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BRITANNICHE

Le prime testimonianze di Cristianesimo in Britannia

La posizione periferica ed insulare della Britannia fu senza dubbio un ostacolo alla diffusione della romanità: sappiamo che la popolazione britanna rimase ancorata ad usanze e rituali tipici, che la dominazione romana, iniziata con Giulio Cesare e conclusa, tra fasi alterne, solo nel 410, non riuscirono a scalzare se non in minima parte. Tuttavia, stando alle fonti letterarie, una delle prime novità importate dal continente in Britannia sarebbe stato l’arrivo del Cristianesimo. Le testimonianze su come si svolsero i fatti sono assai confuse, incerte e per il momento non si può avere la pretesa di tracciarne un quadro coerente.1

La prima testimonianza di religione cristiana nelle Isole britanniche è in Tertulliano:2

TERT. Iud. VII, 3: In quem enim alium universae gentes crediderunt nisi in Christum qui iam venit? Cui etenim crediderunt gentes, Parthi et Medi et Elamitae et qui

habitant Mesopotamiam Armeniam Phrygiam Cappadociam, incolentes Pontum et Asiam Pamphyliam, immorantes Aegypto et regiones Africae quae est trans Cyrenen inhabitantes, Romani et incolae,3 tunc et in Hierusalem Iudaei et ceterae gentes, ut iam Gaetulorum varietates et Maurorum multi fines, Hispaniarum omnes termini et Galliarum diversae nationes et Britannorum inaccessa Romanis loca Christo vero

1 Sul Cristianesimo in Britannia, fondamentale risulta a tutt’oggi Ch. T

HOMAS, Christianity in Roman

Britain to AD 500, London 1981: oltre alle testimonianze di natura letteraria, il volume raccoglie prove

documentarie ed archeologiche. Per le particolari evoluzioni della religione sul territorio dell’Isola (in particolare su una rinascita dei culti pagani sul finire del IV secolo), vd. anche Dorothy WATTS,

Christians and Pagans in Roman Britain, London – New York 1991; EAD., Religion in Late Roman

Britain. Forces of Change, London 1998.

2 Tertulliano (nato a Cartagine fra il 150 ed il 170 e morto fra il 220 ed il 240) scrisse il libello

Adversus Iudaeos probabilmente intorno al 197, comunque prima del 202. Pertanto, se questa

testimonianza si fondasse su qualche dato veritiero, si dovrebbero datare i primi segni di Cristianesimo in Britannia alla fine del II secolo.

subdita et Sarmatarum et Dacorum et Germanorum et Scytharum et abditarum multarum gentium et provinciarum et insularum multarum nobis ignotarum et quae enumerare minus possumus. In quibus omnibus locis Christi nomen qui iam venit regnat.

L’apologista parla di zone della Britannia inaccessa Romanis, quindi dovrebbe fare riferimento ai territori di là dai Valli. Eppure sappiamo che i Britanni erano per l’appunto stanziati al di qua del Vallo: proprio la fortificazione romana fungeva da spartiacque fra loro ed i turbolenti vicini Pitti (che costituivano una costante minaccia per le zone di confine, effettuando numerose scorribande, quando non vere e proprie invasioni). Pertanto, la testimonianza di Tertulliano è come minimo imprecisa, anche se non si può ipso facto definirla infondata (anche nella recente edizione della HE di Beda per le Sources Chrétiennes si presta fede a questo assunto: vol. I, p. 127 n. 5).4 La notizia, così come la leggiamo nell’apologista, si configura come iperbolica, confezionata allo scopo di attribuire alla religione cristiana una diffusione capillare su tutto il territorio dell’Impero, senza preoccuparsi che ciò corrispondesse o meno a verità. La Britannia è vista in questo caso come lembo estremo del mondo allora conosciuto, come frontiera dell’ecumene, in quanto territorio non totalmente sottomesso alla dominazione romana. La notizia, pertanto, non è degna di fede in assoluto in quanto giocata su questi presupposti, senza per questo essere necessariamente falsa: gli storici al riguardo non si sbilanciano.

