un enorme
mantellodiscinto e spiegato,si proietta e si distende su gran parte di essa, coprendo intere valli, intere sconfinate pianure.
Di ritorno alla
Gasa Etnea
(l'anticaCasa
Inglese ampliata e rico-strutta), vi s'inaugurava lanuova
specola Bellini;una
lapide lo ram-menta. Per la scienza è statauna
vera conquista; sarà la più eccelsa vedetta diEuropa
; scrutatrice di sublimi altezze, investigatrice d'im-mense
profondità, ci svelerà ragioni di fenomeni finora arcane.Ed
orauna
proposta: ogni stazione meteorologicaneha
un'altra più bassavicina per controllarla (Stelvio 2547 m.,Bormio
1138 m.), (Val-dobbia2548,Riva1138).La
BelliniavrebbequelladiCatania,ma
c'èforse traessetroppograndedifferenzadi livello.Non
sipotrebbeerigereun
os-servatorio meteorologicosulleMadonie,p.e.sulPizzoAntenna
(1875 m.) o sulCarbonara
o sulPalermo?
Vi si avrebbe un'altezza abbastanza ragguardevole,non
difficilmenteascensibile e,ame
pare,discretamente abitabile in inverno. Questa stazione sarebbe di grandissimo interesse perlameteorologia; perchè,quantunque
piùbassadella Bellini, Stelvio, Valdobbia, S. Bernardo, avrebbeun
vantaggio sulla prima nelnon
subire influenze di origine vulcanica, e su tutte e quattro nel trovarsi libera tutta intornoda
cime più alte vicine.S'incomincia a dirittura la discesa per Nicolosi.
Non un
fil d'erba,non un barlume
di vegetazione: scorie, lapilli, ceneri, lave.Ma
ecco che ci giunge ilprimo
saluto della vita: qualche cosa verdeggia in piccolemacchie
isolate.E
il senecio cetnensls, i cui bei mazzetti di fiori gialli s'alzanocome
allegri stendardi, risaltando vivamente sulbruno
delle lave e sul verde intenso dei suoi cauli frondosi.Ma non
è solo: qualcosa dimorbido
e di carezzevole gli sta accanto e forse lo precede di pochi metri.È
ilrumex
(etnensis, che colle foglioline scudiformi e i lunghi picciuoh flessuosi languidamente siadagia sulle ceneri e i lapilli
come una
ninfea sulle placide acque.Ma
ecco che il zefiro ci portauna
balsamica fragranza che faram-mentare
quellaàeW
artemisiacamphorata
delleMadonie
;èiltanacetum siculum che ce lamanda. Generalmente
gli uccelli cantori sono vinti in bellezza dagli altri;neabbiamo un
esempiocomune
nell'usignuolo; vi sono però molte eccezioni. Questa specie di compenso, chesembra
ci sia in natura tra suoni e colori, c'è anche tra colori e odori? Io credo che sì,
quantunque
la viola e la rosa lo smentiscano.— Ma
ecco la particolarissima robertia taraxacoides e la meravigliosa
a7i-themiscetnensls confacies
eminentemente
alpino,e quindi il teiicrium chamcedrys, il curioso scleranthus vulcanicus, poi Vastragalus siculus.E
questa la pianta che più armonizza col paesaggio; crescequa
e là in agglomerazioni tondeggianti, chesembrano come
posate sul suolo;sotto
una
trincea di spine, eun
intrecciamento di ramoscelli tap-pezzati di foglioline seriche, annida i suoi petali odorosi. Riparati—
25-sotto il suo bellicoso
schermo
vivono varie pianticelle delicatissime, ilgalium
a'tnicum,un
graziosissimo cerastium(1), i cui fiorellini bianchi e trasparentisembrano
tanti piccoli fiocchetti di neve.—
Nelrifletterecome
queste pianticelle vivano romitea tanta altezza,bersagliate dagli elementi,si provauna
tenera pietà;nel contemplarneleforme
vaghe e purissime,un
grande rapimento; nel riconoscere in esse altrettante ardite avanguardie della vita, che tutto trasforma e soggioga,uno
stu-pore e quasiuna
paura,—
Sisalutanocome
care amiche,come
gentili tapine abbandonate,come
balde foriere del granmondo
organico,come
veterane delle antichecampagne
glaciali.—
Poveri fiori, poveri fiori montanini quante lottehanno
dovuto sostenere e sostengono!eppure vittoriosi sorridono degli orrori che li circondano, li
hanno
vinto,
ne han
fatto la loro casa, il loro regno: nei geli, le brine, le bufere, trovano,non
che baluardi insormontabih di difesa, mezzi indi-spensabilidi vita. Sarebbe sacrilegio svellerli, profanazione disseccarli inun
erbario! Pure, alla tentazionenon
ci si resiste: sene
prende però ilpiùparcamente
possibile;appena un
saggio a specie, e inmodo da non
ledere alla pianta madre,quando non
sene
vedaaltra vicina, che possa sostituirla.Io, per
me, non
so persuadermicome
si possada
taluni amanti e studiosi dei fiori riempire erbari interi dellamedesima
specie!Se co-mune,
poco male;ma
se rara?Comprendo
che la natura dispone di grandi mezzi, e che gli organi di riproduzione sono così fatti, che bastaun
sol fiore per popolareuna
vastazona;ma può
darsibenissimoil caso che la vita di
una
