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Per Cuba, la vita intera

VITTORIA MARTINETTO

I

ei viene da un'isola che aveva

voluto costruire il paradiso": credo che la frase iniziale e fi-nale di II nulla quotidiano (1995; Giunti, 1998) racchiuda e riassuma le tematiche sviluppate da Zoé Valdés in tutta la narrativa precedente e posteriore a questo romanzo che ne ha diffuso inter-nazionalmente il nome. Malgrado il frequente ricorso a una narra-zione in terza persona, la scrittrice cubana non fa che parlare in mo-do ossessivo di due esperienze for-temente autobiografiche: la delu-sione per il fallimento o la sclero-tizzazione di una rivoluzione nata con lei - nel 1959 - , e l'incurabile e collerica nostalgia per l'isola, dalla quale è lontana dal 1994, an-no in cui, trovandosi a Parigi per un convegno, le è stato comunica-to come non gradicomunica-to un suo ricomunica-tor- ritor-no a Cuba.

Se i momenti significativi della vita di qualcuno sono di regola in-significanti per gli altri, l'arte è mostrare come e perché possano essere significativi o assurdi o tra-scendenti, poiché non c'è nulla di autobiografico che convertito in rappresentazione non sollevi un po' di quel mistero di cui è fatta la complessità dell'esistenza. L'ope-ra di Zoé Valdés, che annoveL'ope-ra già sette titoli, attinge, senza reticen-ze, all'esperienza personale, come se l'autrice avesse bisogno di fare chiarezza attraverso la scrittura, quasi la scrittura fosse una specie di terapia che fa rivivere una se-conda volta l'esperienza, non tan-to per assaporarla, quantan-to per sgretolare con scetticismo ciò che si è pietrificato. L'immaginazione creativa di Zoé Valdés è, in questo modo, giustamente aggressiva perché mina l'autorità, ed è eroti-ca nel senso che scioglie quanto si è solidificato in eufemismo o me-tafora, recuperando un linguaggio diretto che provoca instabilità, di-sagio e talvolta addirittura imba-razzo.

Di Zoé Valdés sono già usciti in Italia l'ormai noto II nulla quoti-diano e ha vita intera ti ho dato (1996; Frassinella 1997). Degli al-tri titoli dell'aual-trice cubana, fra cui compaiono anche due volumi di poesia - Respuestas para vivir (1986) e Todo para una sombra (1986) - , ci è stato possibile repe-rire solo quelli di genere narrati-vo, di cui ci occupiamo qui segna-lando: Sangre azul (1993), La hija del embajador (1995), Colera de àngeles (1996), Café Nostalgia

(1997) e Traficantes de belleza (1998). Quasi come episodi di un polittico che nella sua interezza intenda essere la ricognizione poetica di una vita intera, sono rintracciabili da un romanzo all'altro, con continui rimandi in-terni, stralci di vita vissuta dell'au-trice. Perfino la classica biografia dell'autore nel risvolto di coperti-na di ogni volume è un autoritrat-to di suo pugno, che comincia co-sì: "Zoé Valdés è dell'Avana, il che è di per sé una disposizione verso la vita. Nacque nel 1959, il che implica una propensione per la morte". Sembra che la conse-gna castrista "Patria o muerte" sia un punto chiave di riferimento nell'autobiografia polemica di questa scrittrice vecchia quanto la Revolución. Se la sua vita

presen-te è fatta di esilio - a Parigi, dove vive con il marito e la figlia - , la sua scrittura è, per sua stessa am-missione, proustianamente ali-mentata dal ricordo del passato che è, nel bene e nel male, cuba-no. La critica contro l'insostenibi-le degrado della qualità di vita a Cuba e contro l'ipocrisia di una Rivoluzione pietrificata; i ricordi di infanzia che si spingono, sur-reali, fino a uno status prenatale nel ventre materno; il sesso e la maternità visti nella loro imme-diata - talvolta brutale - carnalità, da un occhio quasi ginecologico; la morte o la lontananza — che per Zoé Valdés sono la stessa cosa -delle persone amate: questi alcuni dei suoi temi ricorrenti. Ma an-che, onnipresente, la nostalgia, che fa sì - come dice Vladimir Jankélévitch - che l'esiliato viva nel presente una vita da sonnam-bulo, in cui l'assenza dei luoghi lontani e i ricordi legati a quei luoghi sono il teatro di una secon-da vita poetica, frammentaria e onirica. La nostalgia che si respira anche attraverso le pagine più col-leriche di Zoé Valdés contro Cu-ba e il suo nulla quotidiano è un male della lontananza allo stato puro - come l'amore paradossale che si prova per chi sembra non meritarlo - , senza altro motivo se non il fatto che si tratta del suo paese natale, dove ha trascorso trentacinque anni della sua vita. Perché l'oggetto della nostalgia non è un certo passato, ma il pas-sato tout court, uno status irrever-sibile, che non si cura nemmeno con il ritorno.

Nelle generose interviste con-cesse a giornali spagnoli e france-si in occafrance-sione dell'uscita dei suoi libri - e integrate da diversi siti Internet - , Zoé Valdés non perde occasione per ribadire il convinci-mento che Castro abbia tradito la Revolución, e che solo la sua usci-ta di scena possa far sperare in un qualche futuro per un'isola che, nell'immaginario dell'autrice, prometteva di essere l'utopia o l'Eldorado. Per questo la rabbia di chi è nato sotto il segno di una speranza morta può assumere va-lenze letterarie, può costituire materia per il romanzo della pro-pria vita, anche se decantata e frammentata in personaggi e vi-cende diverse.