Proseguendo nella rassegna delle testimonianze sul Cristianesimo delle origini in Britannia, incontriamo le importanti note di Gildas. Egli, come suo solito, non presenta una notizia di facile lettura e di perspicua interpretazione, poiché le sue narrazioni sono ricche di contraddizioni ed anfibologie:

GILDAS, De exc. 8: Interea glaciali frigore rigenti insulae et velut longiore terrarum secessu soli visibili non proximae verus ille non de firmamento solum temporali, sed de summa etiam caelorum arce tempora cuncta excedente universo orbi praefulgidum

4 T

HOMAS, Christianity cit., p. 43, osserva: «nor is there reason to suppose that a Church Father in sunny, urbane Carthage […] was at least concerned to ascertain, either the state of the Roman frontiers in Britain in AD 200, or the exact locations of the few Christians Britain may have then possessed.»

sui coruscum ostendens, tempore, ut scimus, summo Tiberii Caesaris, quo absque ullo impedimento eius propagabatur religio, comminata senatu nolente a principe morte delatoribus militum eiusdem, radios suos primum indulget, id est sua praecepta, Christus.

Particolarmente insidiosa pare l’esegesi del brano: si sta evidentemente parlando della venuta al mondo di Gesù, avvenuta al tempo dell’imperatore Augusto, che trovò la sua realizzazione nella passione, morte e risurrezione, avvenuta al tempo del citato imperatore Tiberio. Gildas sostiene che Tiberio stesso si fece alleato dei cristiani, comminando la morte ai delatori dei milites Christi. Si tratta di una leggenda già nota alla storiografia cristiana, testimoniata da Orosio,5 dal quale è probabile che il monaco britanno l’abbia tratta, nonostante la conoscenza di questo autore da parte di Gildas sia da molti messa in forte discussione.6

Il riferimento alla Britannia (la insula glaciali frigore rigens), come zona immediatamente interessata alla diffusione del Cristianesimo, sembrerebbe prematuro, ma se da un lato non è necessario pretendere scrupolo storico o anche solo verosimiglianza da un autore come Gildas, dall’altro il riferimento si spiega ipotizzando che egli voglia significare che, con la venuta di Cristo sulla Terra, tutto il mondo, fino ad allora pagano, ed a maggior ragione l’Arcipelago britannico, esposto alle rigide correnti polari, fu irradiato per la prima volta del calore della Vera Fede. Anche in questo caso, pertanto, si tratta di una notizia montata allo scopo di

5 O

ROS. VII 4, 5-7: At postquam passus est Dominus Christus atque a mortuis resurrexit et discipulos suos ad praedicandum dimisit, Pilatus, praeses Palaestinae provinciae, ad Tiberium imperatorem atque ad senatum rettulit de passione et resurrectione Christi consequentibusque virtutibus, quae vel per ipsum palam factae fuerant vel per discipulos ipsius in nomine eius fiebant, et de eo, quod certatim crescente plurimorum fide deus crederetur. Tiberius cum suffragio magni favoris rettulit ad senatum, ut Christus deus haberetur. Senatus indignatione motus, cur non sibi prius secundum morem delatum esset, ut de suscipiendo cultu prius ipse decerneret, consecrationem Christi recusavit edictoque constituit, exterminandos esse Urbe Christianos; praecipue cum et Seianus praefectus Tiberii suscipiendae religioni obstinatissime contradiceret. Tiberius tamen edicto accusatoribus Christianorum mortem comminatus est.

6

Cfr. per es. N. WRIGHT, Did Gildas read Orosius?, «Cambridge Medieval Celtic Studies» 9 (1985), pp. 31–42.

rintracciare nella storia della Britannia un’origine della diffusione del Cristianesimo.7 Gildas stesso, nel paragrafo successivo, prosegue il suo discorso, saldato al precedente dal nesso relativo:

De exc. 9: Quae, licet ab incolis tepida suscepta sunt, apud quosdam tamen integre et

alios minus usque ad persecutionem Diocletiani tyranni novennem […] permansere.

