UNA GITA
SULLE
]VIA.DO]NriE
E SULL'ETNA
PER
ANTONIO DE GREGORIO
Dott. in ScienzeNaturali
Socio della Sezione di Palermo
TORINO
G. CANDBLETTI TIPOGRAFO DEL
C.A,
I.Via della Zocca, n. 11.
1882.
***'^al
Libreir/UNA GITA
SULLE
]VlA.DO]NriE
E SULL'ETNA/
Librcr7
ANTONIO DE GREGORIO
Dott. in ScienzeNaturali
Socio della Sezione di Palermo
TORINO
G. CANDELETTI TIPOGRAFO DEL
C.A.
I.Via della Zecca, n. 11.
1882.
A
Estratto dal Bollettino delClub AlpinoItaliano,n.48, anno 1881.
Una gita sulle Madonie e sull'Etna.
Palermo-Polizzi.
Finalmente il giorno aspettato era giunto!
Al
sussulto del treno, al sibilo del vapore, tripudiava il nostro cuorecome
quello diun
figlio,che
dopo
lungo pellegrinaggio ritorna nel caro nidodella casa.Era
la nostragrandemadre,eralanatura checiattendevanel suo fidogrembo
a risollevare lo spirito affranto col suo ahto di vita!I boschi di aranci e di ulivi, i pinguiorti, gliopimifrutteti, legeniali vigne,che traversa la ferratada
Palermo
a Termini, sparisconocome
per incanto.— A
Cerda, lasciando il treno, proseguiamo in vettura internandocisempre
più negli sconfinati latifondi, domini di Cerere.Qua
e là biondeggia ancora qualchecampo
digrano. L'occhio vi si tuffa conun
senso gradito di conforto e di esuberanzacome
nel seno d'una giovane montanara, che tutta giocondità e salutepoppa un
ru- bizzo e vago neonato.— Che
tesori dispighe!Che
opulenzadiraccolti!Il frumento mietuto si
ammucchia
in cataste, si stringe in covoni, siversanelle aie; dove fra canti lunghi e mesti, in cui è trasfusa tanta profondità di sentimento, si trebbia.
L'allegria
non
traspira quasimai
dal canto popolare siciliano. Sidi-rebbe che è
una
sola notadelsuo cuore quellachevibra.Visisente ilsusurrod'una voce
immensamente
caraperduta nel buiodeglianni;una
leggendaanticad'amore; fln baciodidue amanti da lungotempo
divisi.Di trebbiatrici
non sene
fauso: sono ordinariamente i muli chene
fanno le veci; i contadini lianimano
con ritornelli particolari.Anche
ciò
ha una
grande ragione nelle difficili viabilità, nella scarsezza della-
4-
legna, nell'uso di dare i terreni in fitto agran
numero
di coloni, cia- scuno dei quali possiedeper usoproprio qualche animale da soma.A quando
aquando
fa capolino qualche graziosa spigolatrice conuna
vaga pezzuola in testa, e con lemaniche
rimboccate,chelasciano vedereun
bel paio di braccia fresche e robuste che èun
piacere.Di case coloniche
non
sene
vede cheassaidirado.Sono
sconfinate pianure deserte chehanno
inmezzo una
grande masseria.Icontadini, chenon
abitano in essa, stanno raccolti nei villaggi. Tal sistema per più riguardisommamente
riprovevole, offre pure vantagginon
in- significanti. I problemi chesembrano
i più semplici, diventano i più complessi a scrutarli profondamente; eben
fa sorridere la sentenza più volte ripetuta in questi ultimi tempi " per rimettere la sicurezza pubblicain Siciliabisognaabolireilatifondi;,come
quell'altra"occorre tagliare i boschi, che sono il covo deimalandrini. „Nientemeno
! Si fa presto così a risolvere le quistioni!Ad
ognimodo,
certosièche nelle Provincie dame
visitate, già sede del più infesto malandrinaggio, sigode attualmente
una
sicurezza proprio patriarcale. Figurarsi!non
c'è
un
latitante.Speriamo
si continuisempre
così; che a cancellarele passate tradizioni ci vuoltempo
e tempo. Voglia il cielo che lo stato attualenon
siauna
tregua, e che la solerzia e l'energia dei pubblici funzionarinon
s'infiacchiscano evengano meno;
sicchémai
più ri-sorga la fiera a cento teste, che per tanti anni ci
ha
così contristato.Ma
lasciando questa lunga digressione,checiha
porto pur il destro di confermareuna
notiziachestaa cuore atutti,torniamo aicompagni
alpinisti.
Per
raggiungerli bisogna ormai correre:non
si sente più l'allegro tintinnìo dei sonagli, né,per quanto aguzziamolosguardo per la lunga e pittoresca via, che portadaCerda
a Galtavuturo, ci è dato distinguere l'amica vettura. Il miglior partitomi
parquellodicondurci a dirittura alla cambiatura postaledi quest'ultimacittà, edattendervela alquanto. Cosìanche avremo
agio di osservare la roccia vicina, che èun
bellissimo calcare a struttura lamellare.Seguelastrada
sempre amena
e pittoresca, serpeggiando perle vaste e ubertose regioni del frumento. Elevandosi a poco a poco, lascia a sinistra ilMonte Piombino
e il Fichera, e quindi a destra i magnifici boschi di Ferrandhia.Il sole
pende
verso il tramonto; centinaia di calandre, sorvolandoqua
e là col battito molle e folleggiante delle ali, e gorgheggiando vagamente, rallegrano la tranquillitàdella sera che cominciaaimporsi solennemente ovunque.Sorge Polizzi a mezzogiorno del
Monte
Scalone su diun
altipiano a 912 m.;domina
ad ovestun
magnifico ed estesissimopanorama;
a nord-ovest poi, alle falde delle Madonie, acdllmpa irigogliosi boschidi noccioli, cheformano
la sua vera ricchezza. Nel contemplare quellemacchie
fronzute e verdeggianti si provaun
senso similea quelloche desta in noi il preludio dell'opera diun
grande maestro: ogni nota—
5—
ci fa intravvedere bellezze velate lontane; ogni modulazione vaga-
mente
ci annunzia ritmi soavi, checome
razzi si schiuderanno in ef- fluvi di luce e di armonia; ogni dissonanza ci fa presentire il fremito di emozioni profonde. •—
Mentre 1' occhio irrequieto e ansioso corre sulle erte pendici,che e'invitano col fascino delle loromirande
bel- lezze, l'animacome
sospesa e sbigottita, nel ri(;onoscersi troppo an- gustae piccina,si slarga, si ritempra, quasi preparandosi aun
grande cimento.Il cav. AnnibaleFatta e il sindacoTrapani cortesemente ci
vengono
incontro. Si vaun
po' in giro pel paese; siesamina
ciò che viha
di più rimarchevole:un
magnifico quadrodelloZoppo
diGangi in Santa MariadegliSchiavi edun
altro di grandissimopregiodellascuola fiam-minga
in Santa Maria degli Angeli (cheda una
monografia si attinge essere stato regalato da Giulio Giardina il 1496);non
cheun
edificio antico gesuitico costruito conmura
veramente ciclopiche. Poi chi va adammirare una
pinacoteca privata, chi dei bassorilievi del Gagini...Ioper
me
preferisco impiegare il brevetempo
chemi
avanza ad esa-minare
le roccevicine.Accompagnato
dal gentilissimoAbate
Antonio Gloriosomi
porto in contrada S. Pietroadosservareuna
formazionedimarne
giallastre con noduli di ferro'e di argille ìAù, inmezzo
alle quali ritrovo molte specie del bacino di Vienna.Quanta
poesia nel disotlerrare queste antiche abitatrici di unmare
che piùnon
esiste, e quante veritànon
rivelano!—
Si sogliono para- gonare i fossili alle medaglie; ame
pare cheanche
tale espressionenon
valga a rilevarne tutta quantal'importanza;mentre
essi,non
soloci fanno conoscere l'epoca geologica,
ma
cene
rappresentano lo svi- luppo organico, allastessaguisachegliantichi capolavori, sia letterari, sia industriali,non
solo ci indicano l'età,ma anche
il grado del pro- gresso civile dell'epoca in cui furono eseguiti.La
sera, visita del castello e ricevimento cortesissimo in casa del cav. Gagliardo, dal qualeho
indono un
bell'esemplare di celestina;quindi pranzo in casa Fatta.