specie sia affidataadun
solgruppo
di pian-ticelle; e allora quanta responsabilità perchilestrappa! Che, seppurene
esistano altrove molte rappresentanti,non
èsempre un
delitto farle scomparireda un
datoluogo?Non
si arrecagravenocumento
alla geo-grafia e climatologia botanica?—
Dietro Gatalfano suuna
rupe che guarda il mare, vive solitarioun
magnifico convolvulus cneorum.Lo
si va a rivedere
come un
amico,ma
distruggerloperchè? Sarà perdutoun
dato prezioso per la scienza; si rivedrà altrovema non
più nella sua vedova rupe che guardailmare.Talune
orchideenon
vivono che in determinate contrade, se sene
fauna
caccia disperata, finiscono apoco
apoco periscomparire.Dopo
diaverepercorsoun
faticoso ghiac-ciaio, si giunge suun
picco soprastante, tutto smaltato di fiorellini.Ebbene, se ne porti qualcuno, che sarà poi carissima
memoria, ma
non
sene
facciaun
saccheggio. Vedelweis comincia fino a diventare(1)Cerastiumarvense, Var. AelncBum,ÌÀ.n.{iltomentosumsiriUeneorada moltianche come varietàdeiVarvense). Perla sua determinazione sono in obbligodi ringraziare l'il-lustre Prof. SenatoreTodaro, Direttore dell'OrtobotanicodiPalermoe noto inEuropa perparecchie splendidissime monografìe. Gliesemplari da me raccolti presentano un aspetto diverso dall'ordinario, per essermoltogracili, pubescentiinsu, subglabri ingiù pei peduncoli abbreviati,le foglie lineari larghe l""lunghe 10""° le capsule globose distintissime.
—
26-un
oggetto dicommercio
per talmie contradeeuna
risorsa pei poveri alpigiani: ne fanno insieme ad altre pianticelle dei graziosi mazzetti, che, discendendo alla bassa,vendono
per pochisoldiaiviandanti.Con
regolarne la raccolta s'impedirebbe la distruzione di
uno
dei più belli ornamenti delle loro montagne, e si assicurerebbe a quei miseri mon-tanariun meschino ma
utile provento. Repulsi dai campi, antica loro casa, trovinoalmeno
questi poveri fiori un rifugio sui monti, e s'ab-biano negli alpinisti i altrettanti fidi protettori.L'
Etna
è singolare in tutto e per tutto,non
solo nella sua costitu-zione e formazione,ma
anche nella sua fauna e nella sua flora. 11signor
Aradas
, Segretario della Sezione del Club Alpino di Catania,
prepara
un
lavoro assai interessante sulla distribuzione degli animali e delle piante principalmente dal lato di vista agronomico. L'illustre suo padre,ilcuinome
ètroppo noto nella repubblicascientifica,perchè netessa le Iodi, sta pubblicando un'altraopera interessantissima sulla costituzione e modificazione del litorale lavicodi Catania.Ilbel lavoro del prof. Silvestri, "Un
viaggio all'Etna , è abbastanza conosciuto in Italia perchè sia affatto superfluo il menzionarlo.Non
vo' ricordare igrandie profondi studi delWaltershausen,
ma non
posso fareameno
di
rammentare un nome
caro atuttie venerato nella scienza, quello dei due fratelliGemmellaro
antichi illustratori dell'Etna,uno
deiquali padredell'attuale professore di geologia dell'UniversitàdiPalermo,che Ioha
ereditato così splendidamente.Ma
ecco la romantica lavandula stoecas, nel contemplar la quale,non
si sa perchè,pare di udire il raccontodi antiche storie di amore, la singolare berberis cetnensis tutta ciondoli corallini, il seneclo sqtia-lidus che sostituisce Vcetnensis, VachiUea ligustica, la carlina invo-liicrata...C
interniamo in pittoreschi boschi di castagni, bordeg-giando lungo grandi correnti di lave, nere, brizzolate di cristalluzzi bianchi feldspatici.—
Sullacima
la nostramente
si sbalordiva nel-l'abbracciar d'un tratto questo grandioso gigante dei vulcani; elettriz-zata dall'immensità, cheda
ogni lato l'avvolgeva, piùnon
vedea in esso cheun
ultima manifestazione dell'attività ignivoma della terra, che alla sua volta scompariva paragonataalla grandeenergia dimoto
e di calore,che
anima
tutto l'universo. Discendendo però, e internan-dosi intuttequelle anfrattuositacheloformano,visi riconcentradipiù, lo medita analiticamente, e più grande le si appalesa. Tiie inost ini-2)osingand
interestingside, which is to be seenonMount
Etna, is the great niiniber of smaller cones rising hereand
theredown
its declività/and
in thewoodcd
region especially (Lyell).—
S'incontranosempre
nuove
lave, nuovi crateri, nuove cataste dibombe
elapilli,nuovi monti di ceneri!E mentre
sivan
seguendo tutte le sue fasi, il pensiero vola a migliaia di anni addietro,quando
il granmare
postpliocenico rumo-reggiava attorno al litorale della Sicilia, internandovisi in molti punti per moltee molte miglia, e dandoleuna
configurazione affattodiversa—
27—
dall'attuale.
