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D IFFERENZE E PUNTI DI CONTATTO TRA NE BIS IN IDEM

binario sanzionatorio purché la risposta sanzionatoria sia complessivamente proporzionata alla gravità del fatto e prevedibile. Al fine di accertare la proporzionalità della pena occorre verificare se la sanzione irrogata con il primo procedimento sia stata tenuta in considerazione nel modulare la seconda misura punitiva. In altre parole, in questa ottica, l’opzione a favore di un sistema caratterizzato dal cumulo di procedimenti non determina automaticamente la violazione della garanzia europea del ne bis in idem purché sia assicurata la proporzionalità del complessivo trattamento sanzionatorio in conformità, oltre che alle norme sul ne bis in idem, all’art. 49 §3 CDFUE che sancisce il principio di proporzionalità delle pene.

7.DIFFERENZE E PUNTI DI CONTATTO TRA NE BIS IN IDEM PROCESSUALE E SOSTANZIALE

Dopo aver acquisito che, come riconosciuto anche in ambito nazionale, l’art. 4 Prot. 7 CEDU e l’art. 50 CDFUE delineano anche la garanzia del ne bis in idem sostanziale, che si sostanzia nella proibizione di trattamenti sproporzionati, rimane da focalizzare le differenze e le interferenze tra il ne bis in idem processuale e il suo corrispettivo sostanziale.

Anzitutto è doveroso ricordare che il ne bis in idem processuale consiste nel divieto di procedere una seconda volta rispetto a un fatto già giudicato, onde consentire la razionalizzazione ‹‹dei tempi e delle risorse processuali e di certezza in senso oggettivo delle situazioni

109 Cfr. Cass. pen., Sez.V, 16 luglio 2018, n 45829, §§ 3.3.4 B e 3.3.4 C, in https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2018/10/cass-pen-2018- 45829.pdf.

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giuridiche (con l’effetto di scongiurare conflitti tra giudicati110›› e al

fine di garantire l’individuo in quanto sarebbe iniquo incrementare il numero dei processi a suo carico in base all’ottica per cui ‹‹il processo è già una pena111››.

La violazione del ne bis in idem processuale, dunque, non implica l’inosservanza della garanzia sul versante sostanziale e ciò poiché mentre la guarentigia processuale impedisce di procedere più volte a carico del medesimo soggetto a prescindere dall’esito, di condanna o di assoluzione, del primo giudizio, al contrario, il ne bis in idem sostanziale previene il cumulo punitivo, così che si incorre in una sua violazione solo in occasione di una pluralità di condanne112.

In senso speculare, peraltro, la violazione del ne bis in idem sostanziale non comporta la violazione di quello processuale in quanto: ‹‹il divieto di doppia condanna [può] essere sacrificato anche senza duplicazione di processi, vale a dire nell’ambito di un giudizio unico113››

Sul piano delle interferenze tra i principi in disamina bisogna osservare che il ne bis in idem processuale, impedendo di instaurare un nuovo procedimento penale in virtù di una diversa configurazione giuridica di un fatto storico già giudicato, previene il rischio di infrangere il ne bis in idem sostanziale114. D’altro canto, se all’interno di un unico procedimento si riscontra un concorso apparente di norme per l’influenza del ne bis in idem sostanziale, rimane così precluso aprire un nuovo giudizio in relazione al medesimo fatto in violazione del ne bis in idem processuale.

110 Cfr. A.F. TRIPODI, Ne bis in idem e reati tributari, cit., p. 671. 111 Cfr. A.F. TRIPODI, Ne bis in idem e reati tributari, cit., p. 672.

112 Cfr. N. MADIA, NE BIS IN IDEM EUROPEO E GIUSTIZIA PENALE, cit., p. 148 ss.

113 Cfr. M. BONTEMPELLI, Il doppio binario sanzionatorio in materia tributaria e

le garanzie europee (fra ne bis in idem processuale e ne bis in idem sostanziale), in Arch. Pen., 2, 2016, p. 389.

114 Cfr. G. LOZZI, Profili di una indagine sui rapporti tra “ne bis in idem” e concorso

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8. NE BIS IN IDEM SOSTANZIALE: FONDAMENTO NORMATIVO DEI CRITERI DI VALORE NELL’AMBITO DELL’ALTERNATIVA TRA CONCORSO DI REATI E CONCORSO APPARENTE DI NORME.