Il pronome relativo va riferito ai praecepta di cui si fa menzione alla fine del precedente paragrafo. Pertanto, si parla di precetti cristiani giunti sul suolo britannico, accolti tiepidamente dagli abitanti, ma rimasti poi fino alla persecuzione dioclezianea, cui Gildas dedica diverse pagine nel prosieguo della sua opera. La notizia dell’arrivo del Cristianesimo, addirittura nel periodo immediatamente successivo alla morte e risurrezione di Cristo, serve allo storico come principio della storia cristiana della Britannia.

Re Lucio

Nella storia della Britannia compare una notizia piuttosto enigmatica, che è stata notevolmente dibattuta dagli studiosi: la conversione di re Lucio alla fede cristiana. Essa riscosse grande fortuna presso tutti gli storici insulari ad eccezione di Gildas, da Beda fino a Goffredo di Monmouth, Enrico di Huntingdon e Guglielmo di Malmesbury. La notizia riveste un’importanza notevole anche per un altro motivo. Si tratta di aggiungere un eventuale altro indizio alla possibilità di chiarire maggiormente taluni aspetti della diffusione del Cristianesimo in Britannia. Nello specifico, i primi storici delle Isole attribuirono il titolo di primo regnante convertito al Cristianesimo in Britannia ad un non meglio identificato Re Lucio.

Per prima cosa, dobbiamo notare che gli storiografi che scrissero in età contemporanea di questa misteriosa figura tacciono assolutamente al riguardo: nessuno storico pagano o cristiano di fine II secolo nomina mai un Lucio re di

7 Non mancano, nella storia della tradizione popolare britanna, leggende cristiane (di età incerta,

presumibilmente medievale) che vorrebbero addirittura Gesù stesso, Giuseppe d’Arimatea e San Paolo giunti sul suolo dell’Isola nel corso del I secolo. Cfr. THOMAS, Christianity cit., p. 41.

Britannia. Ciò rappresenta un primo indizio di un’origine spuria dell’episodio.8 Vi è poi da registrare il silenzio dii Gildas, il primo storico insulare, al riguardo: ciò sta a significare che le tradizioni orali cui attingeva non avevano memoria del fatto.

La notizia è attestata da tre fonti primarie: il Liber Pontificalis, la HE di Beda e la HB. Come si è già detto, la cronologia della terza opera è tuttora sub iudice, e proprio l’esame della notizia di re Lucio potrebbe permettere di capire a quando risalga con conseguenti nuovi indizi sulla sua datazione.9

Ecco le tre prime attestazioni della notizia:

[1] LP I, 22:Eleuther, natione Grecus, ex patre Habundio, de oppido Nicopoli, sedit ann. XV m. III d. II. Fuit autem temporibus Antonini et Commodi usque a Paterno et Brauda. Hic accepit epistulam a Lucio Britannio rege, ut Christianus efficeretur per eius mandatum.

[2] HB 22: Post CLXVII annos post adventum Christi Lucius a Brittannicus rex cum omnibus regulis totius Brittannicae gentis baptismum suscepit missa legatione ab imperatore Romanorum et a papa Romano Eucharisto b.

a Lucius agnomine Leuer Maur, id est magni splendoris propter fidem, que in eius tempore

venit hoc loco add. CmL b Eucharisto H : Euaristo DKMNP : Eleutherio CGLQ : mentitur, quia primus annus Euaristi fuit annus domini LXXIX, primus vero annus Eleutherii, quem debuit nominasse, fuit annus domini CLXI hoc loco adn. L2

[3] BEDA, HE I, 4: Anno ab incarnatione Domini centesimo quinquagesimo sexto Marcus Antoninus Verus quartus decimus ab Augusto regnum cum Aurelio

8

Che si tratti di una notizia leggendaria è detto esplicitamente già dal MOMMSEN, p. 115: «non ambigitur ficticiam esse». Come osservava già J.P. KIRSCH, s.v. Eleutherius, in The Catholic

Encyclopaedia, New York 1907-1912, V, p. 379, «as at the end of the second century the Roman

administration was so securely established in Britain, there could no longer have been in the island any real native kings. That some tribal chief, known as king, should have applied to the Roman bishop for instruction in the Christian faith seems improbable enough at that period.»