— Non
avendopotuto andare in contrada Spinazzi,località mollo fossiliferaenon
ancorastudiata,richiedoai gen-tili ospiti se ne posseggano qualche fossile; e tosto eccone
uno
in re- galo dall'Abate Glorioso, che riconosco per Yostrcea syphax. Nella collezionedel dottore N. ravvisoanche
laexogijra Ovenoegi, entrambi caratteristiche del cretaceo medio.Polizzi-FagTiare.
La
mattina all'albasiparte perle Faguarc, seguendouna
pittoresca viottola tra macchie di acanti e di vitalbe; si costeggia le falde delmonte
Scalone lasciando a sinistra vaghissimi giardini di noccioli, e si sale per la portella l'uzzulati, tutta sparsa di pezzi dolomitici,—
6—
che
hanno
l'aspetto di macerie diuna
grandefortezza espugnata.Qua
e là verdeggia rigoglioso qualche
campo
di granomalgrado
l'altezza e la sterilità del terreno. Alla portella di Cuminello attirano moltis- simo la nostra attenzione degli strati quasi laminari molto regolari e diun
colore giallastro. Ai colpiben
saldi del martello si fendono lasciando vedereuna
specie di quarzite bellissima, di color turchino, elegantemente venatain nero, che sul luogo è intesapetra niura.—
Non
avendo avutotempo
di studiarne la giacituranon mi
è datogiu- dicarne l'età geologica.Comincia una
flora tutta particolare e di straordinaria bellezza:presso il hieracium
macrathum
(1), dalle foglioline sericee, cresce la curiosissimaonosma montanum,
le cui frondi s'ergono bizzarramentecome
tanti mucchietti di verdi serpentelli,sostenendouna
vaga cresta di fiorellini imbutiformi;Yhelianthemum glaucum
apre i gentilipetalie s'innebria dell'aure pure del mattino; V inulamontana
%\\d,sc\di cullare dal zefiro aspirando la dolce fragranza che lemanda
il thimuszygis;un
piccolo vecchiomago
nascosto sotterra, il cardtincelluspinnatns, sporge fuori e tentenna ironico l'irsuta testa.Un nembo
di farfalle con le ali trasparenti e screziate, van sorvolando intornocome
tanteuri pellegrine innamorate della montagna.
Ed
eccouna
dolce sorpresa:troviamo nel piano della BattagliellailnostroSocio barone
Mauro
Tur-risi, il baroneCullotti eilsignor Isidoro Fiorino con parecchi amici di Isnello, che
da
qualche ora ci attendono.La
Battagliella èuna
piccola vallata alpina veramente incantevole, ombreggiata da folti boschi di faggi e allietata da paradisiaci gor- gheggi di centinaia di usignuoli. Perduta in quei prati verdi ed olez- zanti pascolaqua
e là qualchemucca,
che condolcetintinnìosembra
salutarci. Quei suoni fiochi e perlacei
hanno
qualcosa di carezze- vole e di soave,come
il colorito di botton d'oro.Sembran
voci di fiori, note di sistri toccatida
angeliche mani, ricordano tanto lecam-
panine galleggianti del lago diComo.
L'orizzonte restatuttochiuso all'intorno dal
monte
Scalonazzoedal Mufra, i cui profili disegnansi distintamente sull'azzurro del firma- mento. Ci si sente riconcentrati: nell'immensitàdelpanorama sembra
che l'anima con lo sguardo si diradi; restringendosi la prospettiva rinasce la coscienzadiséstessi.— Con
nostragrandesorpresa l'amico Turrisi ci fa trovare nascosta sotto gli alberiuna
tavolaimbandita di appetitose vivande; altre ne aggiunge l'Ab. Fiorino, unendovi anche del caffè squisitoda
luimagicamente
preparato.Dopo
il pranzo si féuna
piccola ascensione sul Mufra, dove ci at- tendevauna
grande emozione: superatauna
ripida cresta,mentre
sbuffava furioso il vento, apparve aun
tratto,come
la visione diun nume,
torreggiante, sublime il Mongibello.(1)Per ladeterminazionedelle piante raccolte inquesta escursione sono stato aiutato dalmio amicosig. Lojacono, distintissimo botanico.
—
7Faguare-Grotta del Romito.
La
vallata delle Faguare, proprietà del barone Turrisi, prende talnome
dal ruscello che vi sgorga dal versante sud delmonte
Daino:acqua purissima, saluberrima, quasi gelata.
La
parte della vallecosteg- giante il suddettomonte
è quasi tutta imboscata; quella dimezzo
a pascolo.La prangos
ferulacea vi cresce spontanea e rigogliosacome
in tutti gli altipiani delle Madonie,
formandone
laprincipale ricchezza.Dà un
ottimo fieno,mangiato
con avidità dagli armenti.Suo
parassita èun
fungo, il più squisito che si conosca,Vagaricus nehrodensis,Jnz,, illustrato da quell'impareggiabileuomo,
che è il direttore del nostro istituto agrario, nella sua magnifica monografia sui funghi siciliani.Non
vi sono case;ma
Turrisiha
fatto costruire apposta per noi due pagliai a 1400 metri.Sono
duepittoreschecapanne
circolari, contetto di frasche, conico e assai acuminato, conun
largo giaciglio di vimini altoun
metro, che decorre lungolepareti, euna
porticinabassabassa, che la sera si chiude permezzo
diuna
specie di graticcio, che vi si adatta dalla parte esterna.Prima
che imbrunisca c'è ancoratempo
perfareuna
piccola escur- sione; scegliamo quella dellaGrottadelRomito. Nascosta tra glialberi e lemacchie
la si cercaun
pezzo invano; ci offre però occasione di studiare i terreni vicini.La
costa che fiancheggia ilmonte Daino
è in gran parte occupatada
schisti marnosi, argillescaglioseearenarie.Ho
avuto qualche fossile, l'ho trovato dello stesso
stampo
di quelli chesi rinvengono nella formazione Gastelbuono-Isnello.
