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GENESI E SVILUPPO DI UN PERSONAGGIO

Premessa

Nella rassegna sulle testimonianze relative alla battaglia combattuta presso il Mons Badonicus è stato introdotto il personaggio di Arturo, destinato a fama letteraria straordinaria, ed entrato a tal punto nella sfera d’interesse degli studiosi di storia da dare il proprio nome addirittura ad un periodo, la cosiddetta ‘Età arturiana’ (i cui contorni non sono, giocoforza, molto chiari).

La variante “Artù”, con la quale il personaggio è comunemente conosciuto, e che sarà adottata per convenzione nel corso di questa dissertazione, proviene appunto dalla straordinaria fortuna della letteratura afferente alla Matière de Bretagne, ma le sue prime attestazioni risalgono ad opere di carattere storiografico.

A tale riguardo, occorre sgomberare il campo da ogni pretesa di sicurezza assoluta: si tratta di un personaggio dai contorni troppo sfocati, tanto più difficili da delineare quanto più numerose sono le testimonianze che lo citano. Non sono tuttavia mancati studiosi che sulla base di argomentazioni più o meno cogenti sono stati abbastanza coraggiosi da proporre una ricostruzione della reale identità di Artù.1

1 K. M

ALONE, Artorius, «MPh» 22 (1924-1925), pp. 367-74, è dell’idea che il personaggio di Artù tragga la sua origine storica da un ufficiale romano in servizio in Britannia nella seconda metà del II secolo d.C. Traendo spunto dall’evidenza epigrafica costituita da un’iscrizione funeraria rinvenuta ad

Ereptium, odierna Stobrez, in Dalmazia (CIL III 1919), dedicata alla memoria di un certo L. Artorius

Castus, M. propose di individuare in questo personaggio, e le sue imprese compiute sul suolo britanno, il nucleo originario delle leggende su Artù. Le sue considerazioni sono state successivamente avallate e perfezionate da altri: cfr. per es. il saggio bipartito di L.A. MALCOR, Lucius Artorius Castus. Part I: An

Officer and an Equestrian – Part II: The Battles in Britain, «The Heroic Age» 1 (1999) (rivista

telematica) che fornisce una bibliografia notevolmente aggiornata e puntuale. Anche J.C. RUSSELL,

Arthur and the Romano-Celtic Frontier, «MPh» 48.3 (1951), pp. 145-53: 147, accredita come

verosimile questa ipotesi. Come si vedrà successivamente, G. Ashe tentò di individuare Artù in un personaggio attestato nella letteratura, il re dei Britanni Riotamo. Non manca tuttavia chi ritenga ogni sforzo di identificazione di Artù vano e soprattutto forviante. Th. GREEN, The Historicity and

Lo scopo che ci prefiggiamo in queste è pagine è di analizzare l’evoluzione di tale figura negli autori e nelle tradizioni testimoniate da testi redatti in lingua latina; non si intende fornire un’interpretazione storica, che intenda rispondere alla domanda, oramai canonica: “è mai esistito Artù?”, ma al contrario si vogliono analizzare le linee di sviluppo dell’evoluzione del personaggio nel corso dei secoli e degli autori, quelli che hanno inteso connotare Artù come personaggio storico, e non come protagonista di epopee romanzesche. Del resto, non è assolutamente necessario che vi sia stato un personaggio che abbia dato origine al mito di Artù: ciò non significa che sicuramente non ci sia stato, ma semplicemente che non si potrà mai giungere alla certezza di aver scovato il vero Artù, tante e tali sono state la mitizzazione del personaggio e la stratificazione di leggende. Scopo di queste pagine non sarà pertanto il tentativo di identificare questo personaggio, inquadrandolo da un punto di vista prettamente storico, bensì di descrivere il suo sviluppo nella letteratura medievale in lingua latina.

La figura di Artù appare legata ad alcuni episodi storici della storia dei Britanni, alcuni del tutto incompatibili fra loro, e pertanto diventa assai arduo cercare di dare una forma alla questione. Egli appare fin da subito legato alle lotte fra i Britanni, cioè la popolazione indigena delle Isole, e gli invasori Anglosassoni. Trattandosi di un arco temporale nel complesso non particolarmente esteso, gli storici ed i filologi hanno tentato di circoscrivere il più possibile il periodo nel quale questo personaggio dovette effettivamente operare.

