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VERSO UN NUOVO MODELLO DI REGOLAMENTAZIONE

1. CRITICITÀ E CONSEGUENZE DELLA NUOVA BOZZA DI DECRETO

Il Ministero dell’Ambiente ha recentemente avviato un processo di consultazione finalizzato ad una nuova definizione dei criteri per individuare quali rifiuti prodotti dalle imprese possono essere conferiti al servizio pubblico di raccolta e entro quali limiti quantitativi. Per raggiungere questo obiettivo sono già stati predisposti due schemi di bozza di decreto ministeriale.

L’iniziativa prende le mosse dalla sentenza del Tar Lazio n. 4611/2017 che ha ordinato al Ministero di emanare entro centoventi giorni dalla data della decisione il decreto previsto all’art. 195 comma 2 lettera e) del D.lgs 152/2006. Proprio quest’ultima rimette alla competenza statale la «determinazione dei criteri qualitativi e quali- quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani».

Nelle more dell’emanazione del decreto, i Comuni hanno finora seguito le regole fissate dalla delibera del Comitato interministeriale 27 luglio 1984 che, come già discusso, garantiva loro un generoso campo d’applicazione e una notevole autonomia discrezionale in materia di assimilazione, anche grazie alle norme regolatrici della tariffa che si sono succedute nell’ultimo tempo.

Nei fatti vengono posti, rispetto alla situazione attuale, molte limitazioni che costringeranno i gestori a dover ripensare il proprio assetto gestionale a causa della conseguente forte deassimilazione prevista nel decreto, cui conseguirà una notevole riduzione delle superfici imponibili e quindi dell’entrata, che sarà compensata solo in minima parte dalla riduzione dei costi del servizio.

Poste tali premesse, è altrettanto facile pertanto ipotizzare un inevitabile e molto consistente aumento delle tariffe a discapito delle utenze domestiche e delle piccole utenze non domestiche che dovranno compensare la discrasia economica formatasi.

In primo luogo in entrambe le bozze, oltre ad individuare in modo tassativo all’allegato 1 le attività coinvolte nello speciale regime, all’allegato 2 è presente una tassativa lista di Codici CER di rifiuti a cui è rivolto il nuovo regolamento.

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All’articolo 3 sono posti già dei rilevanti paletti in ordine ad un assoluto divieto di assimilare ai rifiuti urbani quelli di tipo speciali che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti. Va da sé, trovando conferma nella precipua clausola di riserva a chiusura del dettato normativo, che delle aree produttive rimangono assimilabili solo i rifiuti prodotti negli uffici, mense, spacci, bar, locali di servizio dei lavoratori ed in genere dei locali comunque aperti al pubblico, opportunamente riportati nell’elenco all’allegato 1 assieme ad altri.

A ciò si aggiunga che, in assenza di adottati sistemi di misurazione puntuale dei rifiuti da parte dei Comuni62, all’allegato 4 tabella 3 sono state fissate dal Legislatore per talune attività dell’elenco soglie limite di grandezza dei locali espresse in metri quadrati. Considerata la scarsa diffusione dei sistemi di misurazione di questo tipo sul territorio nazionale, dovuta sia all’insufficienza di risorse che a scelte di natura meramente politica/amministrativa, se si pongono a confronto le attività coinvolte con il corrispondente valore, è facile rilevare come questi siano del tutto irrilevanti rispetto alla tipologia commerciale cui si riferiscono, come nel caso degli ipermercati, supermercati ed aree industriali al servizio del personale.

Ciò detto, il nuovo assetto inoltre fa emergere in taluni casi disparità di trattamento sotto un profilo prettamente merceologico qualitativo tra esercizi del medesimo settore ma operanti in contesti differenti.

Per fare un esempio concreto, per le attività di ristorazione non sono previste misure restrittive in termini dimensionali fin tanto che non siano esercitate all’interno delle aziende a servizio dei lavoratori per cui, nella prima bozza, ricorre una misura limite di 400 mq. Pur producendo la medesima qualità di rifiuto, il primo è sottoposto al regime speciale di assimilazione a dispetto del secondo per il quale, al contrario, possono essere applicabili le normative in tema di rifiuti speciali qualora siano superati i valori prefissati.