Gli approdi raggiunti dalla giurisprudenza europea e interna hanno sancito, dunque, la valenza anche sostanziale del ne bis in idem; ciò non può essere irrilevante con riguardo ai criteri di soluzione dei conflitti tra norme poiché l’estensione degli arresti elaborati in ambito europeo a una casistica non specificamente considerata, quale quella dei cumuli sanzionatori all’interno di un unico procedimento, non può che indurre a utilizzare criteri altri rispetto a quello di specialità, insufficiente a garantire il principio di proporzionalità della pena in conformità con gli artt. 49 e 50 CDFUE e 4 Prot. 7 CEDU. In altri termini, si può affermare che: ‹‹Poiché la convergenza di figure di illecito operanti su piani ordinamentali differenti, dopo A. e B. c. Norvegia, è ammessa anche alla condizione che le ipotesi astratte concorrenti investano profili eterogenei della medesima vicenda storica, perseguano scopi complementari e, quindi, nessuna di esse assorba in sé l’intero disvalore del fatto, in modo tale da assicurare un trattamento sanzionatorio proporzionato alla reale entità dell’offesa, allora, portando a sviluppi ulteriori il ragionamento, se ne possono estendere in via esegetica gli effetti, deducendo il divieto a ingiustificate moltiplicazioni di pene financo all’interno di un unico giudizio penale115››

Il solo operare del principio di specialità, infatti, non riesce a cogliere l’intreccio valoriale tra le fattispecie e quindi non è capace di verificare l’assorbimento del disvalore di una determinata fattispecie giuridica in una figura concorrente116, rischiando di determinare, così, una

115 Cfr. N. MADIA, NE BIS IN IDEM, cit., 203 che rimanda a D. LABIANCA, La

nuova dimensione, cit., p. 115.

116 Cfr. M. PAPA, Fantastica voyage, Attraverso la specialità del diritto penale, Torino, 2019, p. 235.

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complessiva sproporzione117 sanzionatoria proibita dall’operare congiunto e diretto118 Degli artt. 4 Prot. 7 CEDU e 50 CDFUE.

In altre parole, l’utilizzo di criteri di valore onde rintracciare concorsi apparenti di norme ha ormai ricevuto un referente normativo sovranazionale, vincolando l’interprete all’utilizzo dei suddetti parametri valoriali, come il principio di sussidiarietà o di consunzione. La conseguenza di questa svolta interpretativa, peraltro ancora non pienamente recepita dalla giurisprudenza nazionale, implica che l’interprete, per garantire il rispetto del ne bis in idem sostanziale, non potrà esimersi dall’approfondire le scelte di politica criminale del legislatore al fine di comprendere se il disvalore di un determinato fatto possa dirsi assorbito da un’unica fattispecie oppure meglio remunerato attraverso il concorso di una pluralità di incriminazioni119. Tale opera di delimitazione delle fattispecie applicabili, del resto, non può essere elusa in un sistema come il nostro ove è in voga in fenomeno delle qualificazioni giuridiche multiple che tendono a prodursi fuori di ogni misura e senza opera alcuna di coordinamento, affastellandosi sui medesimi fatti storici120.

La differenza tra i criteri “assiologici” di riconoscimento del concorso apparente e quello di specialità, può essere descritta, peraltro, anche come una distinzione che poggia sulla diversa configurazione dei parametri in esame: mentre il criterio di specialità è di tipo formale- strutturale e si appunta sull’esame comparativo degli elementi costitutivi delle fattispecie in gioco, i criteri di valore, invece, sono connotati da una carica teleologica e l’attenzione dell’interprete deve

117 Nell’ottica del giudizio di proporzionalità della sanzione in caso di convergenze normativa occorre precisare come lo stesso, assuma il significato di divieto di manifesta sproporzione. Cfr. A.F. TRIPODI, Cumuli punitivi, cit., p. 1047.

118 Circa l’operare diretto dei principi convenzionali e comunitari in tema di ne bis in

idem vd. Supra capitolo I.

119 Cfr. N. MADIA, NE BIS IN IDEM, cit., 224.

120 Cfr. M. PAPA, Le qualificazioni giuridiche multiple nel diritto penale, Contributo

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focalizzarsi sull’intentio legislatoris onde riscontrare l’operare di una unica fattispecie criminosa a tutela della proporzione della pena. In talune occasioni, infatti, la comune esperienza insegna che certi reati si accompagnano con regolarità causale al compimento di altri, di modo che l’uno sottenda la commissione dell’altro121. Tale situazione deve indurre il giudice a verificare se vi sono indici del fatto che il legislatore si sia prefigurato il fatto accessorio come complementare a uno più grave, al punto che il suo disvalore sia già ricompreso nella punizione del fatto principale122.

