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CRESCITA E TURNOVER OSSEO: DALLA FISIOLOGIA ALLA PATOLOGIA Giovanna Weber, Marco Pitea, Mila Ann Kalapurackal

U.O. Pediatria, IRCCS Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

La statura di un soggetto è determinata principalmente dalla crescita delle ossa lunghe in senso longitudinale e dalle modifi cazioni vertebrali che si sviluppano dal 3° mese di gestazione fi no alla chiusura delle cartilagini di ac- crescimento .

La crescita scheletrica richiede un coordinamento funzionale tra apposizione ossea “modelling” e rimodellamento dell’osso già formato con deposizione di nuova matrice “remodelling”. Nell’età evolutiva l’attività di modelling è prevalente rispetto al remodelling.

L’accrescimento in lunghezza dell’osso avviene attraverso un processo che parte dalla cartilagine di accrescimento delle ossa lunghe (“ossifi cazione encondrale”) localizzato a livello metafi sario. La cartilagine di accrescimento è costituita da diverse zone con funzioni peculiari. Partendo dall’epifi si procedendo verso la diafi si sono:

- Zona di riserva cartilaginea

- Zona proliferativa: moltiplicazione delle cellule cartilaginee

- Zona di ipertrofi a: strato di cellule disposte in colonna che aumentano in volume

- Zona di ossifi cazione: vascolarizzazione del tessuto cartilagineo, apoptosi delle cellule cartilaginee che vengono poi trasformati in osteociti con formazione di tessuto osteoide che viene calcifi cato

Il turnover osseo è infl uenzato da numerosi fattori genetici-epigenetici, ormonali, nutrizionali, biochimico-moleco- lari, ambientali, legati all’attività fi sica, all’assunzione di farmaci o processi patologici.Tutti questi fattori possono contribuiscono in maniera diversa alla salute dell’osso sia nel periodo prenatale che in tutte le fasi dell’età evolutiva. Le cellule protagoniste della formazione ossea sono gli osteoblasti di derivazione dalle cellule mesenchimali, men- tre gli osteoclasti, cellule di derivazione ematopoietica, sono responsabili del riassorbimento osseo. Osteoblasti e osteoclasti interagiscono tra loro e con l’ambiente circostante attraverso un complesso sistema proteico (es. RANK, RANKL, osteoprotegerina, ecc.), attivato o inibito da diversi pathway di segnale .

La letteratura recente sta rapidamente migliorando le conoscenze riguardo al turnover osseo, fornendo così nuove chiavi di lettura per studiare meccanismi alla base di diverse patologie. Queste nuove acquisizioni potranno nel prossimo futuro essere spunto per lo sviluppo di nuovi target terapeutici specifi ci.

XXI Congresso

Nazionale SIEDP

Padova, 27-29 settembre 2017

Padova Fiere

La SIEDP

compie

40 anni

XXI CONGRESSO NAZIONALE SIEDP – PADOVA, 27-29 SETTEMBRE 2017 ATTI DEL CONGRESSO – RELAZIONI

Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica

ADOLESCENZA E DIABETE

… SOCIAL MEDIA

Angela Zanfardino

Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica “G.Stoppoloni” - Università della Campania “Luigi Vanvitelli” - Napoli

Per gli adolescenti con diabete mellito di tipo 1 è spesso diffi cile seguire il regime terapeutico composto da multiple iniezioni giornaliere di insulina, multipli controlli della glicemia, calcolo dei carboidrati assunti, valutazione e calco- lo della dose di insulina corretta in base al pasto e alla glicemia. Una perdita di aderenza terapeutica, per questi pazienti, corrisponde ad aumento dell’emoglobina glicosilata. Dal momento che un cattivo controllo metabolico è correlato a complicanze croniche (retinopatia, nefropatia, neuropatia) e a complicanze a breve termine (ipoglice- mie e chetoacidosi diabetica ), aiutare il paziente con diabete durante un periodo così delicato e complesso della sua vita quale è l’adolescenza, è una priorità.

La condivisione di informazioni personali sul diabete di tipo 1 può aiutare gli adolescenti a ottenere assistenza so- ciale e migliorare la cura di sé stessi. Le tecnologie che si utilizzano per la terapia del diabete, le comunità online e gli interventi sanitari sono sempre più caratterizzati da una condivisione dei dati

Social media, in italiano media sociali, è un termine generico che indica tecnologie e pratiche in rete che le per- sone adottano per condividere contenuti testuali, immagini, video e audio. Un termine che indica lo stesso sistema comunicativo è Web 2.0 che indirizza a servizi di collaborazione su internet caratterizzati dalla partecipazione attiva dell’utente nello sviluppo e controllo dei contenuti.

Sebbene già nel 2011 Iafusco e collab. abbiano affrontato l’argomento della comunicazione on line mediante chat negli adolescenti con diabete mellito, solo negli ultimi anni, la letteratura scientifi ca si sta occupando di tale sistema di comunicazione sociale quale alternativa alle visite diabetologiche tradizionali o alle telefonate classiche.

Vaala e collab., in uno studio recentissimo, hanno valutato la volontà degli adolescenti di condividere informazioni personali sul diabete con i coetanei. Gli autori concludono che gli adolescenti sono portati a condividere le infor- mazioni collegate al diabete soprattutto se hanno un buon compenso metabolico e una reale convinzione che condividere può dare benefi ci sociali e di salute.

Yi-Frazier e collab. hanno esplorato la fattibilità di utilizzare un’applicazione di telefonia mobile per la condivisione di foto, Instagram, per realizzare i principi di Photovoice, in pazienti adolescenti con diabete di tipo 1. Quest’ultimo è un metodo di ricerca sviluppato per aiutare le comunità a condividere le immagini come uno strumento per la discussione di questioni chiave. Venti adolescenti con diabete di tipo 1 sono stati invitati ad usare Instagram per pubblicare qualsiasi foto correlata al diabete per 3 settimane. I partecipanti hanno dichiarato universalmente che il progetto è un’esperienza positiva, tuttavia, ci sono stati fattori tecnologici e personali da considerare per una diffusa implementazione.

Petrovski ha analizzato un altro social network (Facebook). Sono stati osservati 56 pazienti pediatrico-adolescen- ziali in trattamento con microinfusore e sensore. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi (comunicazione tradizionale vs social media). È l’unico lavoro che si è occupato di un confronto così diretto. L’osservazione è durata un anno. Entrambi i gruppi hanno migliorato e mantenuto costante il controllo metabolico, ma i pazienti hanno gra- dito maggiormente la comunicazione tramite i social media. Gabarron si è occupato di Twitter valutando però solo il livello di diffusione e attività dei tweet sul diabete.

Diversi autori si sono occupati di analizzare i vari gruppi sui social network che si occupano di diabete mellito di tipo 1 , e concludono che sebbene questi gruppi hanno in potenza la capacità di migliorare il controllo metabolico e anche l’autocontrollo del paziente diabetico, andrebbero guidati per promuovere atteggiamenti e comportamenti positivi.

Infi ne Giménez-Pérez e collab. sostengono che, sebbene siano in aumento esponenziale i sistemi on line a scopo sanitario, l’utilizzo di Web 2.0 e di applicazioni, è basso.

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