9 È intuizione del Mommsen l’aver compreso che la gestione della notizia relativa a re Lucio potrebbe

giocare un ruolo di non marginale importanza ai fini di una valutazione cronologica assoluta e relativa delle opere storiografiche in questione. A questa notazione si fa riferimento nel prosieguo della dissertazione.

Commodo fratre suscepit. Quorum temporibus cum Eleuther vir sanctus pontificatui Romanae ecclesiae praeesset, misit ad eum Lucius Brittaniarum rex epistolam, obsecrans, ut per eius mandatum Christianus efficeretur; et mox effectum piae postulationis consecutus est, susceptamque fidem Brittani usque in tempora Diocletiani principis inviolatam integramque quieta in pace servabant.10

Riassumendo le tre versioni, notiamo quanto segue. Il LP riporta queste notizie:

a) il papa in carica era Eleuterio (175-189);

b) fu Lucio a mandare una lettera al papa per essere convertito al Cristianesimo; c) non si forniscono date precise sull’evento.

Sulla HB, viceversa, i dati sono contrastanti: la prima versione dell’opera pare non contenesse menzione del fatto, aggiunto solo in un secondo momento.11 Le notizie riportate sono le seguenti:

a) si menziona un anno preciso: il 167 d. C;

b) il papa in carica era Eucaristo, oppure Evaristo: il primo nome non fu portato da alcun papa, mentre il secondo fu pontefice a cavallo fra I e II secolo (ca. 97-105), dunque ben prima dell’anno 167;

c) re Lucio si converte con tutti i reguli della Britannia; d) re Lucio viene battezzato;

e) l’iniziativa parte dall’imperatore romano (?) e dal papa, e non dal diretto interessato: altrimenti detto, si tace dell’epistola di Lucio al pontefice, e di fatto si rovescia la dinamica della conversione.

10 Le successive attestazioni in Beda sono solamente riassunti di questa: B

EDA, Hist. Eccl. V, 24: Anno incarnationis dominicae CLXVII, Eleuther Romae praesul factus XV annos ecclesiam gloriosissime rexit, cui litteras rex Brittaniae Lucius mittens, ut Christianus efficeretur, petiit et inpetravit. ID.,

Chron. Maiora 311: Lucius Britanniae rex missa ad Eleutherum Romae episcopum epistola, ut

Christianus efficeretur, inpetrat.

11 Il cod. di Chartres, costituente la redazione più antica dell’opera, non fa menzione della notizia, cosa

che fa presupporre un’origine successiva. Mommsen ritiene la prima redazione risalente addirittura alla fine del VII secolo, dunque prima di Beda.

Beda, infine, pare senz’altro mutuare gran parte della notizia dal LP, ma aggiunge un tassello: afferma infatti che la fede cristiana rimase intatta fino alla persecuzione di Diocleziano.

Per quanto riguarda le prime due attestazioni, si può notare come le differenze non siano affatto di piccola entità, e possano persino far insorgere il dubbio che si sia trattato di una tradizione che si è successivamente ramificata in due versioni distinte. Lo Zimmer12 è dell’avviso che la notizia parta della comunità cristiana della Britannia: sarebbe pertanto una notizia nata in ambito indigeno, poi diffusa sul continente e di lì a Roma. Essa sarebbe nata per fondare una storia cristiana della nazione britanna, che cercò di mantenere a lungo un’indipendenza di stampo ideologico nei confronti della sempre più ingerente e potente chiesa anglosassone. Diversamente, W.W. Newell è dell’idea che «the agreement and differences is adequately explained by the supposition that the Historia, as usual, uses Beda, but also as usual, perverts names.»13