—
Il canale delRomito
èuna
specie di forra, per la quale scorre ilmentovato
riga- gnolo.Lo
risalìdiun buon
tratto per istudiare la formazione geologica, emi
ci trattenni più di un'ora; finché,avendo
perduto di vista icom-
pagni, credetti dinon fermarmi
di avanzo,edaccompagnato
dallamia
guida,un
certo Pandolfoda
Polizzi (nonloraccomando
!), cominciai a discendere frettolosamente.Dando un
occhio alla flora,nuove
bellezze,nuove
meraviglie cisirivelano.Una
curiosaephedrastava rannicchiata inun
cantuccio del burrone; degli helianthemiim rubellum coi lunghi fittoni si abbarbicavano sulle scoscese; deisedum
clusiatiuinsidisten-devano
in tappeti alabastrini; lapceonia flavescens colle grandi foglie lussureggianti, lagraziosa potentilla fragariastrum,ilgeranium Minae
formavano
delle vaghemacchie
di verzura, su cui si ergeva con aria protettriceVagrimonia
eupatoria; Vanthemiscupaniana
trionfava sul ciglione di rupia picco inmezzo
aun
corteodialsine verna,snelle ed eleganticome
tantecorifee alpine.Pressola gentile myosotis lithosper- niifolia,come un
capriccio della natura, sfoggiavalestranefoglie ostie- formi losmyrnium
rotundifolium e sugli aceri il sacro visco: visctim album.La
jurinea Bocconi, ilUnum punctatum, Valyssum
nehrodense,faceano
pompa
distupende forme alpine.—
Raggiunsii mieicompagni
pressola grotta,chesieraalfine ritrovata.Veramente non
offrivanulla d'interessante:una
piccolafenditura,le solite incrostazioni, qualche sta- lattiteAd
ognimodo
iome
ne tornavo ben soddisfatto dellamia
escursione.La
sera si pranzò di gran gustodentro lecapanne; né si potevarin- graziare abbastanza il nostro ospite per tanta longanimità e cortesia usateci. Sul tardi, fuochi di artifizio combinati e diretti con molta maestria dal nostro Socio Virzì: girandole, razzi, fuochi dibengala!Pizzo Antenna-Palermo-Carbonara.
Era l'alba del 29;
uno
di quei giorni la cuirimembranza
restanel- l'animacome un
raggio di luce.—
monti,come
ritorna a voi lo spirito travagliato dai contrasti e dalle lotte, e qual conforto inesau- ribile in voinon
ritrova! Ogni vostro fiore òun
inno celeste, ogni insettouna
rivelazione, ogni petrefattouna
storia, ogni stratoun
atto meraviglioso delgrandramma
della vita!Or,quasi riposando sui suoi trionfi,ellacisorride dallevostre rupi nel canto degUuccelli, nelronzìo degl'insetti, nei colori e la fragranzadei, fiori!Risalghiamoil versante nord-ovestdelle
Faguare
lasciando a sinistra la Battagliella e traversando il piano della Battaglia.Anche
il fondo di questa valle (che calcolo eun
1500 m.) è occupato,come
quellodi molte altre delle Madonie, da arenarie e argille scagliose. In essa è tradizione, sisieno ritirati i Saracenievi abbiano subita l'ultima scon-fitta.
La
fantasia ce li dipingeva accampati in attesa dell'assalto,vinti, scompigliati,ma sempre
alteri, sprezzanti lo stendardoNormanno.
Quanti anni sono scorsi d'allora!
ma come
paiono brevi e fugaciquando
si raffrontino alle età geologiche!È un
paragonare le distanze delle nostre città a quelle degli astri.Noi siamo di ieri:
Dell'Indopur ora Sui taciti imperi Splendeval'aurora, Purora delTevere A' liditendea LaveladiEnea.
Zanella.
La
storiaumana non
è cheda un
istante: le vicende delle nazioni, le invasioni, le guerrescompaiono
affatto paragonate alla grande lotta per l'esistenza, all'emigrazione dellefaune e delleflore!La
storiastessa della terra sfuggecome un atomo
inmezzo
a quella dell'universo;mentre
tutte le sue fasi si ripetono in bilioni di altri astri. Fino il si-stema
solare,come una
piccola cellula del corpo diun
gigante,ouna
—
9—
ruota microscopica di
una macchina immensa,
si perde e si confonde nel sistema mondiale! Chi sa se questomedesimo non
si centu{)lichi infinitamente nell'universo!Si comincia la salila;ed ecco
un
chedi bianco e splendentecolpisceil nostro sguardo: sono grandi, magnifici cristalli di calcite.
Come
incentri si distribuisce la civiltà, e in ganglisi raggruppa la perfettibilità nervosa, così generalmente in ispazT circoscritti si annidano i cristalli.
La
costante riproduzione geometrica delle forme desta nell'animaun
senso profondo dell'immutabilità.È una
bellezza chenon
pensa,ma
fa pensare; muta,
ma
che desta nell'animalavoce deU'pternità; èuna
tenebra che lampeggia sprazzi di luce;un
mistero che svela grandi verità!Come
risaltano così tutti affastellatie asserragliati nella ganga,assai meglio che torniti e disposti in bell'ordinein elegante scansia!A
con- templarli dove SI sono formati l'è propriotutt'altro;come
avedereun
uccelloimbalsamato
eduno
vivo,un
fiore rugiadoso inun
prato eun
altro disseccato in
un
erbario!Qui poi
hanno una
cert'aria dominatrice,come
di altrettanti piccoli sovrani; ecome
spiccano sulle rocce amorfe vicine!Lasciamo
a destra Zotta Fiinna, a sinistra la Vaiata Taranella, e c'inoltriamo inmezzo
a boschetti di faggi molto pittoreschi, che fa- cendosisempre
più bassi, ci obbligano spessoad andar carponi, quasi invitandoci ad osservare le meraviglie che calpestiamo.È un
calcare zeppo proprio di conchiglie,che perlastrutturalamellosarammentano
le ippuriti. In taluni punti poi diventa così ricco di concrezioni (ooli- tico),
da sembrar
formato di goccioline di latte pietrificate.—
L'aria è tutta pregna di cento aromi, di cento profumi, fra cui primeggia,come una
voce che trionfi sul concerto di un'orchestra, quello soavis- simo deWaì'temlsia cainphorata.Qualche
gentileaspenda
odoratacongli steli delicatissimi e le foglioline verticillate, e qualche cephalan- therapallens dalle formeeicolori squisitamente eleganti, contrastano
magicamente
col tozzo ed ispido carxìnus mitans.U
urtica hispidaforma
dellemacchie
folte e verdeggianti, lai)la>itaffo cupani soffici tappeti.Guadagniamo
con poco stento il Pizzo Antenna. Diforma
proprio conica, sovrasta aduna
larga e frastagliata catena di monti, elevan- dosi all'altezza abbastanza ragguardevole di 1975 metri;non
è vera-mente
gran che,ma,
per la Sicilia, è la maggioredopo
quella del- l'Etna, e spicca di molto essendo a breve distanza dal mare. Vi troviamo gli amici d'Isnello che ci attendono, e cifermiamo
insieme a godere di tanta sublimità dipanorama,
che a dcscrivervelo sarebbe sciuparlo. Impossibile poi narrare l'emozione che provasi di lassù:quel
mondo
grande che tutto si abbraccia con lo sguardo, quell'im- medesimarsi conlanaturae sentirsi tutto suo!Scemando
l'individualità ci si sente migliorati: la coscienza diventauno
specchio, in cui si ri--
10—
flettono divine bellezze, l'anima si perde
come una
nebulosa nel granmare
del creato e inun
punto solo si concentra sfolgorando di luce, l'intimità dell'affetto!Ma
ritiriamo lo sguardosgomento
dell'immen- sitàevolgiamolo allebalzecirconvicine.Che
tesoridi fossili! che banchi ricchissimi di zoofiti coverti dauna
flora alpina tutta particolare! Ilcerastiumtomentosiim,
uno
deipiùcomuni
epiù vaghi ornamenti delle Madonie, colle foglioline bianchee vellutate e la nivea sideritis sicula colle foglioline'sericeericordano Vedelwels,come
la draba cuspidata la cherleria sedoides.La
viola, poi, e l'alisso nebrodensiMa
che dire diuna
flora così varia, così ricca, cosìnuova?