Analizzando la presenza del personaggio di Artù nella letteratura storiografica ed agiografica medievale britannica, l’elemento più degno di nota è il silenzio totale di Gildas e di Beda su questo personaggio: non solo essi non lo citano esplicitamente per nome, ma neppure alludono mai ad una figura che possa essere identificata con Artù. Come si è visto, gli unici due personaggi che il Venerabile cita per nome a proposito degli scontri fra Britanni e Sassoni sono Vortigern prima ed Ambrosio Aureliano

Historicisation of Arthur, saggio apparso in rete ed i cui contenuti sono poi confluiti in ID., Concepts of

Arthur, Stroud 2008, nota come: «by asking ‘Was there a historical Arthur?’one forces the texts to

answer ‘perhaps maybe’; they have no other choice because, on the basis of the few sources selected and the viewing of these few sources in isolation, they are incapable of denying that there was such a figure just as they are incapable of confirming it. As such this ‘perhaps, maybe’ is in reality valueless.»

successivamente: né nel De exc. né nella HE emerge alcun’altra figura individuabile ed individuata.2

La prima testimonianza nella HB

Il primo testo a parlare di Artù con una pretesa di veridicità è la HB, nella quale si incontra un importante, ed assai dibattuto in sede critica e storica, passaggio. Si tratta di un elenco di dodici battaglie attribuite ad Arthur, delle quali si fornisce solo il luogo, per altro usando toponimi tutt’altro che chiari:3

HB 56: In illo tempore Saxones invalescebant in multitudine et crescebant in

Brittannia. Mortuo autem Hengisto Octha filius eius transivit de sinistrali parte Britanniae ad regnum Cantorum et de ipso orti sunt reges Cantorum. Tunc Arthur pugnabat contra illos in illis diebus cum regibus Brittonum, sed ipse dux erat bellorum. Primum bellum fuit in ostium fluminis quod dicitur Glein. Secundum et tertium et quartum et quintum super aliud flumen, quod dicitur Dubglas et est in regione Linnuis. Sextum bellum super flumen, quod vocatur Bassas. Septimum fuit bellum in silva Celidonis, id est Cat Coit Celidon. Octavum fuit bellum in castello Guinnion, in quo Arthur portavit imaginem sanctae Mariae perpetuae virginis super humeros suos et pagani versi sunt in fugam in illo die et caedes magna fuit super illos per virtutem domini nostri Iesu Christi e per virtutem Sanctae Mariae virginis genitricis eius. Nonum bellum gestum est in urbe Legionis. Decimum gessit bellum in litore fluminis, quod vocatur Tribruit. Undecimum factum est bellum in monte, qui

2 Anche G. A

SHE, The Origins of the Arthurian Legend, «Arthuriana» 5.3 (1995), pp. 1-24: 8, non crede che il silenzio di Gildas sia degno di particolare menzione: «Too much has been made of Gildas’s silence because of a tendency to assume that he would have been, that his correct position in the time-span is late. But if he flourished near the beginning of it, say in the third quarter of the fifth century, the silence means nothing. Gildas knows little about anybody beyond living memory and names no fifth-century Britons at all, except Ambrosius Aurelianus.»

3 Sulle battaglie attribuite ad Artù nella HB ed i tentativi di identificazione dei luoghi e delle date, vd.

per es. A. ANSCOMBE, Local names in the ‘Arthuriana’ in the Historia Brittonum, «ZCP» 5 (1904), pp. 103-23; O.G.S. CRAWFORD, Arthur and His Battles, «Antiquity» 9 (1935), pp. 277-91; W.G. COLLINGWOOD, Arthur’s Battles, «Antiquity» 3 (1929), pp. 292-98 (il quale cerca di individuare le prime undici battaglie nell’est della Britannia, e solo la dodicesima, quella di Monte Badon, nell’ovest); K. JACKSON, Once again Arthur’s Battles, «MPh» 43/1, pp. 44-57.

dicitur Agned. Duodecimum fuit bellum in monte Badonis, in quo corruerunt in uno die nongenti sexaginta viri de uno impetu Arthur; et nemo prostravit eos nisi ipse solus, et in omnibus bellis victor extitit. Et ipsi, dum in omnibus bellis prosternebantur, auxilium a Germania petebant et augebantur multipliciter sine intermissione et reges a Germania deducebant, ut regnarent super illos in Brittannia usque ad tempus quo Ida regnavit, qui fuit Eobba filius. Ipse fuit primus rex in Beornica.

