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Cromofori e profili spettrali Vis-Nir

PARTE SPERIMENTALE

6. RISULTATI E DISCUSSIONE

6.6. Cromofori e profili spettrali Vis-Nir

Alcuni campioni sono stati analizzati anche mediante spettroscopia di riflettanza a fibre ottiche (FORS) nell’intervallo spettrale 370-850nm (visibile e vicino infrarosso). Gli spettri sono presentati in assorbanza e possono fornire in alcuni casi informazioni quasi esaustive sui cromofori presenti.

L’analisi chimica ha mostrato come nei campioni E8 blu (decoro) e R4 sia presente Co in quantità dell’1,13% e dello 0,07% rispettivamente (Tabella 6.1). Il Co è il principale cromoforo di questi vetri, in quanto sono sufficienti concentrazioni pari allo 0.05% per poter dare una colorazione blu intensa ad un vetro.

Alla presenza del Co si associano alti valori Pb: E8 blu (decoro) presenta una concentrazione di Pb abbastanza elevata, pari al 2,77%, dovuta probabilmente ad un’aggiunta intenzionale finalizzata a diminuire la temperatura di fusione e aumentarne la lavorabilità e la brillantezza.

Al Co è anche associata la presenza di Ni e Cu: sia Ni che Cu sono elementi secondari che permettono di formulare alcune ipotesi sulla provenienza dei minerali di Co utilizzati [50].

La concentrazione di Cu è molto alta rispetto a quella del Co, con un rapporto è rispettivamente 4:1 tipico dei vetri romani, che nel E8 blu è pari a 1.1%.

Fig. 6.9 - Profilo spettrale del campione blu R4

Lo spettro esibito mostra chiaramente i tipici picchi di assorbimento del Co(II) a 535 nm, 590nm e 640 nm. Lo ione Cu(II) ha un massimo di assorbimento a 820 nm ma la campana completa non è visibile in quanto il profilo spettrale corrisponde a una rampa in crescita oltre tale valore, causata dalla presenza dello ione Fe(II), che copre quasi completamente il picco del Cu(II). A 420 nm si può notare leggermente il picco dello ione Fe(III), che contribuisce poco al colore finale.

Fig. 6.10 - Campione E5 Fig. 6.11 - Campione D1

I campioni E5 e D1 sono stati sottoposti alla sola analisi di spettroscopia in riflettanza e successivamente confrontati con lo spettro del campione R4 analizzato anche all’XRF (Fig. 6.12).

Già dalle analisi microfotografiche si può notare che esibiscono tonalità di colore differenti: il campione E5 mostra la tipica colorazione del Co, mentre nel campione D1 il colore blu tende al verde, di solito impartito da una combinazione di Cu e Fe. Le analisi di spettroscopia dimostrano questa differenza: nel E5 i massimi del Co quasi spariscono a causa dell’elevato assorbimento (quasi 100%), giustificabile con una concentrazione decisamente alta di Co(II), mentre nel campione D1 la concentrazione del Co(II), se presente, è molto bassa, e si conferma invece la presenza di Cu(II). In entrambi è visibile il contributo impartito dallo ione Fe(II), nella zona del rosso, che copre col suo segnale il picco di assorbimento del Cu(II).

Il campione E8 è stato analizzato in due punti, come è avvenuto per le analisi XRF, sia nel decoro blu sia nel supporto verde chiaro.

Fig. 6.13 - Profilo spettrale del campione verde E8 bulk

Le analisi chimiche indicano un rapporto Mn/Fe pari a 1,75, che indica l’uso del Mn come decolorante per eliminare almeno in parte il contributo cromatico che il Fe contenuto nelle sabbie conferisce al vetro sotto forma di ione Fe(III).

Le analisi chimiche non hanno riscontrato la presenza di Cu, indicando il Fe come cromoforo di questo vetro con un giusto apporto di Fe(II) e Fe(III), come mostra lo spettro di assorbanza (Fig. 6.13), in cui sono miscelati il Fe(II), che imprime una colorazione tendente al blu e il Fe(III) che contribuisce con una colorazione tendente al giallo, dando quindi una risultante verde chiaro.

Fig. 6.14 - Profilo spettrale del campione blu E8 decoro

Lo spettro esibito dal decoro (Fig. 6.14) mostra i tipici picchi di assorbimento del Co(II) a 535 nm, 590nm e 640 nm come estremamente deboli. Lo ione Cu(II) ha un massimo di assorbimento a 820 nm. A 420nm si può notare il picco dello ione Fe(III).

Il campione F7 è stato analizzato in due punti, sia nel decoro bianco che nel supporto azzurro.