Potrei io bastare a tanto?Non
sarebbeuna
pretensione, anziuna
temerità?Ad
altriassai più degni dime
eben
più avantiin questi cari studi quest'altocom-
pito è riservato!
Discendiamo
nella fossa Filata, che ci separa dal PizzoPalermo.È
dessa molto pittoresca,
ammacchiata
di faggi,sotto i qualisi stendeun
tappeto di vaghissime margheritine, interrottoqua
e là da qualchemasso
brullo, ricco di corallarii.I pizzi
Palermo
eCarbonara
rivaleggianofraloro; il secondolavince appena, raggiungendo un'altezza di 1971 metri.A
breve distanza l'uno dall'altro sono ricongiuntida una
scabra schiena di rupi, che ricorda lontanamente quella che sta sotto il Malera nelle Alpi venete.Sono
due cime gemelle; due grandi giganti pietrificati che incrociano le irsute braccia; due eccelse vedette,chedominano
tutto ilmar
nordico della SiciHa, sotto ilcomando
del Pizzo Antenna, checome una
sen- tinellamuta
e severa ne trasmette i messaggi al grande imperatore:il Mongibello.
— La
vista che vi si gode è taleda smuovere
edentu- siastare l'anima più sorda alla voce della natura.—
11monte
di Ga- talfanosembra un
guscio di noce; quello diBusambra,
che a guisadiuna
grande laminas'ergea piccosulbosco dellaFicuzza, quello grande diCammarata,
ove qualcheanno
fa inuna
escursionescoprimmo un
nido di lupi(1), quello diSan
Calogero, che si costeggia in tutti iversi con la ferrovia e
sembra
quasi inseguirla, vistidi quassùsem-
brano pigmei; eppure tutti superano i mille metri. In taluni giorni, dicesi, si giunge a scoprire confusamente ilmare
del sud, e tutto per intero il litorale nordico della Sicilia.— A
tracannare a gran sorsi quell'aria fine e ossigenata si sentecome
purificarsi; il sangue scorre più celere, il cuore batte più frequente, l'attività della vita si ringa- gliardisce: l'èun
rigoglio di energia,un
risveglio di forze occulte e disusate,un
ringiovanire.— Tanta
magnificenza di prospettiva,come una
grande sinfonia che corra sublime sul tumulto dissonante dei suoni e poi tutta si slarghi fluente inun
fiume di armonia, fuggeda
(1)Uno dei lupiciattoliportati con noi, nutrito dal SocioHirzeI, quandofuadulto,non potendosi tenero in casa pergl'istinti voraci, fu ucciso, edoraimbalsamato, si ammira nellasede delnostro Club.
—
11—
picco a picco,
da
scoscesa a scoscesa, si sprofonda nelle valli, si di- stende nei piani, si rizza arditamente ad altezze imprcvediite, e poicome
inun
dolceabbandono
si riposasull'immensadistesadel mare,...grande amico, o
mare
infinito, che sfavillante di luce lambisci questi cari lidi, e ceruleo ti dilunghi nell'orizzonte confondendoti inuna
tinta col cielo! Chinon ha
avuto la fortuna di contemplaiti cosìda
vicino, e da tanta altezzanon può comprendere
il fascinocheeser- citisui cuori;sia che lo sguardotranquillo e fidente erri sulletueonde come
in un'eternità di pace, siache scrutatore discenda neituoi pene-trali brulicanti di vita a ricercarvi i posteri dei costruttorideimonti!
Rimembranze.
E
si ricordanomemorie
meste,ma immensamente
care:passeggiate lungo il lido alla brezza della sera; giteinbarca alchiaro di luna; si riveggono sembianze
amate
perdute nel buio degli anni.Pupille
da tempo
velate dalla gelida morte,ma
il cui bagliore resta eterno nelleanime
nostre,tornano a rimirarciaffettuose.Rimembranze
quasi confuse e
immedesimate
nell'intimo del nostro cuore, si schiu-dono
inun
soave sorriso,come
vaghi fiori, che celati nel gorgo pro- fondo diun
lago, si sollevino per incanto esalando effluvi diprofumo!E
sirammentano
le delizie del nuoto; la frescuradelleacque; pare quasi sentirle scorreremorbide
e carezzevoli lungo i nostri fianchi;scivolarvi su rapidamente; abbandonarvisisupini
come
ingrembo
allamadre
natura; sprofondarvisi a spiarne i misteri; trovarsi lì giìi inun mondo nuovo
popolato di alghe, di molluschi, di briozoi; risollevarsi di scatto anelanti a trangugiare avidamente l'aria, che si sentiaman-
care.
—
Si va bordeggiando la spiaggia, adagiandosi di tanto in tanto sulla soffice e tepida arena luccicante di mille riflessi adamantini,contemplandone
la superficie meravigliosamente ondulata,come
se li-quida anch'essa, osservandovi qualche elegante asteride dai colori rosso
fiamma
che si avanza cautamente, o qualche furbo paguro chesi appiatta in attesa di preda.
—
Si costeggiano le scogliere, che al- l'urto dei marosiprendono
le forme piìi fantastiche; vi si ricercano le foladi roditrici, le attinie coralliche conampia
corona di tentacoli dispiegata, le aplisie molli e turgide, i delicati acalefi. Si osserva l'al- ternarsi delle maree. Si nuota contro il solecome
inun
fiume di liquida luce. Si ritorna alla rivaperriposarsi sui voluttuosigiacigli,checiapprestano le alghe.