Nella HB si elencano solamente le dodici battaglie combattute da Artù contro i Sassoni. Questo dimostra che in origine la tradizione sul personaggio prevedeva una carriera prettamente insulare. L’effetto sortito dall’insieme di questi scontri fu quello di attirare sull’Isola sempre più Sassoni, chiamati in soccorso dai loro connazionali che si trovavano in difficoltà. Questo scenario pare effettivamente attagliarsi piuttosto bene alla situazione descritta da Gildas e poi da Beda per il lasso di tempo successivo allo scontro di Monte Badon: si ebbe sì un periodo di tregua, ma poi l’“advena potentior” (così Beda chiama i Sassoni nei Chronica Maiora,) si sarebbe a poco a poco (non senza difficoltà) impadronito dell’Isola.

Artù non è un re, come sarà successivamente, ma un valoroso condottiero militare, un dux bellorum che combatte «cum regibus Brittonum»: quale valore attribuire a questo complemento di compagnia? Si intende un luogotenente, un ufficiale fedele dell’esercito di vari re Britanni, o un combattente franco, una sorta di capitano di ventura (se è lecito servirsi di questo anacronismo), non legato ai Britanni ma solo loro alleato?1 Fra le dodici battaglie che gli vengono attribuite, solo l’ultima è ben

1 È importante ricordare che, nella Britannia post-romana, era ancora assai presente una comunità

romana, alla quale, stando alla testimonianza di Gildas, apparteneva per es. Ambrosio Aureliano. Artù, il cui nome, com’è stato notato da MALONE, Artorius cit., denoterebbe ascendenze romane, potrebbe essere stato inteso, alle origini della tradizione poi confluita nella HB, con connotati romani e non britanni, configurandosi come un ex ufficiale della guarnigione rimasto sul territorio dell’Isola ed alleatosi con i Britanni contro gl’invasori. Cfr. R.G. COLLINGWOOD, Roman Britain and the English

Settlements, London 1936, pp. 321-24. Come nota J.J. PARRY, Geoffrey of Monmouth and the

Paternity of Arthur, «Speculum» 13 (1938), pp. 271-77: 271: «it was Geoffrey of Monmouth who first

claimed to know who Arthur’s father was, and even Geoffrey did not venture to say he was a Welshman. The family in which Geoffrey placed him was an historical one of mixed Roman and British descent.»

attestata dalla storiografia precedente, ossia il famoso quanto poco chiaro scontro durante l’assedio di Monte Badon. Come si è visto, tale battaglia fu importante per l’equilibrio, seppure parziale e non duraturo, che portò nei rapporti burrascosi fra Britanni e Sassoni, e non stupisce che in riferimento ad essa si ponga un eroe nazionale come Artù.

La presenza di Artù nelle agiografie gallesi e bretoni

Il personaggio di Artù doveva essere già nato a livello mitico nella narrativa popolare britannica, e tale fortuna si estese ad un genere alto, seppure fortemente venato di popolarità come l’agiografia. Egli compare infatti in diverse Vitae di santi, alcune delle quali di età precedente al XII secolo,2 cioè prima che l’opera di Goffredo porti ad una nuova fortuna di questo personaggio.3 L’Artù che emerge da queste opere è multiforme, assolutamente non univoco, e pare talvolta non avere molto in comune con il pio e valoroso dux bellorum della HB.

Nella leggenda di San Cadoc,4 Artù compare in due distinti episodi, il primo riferito alle circostanze del concepimento del santo, il secondo ad una disputa fra i due. Nella prima circostanza, re Gwynlliw rapisce la bella Gwladys, figlia di Brychan, e mentre infuria una battaglia fra i due eserciti contendenti, i due innamorati fuggono e incontrano Artù con i suoi fidi Kay e Bedwir mentre giocano a dadi su una collinetta.

2 La datazione di alcune fra le opere agiografiche che verranno di seguito citate non è sicura: a tal

proposito farò riferimento al lavoro di J.S.P. TATLOCK, The Dates of the Arthurian Saints’ Legends, «Speculum» 14 (1939), pp. 345-65. Delle sette Vitae prese in esame, cinque riguardano santi gallesi e due santi bretoni. Delle prime, quattro sono contenute nel ms. London, Cotton Vesp. A. XIV, confezionato intorno all’inizio del XIII secolo.

3 Per le attestazioni di Artù in queste opere agiografiche si fa riferimento al lavoro di C.G RANT LOOMIS, King Arthur and the Saints, «Speculum» 8 (1933), pp. 478-82, puntuale nell’analisi delle attestazioni, meno nella datazione e nel tracciare i rapporti fra di esse (proprio questa manchevolezza spinse Tatlock ad occuparsi di ciò nel saggio succitato).

