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«Noi quest’anno abbiamo chiuso…con quaranta milioni di fatturato ma tutti i soldi…gli utili li abbiamo fatti sui zingari (sic), sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati. […] Apposta tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? […] Il traffico di droga rende meno.248»

1 - La banda della Magliana e Romanzo Criminale

«Between: Romanzo criminale ha avuto fortunatissime trasposizioni televisive e cinematografiche; lei è sceneggiatore oltre che scrittore. Quali problemi pone il passaggio a un altro mezzo espressivo? Implica sempre un taglio narrativo diverso e un tipo diverso di

247 Ibid., pp. 67-80.

248 Questa intercettazione di un imprenditore coinvolto negli affari di Mafia Capitale sintetizza appieno quali

sono i protagonisti e i traffici criminali al centro della rappresentazione mediatica della criminalità organizzata romana degli ultimi anni. Alberto Vannucci, Tra area grigia e «mondo di mezzo»: anatomia di Mafia Capitale, in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali», 2016, n. 87, pp. 48-49.

164 approccio alla storia collettiva? De Cataldo: Necessariamente. Sono linguaggi diversi che presuppongono codici alternativi e spesso conflittuali fra loro. Il libro è il regno dell'ambiguità, siamo tutti autorizzati a immaginarci il “nostro” Freddo o il nostro Libanese. Cinema e televisione ci danno volti, cancellano lo spazio bianco fra una riga e l'altra, impongono velocità e direzionalità dell'azione. L'approccio diverso, che voi giustamente sottolineate, produce, fatalmente, esiti diversi. A me piacciono tutti questi linguaggi e tutti li pratico, quindi non faccio graduatorie. Preferisco cullarmi nella convinzione (o è forse un'illusione?) che ogni storia possa trovare più linguaggi per essere raccontata, e che ogni lettore o spettatore abbia il diritto di scegliere quello che più lo convince. E, naturalmente, riconosco a chiunque il massimo diritto di critica.249»

Parlare della banda della Magliana, il gruppo criminale protagonista dell’universo narrativo di Romanzo Criminale non è semplice, innanzitutto perché giuridicamente non si può parlare di associazione mafiosa in quanto la stessa Cassazione all’epoca dei processi si rifiutò di ricorrere all’articolo 416 bis della legge antimafia250.

E’ preferibile piuttosto usare l’espressione agenzia del crimine o holding politico- criminale ma nello specifico è stato il giudice Libero Mancuso a trovare una definizione più appropriata per la banda, parlando del «luogo nel quale l’Antistato consuma tutto il suo potenziale eversivo e antagonista per diventare esso stesso, attraverso una serie di passaggi mediati, di apporti operativi e ideativi, “istituzione, sistema” che si arroga il diritto di eliminare tutte le sue variabili impazzite, di proteggere tutti coloro che operano all’interno delle proprie finalità.251»

Abbiamo già discusso nel primo capitolo di come il termine antistato possa essere ritenuto fuori luogo quando si parla di mafia, essendo le organizzazioni mafiose per loro

249 Dialogando con Giancarlo De Cataldo, in «Between», 2012, vol. II n. 3, pp. 5-6. 250 https://www.centroimpastato.com/la-mafia-a-roma/

251 Giovanni Bianconi, Ragazzi di malavita, Baldini Castoldi Dalai Editore, ed. ebook, Milano 2004,

165 natura parassitarie delle istituzioni e quindi non inclini a neutralizzare del tutto lo Stato. In questo caso però non solo non parliamo di un’organizzazione mafiosa in senso lato ma la banda della Magliana è nota per essere entrata in affari anche con la loggia massonica P2, i servizi segreti deviati e i terroristi neri, entità sovversive che effettivamente nutrivano mire destabilizzanti per l’ordine costituito.

Si sono costruite diverse dietrologie e teorie complottiste attorno a questo gruppo di malavitosi che da un quartiere di Roma come quello della Magliana, è riuscito a conquistare il controllo pressoché totale sui traffici illeciti della capitale, dal commercio di droga e di armi fino ad arrivare ai sequestri di persona. In sostanza sono due le dimensioni che attraggono maggiormente, la prima è proprio quella più fitta di misteri e riguarda le presunte protezioni e gli accordi segreti ottenuti dalla banda in scambi opachi con le istituzioni deviate e di conseguenza il coinvolgimento della banda in alcuni fatti di cronaca storici come l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli nel 1979, il tentato omicidio dell’ex vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone o il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna; la seconda è quella più intima e riguarda i protagonisti della banda, le loro esperienze e il loro coinvolgimento in un conflitto acceso per le strade di Roma, dove per la conquista del territorio non sono mancati i cadaveri lasciati per le strade o quelli scomparsi seguendo il modello della lupara bianca.