I criteri valoriali, inoltre, sono stati utilizzati da una parte della dottrina non solo per dirimere l’alternativa tra concorso apparente e concorso di reati nell’ambito di un unico fatto storico, bensì ci si è spinti ad affermare che persino la presenza di fatti differenti in successione cronologica non esclude la presenza di un concorso apparente di norme ove un fatto precedente possa essere assorbito, dal punto di vista del disvalore, da uno successivo (ante-fatto non punibile) o, viceversa, laddove un fatto precedente possa eliminare la carica antigiuridica di un accadimento successivo (post-fatto non punibile)123.

121 Cfr. G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2018, p. 432 ss.

122 Cfr. N. MADIA, NE BIS IN IDEM, cit., 227; A. PAGLIARO, Principi di diritto

penale, cit.

123 Cfr. N.MADIA, NE BIS IN IDEM, cit., 228; A.MORO, Unità e pluralità di reati, Padova, 1959, il quale aveva affermato che: ‹‹[…] se non v’è compenetrazione

strutturale in forza della quale si presenti un unico processo di vita, vi è una gerarchia ed una continenza di valore, una sorta di accessorietà o complementarietà di un fatto di fronte all’altro, tanto che la posizione autonoma dell’uno, il suo svolgere una propria funzione determinante di pena non hanno ragion d’essere, quante volte quella esigenza di giustizia punitiva sia altrimenti soddisfatta in modo adeguato in relazione al fatto più completo e ricco di disvalore giuridico››

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CAPITOLO III

IDEM FACTUM E NE BIS IN IDEM

SOSTANZIALE: SPUNTI PER LO SVILUPPO DI

UNA NUOVA TRAIETTORIA INTERPRETATIVA

IN TEMA DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA

DISTRATTIVA E REATI LIMITROFI

1. INTRODUZIONE

Come si è visto nei capitoli precedenti124, lo si ribadisce, lo sviluppo della giurisprudenza sovranazionale in tema di ne bis in idem ha isolato due principi fondamentali: (i) il ne bis in idem, lungi dal rimanere confinato in una dimensione processuale, ha una portata anche sostanziale, proibendo sproporzioni sanzionatorie che possano in ipotesi derivare dall’applicazione del concorso formale di reati125; (ii) la locuzione ‹‹idem›› è da intendersi riferita al fatto storico126 e non già al fatto giuridico, in modo tale che il principio non inibisce solo una seconda contestazione di un reato per cui è già stata pronunciata sentenza definitiva, bensì anche la contestazione di un reato diverso che promani, però, da un fatto storico su cui vi è già stata una pronuncia penale. Tale estensione del principio in esame, come emerge chiaramente, è favorevole all’imputato che vede protetta la sua aspettativa di non essere costantemente al centro dell’iniziativa penale.

124 Vd. Supra.

125 Di questo tema si è discorso ampiamente nei capitoli precedenti. Vd. Supra. 126 Come fa notare F. MUCCIARELLI, Bancarotta distrattiva, appropriazione

indebita e ne bis in idem: una decisione della Corte di Cassazione innovativa e coerente con i principi costituzionali e convenzionali, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 11 giugno 2018, peraltro, l’idem in ottica garantista deve essere riferito al factum, senza tuttavia ridurlo al fatto storico della realtà materiale, ma come illuminato dagli elementi descrittivi che compongono la fattispecie astratta.

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Questo ultimo approdo giurisprudenziale, peraltro, come si vedrà nel prosieguo, è alla base della sentenza 200 del 2016127 della Corte Costituzionale con la quale si è recepito l’indirizzo favorevole alla configurazione dell’idem come idem factum e, inoltre, è fondamentale per la comprensione di pronunce recenti della Corte di Cassazione128 con cui si è fatta applicazione del ne bis in idem nell’ambito dei rapporti tra bancarotta fraudolenta distrattiva e appropriazione indebita e tra bancarotta fraudolenta e truffa.

In questo capitolo, dopo aver analizzato le sentenze appena richiamate, si dimostrerà come le pronunce in tema di bancarotta, incentrate sul parametro dell’idem factum, abbiano pretermesso gli orientamenti sovranazionali in tema di ne bis in idem sostanziale.

2.IDEM FACTUM E IDEM LEGALE: L’APPRODO ERMENEUTICO DELLA SENTENZA 200 DEL 2016.

