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La crisi economica

II. Dalla guerra al dopoguerra il riaprirsi del dibattito corporativo: l’esperienza d

II.2. La crisi economica

Da quando erano giunti al potere il 5 ottobre 1910, i governi repubblicani avevano attuato una politica incentrata sul contenimento della spesa pubblica e sul non intervento nelle questioni economiche. Tra il 1913 ed il 1915 il governo di Afonso Costa226, leader carismatico del Partito democratico, portò, dopo anni, il bilancio dello Stato in pareggio, contenendo il tasso di svalutazione dell’escudo e riducendo il debito pubblico di qualche milione di sterline. Questi risultati furono ottenuti grazie alla maggiore entrata delle imposte, specie quelle sulle proprietà immobiliari, particolarmente prese di mira perché in mano a categorie sociali rimaste fedeli alla monarchia, dalle dogane e dalla vendita di beni ecclesiastici227, oltre che grazie agli ingenti prestiti provenienti dalla Gran Bretagna. Tali misure ebbero la conseguenza di aggravare le tensioni tra il Governo ed il movimento operaio già esplose nel 1911. La severa gestione dell’economia, la mancanza d’investimenti nell’industria lusitana, le alte tasse sulla casa, che generarono l’aumento degli affitti, portarono alla paralisi dell’industria immobiliare,

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Afonso Costa, definito da Rui Ramos «il re senza corona» del movimento repubblicano, fu presidente del consiglio e, ad interim, ministro delle finanze dal gennaio 1913 al febbraio 1914. Dopo il golpe del 14 maggio del 1915 e una grave malattia, riprese le sue funzioni di capo dell’esecutivo dall’autunno del 1915 fino alla metà del 1916, quando per un anno, fu nuovamente, ministro delle finanze. Ancora capo del governo dall’aprile 1917 fino all’avvento di Sidónio, nel dicembre dello stesso anno, a lui si devono le politiche economiche precedenti all’entrata nel conflitto e la stessa dichiarazione di guerra.

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A. Albonico, Breve storia del Portogallo contemporaneo 1890-1976, Morano, Napoli 1977, pp. 52-53.

provocando un rilevante tasso di disoccupazione. I primi anni della Repubblica videro, così, la presa di coscienza politica da parte dei proletari, che andarono a formare decine di sindacati operai, i quali, nel marzo del 1914, costituirono l’Unione operaia nazionale (Uon) con il congresso di Tomar. L’Uon, che doveva catalizzare tutte le forze sindacali, fu una struttura molto debole. Secondo l’analisi di Manuel Afonso, militante dell’organizzazione, l’Uon « raggruppa tutti gli organismi operai di resistenza e la sua azione si basa sulla lotta di classe. [Ma al contrario della Cgt francese non ha una filosofia propria]. Ciò appartiene alla coscienza di ogni sindacato. […] L’Uon è un organismo che corrisponde alla difesa degli interessi immediati della classe operaia e lavora per condurre gli operai alla propria emancipazione senza determinare il modo in cui si otterrà, le sue basi e il momento opportuno». Afonso affermava, inoltre, che la maggior parte dei sindacati non avesse idee politico-ideologiche definite, ma che ne esistevano anche altri con idee chiare per una società futura di matrice comunista, socialista o anarchica228.

Ai fini di questo studio è importante analizzare la composizione dell’Uon, nella quale si possono trovare le caratteristiche del futuro assetto corporativo portoghese. Come durante l’Estado Novo ogni categoria professionale aderente aveva un proprio sindacato, che dislocava le proprie forze nelle varie zone del paese. Queste organizzazioni in virtù della contiguità del lavoro andavano a formare una federazione. Ad esempio, per quanto riguarda le arti grafiche, esistevano otto sindacati (tipografi, compositori, litografi, rilegatori ecc.) riuniti nella federazione dei lavoratori del libro e del giornale229. Venti anni più tardi, il decreto legislativo 23 050, che sanciva la nascita dei sindacati nazionali, prevedeva che ogni professione avesse il proprio sindacato, che doveva dislocarsi sul territorio

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M. Afonso in Samara, Verdes e Vermelhos… cit., pp. 85-86. 229

attraverso distretti e federazioni230.