Erano
inmassima
parte i molluschi che lo popolavano,gli echinidi, qualche anellide, banchidicoralli,qualchesqualo, (lualche delfino e cetaceo (ne
ho
rinvenutoultimamente
vari resti interessan-tissimi). L'Etna alloranon
esisteva affatto o eraun
pigmeo; grandi eruzioni di basalti colonnari lo precedevano. Si concentravapoilasua attività nel grand'asse della valle delBove,enorme
cratere largo quasi sei chilometri, che per le dilatate cavernosità sottostanti e pei succes-sivi terremoti si sprofondava, e per l'erosione delle acque prendea laforma
e l'aspetto attuale.—
Di seguito l'asse dell'attività vulcanica venia a spostarsi di nuovo, aprendosiun
altro grande sfiatatoio: l'at-tuale cratere.Lunedì 20
eravamo
invitati adun
solenne banchetto dal Municipio di Catania.Fu
questouno
dei più cordiali e splendidi convegni chesipossa
immaginare
:un
grande scambio di saluti,un
grande affratella-mento,una
gran sanzione a quella dolce amistà, che avea già rice-vutoun supremo
suggellosull'orlo del cratere.Fu
inauguratoilpranzo con l'inno nazionale. Parea sentirvi il gran palpito dell'intera Italia nostra, il fremito dei nostri più cari affetti, l'entusiasmo delle nostre più alte aspirazioni.Lo
seguirono aduno
aduno
gì'inni delle principah nazioni:primo
quello maestoso austriaco, poi l'austero germanico, ilcampagnolo
svizzero, quello venerato di Albione, la patriotticamar-sigliese.
Ad ognuno
di essi succedeaun proromper
tempestoso dibattimani,
un
urrà prolungato che partiva dallepiùprofonde libre del cuore. Si sentivano grandi voci di popoli, che siscambiavano
solenni saluti; si cancellavano antichi odi; si sprofondavano nell'oblio vecchi torti;siricordavanoericonoscevano antichi benefizi;si sancivano nuovipatti'.
Era una
grande rimpatriata: milioni di volti si sorridevano; mi-lioni dimani
si stringevano convulsamente; milioni di petti sipreme-vano
l'uno contro l'altro in segno di riconciliazione.Ed
oranon mi
resta a dire che un'ultima parola. L'accoglienzachericevemmo
in Cataniafuindimenticabile, splendida, cordiale,fraterna;e Municipio e Provincia e
Governo
fecero a garaonde
rendercela tale;iSocì
della Sezione di Catania ci diedero tali prove di cortesia e di ospitalità, chenon
saprei ricordarle abbastanzadegnamente;
solodirò . che ne resta nel cuore di tutti indelebile rimembranza.Che
dire poianchedeiMunicipidelle altre città deicontorni di Catania, Acireale, Paterno, Biancavilla, Pedara, Treccastagni, la Punta, i Battiati..?La
nostra entrata in ciascuna di esse fu
un
vero trionfo:musiche
dap-pertutto, grande sventolar di bandiere, piogge di fiori, illuminazioni, grandi spari, cortesi e ricchi ricevimenti, siepi di gente, che ci festeg-giava e ci facea omaggi...Ma
la parola eh'iomi
riserbava a dire è questa:chetratanta accoglienzami
sentivo mortificato.Tante
onoranze sentivo che erano perme una
grande lezione, perchè immeritate. Sì, fra noi alpinisti vi sono persone altamente degne e venerande, i cuinomi
sono altrettante illustruzioni per l'Italia, sia per la loro bontà,-
28—
buon
volere, integrità di carattere, elevatezzadi principi, doti chevanno
a ogni altra avanti, sia per il loro sapere, che li rende grandi fari di scienza, sia per la loro attività industriale (non èmeno
degno di lodeil capo di
un
grande opificio oun
grande agricoltore di quanto lo èun
insigne scienziato);ma
vene
siamo di altri chevorremmo
essere migliori.Io
non
intendogiàvoler introdurre nellanostraistituzioneuna
stuc-chevoleserietà ouna
prosopopeauggiosa.Diome
neguardi!È
la spen-sierata giocondità giovanile la sua attrattiva più bella, il suo vanto migliore.Ma non
posso peròdall'altrocantonon
riconoscereincodeste splendide accoglienze che ci si fanno, oltre aun
sentimentodelicatis-simo
di ospitalità,una
tacita manifestazione di plauso,un
votouna-nime
diomaggio
a ciò che èveramente
alto e gentile.29