Ai fini di una migliore riuscita forse sarebbe stato più opportuno scorporare le superfici degli uffici, delle mense e comunque dei locali adibiti a servizio dei lavoratori delle aziende dichiarandole assimilabili, perciò tassabili, senza apporre severe condizioni restrittive come è avvenuto63.

Nell’ipotesi in cui, al contrario, il Comune abbia adottato un sistema di misurazione e calcolo della tariffa puntuale dei rifiuti prodotti, sono prescritti limiti

62 Disciplinato con il D.M. 20 aprile 2017.

63 P. Pipere, La modifica dei criteri per individuare quali rifiuti prodotti dalle imprese possono essere affidati al servizio pubblico di raccolta, in www.tuttoambiente.it, 12 luglio 2017.

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quantitativi annui per metro quadro che, a differenza della vigente regolazione, venivano riferiti con l’unità decimale della tonnellata. In particolare la norma concede ai Comuni la facoltà di disporre in peius il limite dell’ammontare dei rifiuti assimilabili per ciascuna attività indicata nell’elenco calcolato sulla base di limiti quantitativi annui stabiliti in misura non superiore al valore medio di produzione conferito da ciascuna tipologia di attività. La possibilità di derogare al tetto indicato dal legislatore non trova alcuna possibilità neppure nell’ipotesi di prima applicazione del nuovo sistema di misurazione. In entrambi i casi sopra descritti, il superamento dei riportati valori nella tabella di cui all’allegato 3 e 4 comporta ex art. 4 comma 2 della bozza di Decreto la totale disapplicazione ab origine dello speciale regime di assimilazione per tutti i rifiuti prodotti dalle attività economiche riportare nell’elenco di cui all’allegato 1. Da ciò ne emerge un problema legato alla ripartizione dei così detti costi per i servizi indivisibili che, per lacuna normativa, non troveranno più ripartizione tra coloro i quali non afferiscano più al regime speciale di assimilazione dei rifiuti.

Viene confermato il divieto di assimilazione dei rifiuti da imballaggio terziario, già previsto dall’articolo 226 del Dlgs 152/2006. Le attività che producono rifiuti non assimilati saranno soggette solo al pagamento degli oneri relativi alla copertura dei costi di spazzamento e lavaggio e dei costi comuni di cui al Dpr 158/1999. I Comuni dovranno adeguarsi al nuovo impianto normativo entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto.

Poste tali premesse, è evidente come la nuova bozza di decreto appaia dunque del tutto ostativa a soluzioni di continuità con l’attuale sistema di regolazione del fenomeno dell’assimilazione e punti a scardinare l’ampia discrezionalità che i Comuni esercitano in materia.

Di recente il Ministero dell’Ambiente ha reso nota seconda bozza di Decreto apportando in taluni casi modifiche alla versione precedentemente pubblicata. Anche in questo caso il Legislatore non ha ritenuto indispensabile ai fini di una maggior controllo sul territorio prevedere un precipuo rimando alla potestà degli Enti di Governo per i criteri, demandando alla discrezionalità degli Enti territoriali.

All’art. 2 in cui sono fissate le definizioni è stata inclusa quella relativa alle “superfici di vendita”, con uno specifico rimando all’art. 4 co 1 lett. c Dlgs 114/9864,

connotando in tal senso l’esigenza di far chiarezza su un punto che fino a questo momento

64 Art. 4 co. 1 lett. c) D.lgs 114/1998, per superficie di vendita di un esercizio commerciale, l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi.

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era solo dedotto indirettamente dall’accezione negativa sulle aree non ricomprese nell’assimilazione.

L’art. 3 che rimanda all’allegato 2 dedicato ai Codici CER sono stati eliminati quelli relativi a RAEE, per i quali però prevale il D. Lgs. 49/2014, batterie ed oli ma non hanno trovato inserimento i codici di riferimento per la plastica e gomma (191204), pneumatici fuori uso (160103), materiali isolanti (170604) e medicinali (200132). Rimane invariata la specifica sulla deassimilazione totale qualora siano superati i valori limite prefissati nel Decreto oltre al conseguente problema legato alla ripartizione dei costi legati ai servizi indivisibili

Al riformato art. 4, i limiti passano da valori in kg/mq l’anno a valori in kg/anno e viene inserito il riferimento alla misurazione del solo RUR (in questo caso i quantitativi riportati vanno moltiplicati per 0,35). Una consistente variazione è stata apportata invece alla tabella dell’allegato 3 riferita ai valori massimali di assimilazione in presenza di regimi di misurazione puntuali. In questo caso, rispetto alla versione precedente, è stata prevista l’assimilazione totale senza discrimine alcuno per tutta una serie di attività commerciali65.