Oh
le alghe!Che
meraviglie in esse!Che
misteri di vegetazione e di riproduzione!Che
splendore e varietà di specie!Se
ne conoscono più di 2000, chi sa quante ne restano ignote; Linneonon
ne contava che 50!Se
la crittogamia fu paragonataallaOceania, in cuiogni isola-
12-
sta da sé e niente
ha
dicomune
con le vicine, quanto tal paragonesi addice
maggiormente
a questa classe in cui il polimorfismo sale all'apice!— Ve
neha
di tutte sorta, di tutti colori, di tutte fogge.Tahme
si dilatano in lamine larghe e sottili, altre si distendono in lunghi nastri fettucciati, in finissimi steli piurniformi,in eleganti pen- nacchi, in graziose ombrella, in larghi ventagli.Qual
contrasto tra il rosso porporino delle floridee e il verde pallido delle conferve e delle ulve; tra le forme giganti delle durvillee e delle laminarie e le vaganti piccole oscillane?Fra
iprotococcus, i cui otricelli rappre- sentanouna
microscopica repubblica cantonale autonoma, e i grandi sargassi veri lord tirannicisovrani dell'Oceano?Che
varietà tralefoglie a nastri di talune ulve e laminarie, che Payer rassomiglia alle sagit- tarie,equelle delicate delleconferve e dellevaucherie,che ricordano ilramincidus aquatiUs?
Talune
galleggiano,altreamano
i bassifondi. Vi sono specie e generi particolarinon
solo alle varie zonediprofondità,ma
ai vari paraggi, ai vari mari, con lagrandezza dei qualimostrano
ancheun
rapporto nelle dimensioni: il Mediterraneoabbonda
di ìilva,ceramium, caulerpa; l'Oceano artico è pieno di laminarie semplici e di
immensi
fucus; l'Antartico di gigantesche laminarie e durvillee ed è sprovvisto di fuchi, che dan posto alle cystoseira, e quindi ai sav' gassimi,chevi crescono così abbondanti da formarboschi,alcuipara- gone sono pigmei leforeste vergini.Se ne
sono estrattiramilunghiben
366 metri.Ma
anche senza andar lungi dai nostri lidi,non
èuna
delizia tuf- farsi ad occhi aperti nelleonde
cristalline edosservarelaverzura,cheammanta gh
scogh sottostanti?Tra
quei meandri e quelleombre
mi- sterioseamoreggiano
i molluschi, si abbarbicano le oloturie, branco- lano crostaceidallepiùstraneforme, si annidano misantropigliechini, s'intanano nei loro tubi le serpule, ricamano meravigliosi tessuti ibriozoi; flessuosamente circolano intere colonie di pesciolini, bevendo l'acqua ossigenata dalle alghe. Sì, anche questo ci
danno
le nostrebuone
piante,né
già solo quelle verdi: tutte, di qualunque colore, fruiscono di tale proprietà.Qua
i flutti, le correnti, lemaree
fannodellegrandi erosioni: forano antri cavernosi; scavano spelonche basse e profonde, dove si riperco- tono conplumbeo
muggito; scalzano attorno attornoscoglienormi, chesiscoscendono eavvalangano contonfi fragorosi.
Là
invecerotolanoca- taste enormi di ciottoli stritolati;accumulano
estese colline di fina e bianchissima sabbia; chenon
si credagiàrestialungosterilee brulla.No;
la vitasene impadroniscesubito:vicomparisconosino alambireleonde
lecaricipennacchiute{e.distans),lestaticiarticolate (s.Umonhim),
lesalsolecoralline(sai. sod(e),\Q euforbie pineeformi (eii.
paraUas,
eu.2nnea);poi boschettidi tamarici, mirti, pistacchi...inghirlandati
da
veccie eda
latiri, vaghi padiglioni alle rosee eritree e alle vellutateorchidee, che si sollevano giocondamente framucchi
di candide telline, di rossi—
13-
spondili, di ceruleemactre, di
donax
violette.Dove
invecelacostaè roc- ciosa sono le littorine, le patelle, le fasianclle cheabbondano
; sulle crestedelle rupi flagellate dalleonde
gareggianoifiori gialli deibuftalmi{h. marithnuin) coi violetti delle mattiole (m. trlciispidata).
E
se rugge la procella e i cavalloni si rincorrono,siurtano, si fran-gono
spumeggianti? Allora sì, si sente tutta la voluttà del pericolo !Vi sonoinvero
momenti
in cui siresta annichilitietravoltinegli abissi.Ma
avviene subitouna
reazione: il vigore ritorna, la gagliardia si ri-tempra, l'orgasmo della lotta rinasce, si rimonta su col sorriso del trionfo sulle labbra, l'entusiasmo della vittoria nel cuore....
E
la fan- tasia ci trasporta alle grandi tempeste dell'Oceano, là dove leonde
si elevano
come
liquidi monti e corrono precipitosamentecome
treni alla piia turbinosa velocità. NellaManica
se ne sonviste alte 32metri;alle isole
Marianne
si spezzano così violentemente contro la rocca" la moglie di Lot „ che la loro
spuma
sale sino a 120 metri. Ilmug-
gito dell'onda che flagella la punta di
Penmarch
si sente sino a 40 chilometri.Ma
dovemai
trascorreilnostropensiero?È fenomeno
strano chenon
si arrivi a sprofondarsi subito nella contemplazione diciò che è vera-
mente
grande; sidirebbe quasicisiauopo
dielaborarlo nellamemoria.
L'è
come
nella musica:non
si apprezza da principio che l'eco di ar-monie
intese altra volta; poiapocoapococisiorizzonta,sidiscernono sprazzidiluce,un
fascino potente si vaimpadronendo
di noi,si finisce per restarnecompletamente
ammaliati.—
Riconcentriamo il nostro spirito in più profonda meditazione. Ciò che è veramente sublimementre
ci attira, dall'altro canto ci respinge; lamente
provauno
stento per carpirlo, per assimilarlo; tutti sentono l'entusiasmo di grandi ispirazioni,ma
pochisanno
fermarsi ad ascoltarle. Tutto sta a secondare ilprimo
slancio istintivo dell'anima.La
strada già fatta si rifapoi piùfacilmente e siacquista anzi attitudine a progredire ancora in avanti verso l'ultima mèta, ilsupremo
perfezionamento morale.Lasciamo
per'unmomento
diammirare
i dettagli di questo grande quadro, che ci sta dinanzi; cerchiamo invece di abbracciarlo nel suo insieme.Procuriamo
di acclimarci all'immensità, cheda
ogni lato ci avvolge e compenetra; tuffiamoci inconsci e fidenti nel granmare
del- l'universo.Faguare.
Di ritorno alle Faguare, profittai della mezz'ora, che
rimanea
pel pranzo,onde
osservare se nel versante opposto al canaledelRomito
si ripetessero le stesse rocce. Vi trovai invece
un
bel calcare molto dolomitico, bianco grigiastro, assai potente.Non
ebbi peròtempo
di salire incima
al Pizzo Ferro (1907m.), perchè annottava.—
14—
Ed
ecco venirmi incontrouno
deicampai
delBarone
Turrisi con qualcosa di prezioso perme.
Sitrattidiuna
trovatura? Altro che!La
pietra dell'oro!
Mi
dolse far cadere l'illusione: erauna marna
cinerea delMonte
Scorsone indorata da pirite ferrica.Prima
che imbrunissesiféun
po' di esercizio altiro, dove sidistinsesommamente
il barone Giaconia, perlagrande prontezza e maestria.— La
tavola fu imbandita sottoun
padiglione di verzura, d'onde pen- deanodellecandeleinglobi variopinti,che faceanoun
bellissimoeffetto.L'appetito era formidabile.