Non è difficile far coincidere biografia e scrittura di Zoé

I libri

Zoé Valdés, Sangre azul, pp. 183, Pts 1.900, Emecé Editores, Barcelona 1996.

Zoé Valdés, La hija del embajador, pp. 94, s.i.p., Emecé Editores, Barcelona 1996.

Zoé Valdés, Colera de àngeles, pp. 171, s.i.p., Editorial Lumen, Barcelona 1996.

Zoé Valdés, Café Nostalgia, pp. 361, Pts 950, Editorial Pianeta, Barcelona 1997.

Zoé Valdés, Traficantes de belleza, Editorial Pianeta, Barcelona 1998.

Valdés. Si vedano, ad esempio, gli estremi spaziali l'Avana-Parigi per l'ambientazione dei suoi ro-manzi: La hija del ambajador si svolge a Parigi, dove arriva Danie-la, la giovane figlia dell'ambascia-tore cubano, che si ritroverà a vi-vere un'avventura rocambolesca accanto al "barón Mauve", una sorta di Arsenio Lupin che com-pie stravaganti rapine in cui a quadri falsi sostituisce quadri ve-ri. Costui, tuttavia, un giorno scompare lasciandola incinta, e la ragazza sacrificherà il bambino provocandosi un aborto in una cruenta scena finale.

Anche Café Nostalgia è ambien-tato a Parigi, dove una fotografa cubana - Marcela Roch - sfuggita al paese con il classico escamotage del matrimonio con un anziano tu-rista francese, prova a ricucire con il ricordo le vicende cubane di un gruppo di amici esuli un po' ovun-que e vittime, come lei, della "dia-spora" cubana ("Café Nostalgia" è davvero il nome di un ritrovo cu-bano di Miami fondato da un ami-co della scrittrice). Come se vives-sero di vita autonoma, inoltre, Da-niela e Marcela - protagonista dei due romanzi - sono amiche, e vi compaiono rispettivamente come personaggi secondari.

Anche in Sangre azul, onirico e surrealista, una protagonista di no-me Attys (lo stesso della figlia di Zoé Valdés) insegue a Parigi l'om-bra di Gnossis, il pittore che, a Cu-ba, l'ha iniziata all'amore. Questo primo romanzo dell'autrice, ancora molto legato alle sue esperienze poetiche, e frutto, come ammette lei stessa in un'intervista, di un ini-ziale - e impossibile - tentativo di imitare il suo idolo letterario José Lezana Lima, è anche quello che più si potrebbe accostare alla tradi-zione del neo-barocco cubano se Zoé Valdés accettasse - ma non l'accetta - questa classificazione per la propria scrittura.

È ancora l'autobiografia ad aver offerto lo spunto per Colera de àn-geles, dove una narratrice raccon-ta in prima persona l'esperienza di una vedovanza precoce - suo ma-rito, come il primo marito di Zoé Valdés, è morto in un incidente aereo - , insieme a quella di una sofferta maternità unita al deside-rio di fuggire con una balsa (zatte-ra) da Cuba, dove nulla più la trat-tiene. Significativamente, ciò che di Zoé Valdés è fuggito su una zat-tera da Cuba non è la donna in-cinta - che nel romanzo viene ripescata a due miglia dalla costa -ma il dattiloscritto di La nada coti-diana che ha siglato la sua espul-sione dall'isola...

Quanto a Traficantes de belleza, ultimo titolo pubblicato, si tratta di una raccolta di quattordici rac-conti che riprendono, con mag-gior distacco e maturità, la vena poetica e un po' surrealista del primo romanzo, con generose concessioni a un fantastico di au-tentico stampo latinoamericano. Qui si nota non certo la scompar-sa di Cuba - che rimane sempre, direttamente o meno, lo sfondo di ogni racconto - ma una maggiore libertà inventiva rispetto al discor-so nostalgico e ideologico che pos-sono aver talvolta omogeneizzato all'eccesso, soffocandola un po', la creatività di Zoé Valdés.

Quello che è davvero saliente nella giovane scrittrice cubana, qualunque siano le ossessioni ri-correnti che ne alimentano le te-matiche, è la ricerca a livello for-male di una voce capace di ripro-durre tutta la brutalità del reale al di sotto delle sue menzogne di facciata. Partendo da una consi-derazione dell'autrice secondo cui "esiste una sensibilità femminile che comincia con il parto e che permette al linguaggio di scio-gliersi quando' scrivi" (intervista in "E1 Mundo", 3 novembre

1996), si chiarisce come il sesso e la maternità abbiano, in Zoé Valdés, una valenza equivalente al discorso ideologico. Se per i cuba-ni il sesso, come ha già indicato Angelo Morino (Tirare a campare fra Castro e sesso, "L'Indice",

1999, n. 2) è una disperata affer-mazione di individualità, la mater-nità è per le cubane, secondo l'oc-chio inclemente di Zoé Valdés, un altro momento inevitabilmente le-gato alla sofferenza: donne che partoriscono come si svuotassero di se stesse (Il nulla quotidiano), donne che trasportano la pancia come una zavorra che impedisce di raggiungere la libertà (Colera de àngeles), donne che si provoca-no aborti come si suicidassero (La hija del embajador), quasi che la realtà del dolore fosse - in un orizzonte per ora deserto di spe-ranza - l'unica eredità tramandata di madre in figlia.

B O R L A

Via delle Fornaci, 50 - 00165 Roma

P.-L. INTRODUZIONE

Assoun ALLA

PSICANALISI

pagg. 576 - L. 80.000

AA.VV. QUADERNI

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