Tutto questo è avvenuto principalmente tra la fine degli anni ’70 e tutti gli anni ’80, e forse proprio per questo motivo se ne parlò pochissimo all’epoca, in quanto l’agenda pubblica era dominata da questioni mediaticamente (e non solo) più importanti, pensiamo alle guerre di Cosa Nostra, al maxiprocesso e alla lotta al terrorismo252.

La banda della Magliana nacque formalmente nel 1977 a Roma su iniziativa di Franco Giuseppucci (Pietro Proietti detto er Libanese in Romanzo Criminale) che dalle ceneri del

166 clan dei Marsigliesi253 riuscì a dar vita ad un sodalizio capace di esercitare il proprio potere su ben quattro quartieri della capitale: Trastevere-Testaccio, Magliana, Acilia-Ostia e Tufello-Alberone. Il primo quartiere era guidato da Danilo Abbruciati (Nembo Kid in Romanzo Criminale) che si occupava del riciclaggio del denaro sporco anche grazie ai rapporti con la cupola di Cosa Nostra, da cui emerse il mafioso Pippo Calò (Zio Carlo in Romanzo Criminale). Danilo Abbruciati venne ucciso a Milano nell’aprile 1982 nel corso di un’azione intimidatoria contro il già citato ex vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone, fatto ripreso pedissequamente anche all’interno della serie televisiva.

Il quartiere della Magliana era guidato direttamente da Giuseppucci in persona e all’interno agivano altre personalità raccontate nella serie come Marcello Colafìgli, Maurizio Abbatino, Antonio Iancini e Claudio Sicilia (in ordine er Bufalo, Freddo, Ricotta e Trentadenari in Romanzo Criminale).

La zona Acilia-Ostia era sotto il controllo di Nicolino Selis (Mario il Sardo in Romanzo Criminale) mentre quella Tufello-Alberone era guidata da Gianfranco Urbani (er Puma in Romanzo Criminale).

A partire dai primi mesi del 1978, rappresentanti di spicco dei gruppi terroristici neofascisti Terza Posizione e NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) tra cui Valerio Fioravanti e il famigerato Massimo Carminati si misero in contatto con la banda della Magliana per riciclare denaro proveniente da alcune rapine.

I rapporti tra i neofascisti e il gruppo di Giuseppucci si intensificarono sempre di più al punto tale che i NAR chiesero alla banda di eseguire una serie di attentati dinamitardi in

253 Il clan dei Marsigliesi conobbe in Italia un breve periodo di intensa fortuna tra gli anni ’60 e gli anni ’70,

quando i tre criminali Albert Bergamelli, Jacques Berenguer e Maffeo Bellicini provenienti da Marsiglia, porto internazionale in quegli anni per il traffico di droga, approdarono a Roma e si arricchirono soprattutto con i sequestri; pensiamo ad esempio a quello del gioielliere Gianni Bulgari. Alla fine degli anni ’70 numerosi arresti e processi misero la parola fine all’esistenza del gruppo, in parte soppiantato proprio dalla banda della Magliana.

https://www.raicultura.it/storia/articoli/2019/01/Diario-Civile---Il-clan-dei-Marsigliesi-a94430c8-3043-40ca- 84cb-e279b16854c9.html

167 cambio di suggerimenti e indicazioni su uomini facoltosi da sequestrare. Venne addirittura trovato un intero arsenale di armi all’interno del Ministero della Sanità, armi di proprietà della banda della Magliana e dei NAR stessi. Ciò dimostra i rapporti tra le due organizzazioni ma anche l’inquietante connivenza delle istituzioni deviate. Tale ritrovamento di armi viene rappresentato pure nella serie seppur con qualche parziale modifica ai fini della trama. Il rapporto tra fascisti e banda della Magliana col tempo divenne molto stretto, addirittura i vertici della banda commissionarono una serie di omicidi ai NAR offrendo ai killer le dovute garanzie in termini di protezione e tutela254.