—
Finito il pranzo restavamoun
pezzo a godere di quelmagico
luogo.Quando
cominciò ad abbassare rapida-mente
la temperatura, e il mercurio deltermometro
a precipitar giù grado a grado. Ciguardammo
scambievolmente occhi tra occhi, coi visi lunghi lunghi; poi, quasi ci fossimo dati l'intesa, ciavvolgemmo contemporaneamente
nei nostri bravi mantelli; qualcuno anche nella coperta da notte.Vi erano figure così orientalida
destar l'estro diun
Ussi.
Capitolammo
infinead uno
aduno
battendo ritiratanellecapanne.Il vento s'insinuava
da
tuttelefenditure,ma
ciriscaldaval'emozione provata. Tutti i sentimenti, tutte leemozioni si rimuginavano, si assa- poravano, si eternavanonelnostro cuore.Ogni
immagine,ogni pensiero sianimava
colorandosi diun
che di fantastico e d'indefinito.Nascea una
dolce confusione,un
avvicendarsi troppo rapido d'immagini e di cose,una
vaga perplessità, che ciandava
togliendo poco a poco la coscienza di noi stessi.E
ci parca di volare a traverso lo spazio inun
grato obliocome
affidati in braccio al destino in cerca di
un
paese ignoto, lontano.Era una
corsa vertiginosa:come piume
fuggivano sotto di noi le nubi;isole, mari, continenti si succedevano, sparivano.
Giungevamo
inbreve ora alle squallide lande del polo. L'atmosfera si facea più densa e più buia; si correa, si correa,ma
piùlentamente;eil respiro diveniva più difficile, ci si sentivacomprimere
ai fianchi; ci trovavamo per in-canto nelle profondità oceaniche!Circolavamoattorno a grandiboschi di alghe,a
enormi
banchidicoralli; traversavamo fitti strati di piccoli crostacei; ci fiottavano a fianco,come
grandi navigli sottomarini, tur- gide balene; ci aprivamo il varco attraversomasse
gelatinose di pro- tozoi, sotto estese isole di ghiaccio galleggianti.A quando
aquando
incontravamo qualche superstite delle grandi rivoluzionigeologiche, qualchetomacari,qualchepleurotomaria,qualche nautilo, qualche micraster.Che
dire poiquando
ci era la vista velata da miriadi di milionidiglobigerine? 11grandelavorìoditrasformazioneci appariva gigante, le grandi forze della natura ci simostravanonella loro sconfinata potenza.
Volavano
anni, secoli, milioni di secoh; vede-vamo
sorgerenuove
isole; formarsi nuovi mari ; sprofondarsi interi continentiUno
sbalordimento ci prese;un
fremito ci scorse per lefibre, checi fé' rabbrividireTrasalimmo
irri;:(iclitiEra
slatoun
sogno... dove—
15—
ci
trovavamo?
Scrosciava fuori lapioggia; e dentro?Provammo
anon
crederci;brancolammo
intorno per trovare qualcosa di asciutto,ma
invano.
Pochi
momenti dopo stavamo
tutti accoccolati allameglionelcentro delpagliaio attornoadun buon
fuoco nutritocogli stessivimini strappati ai nostri giacigli. Quelle bellefiamme
confortanti si elevavano a più diun metro
riflettendosi inmodo
strano su i nostri volti scompigliati e sullemadide
coperte che ci coprivano; iltermometro
segnava tre gradi.L'alba del 26 fu
ben
tarda a comparire; la pioggia continuava or più fitta or più rada; poi con qualche intermittenza. Verso le 6 si al-ternava con
un
vento gagliardo che traeva daiboschivicini suoniinar- ticolati; pareano voci spezzate, singhiozzi compressi, fremiti di ansia indicibile. Calavano nebbie paurose dai monti; tenendosibasse basse passavano e sfuggivano rapidamente per la gola della valle,come
truppemisteriosechiamateall'accolta.Versoleotto,cessandolapioggia, e schiarendosi alquanto l'orizzonte, a malincuoreabbandonata
l'idea di recarci allaMadonna
dell'Alto,davamo un
addio alle care pendici che ci avevano cosìamicamente
ospitati, e cimettevamo
in marcia forzata per Castelbuono.Paguare-Castelbuono
.
Si discendeva per sentieruoli perduti in
mezzo
a forre incantevoli;si risaliva su di erti ciglioni e
ameni
poggi, che apriano la vista di pittoresche e verdeggianti vallate; si traversavano erbosi altipiani co- verti di ferulacee e di felci, sulle quali frondeggiavaqua
e là qualche quercia annosa.Le
rocce si succedeano con rapida vicenda; si dovea però contentarsi diuna
sola occhiata fuggitiva. Il vento sbuffava fu- riosamente; le nebbie si rincorrevanoci percoteano di fronte e passa-vano
oltre,come
squadroni di cavalleria in carriera.Se
peròci toglie- vano parte delpanorama,
ce lo rendeano più fantastico: queicampi
di felci diventavano sconfinati acquistando
un
che di misterioso e di selvaggio,degno veramente
del pennello di Pasini o di Loiacono;parca di
camminare
nella plaga recondita di qualche pianeta abitatoda
esseri invisibili.—
L'ariaera profumatadall'aromatico olezzo della mentilapidegium.Qua
e là faceano capolino la vaghissima eudianthe ccelirosa, e la graziosa scutellariaperegrina.Avvicinandoci a Castelbuono
una
grande oppressione siandava
im-padronendo
dinoi:ilsolecoceva ardentemente, ilpolmone
giàavvezzo all'aria pura e leggera dell'altoparcastentassearespirare. Giuntiperò alla casa ospitale del baroneTurrisi,bisognaconfessare,provammo un
gran senso di benessere._
16-
Anche
questo vantaggio cidanno
le escursioni alpine: col privarci dei piccoli conforti della vita, resici indifferenti dall'uso, ce li fanno vieppiù gustare ed apprezzare, facendoci anchebenedire la civiltàche ce liha
fornito.—
L'alpinismo è ancheun buon
antidoto alla mi- santropìa.— Dopo un
lauto pranzo offertoci dal Socio nostro ospite, accompagnati dal sindacoe dal cav. Levante,della cui cortesia ciresta gratamemoria, femmo un
giro per la città sino all'antico castello dei Geraci, le cui forme nel buio della sera biancheggiavano fantastica-mente
trasportandoci nel romanticomedio
evo.Di ritorno,
mi
congedai daicompagni
e dagli amici e corsi difilato in casa del dott. Mina,ilcuinome mi
era già notocome
quello diun
insigne naturalista, e possessore d'interessanti collezioni paleontolo- giche.—
L'impressione cheprovai nell'avvicinarequest'uomo,cosìumile e così grande, e che in tanta bontà nascondeun
tesoro di scienza,non
èadescriversi.E uno
di queitipiall'antica, che adesso pur troppovanno
sparendo;uno
di quelli in cuinon
sisa se èdaammirar mag-
giormente l'acumeolalimpidezza dellamente, l'elevatezzaolaseverità dello spirito.Appena ne
lo pregaimi
mostrò i fossili che ci possiede del terziario dei dintorni di Gastelbuono.Ed
io, avendovi subito rico- nosciutouna
bellissima cassidaria nuova,credetti fargliomaggio
dedi- candoghela.—
Assai crebbe di poi lamia ammirazione quando
ebbi agio di esaminare la sua magnifica e ordinatissima raccolta dei mol- luschi delleMadonie
e quell'altra ricchissima esostorica.Mi
sorprese principalmenteuna
freccia con i lembi acutamente dentati.Ma
la scienza delMina non
si limita a questo: anco la botanica vi occupaun
posto precipuo; ne fannofedeil fornitissimoerbario,e lo stupendoalbum
in cui,onde
perpetuarneagliocchi suoilafreschezza,ha
ritratto al naturale quasi tutta la flora nebrodense. Un'impresa così ardua gli è riuscita splendidamente, l'esecuzione è meravigliosa, e' èun
risalto,una
vivacità di colori che incanta.Mi
mostròun heWhehjchnjsum
(seben mi
ricordo), che egli reputa specie nuova.Un
sistema simileha
adottato per la fauna ornitologica nebrodense. Nello sfogliare quelle pagine in cui è trasfusa tanta bellezza della natura si sentecome un
rigoglio di gioventù,
un
effluvio dicarememorie
e di speranze.La
gita in Gastelbuonomi
porse anche occasionedi far conoscenza conun
distintissimo giovaneentomologo
ilsig.L. FaillaTedaldi, autore di un'interessantememoria
sui lepidotteri delle Madonie. Ebbi ancheda
luiuna
bella collezionedifossih da determinare; e intestimonianza dellamia
gratitudineho
voluto dedicargliun
bellissimo fusus.— Ogni buona
conoscenza, ognibuona
amicizia che si contrae, è per la vita praticaun
grande acquisto eammaestramento, come
ogni relazione scientifica, che s'inizia, è impulso vivissimo alprogresso degli studi.E
l'influenza benefica della collettività, che reagisce su noi.
