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Nel 2006 il Generale Özkök va in pensione e gli succede ai vertici del TSK il Generale Yaşar Büyükanıt, le cui posizioni sono più marcatamente nazionaliste e pro-secolarismo. L'anno successivo comincia con scontri tra il governo e le Forze Armate circa la proposta di Erdoğan di iniziare delle negoziazioni dirette col governo regionale del Kurdistan insediato nell'Iraq settentrionale. A questa proposta si contrappone l'esercito, che si schierano piuttosto a favore di un intervento militare turco. Queste frizioni vengono comunque presto lasciati da parte di fronte al ben più

54 Nel novembre del 2005 avviene un attentato esplosivo nella cittadina di Şemdinli, nel sud-est del paese. Muoinono

tredici persone e le indagini ipotizzano sia opera di due ufficiali della gendarmeria para-militare in combutta con un ex attivista del PKK. I colpevoli non vengono mai portati in tribunale e rimangono impuniti. Il caso è poi oscurato dal più famoso caso Ergenekon del 2007 e si inserisce nella serie di scandali emersi in Turchia che attestano la presenza del cosiddetto “stato profondo”, in cui elementi criminali delle Forze Armate e della polizia , protetti dai politici, operano al di fuori della legge e probabilmente all'insaputa dei capi militari. (N.d.A.)

acceso scontro circa le elezioni presidenziali previste nel maggio 2007.

I secolaristi si oppongono fortemente all'idea che un membro dell'AKP possa succedere a Sezer; manifestazioni di piazza testimoniano nelle città principali l'opposizione a un'eventuale candidatura di Gül o Erdoğan. La candidatura ufficiale di Gül peggiora quindi la situazione e forti timori vengono espressi circa un'eventuale concentrazione dei poteri Il 12 aprile per la prima volta il generale Büyükanıt si pronuncia pubblicamente sull'argomento, augurandosi caldamente la scelta di una figura leale ai valori base della Repubblica. Il discorso sibillino lascia intendere comunque l'opposizione all'elezione di un membro dell'AKP e il tacito supporto ai raduni di massa.

Un ulteriore mossa dell'esercito è il cosiddetto e-memorandum, una sorta di avvertimento comparso sul sito delle Forze Armate poco prima della mezzanotte del 27 aprile 2007. Il messaggio è scarno, il linguaggio vago e minaccioso. Manca una firma, l'intestazione recita: “Stato maggiore delle Forze Armate della Repubblica di Turchia”. Nel comunicato si legge che le Forze Armate rivendicano il loro ruolo attivo nel dibattito per le elezioni presidenziali e il loro ruolo di difensori del secolarismo, che esse seguono con preoccupazione gli sviluppi in atto e che sono pronte ad esprimere apertamente la loro posizione e le loro scelte al momento necessario55.

L'e-memorandum viene criticato fortemente da DP e AnaP e, con meno veemenza, dal CHP di Baykal; forti perplessità vengono espresse anche da UE e USA.

Intanto dopo il primo turno delle votazioni il CHP, che le aveva boicottate, presenta ricorso alla Corte Costituzionale per il loro annullamento, in quanto manca il numero previsto dei deputati. Il ricorso viene accolto. La crisi conduce così alle elezioni anticipate il 22 luglio 2007. Queste registrano un aumento dell'affluenza e la vittoria dell'AKP (le cui liste erano state purgate dagli elementi islamisti più intransigenti, in particolare quelli che avevano votato contro la partecipazione turca alla guerra in Iraq). Gli unici altri partiti ad entrare nell'assemblea sono il CHP e il MHP, più 26 candidati indipendenti, di cui molti curdi.

Il 28 agosto Gül, dopo tre votazioni, viene eletto undicesimo Presidente della

Repubblica, primo proveniente da un ambiente politico di ispirazione islamica e con una moglie che indossa il türban nelle occasioni pubbliche. La lunga crisi politico- istituzionale si conclude quindi con l'AKP in carica in tutti i maggiori incarichi istituzionali, (una situazione analoga si era verificata, come si è visto, nel 1989, quando Özal era divenuto Presidente e l'AnaP era al governo). Perché l'elezione del Presidente ha innescato una tale crisi? In primo luogo tale carica è vissuta tradizionalmente come l'ultimo baluardo del secolarismo e di conseguenza l'insediamento di un candidato dal passato islamista viene vissuto come un pericolo per i fondamenti dello stato. In secondo luogo, la Costituzione del 1982 garantisce al Presidente poteri discrezionali molto ampi; si teme quindi che tale ruolo in mano all'AKP possa favorire l'infiltrazione di elementi islamisti negli ambienti giudiziari, nelle università e nella pubblica amministrazione.

Le opposizioni contro l'AKP ad ogni modo non si fermano; nel marzo 2008 la Corte Costituzionale prende in esame la richiesta di interdizione del partito e l'ineleggibilità dei suoi deputati per cinque anni. Il partito è accusato di attività anticostituzionali intese a minare il carattere secolare del paese. Vengono forniti come prove i materiali più disparati, inclusi articoli di giornale, dichiarazioni di leader del partito rilasciate prima che l'AKP fosse formato o rilasciate da persone che non sono membri del partito ma semplici simpatizzanti. Nel luglio successivo la Corte si pronuncia a sfavore dell'interdizione, (ad ogni modo ben sei giudici su undici hanno votato pro); la sentenza prevede comunque pesanti sanzioni pecuniarie, come ad esempio la restituzione della metà dei fondi pubblici ricevuti; il verdetto si pone quindi come un compromesso tra l'AKP e i kemalisti.

Nell'agosto 2008 a capo del TSK a Büyükanıt succede il Generale İlker Başbuğ, nel cui operato si evidenzia lo sforzo per ricostruire il supporto dell'opinione pubblica all'esercito, specie dopo il caso Ergenekon, di cui si parlerà a breve. Egli riallaccia stretti legami con gli USA, compie varie visite nelle regioni sud-orientali del paese ponendo l'accento, nei discorsi pubblici, sulla necessità di risolvere i problemi socio- economici dell'area. Infine, potenzia il rapporto tra le Forze Armate e i media.