4 Cadoc fu un santo del sud del Galles che sul finire del VI secolo, dopo vari viaggi, fondò l’abbazia di

Llancarfan. La Vita Cadoci fu scritta fra il 1073 ed il 1086 (secondo la datazione proposta da Tatlock) da Lifric, figlio del vescovo Herwald. Il testo è stampato negli Acta SS. Jan. II, pp. 217-20, ed edito da W.J. REES, Lives of the Cambro British Saints, Llandovery 1853, pp. 22-96 (d’ora in avanti semplicemente REES).

Artù si innamora della ragazza e vorrebbe approfittare della circostanza per rapirla a sua volta, ma i due amici lo rimproverano, chiedendogli di restare fedele alla sua lealtà e benevolenza nei confronti di chi è in difficoltà. Artù cede obtorto collo alla richiesta dei due fuggitivi e mette in fuga gli inseguitori. Dall’unione di Gwynlliw e Gwladys nascerà Cadoc.

Vita Cadoci, in REES p. 24: At ubi Gundleius corpore incolumis cum prenotata virgine, licet plurima strage, mestus preliando cum adversariis, terminos terrae suae attigisset, ecce tres heroes strenui, Arthurus cum duobus equitibus suis, Cei videlicet et Bedguir, super cacumen supradicti collis cum alea ludentes consedere.

Illis enimvero cernentibus regem cum puella sibi appropinquentem, Arthurus ilico libidine in amorem adolescentule nimium succensus, ac iniqua cogitatione plenus consodalibus inquit: «Scitote me vehementer in concupiscentiam puelle hujus quam ille miles equitando devehit accendit.» At illi prohibentes eum, dixerunt: «Absit a te tantum scelus patrari; nos enim soliti sumus inopes anxiosque juvare, quocirca huic angustato prelio certaminis, concurrentes circius subueniamus.« At ille: «Quum ambo mavultis ei succurrere quam puellam mihi ab eo violenter eripere, pergite obviam eis, ac quis illorum sit heres diligenter hujus terrae sciscitamini.» Illis autem confestim abeuntibus, et pro regis precepto sciscitantibus, Gundleius respondit: «Testante Deo, et omnibus Britannorum peritissimis, istius terrae heredem me esse profiteor.» Reuersisque nuntiis ad dominum suum, retulerunt quae ab illo audierant. Tum Arthuro sociisque ejus armatis, in hostem Gundleii irruunt, eosque versis tergis, cum magna confusione ad patrium solum fugaverunt. Tunc Gundleius per patrocinium Arthuri triumphans, ad suum palacium cum prescripta virgine Gladusa perrexit.

Nel secondo episodio, Artù vuole vendicare la morte di tre suoi soldati ad opera di Ligessawc, generale dei Britanni, rifugiatosi presso il monastero di Cadoc. Quando le parti addivengono ad un accordo di riscatto, Artù chiede trecento capi di bestiame, rossi davanti e bianchi dietro, all’evidente scopo di giungere allo scontro. Per miracolo, si trovano proprio trecento vacche con manto di quei bizzarri colori, che, appena giunte in mano ad Artù, si trasformano in balle di fieno.

Vita Cadoci, inREES, p. 48-49: In eodem igitur tempore, dux quidam Brittanorum

fortissimus, vocabulo Ligessauc, filius Eliman, cognomento quoque Lauhiir, id est longa manus, tres milites Arthurii regis illustrissimi Brittaniae trucidavit. Ceterum Arthurio quaquaversum eum persequente, nusquam tutum locum reperit, nulloque ipsum tutari ob predigesti regis pavorem ausus fuit; donec tandem creberrima fuga fatigatus ad virum Dei profugus pervenit. Qui ipsius miseratus labores benignius illum suscepit, in Domino confidens, Arthurium uero nil metuens, secundum illum dominicum preceptum, “Nolite timere eos qui corpus occidunt, animam autem non possunt occidere, sed potius eum timete qui potest animam et corpus mittere in gehennam.” Mansit itaque cum eo in regione Guunliauc, Arthurio nesciente, septem annis securus. Quibus evolutis rursus prelibato regi proditus, idem demum placitandi causa, quod vi cum viro Dei nullatenus auderet contendere, cum plurima militum copia ad amnem Oscam pervenit. Directis ergo legatis ad regem, vir Dei scissitatur ab eo si controversiam in sagacium judicium arbitrio statueret. At ille adquievit, Sanctus namque Cadocus de diversis ejusdem patriae partibus, tribus ad se principalibus proceribus, David videlicet, et Teliauvo, et Dochu, Reneder et Maidoc accersitis, cum pluribus aliis clericis et senioribus totius Brittanie, judicibus, insimul coadunatis usque ad ripam pregrandis fluminis Osce ipso precedente, pariter convenerunt. Ibi quoque more hostium ex utraque fluvii parte causam amaris uerbis agitantes, diutius utrinque litigaverunt. Post hanc autem altercationis intercapidinem, eruditiores ex judicibus viri decreverant Arthurium pro redemtione uniuscujusque virorum necatorum tres boves optimas debere suscipere. Alii vero centum vaccas illi in precium prescriptorum virorum tribundas sanxerunt, a priscis enim temporibus apud Brittones hujusmodi judicium ac istud precium de regum ducumque ministris constitutum erat. Hoc accepto, Arthurius insultans, uni coloris vaccas renuit; verum discolores accipere voluit, scilicet in anteriori parte rubei, in posteriori vero candidi, coloris distinctas plurima tergiversatione gestivit. Illi quippe quo hujuscemodi coloris pecora repperirentur, penitus ignorantes quid consilii super his caperent, hesitabant; quocirca vir Dei in trium personarum nomine imperavit juvenibus de concilio quatinus novem, sive velut quidam fatentur centum juvencas ad se minare, cujuscunque coloris forent. Ut autem pernotata animalia pre oculis ipsius, et aliorum Dei famulorum adducta fuerunt, divino magnatio, ex prava Arthurii cupidine, in prelibatis coloribus pro benivolo justorum precatu ac desiderio, statim mutata fuere.