17
Castelbuono-Isnello.
Albeggiava... i miei
compagni doveano
partire fra qualche ora per Cefalù,onde
tornarelostesso giornoinPalermo. Ioperò,prima
ancora che si fossero desti, li lasciava per recarmi a Isnello,mèta
dellamia
escursione, e cheda
parecchi mesi aveva esercitato sume una
specie di fascino. Sìun
gran fascino! L'entusiasmo, che provaun
generale nelcampo
di battaglia, èminore
di quello che senteun
geologo nel trovarsi faccia a faccia alle rocce che studia,un
botanico inmezzo
alla flora che illustra,
un
zoologo inmezzo
alla fauna che classifica.Come
il capolavoro diun
grande artista, chesiè avvezzi adammirare
in copie
mal
fatte,visto nell'originale, ci meraviglia e sorprende; ogni fossile, ogni fiore, ogni insetto, che sirinviene, nuovi splendori ci sco- pre,nuove
meraviglie ci rivela.La
via tra Gastelbuono e Isnello è in costruzione; gli spaccati però sono quasi tutti eseguiti, e si possono benissimo esaminare. Tutte le rocce che si traversano, tranne quella di Aquileia e Ruccazzu, appar- tengonoad
unica formazione.Sono
argille scagliose, che passano a quarziti grigiastre marnose,ben
stratificate.Nelle prime raramente si trova qualche fossile, nelle seconde quasi mai. In taluni puntivi
abbondano
però graziose alveoline neho
rac- colto qualche saggio proprio tutto zeppo. Alla lente poi visiammira
un'elegantissima struttura:
un
meraviglioso ricamotuttopunteggiato e filettato a maglia, così fine edelegante da disgradarne la tela di un'e- peira.— Tanto
nel contemplare nel suo insieme il creato, che nello scrutareun
piccolo organismo si restaugualmente
schiacciati dall'im- mensità;ma
h si perde quasi la coscienza di sé, qui invece l'anima tutta si riconcentra,e nel complicato magistero delmicrocosmo
incuisi affaccia, si sente pur regina. L'è
come ad
assistere adun
grande concerto di cori e di strumenti in cuisovranamente
s'intreccino, si completino, si confondano inuna
fuga vorticosa accordi, voci, disso- nanze, e nell'ascoltare inveceuna romanza
a solo, che pur variando in tutte le modulazioni, in tutte le cadenze, s'insinuida
sé voluttuo-samente
nelle più ascose fibre del cuore...Lungo
la strada s'apriano sorridenti inmezzo
a foltemacchie
ifioridella rosa sempervirens, i cui petali candidi n bicorni risaltavano vivamente sul verde intenso delle foglie; nei prati vicini il lathyrus sylvestrisinvaghissimifestonisfoggiava l'incanto deisuoi colori;piena di vita si affacciava dalle roccela sìlene fruticosa; nereggiava medita-
bonda
qualche euphorhia melapetala. Gli usignuoli gareggiavano in soavi gorgheggi alla tirolese, cullando l'anima inun
dolce trasporto.Antonio
De
Gregorio. 2-
18-
Isnello-Guardiola-Vallone-Cubo-Galefina.
Ricorderò
sempre
con gratissimoanimo
l'accoglienza ricevuta dagli amici d'Isnello, specialmente dal P. Isidoro Fiorino, chemi colmò
di ogni sortadicortesie; eppurenon
avevo avuto ancoralafortunadicono- scerlo, senon
di sfuggita sulle Madonie.Quando
vigiunsi lecampane suonavano
a stormo, perchègiornodi festa.Quell'onda sonorasispandeamaestosamente
intornocome
la vocedell'eternità. Nelle altezze il sen- timento si affina, la fede si purifica, piìi luminosarifulgel'ideadi Dio.Pranzai alla
mensa
del signor Fiorino, andaipoi a visitare il dottor padre Virga, col quale era stato già in relazione scientifica. Egli è ilMina
d'Isnello; autore diun
interessahtissimo lavoro d'illustrazione di quei dintorni,vi sidà
a divedere, oltrechevalentenaturalista, assai erudito eamante
di tutto ciòcheriguarda il suo paese.Accompagnato da
luimi
avviai in contrada Guardiola,ove raccolsi molti bei saggidi argille con fucoidi, e parecchi esemplari di corallarì,.tutti della fauna di Castelgomberto.Prima
che imbrunisse decisicondurmi
in ValloneCubo
a due chi- lometri da Isnello; dove, avevointeso daldott.Virgarinvenirsiqualchefossile.
Me
ne feci designare con esattezza la località, emi
ci avviaiaccompagnato da una buona
guida.Pur
troppo però,malgrado
lepiù accurate ricerche,non
riuscii a nulla; solo lungol'alveo raccolsimolti arnioni di perossido di ferro. Quand'ecco il signor Ortolani,possessore diuna
villa limitrofa,m'
invita gentilmente nella suadimora
,mi
of- fre due belli esemplari,promettendomene
altri, chemi
procureràrac-comandando
ai suoi contadinidifarnericerca.— La
sera passaiun'ora piacevolissima in casa del dott. Virga, chemi
mostrò, emi
offerse per studiarle, le sue collezioni paleontologiche.Come
avevo fatto pel dott.Mina
e Failla,ho
credutoun
segno di stimaericonoscenza dedi- cargliuna
specienuova
molto interessante.Il
domani
dibuon
mattinomi
avviavo ad esplorare lamontagna
Galefina, dove
mi
si diceva trovarsi dei birilli. Credevo che con talnome
si designassero delle belemniti, che nellaforma
li somigliano,ma
ero molto lontanodalvero.—
Ilsentieruolochepercorsi, costeggiail fianco del
Monte
Grotta, avvallandosi alquantoin contrada Middiuli e Oliva Maria, e poi elevandosi gradatamente.Dopo un
lungo tratto, volgendo a sinistra,monta
super Serra Tribona, econtinua per valle Nasca.—
L'ariaeraprofumata dall'aroma orientaledellasalvia sclarea;sul grigio del calcare spiccavano in geroglifici bianchi i contorni di grandi bivalvi (caprwae?).