La sentenza 200 del 2016129 ha segnato senza dubbio un’importante svolta nel processo di adeguamento della normativa nazionale, e in specie dell’art. 649 c.p.p., alle direttive sovranazionali in tema di ne bis in idem.

La pronuncia in esame130 ha tratto origine dal fatto che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino, trovandosi a dover

127 Cfr. Corte Cost., 31 maggio 2016, n. 200, in https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero= 200.

128 Cfr. Cass. Pen. sez. V, 15 febbraio 2018, n. 25651, in https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2018/10/sentenza-2018- 25651.pdf ; Cass. Pen. sez. V, 08 febbraio 2019, n. 13399, in https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2018/10/sentenza-2018- 25651.pdf

129 Cfr. Corte Cost., 31 maggio 2016, n. 200, in https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero= 200

130 Circa la sentenza 200 cfr. anche, oltre ai contributi citati di seguito, S.ZIRULIA,

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decidere della richiesta di rinvio a giudizio per omicidio doloso del dirigente della società Eternit per l’omicidio di 258 persone per patologie correlate all’amianto verificatesi negli anni 70’, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui, secondo la lettura del diritto vivente nazionale, proibisce la celebrazione di un secondo processo che abbia ad oggetto la contestazione di un reato rispetto al quale vi è già stata una pronuncia definitiva. La lettura convenzionalmente conforme della disposizione in argomento, difatti, secondo la prospettazione del giudice a quo, non poteva che inibire un duplice procedimento con riferimento a un medesimo fatto storico, così che non sarebbe interdetta soltanto la contestazione ridondante di un reato rispetto al quale vi sia già stato un accertamento giudiziale, ma anche, nell’ottica di proteggere il consociato da una continua e perpetua azione penale, la contestazione di un diverso reato ricollegabile, però, a un fatto storico già oggetto di statuizione giudiziale. In altre parole, e più sinteticamente, il termine ‹‹idem››, parte della locuzione ne bis in idem, dovrebbe essere inteso come idem factum e non come idem legale.

Nel caso di specie, in particolare, l’imputato era già stato assolto per prescrizione in un altro processo penale avente ad oggetto la contestazione dei reati di disastro innominato (art. 434 c.p.) e di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.); dal punto di vista delle persone offese era riscontrabile una differenza soggettiva dal momento che i capi di imputazione del primo processo contenevano una lista di 2000 persone offese, 186 delle quali erano indicate nei nuovi capi di imputazione.

Nonostante la lucida comprensione degli approdi sovranazionali in tema di ne bis in idem, nondimeno, il giudice a quo, lungi dall’intraprendere la strada dell’interpretazione convenzionalmente

nell’interpretazione datane dal diritto vivente italiano (ma il processo Eternit bis prosegue), in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 2016.

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conforme, rimetteva la questione alla Corte Costituzionale perché la Consulta sancisse il contrasto dell’art. 649 c.p.p., come letto dal diritto vivente italiano, con l’art. 117, co 1, Cost., per il tramite dell’art. 4 Prot. 7 CEDU. Questa soluzione secondo una parte della dottrina131 avrebbe potuto indurre la Corte Costituzionale a ritenere inammissibile la questione di costituzionalità in ragione del fatto che la sentenza 49 del 2015132 della medesima Corte ha sancito che, una volta formato un diritto vivente europeo, sorge l’obbligo per il giudice comune di dare applicazione agli approdi convenzionali in via immediata, senza alcuna interlocuzione con la Corte Costituzionale. Nondimeno la medesima dottrina ha ritenuto che la decisione di sollevare la questione di costituzionalità sia stata, nel caso concreto, opportuna, in quanto la pronuncia convenzionalmente conforme del giudice comune non avrebbe impedito l’overruling da parte della giurisprudenza di legittimità, che si indirizza verso soluzioni opposte133 e rischia di perpetuare il contrasto tra diritto nazionale e europeo in merito al concetto di idem factum134.