Vanta novità anche la tabella all’allegato 4 applicabile in tutti quei casi in cui non ricorra un sistema di misurazione puntuale dei rifiuti prodotti. Sono introdotti due diversi tipi di limiti areali, uno come nella prima bozza per l’attività operativa specifica (Sv superficie di vendita) ed uno per le superfici di destinazione (Sd) come uffici, mense, bar, locali aperti al pubblico, apportando in certi casi per alcuni esercizi commerciali la determinazione di valori limite in precedenza non contemplati o il loro aumentare.

Nel complesso l’Allegato appare peggiorato rispetto alla prima bozza a causa dell’inserimento dei limiti, per di più decisamente bassi, per diverse attività per le quali nella prima bozza era prevista la totale assimilazione e la previsione di limiti, per le superfici Sd, decisamente bassi per determinate categorie di attività. Di tal che, l’ipotesi di un limite areale così ristretto per zone adibite ad uffici, mense, bar e locali aperti al pubblico potrebbe generare indubbiamente la deassimilazione di tal contesti e la fuoriuscita totale dalle banche dati di attività alle quali non sarà possibile addebitare i costi fissi di cui godono tutte le utenze indipendentemente dalla produzione di rifiuti.

65 Cinematografi e teatri, autorimesse, campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi, stabilimenti balneari, alberghi con ristorante, alberghi senza ristorante, uffici, agenzie, studi professionali, banche ed istituti di credito, banchi di mercato beni durevoli, ristoranti, trattorie, osterie pizzerie, pub, mense, birrerie, hamburgherie, bar, caffè, pasticceria, banchi di mercato generi alimentari, discoteche, night club.

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Quest’ultimo problema, inoltre, permane sia nel caso di presenza di un sistema di misurazione (per le attività che superino i limiti di produzione annuale) sia in sua assenza (per quelle attività che superino il limite della superficie di vendita ed il limite della superficie disponibile, fattispecie tutt’altro che remota). Si presume, in prima analisi, che i grandi distributori usciranno integralmente dal perimetro della privativa e ad essi non potranno più essere addebitati i costi fissi relativi a servizi di cui sicuramente godono (pulizia e decoro delle aree urbane). Questo soprattutto nel caso di assenza di un sistema di misurazione puntuale: tali attività, infatti, si configurano per avere elevate Sv ed Sd. In fine, a tale panorama deve inoltre aggiungersi il fatto che rimangono estranee a qualunque possibilità di assimilazione numerose categorie di attività, posto il carattere tassativo dell’elenco.

3.2. CONCLUSIONI

Appare chiaro l’intento che la bozza di Decreto vuol perseguire, intenta ad un’importante razionalizzazione dei costi da addebitare agli utenti non domestici in virtù di un’assimilazione fino ad ora non particolarmente corretta demandata ai regolamenti comunali. Questo assetto trova due risvolti della medaglia: se da un lato si rileva l’effettiva esigenza di mettere in condizione gli esercenti di disporre in modo discrezionale dei propri rifiuti, pervenendo alla commisurazione di un corrispettivo che rifletta la precipua quantità e qualità delle esternalità che intende allontanare, dall’altra è evidente il notevole impatto che tale manovra potrebbe avere nei confronti di un radicalizzato sistema di gestione integrato.

Attualmente, come si è potuto vedere, eccetto nei casi di tariffa puntuale, il costo del servizio di gestione è calcolato in base al valore della superficie dell’immobile, criterio che, nonostante spieghi una somma dalla natura tributaria e pertanto slegata da una correlazione servizio-costo, in taluni casi si discosta in modo troppo evidente dal principio cardine “chi inquina paga” su cui si reggono le regole del contesto ambientale. A ciò si aggiunga il mutamento di valore a cui stiamo assistendo legato al mondo dei rifiuti, da esternalità a prodotto di scambio sul mercato per la realizzazione di nuovi prodotti.