Il Mommsen, per contro, nella prefazione all’edizione della HB, cerca di chiarire quale dei due testi sia stato fonte dell’altro, ragionando sulla possibile genesi delle disparità fra i testi:

scriptor Romanus si Britannum secutus est, rationem habet, quod papae nomen mutavit, sive Eucharistum traditum accepit, qui nullus fuit, sive Euaristum, quem tempora excludunt: at cur Eleutherium potissimum substituerit, causa nulla apparet, cum annus 167 ad Soterem duceret episcopum Romae secundum receptam chronologiam a. 162 – 170. E contrario auctor Britannus si Romanum secutus est, hic locus pars est narrationis de septem vel novem imperatoribus in Britanniam profectis, habemusque in ea item Carausium factum Carutium et Maximum Gratiani adversarium Maximianum similiaque plura, ut subsit rerum Romanarum notitia aliqua, sed memoriter retenta et perturbata tota. Eiusmodi auctori recte convenit, quod Eleutherium in Eucharistum Euvaristumve mutavit et pro annis Eleutherii 171 – 185 substituit annum 167.(MGH AA 13, p. 116)

12 H. Z

IMMER, Nennius vindicatus. Über Entstehung, Geschichte und Quellen der Historia Brittonum, Berlin 1893, p. 140 ss.

13

W.W. NEWELL, Doubts Concerning the British History Attributed to Nennius, «PMLA» 20,3 (1905), pp. 622-72: 638.

È dunque opinione del Mommsen che si tratti di una storia nata in ambiente romano, curiale, letta dall’autore della HB, il quale si sforzò di citare la fonte a memoria, incorrendo in una cospicua serie di imprecisioni più o meno gravi: ecco spiegata la corruzione del nome del papa. Per quanto riguarda la data, Mommsen non fornisce spiegazione, ma si potrebbe ipotizzare che essa sia stata aggiunta dal compilatore della HB per fornire un ulteriore indizio che permettesse di risalire al periodo storico, per fornire credibilità all’episodio narrato, forse rendendosi anche conto che probabilmente il nome del pontefice era sbagliato o per lo meno impreciso.

Questa teoria della nascita in ambiente romano, curiale della notizia, rimarrebbe assai oscura: sarebbe da chiedersi quale interesse avesse un curatore del LP ad inventare una notizia del genere, e da quale fonte potesse attingere per riportarla. Nel 1904 fu prospettata una soluzione da parte del teologo A. Harnack,14 il quale ritenne di aver trovato il vero re Lucio convertito al Cristianesimo al tempo di papa Eleuterio: si sarebbe trattato di Lucius Aelius Septimius Megas Abgarus IX bar Ma‘nu (Abgar IX), re dell’Osroene, che regnò fra 175 ed in 212.

In un frammento di Clemente Romano si legge quanto segue:

CLEM. ROM. Hypot. (in Th. ZAHN, Forschungen zur Geschichte des

neutestamentlichen Kanons und der altkirchlichen Literatur III 70, Leipzig 1900):

Petrus et Paulus Romae sepulti sunt; Andreas Patrae civitate Acaiae; Iacobus Zebedaei in arce Marmarica; Ioannes in Epheso; Philippus cum filiabus suis in Hierapoli Asiae; Bartholomaeus in Albone, civitate maioris Armeniae; Thomas in Calaminia civitate Indiae; Matthaeus in montibus Parthorum; Marcus Alexandriae in Bucolis a; Iacobus Alphaei iuxta Templum; Thaddaeus et Iudas in Britio b Edessenorum […] a in Bucolis om.unus ms. b v.l. Beruto 14 A. H

ARNACK, Der Brief des Britischen Königs Lucius an der Papst Eleutherus (Sitz. ber. der königlich Preussischen Akademie der Wissenschaften, 26-27), Berlin 1904. Cfr. anche W. LEVISON,

Bede as historian, in Bede. His life, times and writings, cur. A. HAMILTON THOMPSON, Oxford 1935, pp. 111-51: 135, n. 2