131 Cfr. ALESSANDRA GALLUCCIO, Diritti viventi a confronto: a proposito della

questione di legittimità costituzionale nel processo Eternit, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 2015

132 Cfr. Corte Cost., 14 gennaio 2015, n. 49, in https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2015&numero= 49

133 Cfr. Cass. SS.UU. 28 giugno 2005, n. 34665, in https://www.altalex.com/documents/news/2005/10/02/ne-bis-in-idem-si-applica- anche-in-caso-di-sentenza-non-ancora-definitiva; Cass. pen., sez. II, 21 marzo 2013 n. 18376;

134 Cfr. ALESSANDRA GALLUCCIO, Diritti, cit., p. 18 ss. 2015: ‹‹La questione

potrebbe essere dichiarata inammissibile–come anticipavamo –, sulla base dell’argomento che il G.u.p. avrebbe dovuto egli stesso procedere ad un’interpretazione della norma interna conforme agli obblighi internazionali –ed è innegabile che la lettera dell’art. 649 c.p.p. lo avrebbe consentito, statuendo anzi tale disposizione un divieto di secondo giudizio ‘per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o le circostanze [...]’: ciò che sembra alludere proprio a quel medesimo fatto storico, ancorché diversamente qualificato o qualificabile dal punto di vista normativo, che la costante giurisprudenza della Corte Edu assume a punto di riferimento del diritto al ne bis in idem. Tuttavia, non si può non rilevare come la vicenda descritta dal giudice a quo

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Specificando ulteriormente le resistenze incontrate nel sistema ad una interpretazione convenzionalmente conforme del principio del ne bis in idem, il giudice rimettente mette in luce due diversi ostacoli: (i) in primo luogo, in base al diritto vivente italiano, per “medesimo fatto” si deve aver riguardo all’identità del fatto giuridico, dovendo così il giudice indagare sugli elementi, spesso soggettivi, della natura dei reati e dei beni che tutelano; (ii) in secondo luogo, e sulla stessa linea interpretativa, l’istituto del ne bis in idem non potrebbe operare nel caso di concorso formale di reati, ossia quando con una unica azione od omissione si commettono più violazioni di legge. Nel caso di specie, quindi, stante la diversità strutturale tra i delitti di disastro e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro da un lato, e omicidio doloso dall’altro135, non si potrebbe applicare l’art. 649 c.p.p. senza una previa pronuncia della Consulta che riconduca la disposizione presenti, effettivamente, tratti ‘patologici’. Il giudice rimettente sottolinea bene, infatti, come le più recenti pronunce della Cassazione28, pur facendo mostra di tener conto dell’esistenza di un diritto vivente europeo in materia di bis in idem che impone di considerare il ‘medesimo fatto’ come fatto storico, finiscano sempre per disattenderlo in favore di quello della coincidenza ‘giuridica’ degli elementi costitutivi del reato. Ebbene, se in questa situazione la Corte costituzionale dichiarasse inammissibile la questione, il meccanismo dell’interpretazione convenzionalmente conforme rischierebbe di incepparsi, perché i giudici di merito ‘timidi’ si sottrarrebbero al loro dovere di interpretazione conforme, mente quelli più audaci vedrebbero, presumibilmente, riformate e/o annullate le loro sentenze. Il risultato sarebbe, nel breve termine, una notevole incertezza del diritto in relazione alle sentenze di merito e, nel lungo termine, la definitiva negazione del diritto garantito dalla Convenzione in sede di legittimità. Inutile aggiungere, poi, che coloro i quali potranno sobbarcarsi i costi di un ricorso a Strasburgo vedranno alla fine con tutta probabilità riconosciuto il loro diritto con conseguenti, plurime condanne dell’Italia da parte della Corte Edu. A fronte di un simile scenario, a nostro sommesso avviso,la Corte costituzionale può e deve intervenire, ritenendo ammissibile (e fondata nel merito) la questione proposta dal G.u.p. di Torino

.

››

135 Nello specifico, a giudizio del rimettente: ‹‹il delitto di omicidio doloso

apparterrebbe ad un tipo legale diverso dai reati di disastro doloso e di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Questi ultimi sono reati di pericolo e non di danno; la morte non è un elemento costitutivo della fattispecie, come nell’omicidio; è tutelato il bene giuridico dell’incolumità pubblica anziché quello della vita. Gli eventi giuridici cagionati dalla condotta omissiva dell’imputato sarebbero perciò plurimi e tale circostanza non permetterebbe di applicare l’art. 649 c.p.p.

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processualpenalistica de qua nell’ambito della conformità convenzionale.

Passando ad analizzare il decisum della Consulta, urge rilevare che la Corte si sofferma su un duplice ordine di contrasti tra il diritto interno e quello convenzionale:

a) un primo contrasto è quello tra la nozione di “medesimo fatto storico”, che deriva dalla giurisprudenza convenzionale sull’art. 4 Prot. 7 CEDU, e la nozione di “medesimo fatto giuridico”, propria dell’ordinamento interno secondo l’opinione del giudice rimettente;

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