Le nuove politiche europee sull’economia circolare e le importanti spinte imprenditoriali del mercato, che hanno di fatto rivoluzionato in tal senso il panorama

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attuale nel segno della simbiosi industriale, della certezza delle materie prime e della sicurezza di ritorno dell’investimento, hanno in un certo senso rappresentato gli apri pista di una rivoluzione che conduce a ritenere la locuzione “disfarsi”, contemplato ex art. 183 co. 1 lett. f D.lgs 152/2006 relativo al produttore del rifiuto, ormai inadeguata e priva di fondamento.

Se pur, quindi, il nuovo assetto comporterebbe quindi indubbiamente dei vantaggi per il mondo dell’industria, allo stesso tempo si renderebbe fautore della conseguente aumento del costo della gestione dei rifiuti per gli utenti domestici, in forza del combinato economico che fino ad ora ha dato ragion d’essere al calcolo della tariffa. In tal senso è stato ipotizzato un rincaro di circa del 30% delle bollette in virtù dei costi fissi del sistema integrato, modello funzionale attualmente adottato.

Trovando un termine di paragone a ciò che sta avvenendo, l’esempio più calzante è ravvisabile nel sistema di produzione, trasporto e dispacciamento dell’energia elettrica. Anche in quel caso si è quasi assistito ad una crisi dell’”infrastruttura” nazionale preesistente a causa del fiorire di numerosi punti autonomi privati di produzione di energia che, in taluni casi, anche in forza dell’efficientamento degli immobili, conduceva l’utente privato o azienda a domandare l’esclusione dalla rete e, quindi, di essere off-grid. Anche in quel caso la tendenza di massa a richiedere uno switch off di questo tipo, soprattutto da parte delle imprese, avrebbe comportato notevoli ricadute in termini di oneri economici alla comunità, in virtù della obbligata ripartizione delle spese per il mantenimento e sostentamento della rete elettrica nazionale, sistema ormai consolidato e radicalizzato sul territorio, patrimonio comune. Una condizione simile porterebbe solo a una grossa confusione, edificata sulla base di un iniziale entusiasmo che troverebbe irrimediabilmente un freno allorquando si venissero a manifestare le prime difficoltà dovute proprio alla volatilità del mercato e delle strategie d’impresa.

Pertanto, traendo ispirazione da quanto riportato, si ritiene che si debba necessariamente trovare un punto d’incontro tra le esigenze generali, che salvaguardi quanto fino ad ora intrapreso con i sistemi integrati per la gestione dei rifiuti e stimoli l’orizzonte imprenditoriale. La bozza di decreto analizzata, allo stato dei fatti, potrebbe assurgere quale svolta troppo repentina e rivoluzionaria che non permetterebbe al sistema una progressione ordinata e senza risvolti negativi per la collettività, tenuto conto delle proiezioni economiche svolte in seno alle svolte consultazioni pubbliche che hanno coinvolto le aziende del settore.

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Rapportando quando detto alla gestione dei rifiuti d’imballaggio terziari di carta e cartone, questa, come anzi detto, rappresenta in modo specifico il prototipo a cui l’intero panorama degli RSU vorrebbe e o dovrebbe tendere. Orbene dall’incrocio delle risultanze dell’analisi legislativa della bozza di decreto e dal quadro dell’ormai consolidata filiera di riciclo cui prende le mosse una domanda di mercato ben consolidata, pare naturale addivenire alla considerazione che in tal prospetto si ravvisi una carenza di equità negli equilibri in gioco, dovuta al mancato riconoscimento del valore che tale “rifiuto” detiene. Ecco che dunque il costo di gestione dovrebbe essere calcolato secondo diversi parametri, commisurati sull’effettivo quantitativo di carta e cartone che le imprese intendono allontanare e sulla base del riservato valore di mercato che questo detiene.

Quindi, rapportando il tutto ad una visione macroscopica del mondo degli RSU, si tratterebbe di eseguire uno studio di settore di tipo qualitativo ed economico, primo passo di una rivoluzione che, al contrario di ciò che sta avvenendo, non si limiti a spostare gli equilibri esclusivamente sul piano giuridico normativo, ma bensì tragga spunto dal reale contesto in cui deve trovare applicazione.