Fig. 6.15 - Profilo spettrale del campione azzurro F7 bulk

L’analisi XRF del supporto azzurro non ha evidenziato la presenza di Co e considerando che l’analisi chimica evidenzia un rapporto Mn/Fe pari a 0.42 si può concludere che non siano stati utilizzati decoloranti per questo vetro. I valori di Cu e di Fe, pari rispettivamente a 0.07% e 0.7% indicano invece questi due elementi come possibili cromofori di questo vetro.

L’andamento dello spettro con la rampa che sale oltre gli 820nm, massimo del Cu(II), indica chiaramente la presenza di ione Fe(II), il quale esibisce il massimo a 1100 nm. Lo ione Fe(II), quando presente in percentuali molto alte, conferisce una colorazione azzurra, risultando essere quindi il principale cromoforo di questo vetro.

Fig. 6.16 - Profilo spettrale del campione bianco F7 decoro

L’analisi condotta sul campione F7 nel punto di decoro bianco, che come confermato dalle analisi chimiche risulta tale per la presenza di un opacizzante a base di antimoniato di Ca, mostra il profilo spettrale riportato in Figura 6.16, in cui la presenza di un picco a 420 nm indica la presenza del Fe(III).

La maggior parte dei vetri rossi opachi sono colorati per via della precipitazione di composti di rame in un vetro sodico, i quali potrebbero trovarsi sia sotto forma di rame metallico che di ossido di rame Cu2O. Raramente, nel secondo secolo, tali vetri venivano realizzati utilizzando l’ematite, un ossido di ferro di formula Fe2O3, tecnica che solo più tardi, in età islamica e a Venezia, diventerà più comune [46].

In generale composti come la cuprite, Cu2O, la quale funge sia da opacizzante che da colorante, possono essere aggiunti al fuso sotto forma di polveri cristalline oppure possono cristallizzare e crescere all’interno del vetro fuso durante il raffreddamento. Nel primo caso la polvere viene addizionata dopo un parziale raffreddamento del fuso per non sciogliere i cristalli, in modo da creare una miscela omogenea grazie alla sua adeguata viscosità. Nel secondo caso a seconda del cristallo sono necessarie diverse procedure di raffreddamento per permettere la formazione e la crescita dei cristalli all’interno della matrice vetrosa [6][52].

Sulla base della letteratura archeologica, gli antichi luoghi di produzione del rosso erano molto scarsi, e si ritiene che spesso tali vetri venissero importati in Italia dall’Africa e dal Medio Oriente. Il vetro grezzo veniva quindi lavorato fornaci di produzione primaria, e successivamente colorato di rosso in fornace secondarie..

Dalle analisi XRF condotte sul reperto rosso A3, la concentrazione di Cu è risultata essere pari all’1.1%, mentre quella del Fe è invece pari al 6.0%; l’indagine XRF (Tab. 6.1) mostra anche una quantità di Mn pari a 1.0% in peso, un valore che in letteratura viene come considerato come limite per la presenza di questo elemento come impurezza naturale delle sabbie, sotto forma di pirolusite, MnO2 [17]. Solitamente la presenza di Fe è indicativa dell’utilizzo di una sabbia poco pura, ma data la concentrazione rilevata nella tessera A3 e la proporzione 6:1 con il Mn, troppo elevata per poter correlare i due elementi, è facile pensare che sia stato aggiunto intenzionalmente.

Nonostante la quantità di Mn sia relativamente bassa (1.0%), si può ipotizzare che per la produzione di questa tessera sia stato usato un vetro decolorato a cui sono stati aggiunti elementi cromofori in una fase di lavorazione successiva.

Fig. 6.17 - Profilo spettrale del campione rosso A3

a confronto con un vetro rosso contenente nanoparticelle di Cu0 [53]

Lo spettro in assorbanza (Fig. 6.17) presenta un andamento a sigmoide, tipico dei reperti rossi.

Si ipotizza che il colore rosso sia dato da Cu, sotto forma di cuprite Cu2O.

Non si può escludere però che ci sia anche rame metallico in forma nano dispersa, in quanto a 565 nm lo spettro mostra, anche se non molto intenso, il tipico picco del Cu0 dovuto alla risonanza plasmonica. In Figura 6.18 si può notare il confronto con un tipico spettro che presenta il rame in forma metallica nano dispersa [53].

L’andamento del segnale al di sotto di 600 nm è mascherato da un assorbimento che copre i picchi tipici del Fe (III) a 420 nm.

Nonostante l’alta concentrazione di Fe si esclude la presenza di ematite, in quanto la sigmoide dovrebbe avere un andamento meno ripido.