Il nucleo originale della banda venne spazzato via nel corso degli anni ’80 da omicidi ed arresti e convenzionalmente l’esperienza della banda della Magliana si reputa oramai terminata anche se costantemente affiorano fatti di cronaca e testimonianze che sostengono il contrario255.

L’universo di Romanzo Criminale che trae origine dai fatti di cronaca accennati in questa sede è diventato col passare degli anni una semiosfera costituita da un ipotesto che funge da fonte principale, ovvero il romanzo di Giancarlo De Cataldo uscito nel 2002, e tutta una serie di ipertesti derivativi che hanno riadattato l’opera originale.

I personaggi del Libanese, del Freddo e del Dandi sono entrati all’interno dell’immaginario collettivo assumendo alcune precise specificità a seconda del testo di riferimento. Ad esempio il Dandi di Claudio Santamaria del film di Michele Placido del 2005 ha in comune con quello di Alessandro Roja della serie di Stefano Sollima del 2008-10 l’amore per le donne e il lusso ma differisce per il suo carattere a tratti bonario rispetto a quello avido, spaventosamente cinico e meschino della serie.

La crossmedialità di Romanzo Criminale costituita dai diversi media tramite cui è

254 Libero Mancuso, La struttura criminale della banda della Magliana, pp. 1-4. Si tratta del testo scritto di un

intervento del magistrato pronunciato a Roma il 19 ottobre 1990 nel corso del convegno sulla “Malaitalia” organizzato dalla Lega dei giornalisti.

255 https://www.adnkronos.com/2018/05/18/banda-della-magliana-esiste

168 stata raccontata la medesima storia, diventa transmedialità se ci riferiamo a quel processo di appropriazione del testo da parte dei fan che ha dato vita ad una serie di esperimenti interessanti come il corto La banda de Roma sud del collettivo di autori romani The Pills che ha ricalcato in termini parodistici alcuni aspetti della serie tv; in generale sono molteplici i video che su Youtube omaggiano la serie e i suoi personaggi256.

In questo senso la serie tv rispetto al libro e al film ha di sicuro attecchito maggiormente nell’immaginario collettivo ma prima di parlarne vediamo i tratti peculiari del romanzo e del lungometraggio del 2005.

Romanzo Criminale di De Cataldo del 2002 viene considerato uno dei capisaldi della New Italian Epic di cui abbiamo già avuto modo di parlare, in particolare pur trattandosi di un romanzo storico a tutti gli effetti che sullo sfondo di quanto accaduto durante gli anni di piombo in Italia fa agire dei personaggi solo vagamente ispirati a persone realmente vissute, il testo ha dalla sua una serie di caratteristiche di forma: in primis il romanzo ha un’estrema struttura frammentaria che lo divide in tre parti, in 25 sezioni e in un numero svariato di piccoli capitoli che vanno dalle due alle otto pagine; il testo inoltre vede l’utilizzo di un linguaggio semplice intriso di dialetto romano per i personaggi di borgata al centro del racconto che si avvicenda ad un linguaggio più alto e burocratico proprio degli ufficiali dei servizi segreti e all’uso dell’italiano medio del commissario di polizia Scialoja e della prostituta Patrizia. Infine vi è un utilizzo diffuso del discorso indiretto libero che crea uno spazio di negoziazione e di montaggio alternato tra la coscienza individuale del personaggio e il naturale disvelarsi della storia.

Il prologo del libro può essere utile come esempio. È ambientato nel presente a Roma e vede un vecchio esser derubato e picchiato da un gruppo di ragazzi. Ad un certo punto

256 Marta Boni, Mapping Romanzo Criminale. An epic narrative ecosystem? in «International journal of tv

serial narratives», 2015, vol.1, pp.78-81. Per il video dei The Pills invece: https://www.youtube.com/watch?v=j21kVpx8UYo

169 l’anziano «pensò che qualche anno prima, solo a sentire il suo nome, si sarebbero sparati da soli, piuttosto che affrontare la vendetta. Qualche anno prima quando i tempi non erano ancora cambiati.257» Il vecchio dopo aver ripreso conoscenza, raggiunge il capo della baby gang e lo uccide, ma non prima di avergli sussurrato delle parole sconosciute al lettore, il quale scopre solo che la reazione della vittima al messaggio è di puro terrore. Mentre le sirene della polizia arrivano, il vecchio inizia ad urlare l’iconica frase «io stavo col Libanese!» pensando che «un vecchio, ecco cos’era diventato. Passò una sirena. D’istinto si appiattì contro il muro. Ma non cercavano lui. Nessuno più lo cercava.258»

Emerge una forte malinconia per il passato, si deduce che l’anziano sia un ex membro della banda della Magliana, della banda del Libanese e che nonostante or amai tutti si siano scordati di lui, l’immaginario attorno alla famosa organizzazione criminale è ancora importante se lo stesso ragazzino prima di essere ucciso rimane terrorizzato dal messaggio sussurratogli.