44 Bibliografia

Letteratura:

V. Fusconi, Per il Comune da smaltire solo la delusione, Riv. Telematica Fisco oggi dell’Agenzia delle entrate, 06.06.2006.

F. Petrucci, L'affidamento dei servizi locali: il quadro normativo (anche per il servizio idrico), riv. Reteambiente, 07.09.2017.

L. Lovecchio, La tariffa rifiuti e la Tares nel sistema del Codice ambientale, in riv. Rifiuti, n. 198 del 09.09.2012.

G. Debenedetto, L. Lovecchio, Dalla TARSU alla TARES, Rimini, 2013.

S. Scozzese, E. Dina, A. Ferri, F. Proia, Tares: il nuovo tributo comunale sulla gestione dei rifiuti e sui servizi indivisibili, in riv. IFEL-Fondazione ANCI, 12.10.2012.

R. Lenzu, Tares, tributo comunale sui rifiuti e servizi, in riv. IFEL-Fondazione ANCI, 18.04.2013.

S. Baldoni, M. Migliorisi, F. Tuccio, F. Fazioli, T. Ulivieri, Tassa sui rifiuti 2015. Disciplina, gestione e indicazioni operative, 2014, Napoli.

M. Villani, Tarsi illegittima per gli anni 2012, 2011 e 2012, in riv. Telematica Altalex, 06.02.2012.

P. Pipere, La modifica dei criteri per individuare quali rifiuti prodotti dalle imprese possono essere affidati al servizio pubblico di raccolta, in www.tuttoambiente.it, 12 luglio 2017

Norme e atti:

- Legge 14 settembre 2011, n. 148, conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. delega al governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, in g.u., n. 216, 16 settembre 2011. - D.lgs. n. 152 del 2006.

- Legge regionale 22 novembre 2007 n. 61, Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e norme per la gestione integrata dei rifiuti, in B.U.R.T., n. 40, 30 novembre 2007.

- Legge regionale 18 maggio 1998 n. 25, Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, in B.U.R.T., n. 19, 28 maggio 1998.

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- Legge regionale 28 dicembre 2011 n. 69, Istituzione dell'autorità idrica toscana e delle autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. Modifiche alla L.R. n. 25/1998, alla L.R. n. 61/2007, alla L.R. n. 20/2006, alla L.R. n. 30/2005, alla L.R. n. 91/1998, alla L.R. n. 35/2011 e alla L.R. n. 14/2007, in B.U.R.T., n. 63, 29 dicembre 2011. - Legge regionale 28 novembre 2014 n. 61, Norme per la programmazione e l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di gestione dei rifiuti. Modifiche alla l.r. 25/1998 e alla l.r. 10/2010, in B.U.R.T., n. 52, 5 novembre 2014.

- Legge 7 aprile 2014 n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, in vigore dall’8 aprile 2014, in G.U., n. 81, 7 aprile 2014. - D.lgs 175/2016, Testo Unico in materia di società partecipate dalla pubblica amministrazione, in G.U., n. 210, 8 settembre 2016.

- D.lgs 50/2016, Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in G.U., n. 91, 19 aprile 2016.

- Delibera Comitato Interministeriale 27/7/1984, in attuazione dell’art. 4 del D.P.R. 915/1982

- Legge 22 febbraio 1994, n. 146, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 1993, in G.U., n. 52, 4 marzo 1994.

- Legge 24 aprile 1998, n. 128, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 1995-1997, in GU, n.104, 7 maggio 1998.

- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), in G.U., n. 299, 27 dicembre 2006 - Decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, art. 14, Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, in G.U., n. 284, 6 dicembre 2011; Convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, in G.U., n. 214, 27 dicembre 2011.

- Decreto legge n. 102/2013, Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici, in GU, n. 204, 31 agosto 2013,

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convertito con modificazioni dalla L. 28 ottobre 2013, n. 124, in G.U., n. 254, 29 ottobre 2013

- D.Lgs 507/1993, Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicita' e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle provincie nonche' della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n 421, concernente il riordino della finanza territoriale, in G.U., n. 288, del 15 novembre 1993.

- DL 102/2013, Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici, in GU, n.204, del 31 agosto 2013.

- D.lgs 114/1998, Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in G.U., n. 95, del 24 aprile 1998. - D.M. 20 aprile 2017, Criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantita' di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso

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