Intuente autem totius cleri comitato pluribusque aliis Dei fidelibus a beato viro illo congregatis hoc miraculo, gavisi sunt gaudio magno, Deum valde glorificanter. Porro

vir Dei consuluit quatinus jure prememoratas boves agere deberet. Et respondit ex altrinsecus judicum cunctis, «Jus quidem est te ipsas ad vadi medium gregatim com- pellere.» Compulsit igitur illas eotenus occurrerentque eis Arthurius, Kei et Bedwir ceteris in littore sedentibus; at Kei, et Bedwir gliscentes eas manibus ad litus alterum per cornua trahere; sed extemplo inter ipsorum manus, cunctis videntibus, divino nutu, in filicis fascibus transfigurate sunt. Quod prodigium Arthurius aspectans, ut sibi dimittetur injuria quam illi irrogaverat beatum virum humiliter fiagitavit. Largitus est autem illi veniam delicti, juxta illud evangelicum, «Dimittite et dimittetur vobis.»

Come si nota, l’Artù di questa prima narrazione è un personaggio dal carattere piuttosto diverso da come sarà nel prosieguo della sua evoluzione letteraria. Anche se i suoi fidi Kay e Bedwit gli riconoscono un’inclinazione particolare a difendere e soccorrere le persone in difficoltà, il suo comportamento non è privo di macchie. Nel secondo episodio, poi, appare evidente la connotazione fortemente negativa: l’umiliazione finale è la giusta punizione divina per la sua malvagità.

Situazione ancora più chiara è quella che viene descritta nella vita di San Paterno:5 Artù, chiamato dall’anonimo tyrannus, si presenta al cospetto del vescovo Paterno e gli chiede il suo mantello. Al rifiuto di quest’ultimo, si infuria e ritorna per prenderselo con la forza: Paterno, avvisato da un monaco, chiede ed ottiene dalla terra che ingoi Artù fino al mento. L’umiliato re è costretto a fare ammenda della propria colpa ed a chiedere protezione a Paterno.

Vita Paterni, in REES, pp. 193: Cum autem Paternus in ecclesia Mauritania prefata post tantos labores quiescebat, deambulabat quidam tyrannus regiones altrinsecus, nomine Arthurus: qui quadam die veniens ad cellam sancti Episcopi, et ipsum alloquens, tunicam memoratam aspexit, et zelo confossus invidiae, petivit eam. Cui Sanctus: «Non cuilibet magno, sed Clerico tantum Deo sacrato haec tunica condigna est.» Ille autem indignans monasterium egressus, iterumque regressus est ut eam vi tolleret. Unus autem discipulorum videns illum in furorem revertentem, cucurrit ad S. Paternum et ait: «Tyrannus, qui hinc antea exivit, insultando cum furore regreditur.» Paternus ait: «Imo absorbeat eum tellus.» Quo dicto statim terra aperuit os suum, et

5

Paterno fu un santo gallese che visse a cavallo fra V e VI secolo. La Vita Paterni è contenuta negli

usque ad mentum Arthurum absorbuit. Qui ilico agnoscens suum reatum, incipit Deum et S. Paternum laudare; donec veniam humiliter petens, terra illum sursum emitteret. Tunc Sanctus Regi, flexis genibus veniam imploranti, benigno vultu

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