L’omicidio del ragazzo è stato inutile, il personaggio al centro della vicenda ne è consapevole, d’altronde «sarebbe stato da saggi ripiegare, a questo punto. Ma quando mai lui era stato saggio? Quando mai tutti loro erano stati saggi? Poi, la paura del piccoletto…l’odore della strada…non era per momenti come questo che tutti loro avevano sempre vissuto?»

In sostanza il testo predilige questa alternanza tra discorsi liberi indiretti dove la coscienza del personaggio riflette tra sé e sé e il disvelamento di nuovi cambiamenti nell’ambiente in cui agisce il protagonista della vicenda259.

Romanzo Criminale racconta una parabola che si conclude con l’inevitabile sconfitta

257 Mauro Resmini, Il senso dell'intreccio: History, Totality, and Collective Agency in Romanzo criminale in

«The Italianist», 2016, vol. 36 n. 2, pp. 248.

258 Ivi.

259 In un altro momento del libro il Libanese riflette sul progetto collettivo di avere una banda: «Di là da tutti i

programmi, ben oltre la ragione, il cemento di ogni cosa era l’azione. Nessuna strategia, per quanto sofisticata, avrebbe mai da sola fatto di lui un capo. Niente poteva compensare l’azione. Occorreva sporcarsi le mani.»

170 dove l’obiettivo di conquistare Roma tramite l’utopia collettiva di far governare un gruppo di amici prima che di criminali senza la creazione di un capo e in modo indip endente, fallisce dinanzi alla rete di intrecci in cui si ritrova impelagata la banda, tra i legami con Cosa Nostra e la camorra da un lato e quelli con i servizi segreti deviati dall’altro.

Inoltre proprio la successiva morte del Libanese, mostrerà come l’esistenza di un leader sia necessaria per reggere gli equilibri di un gruppo criminale, pena il dominio degli istinti individuali di ogni membro260.

Bisogna dire che il film Romanzo Criminale del 2005 diretto da Michele Placido ha in primis il difetto di ambire a sintetizzare l’intera storia del libro di De Cataldo in poco più di due ore, anche se in seguito verrà rilasciata una versione estesa di quasi tre ore, incapace comunque di limare i problemi originali. Il film difatti ha un ritmo eccessivo, gli avvenimenti si susseguono l’uno dopo l’altro senza che lo spettatore abbia il tempo di metabolizzare la mole industriale di personaggi e di eventi storici raccontati.

Il cinema italiano degli ultimi decenni specie quando prova a raccontare avvenimenti entrati nella storia del paese, si divide tra quelle opere aventi un taglio autoriale e soggettivo nell’interpretazione dei fatti storici e quelle opere che invece provano a fornire uno sguardo più semplice e superficiale in modo tale da rendere digeribili al pubblico situazioni di loro natura complesse.

Romanzo Criminale di Placido è una sintesi di queste due tendenze, i richiami al cinema d’autore di Pierpaolo Pasolini sono troppo didascalici. Pensiamo al prologo del film, che rispetto al libro e alla serie inizia con un flashback dei giovani Libanese, Dandi e Freddo che sulle dune di Ostia cercano riparo dalla polizia discutendo dei loro sogni e delle loro speranze. «Il giovane Dandi vuole chiamarsi cosi perché vuole essere "come Fred Astaire, con il frac pure a colazione", mentre il giovane Libano vuole chiamarsi come lo spinello che

171 fuma e il suo sogno sarebbe quello di fumare sempre e non vedere la desolazione che lo circonda. Il giovane Freddo non fornisce spiegazioni ma risponde drasticamente: "cazzi mia".261»

L’intento è quello di mostrare il vuoto attorno alle vite di questi ragazzi di borgata, privi di affetti e di modelli di riferimento che non siano i soldi, il successo e il potere. La conquista di una perenne libertà adolescenziale è ciò che porterà i tre ragazzi dentro una spirale di dipendenze sia individuali legate all’assuefazione da cocaina e da gioco d’azzardo che collettive se consideriamo che ben presto la banda dovrà rendere conto del proprio operato ai servizi segreti e alla mafia.