L’alta concentrazione di Fe favorisce solitamente la riduzione del Cu, ma non si spiega in ogni caso un segnale così intenso al di sotto dei 600 nm.

Il colore rosso si ipotizza sia dato quindi principalmente dalla presenza di cuprite, creando un rosso molto scuro, sotto forma di sospensione colloidale, e solo in parte dalla presenza di Cu0 in dispersione nella matrice vetrosa.

Fig. 6.18 - Profilo spettrale del campione verde O9

Lo spettro indica un intenso assorbimento con un plateau a 820nm dovuto alla presenza dello ione Cu(II), ione che da una colorazione acqua marina ai vetri. Il colore finale è però mediato dallo ione Fe(III), che impartisce una colorazione tendente al giallo, con un assorbimento a 420nm. L’insieme degli ioni Cu(II) e Fe(III) sembra essere il gruppo cromoforo di questo reperto, impartendo una colorazione verde.

La realtà è un po’ più complessa, in quanto Il vetro del campione O9, classificato come vetro al Pb dalle analisi chimiche e ipotizzato come vetro di riciclo, mostra comunque valori molto alti di Pb.

Valori elevati di PbO, insieme a elevati valori di Sb2O5, sono solitamente presenti nelle

tessere verdi opaco e giallo-verdi [13].

La presenza di Sb in percentuali elevate dovrebbe essere correlata ai picchi di micro cristalli di Sb e Pb a 380 nm, 420 nm, 440 nm, qui non visibili in quanto coperti da quello del Fe.

Il vetro opaco verde, come noto da letteratura, viene ottenuto dalla copresenza di Cu(II) e PbO e da micro cristalli di opacizzante [52].

L’aggiunta di Pb favorisce la reazione di ossidazione del Cu a Cu(II), il quale impartisce una colorazione che tende al verde [54].

L’ipotesi è quindi che una piccola parte del Pb infatti si presenti probabilmente sotto una forma micro cristallina di antimoniato di Pb combinato con Cu(II) e Fe(II) dando sia il colore verde che l’opacità.

Le analisi chimiche XRF indicano il Cu all’8.3%, il Fe all’1.9% e il Mn all’1.1%.

Il rapporto Mn/Fe di 0.6 indicherebbe una tonalità più tendente al giallo, in cui il Fe ha meno influenza sul colore.

Il Cu, presente in concentrazioni molto elevate (in rapporto ca. 4:1 con il Fe) è plausibilmente il principale cromoforo di questo vetro.

Fig. 6.19 - Immagine SEM del campione A3 Fig. 6.20 - Immagine SEM del campione O9

La superficie della tessera verde O9, come si vede sia dalle macrofotografie sia dall’analisi SEM (Fig. 6.19), è altamente alterata, corrosa e disomogenea, mentre la tessera rossa A3 (Fig. 6.20) appare più compatta, in cui le uniche disomogeneità sono date da alcune bolle aperte superficiali.

Da un’attenta osservazione del campione dalle analisi microfotografiche è stato possibile rilevare sul retro la presenza di due bande rosse interposte tra la decorazione e il supporto.

Fig. 6.21 - Macrofotografia del retro del campione E8

che mostra bande rosse sul decoro blu

E’ stato ipotizzato che questi segni rossi corrispondano al punto di contatto/attacco della pasticca blu alla parete del recipiente, oppure potrebbero essere piccole incisioni sul corpo del recipiente principale, una sorta di segno fatto dal vetraio per creare una decorazione regolare.

Si può leggere in dettaglio da un testo di Stiaffini [51] come venivano applicate queste pasticche:

"Per l'applicazione delle pasticche si procedeva lasciando cadere da un bolo attaccato a un pontello piccole gocce di pasta vitrea (blu, ma anche giallo, verde, marrone) mentre il recipiente vitreo, ancora attaccato alla canna da soffio, veniva fatto ruotare. Un altro metodo, utilizzato per decorazioni geometriche più complesse, era quello di far ruotare il vaso soffiato, ma non ancora finito, su un piano di marmo sul quale erano state precedentemente disposte delle pasticche di vetro colorato. A causa della leggera pressione esercitata le pasticche si saldavano alla superficie del vaso ancora caldo. La decorazione così ottenuta veniva lasciata in rilievo oppure per meglio farla aderire e in parte incorporare le gocce al recipiente vitreo si poneva nuovamente il vaso in forno." Sulla base del procedimento descritto si potrebbe ipotizzare che in questo caso il recipiente sia stato rimesso nel forno dopo l'applicazione delle pasticche e quindi nel punto di contatto tra i due vetri ci sia stata una modificazione della superficie, con una variazione anche del colore.

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