Pertanto veniamo a conoscenza del fatto che presso la capitale Edessa esisteva una località (più precisamente una fortezza) di nome Britium:15 il redattore del LP si sarebbe pertanto sbagliato a leggere la notizia della conversione del re edesseno e avrebbe banalizzato l’aggettivo derivato da Britium o Birtha in Britannius.16 La storiografia britanna e anglosassone poi, con la HB e Beda (che riprenderà la notizia dal LP in HE I 4), perpetuerà l’errore facendolo proprio. Un’altra coincidenza, effettivamente sorprendente, è rappresentata dal riscontro oggettivo della conversione di Abgar IX al Cristianesimo, che si verificò con tutta probabilità proprio negli anni del pontificato di Eleuterio, o poco dopo. Su questo re possiamo consultare varie fonti, che però non paiono molto esaurienti al riguardo. Le cose che veniamo a sapere su di lui sono sostanzialmente tre: fu sottomesso all’imperatore Alessandro Severo, venne a Roma ospite dell’Imperatore17 (dunque fu in buoni rapporti con lui, come si desume da tutte le fonti), e divenne cristiano18 (il primo re cristiano della storia

15

In realtà Birtha.

16

È oltretutto interessante notare la stranezza rappresentata dall’etnonimo Britannio, che appare francamente inusitato e sospetto. La forma corretta sarebbe Britanno oppure Brittanno: va però detto che il Liber pontificalis non appare certo compilato da puristi della lingua latina, e che una certa qual libertà nella flessione e compitazione dei nomi propri, siano essi antroponimi, etnonimi o toponimi, va tenuta in considerazione.

17

DIO, 80, 16: jAnhvcqh te (scil. Aujrhvlio~ Zwtiko;~17) ej~ th;n JRwvmhn uJpo; pomph'~ ajplevtou kai; o{shn ou[te Au[garo~ ejpi; tou' Seouhvrou ou[te Tiridavth~ ejpi; tou' Nevrwno~ e[sce. HERODIAN. 3, 9:

Prosevfuge de; aujtw'/ (scil. tw'/ Sebhvrw/) kai; oJ jOsrohnw'n basileu;~ Au[garo~, touv~ te pai'da~ oJmhreuvein ej~ ajsfavleian pivstew~ ejxevdwke, toxovta~ te pleivstou~ summavcou~ h[gagen. Hist. Aug.

Sev. 18, 1: Fuit (scil. Severus) praeterea delendarum cupidus factionum, prope a nullo congressu

<digressus> nisi victor. Persarum regem Abgarum subegit.

18

Sulla questione del Cristianesimo in Osroene, e più in generale sulla figura di questo re Abgar IX, importanti e riassuntivi sono i lavori di Ilaria RAMELLI, Edessa e i Romani fra Augusto e i Severi:

aspetti del regno di Abgar V e di Abgar IX, «Aevum» 73.1 (1999), pp. 107-43 (su Abgar IX in part. pp.

130-43); EAD.,Abgar Ukkama e Abgar il Grande alla luce di recenti apporti storiografici, «Aevum» 78.1 (2004), pp. 103-08, nei quali non si fa menzione alcuna della lettera di Lucio a papa Eleuterio: qualora si desse credito alla teoria di Harnack, occorrerebbe quantomeno inserire la notizia fornita dal

LP come testimonianza della vita e della fede di Abgar. Le notizie sulla cristianità di Abgar IX sono

essenzialmente le seguenti, che si rifanno ad una testimonianza di Sesto Giulio Africano, ora perduta e, come indica RAMELLI, Edessa cit., p. 137, «presumibilmente proveniente dalla sua opera cronografica»: EUSEB. – HIER. Chron. s. a. 2235: «Abgarus vir sanctus regnavit Edessae, ut vult

secondo Marta Sordi19). Un primo tassello della questione parrebbe combaciare: Abgar era cristiano, e dunque è plausibile che a lui intendesse riferirsi la fonte

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