Ma il film di Michele Placido tenta anche il richiamo al cinema poliziottesco262 italiano degli anni ’70, quello dei vari Sergio Corbucci e Sergio Sollima, in particolare nella tradizionale caccia alla banda di criminali del commissario di polizia Scialoja, dove persino una donna, la prostituta Patrizia viene contesa tra il bene e il male, tra Scialoja e Dandi.

L’entrata in scena della banda della Magliana avviene con il sequestro del ricco barone Rossellini, organizzato non appena il Freddo interpretato da Kim Rossi Stuart esce dal carcere, luogo ultimo di una formazione criminale iniziata all’interno del riformatorio263. Il sequestro e il suo triste epilogo vengono liquidati in pochi minuti ad inizio film, il barone viene ucciso dal Libanese interpretato da Pierfrancesco Favino per motivazioni poco chiare . Emerge più che altro un tentativo strisciante all’interno del film, di rendere i tre protagonisti

261 Sebastiano Lucci, "Romanzo criminale": tra generazioni mancate e oscuri complotti, in «Annali

d'Italianistica», 2012, vol. 30, p. 163.

262 «Per poliziottesco si intende il genere cinematografico neo-noir sorto in Italia nei primi anni ’70, adattamento

in chiave italiana di un modello americano, caratterizzato da una dimensione regionale (sono dominanti le parlate dialettali), povertà di mezzi produttivi e messa in scena di inserti sensuali e di nudo dal carattere prettamente erotico.» Andrea Lavagnini, La criminalità romana tra cinema e realtà, in «Aggiornamenti sociali», 2016, n. 1, p. 84.

263 «Libano: Sto a organizzare una cosa grossa. Un sequestro. Il Freddo: Un sequestro? Ma che, te sei

impazzito? Il Libano: Me so' svejato (svegliato)! 'a Freddo! Il Freddo: Ma chi vuoi sequestrare? Libano: Il barone Rosellini. È pieno de sordi (soldi). So tutto di lui. Mi' (mio) padre e mi' (mia) madre hanno fatto i servi per una vita a casa sua. Li trattava peggio delle bestie. Il Freddo: E i ferri? Il Libano: Du' (due) mitra, otto pistole e un fucile a pompa. Dandi non vede l'ora. Pure il Nero sta con noi. Gli altri... è tutta gente de (di) strada: Ciro, Bufalo, Ricotta, Scrocchiazeppi, Fierolocchi.» Lucci, "Romanzo criminale", cit., p. 163.

172 degli antieroi disillusi dalla vita che quando commettono dei reati più gravi, vedi il caso del rapimento del barone Rossellini, lo fanno quasi mossi da un istinto di giustizia sociale se non di vendetta privata. I genitori del Libanese lavoravano per il barone Rossellini presumibilmente come camerieri e tuttofare, ma lui li trattava male, da qui la scelta del Libanese di vendicarsi scegliendo proprio il barone come prima preda della sua scalata al potere.

Il regista rappresenta Roma con tutte le sue contraddizioni e le sue complessità cercando di usare da sfondo le sue bellezze, il mito arcaico e monumentale della città per raccontare la parabola di violenza della banda e soprattutto l’esistenza di un universo oscuro parallelo, capace di emergere al calar delle tenebre e costituito da criminali e istituzioni deviate.

È da esempio la suggestiva cornice della chiesa di Sant’Agostino utilizzata durante l’epilogo del film, quando il Freddo vendica la morte della sua ragazza Roberta uccidendo Ciro Buffoni per poi subito dopo essere ucciso anch’esso da un cecchino misterioso. L’utilizzo dell’arte per svelare le contraddizioni di una città o di un rapporto sentimentale avviene anche quando Roberta mostra al Freddo il quadro della Madonna dei pellegrini di Caravaggio, simbolo di speranza ma anche di oscuri presagi264.

Ma la complessità non solo di Roma ma di tutto il mondo viene incarnata addirittura da un singolo personaggio, il grande vecchio, di cui non si conosce il nome, un modo per semplificare e aggregare in un unico personaggio la causa di complotti, trasformazioni globali e istituzioni corrotte265. Una sorta di burattinaio che tiene le fila del mondo sommerso

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