Gli anni del Governo di Costa, il quale definiva il movimento operaio «Razza sindacalista», segnarono la rottura tra le istituzioni e gli operai. La repressione contro gli scioperi fu durissima e fu condotta dalla forza pubblica e dalla milizia del Partito democratico: la “Formica bianca”. Non solo; nel 1913 la neonata legge elettorale negò il voto a tutti gli analfabeti, ridimensionando il potere politico dei sindacati. Gli operai andarono così ad ingrossare le fila dei movimenti estremi: quelli monarchici controrivoluzionari e quelli socialisti rivoluzionari231.

Racconta Nogueira come in Portogallo, durante il periodo della Prima guerra mondiale, si alternarono al potere 7 diverse compagini ministeriali, a causa delle continue tensioni sociali tra popolo e governanti. L’ultimo di questi esecutivi fu la Junta revolucionária guidata da Sidònio Pais232.

Mutando strategia politica, i governi lusitani abbandonarono progressivamente l’ortodossia dello “Stato minimo”, cominciando ad incidere maggiormente sui processi economici e commerciali del paese. A partire dal 1914-15 i conti dello Stato presentarono un deficit in aumento costante, inizialmente dovuto alle spese militari, ma che, in seguito, fu determinato dal sostegno governativo all’impresa lusitana; per far fronte a tali spese si ricorse al credito, sia estero, attraverso i prestiti negoziati a Londra, sia interno, attraverso l’aumento della circolazione fiduciaria. L’emissione scriteriata delle banconote ebbe come conseguenza l’inflazione. Ugualmente, aumentarono il debito fluttuante ed il debito pubblico, perlomeno fino al 1919-1920.

Dal 1916 vennero proibite alcune esportazioni, ne vennero tassate altre e vennero

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Rosas, Brandão de Brito, Dicionário… cit., p. 916; P.S. Martinez, Manual… cit., p. 403, M. Caetano, Lições… cit., p. 55.

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Teixeira, O Poder e a Guerra 1914… cit., pp. 149-155. 232

razionati i beni di prima necessità come il grano, che, grazie alla campagna del “pão politico”, una serie di fondi statali per l’importazione del grano straniero, mantenne basso il proprio prezzo, affinché non mancasse il pane anche nelle case dei più poveri. La popolazione più indigente soffrì, in quegli anni, una bilancia alimentare carente in quasi tutti i generi di prima necessità come: fagioli, cereali, patate, carne. L’agricoltura locale non riusciva a coprire il fabbisogno della popolazione, determinando l’esigenza d’ingenti importazioni di tali generi. Anche l’industria dipendeva dall’estero per quanto riguardava: macchinari, materiali e combustibile. È importante sottolineare come i prezzi dei prodotti provenienti dall’estero fossero lievitati a causa della difficoltà dei trasporti. L’intensificarsi della guerra sottomarina aveva reso complicato l’arrivo in Portogallo di macchinari e generi alimentari dall’Inghilterra, la quale già aveva diminuito le esportazioni di quei prodotti importanti per il proprio sforzo bellico. Tali vicende provocarono un rilevante innalzamento del costo della vita. Secondo i Bollettini dell’Uon: i prezzi dei generi al dettaglio, tra il 1914 ed il 1917, aumentarono del 100%; gli affitti delle case, in base ad un calcolo del febbraio 1918, aumentarono tra il 50 ed il 300%. É importante, in questo caso, sottolineare, come ha fatto Samara, che: «circa il 77% del bilancio familiare veniva investito per tali spese233».