—
Si giunge finalmente in valle Nasca.E un
luogo assai pittoresco: di faccia a destra si rizzauna
cresta quasi brulladirupimontuose, chesidisegnanofantasticamente sull'orizzonte;a sinistra
campeggiano
altre rupi, i cui profili si perdonoaccennando
-
19—
ad elevarsi ad un'altezza ancor maggiore; nel
mezzo
sta distesauna
gran falda di argilla scagliosa tutta denudata e in pendio, chedà
l'aspetto di
una
grande colata. Mentre la guida a tuttapossa ne rovi- stava le zolle conuna vanga
(essendoappunto in essa che si trovanoì così detti birilli), io dal
mio
cantomi
davo attorno per qualchefos- sile, e infinedopo
accurate ricerche con grata sorpresa,quando
giàne
avevo dimesso la speranza,mi
fu dato rinvenirne parecchi tutti della faunadiGastelgomberto: il turbo modestus, ilnanìis, ilcerithium muUisulcafìim, l'orbitoides dispansaVi raccolsi inoltre parecchi frantumi di quarziti incrostate di
rom-
boedri di calcitee di magnificicristalluzzi diquarzo ialino.Sono
questi ultimi i così detti birilli, che vi si trovano anco isolati inmezzo
alle argille scagUose.Intento nelle
mie
ricerchemi
ero inerpicato su peruna
schiena molto ripida. Per guadagnare l'altipiano sovrastantemi
occorreva ri-montare
ancora per pochi metri su peruna
specie di conglomerato a picco. Scandagliandoloosservai essereformato di ciottoli quasi sgregati, unitidaun cemento
debolissimo.Intanto era impossibile discendere; cosa fare? Ilmezzo
fu presto trovato: costruire col martello qualche gra- dinocome
nei ghiacciai. Salii cosìquasi due metri;quando
all'improv- visomi
sentiimancar
sotto il terreno: dovetti capitolare;destramente seppi sedermi in tempo, e giù giù peruna
cinquantina di metricome un
soldato di Napoleone., però senza cuoio sotto, e con dietrouna
folata di sassi, che a sbalzi
mi
rincorrevano. Giunsi in salvo in due minuti sulla spianata sottostante.Traversando delle bellepianure ondulate con dolci pendi,dovefron- deggia verdeggiante il
sambucus
niger, lieto di respirare ancora l'aria fina e ossigenata dellamontagna,
giunsi al cosìdettoPuzza
di Praci.E un
forame cavernoso,che siapre nelmezzo
diun'ampia
valle(come
la grotta dell'Asino nel piano della Battaghella),
dando
sfogo alle acque, senza il quale vi resterebbero carcerate formando,come
giu- stamente dice il sig. Failla, altrettanti laghi,È un
baratro largoun
venticinque metri e profondoun
centinaio, reso ancor più fantasticoda
stormidicolombiselvaticicheviriparano.Non
potendovisiaffacciare senza pericolo di sdrucciolarvi dentro, essendo le sponde moltoerose, sene
scandaglia la profondità, lanciandoviun
sasso, chenon
giunge all'imo, senon dopo
molti secondi e tutto scheggiato e frantumato.S'ode infatti
un
colpo sordo seguito asbalzida
tanti altrisempre
più fiochi, che si perdono infine lasciando nell'animaun
senso vago di mestizia e di eternità.E
pensare che è tuttoun
lavorìo dell'acqua!Qual
potenza distruttrice e ricostruttrice!Mentre
h si avvalla in tor- renti spumeggianti,e schiantandoesgretolando pezzidimonte
lirotola, li stritola, neforma nuove
rocce; qui invece s'apreuna
via attraverso le rocce stesse; insinuandovisi nei meati più sottili, ne discioglieuna
parte, ed elaboratola, ladepone in incrostazioni alabastrine.
—
20-
Lasciando adestra
Pizzu
de Pllu (m.1381),malgrado
leproteste della coscienzadialpinista, vinta questavoltada
quelladi geologo,imbocco
la valle di S. Maria di Gesù. Profonda, sinuosa, si scoscende in giìi
lentamente; è
mi
labirinto di massi sconquassati, molto azzurrastri esternamente,ma
che, spezzati, simostrano
sbiaditi e subdolomitici;pare proprio che due
monti
si sien dati di cozzo, frantumandosi le cervici.Il sole scottava, profondendo coi suoi raggi
nembi
di vitalità. Nellacampagna
eraun muto
risveglio;laforza organica imperava, lamente
n'era sbigottita.Vaiata Alloro.
Congedatomi
dagli amici, chemi
aveanofatto sì gentile accoglienza,mi
mettevo in via per Gollesano.Lungo
ilcammino non
lasciavo di osservare gli spaccati vicini. In contradaVarva
d'Oro lemarne
sca- gliose poggiano in pretta discordanza sulla dolomite, che affioraad
intervalli; ricompaiono gli scisti quarziferi. Quegli scogli dolomitici si rizzano
come
sdegnosi della loro sorte,come
proteste controildestino che liha
soggiogato,come
informi tested'immani
giganti. L'occhio spazia vìa via pei campi, corre peramene
pendici, risale diun
tratto le vette lasciate indietro, vi si posa tranquillo e giocondo salutandole fervidamente.A metà
via lasciai la rotabile a destra, internandomi nel magnifico bosco di Volpignano per recarmi inuna
possessione del sig. Fiorino, dove eglimi
aveva detto trovarsi degli strati molto interessanti.—
Ebbi
così occasionedipassare qualche oraincantevole in quella dolce frescura, in quei sentieruoli muscosi, sotto quelle querce fronzute e coi rami coperti di licheni, che faceanoun
delizioso padiglione.La
Vaiata Alloro èun
roccone alto, credo,un
centinaio di metri.A
salirvi offreuno
spettacolo meraviglioso.Le
testate s'ergono ritte e brullecome
a sfidare il tempo,ma
più spesso ricadono sconquassate in frantumi.Qua
e là sorge qualche gran nodulo di agatacome un
piedistallo spezzato.
E una
vista superba che ricorda i tempi diruti di Selinunte.La
roccia, inmassima
parte titonica, proseguendo in avantimi
parve mutasse di tinta e di struttura, ene
presiun
saggio. Esa- minatolo poi conla lente lo trovaizeppo di nummuliti.Se me ne
fossi avvisto allorami
ci sarei fermato,ma
giàsarebbestato inutile, perchè ormai la luce mancava, essendo tramontato il sole...Sì, era tramontato il sole! restava però ancora nel cielo