Gli anni del conflitto e dell’immediato dopoguerra avevano facilitato l’occupazione dei mercati nazionali da parte delle imprese lusitane, le quali, fino allora, erano state strozzate dalla concorrenza di quelle estere (soprattutto inglesi), il cui ruolo era stato ridimensionato a causa della diminuzione delle importazioni dovuta al conflitto. Le aziende lusitane vivevano, però, soprattutto dei prestiti dello Stato, che in quegli anni, anche grazie al denaro inglese, erogò generosi prestiti attraverso la Cassa generale dei depositi.

Grazie a tali finanziamenti pubblici, che garantivano la copertura del 97% del

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capitale iniziale, nacquero moltissime nuove imprese. Solo nel 1920 se ne formarono 110; esse erano soprattutto: fabbriche chimiche, negozi di vino e fattorie.

Il 1918 fu l’anno dell’acquisto da parte sidonista di 35500 azioni della compagnia delle strade ferrate della Beira Alta, che avrebbe dovuto essere il preludio alla nazionalizzazione dell’intera rete ferroviaria portoghese234. Gli investimenti portarono l’industria, tra il 1920 ed il 1924, ad incrementare la propria produzione del 40%. Venne finanziata anche la costruzione, presso i centri operai di Lisbona, Porto e Covilhã, di case popolari per i lavoratori e venne messo a punto il primo sistema per la sicurezza sociale, con la legge sulle 8 ore, quella sulle assicurazioni obbligatorie per le pensioni e gli indennizzi in caso di malattia ed invalidità, sebbene limitati agli operai con i salari più bassi. Tale boom portò, però, la circolazione monetaria a livelli molto più alti dell’anteguerra ed a un elevato tasso di inflazione, uno dei più consistenti in Europa, se si calcola che 1000 escudos del 1924 ne valevano 40 del 1914. Ciò avvenne perché, con la fine, nella primavera del 1919, dell’ingente prestito inglese e con la paralisi, nel 1920, a causa della crisi economica internazionale, delle rimesse dal Brasile, lo Stato fu costretto ad emettere banconote per pagare le proprie commesse. Si calcola che nel 1923 circolassero 14.390.000.000 esc. contro i 1.160.000.000 del 1914, mentre il circolante metallico era pressoché scomparso235. In questi anni, l’aumento del costo della vita, dovuto all’inflazione, non andò di pari passo con l’aumento dei salari. Infatti, tra il 1920 ed il 1922, questi ultimi riuscirono a coprire solo il 75% delle spese necessarie alla sopravvivenza236.

Contro tale andamento, i dirigenti repubblicani decisero di tornare all’ortodossia

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T. Duarte, Sidónio Pais e o seu consolado, Portugalia, Lisboa 1942, p. 209. 235

N. Valério, A moeda em Portugal 1913-1947, Sá da Costa, Lisboa 1984, p. 99. 236

dello “Stato minimo”. Il 12 aprile 1921 António Grajo, da pochi mesi presidente del consiglio, considerò la nazionalizzazione delle ferrovie della Beira Alta un atto criminale, proponendo il ritorno alle politiche economico-finanziarie d’anteguerra, liberalizzando il commercio e lasciando libero il prezzo del grano. Tali provvedimenti furono adottati tra il 1922 ed il 1924, quando le spese dello Stato furono abbassate ad un terzo rispetto al biennio precedente e addirittura alla metà del 1914237. Le conseguenze furono nefaste, se i prezzi furono ridimensionati, le misure governative provocarono la chiusura di molte imprese non autosufficienti senza fondi statali ed una corposa diminuzione delle opere pubbliche. Se, infatti, tra il 1919 ed il 1920, il governo aveva investito 51.000 sterline per la costruzione di nuove strade, tra il 1923 ed il 1924, ne investì solo 7.000. In tali circostanze aumentò il tasso d’interesse, così anche i prestiti bancari diminuirono notevolmente. Tutto ciò provocò sia nel popolo, tra le migliaia d’operai, i quali si ritrovarono senza occupazione, sia tra le associazioni padronali una cavalcante sfiducia verso i governi repubblicani, che si tradurrà nell’appoggio di molti di essi al golpe militare del 28 maggio 1926238.