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Da Comenio a Rousseau: un’idea nuova di educazione

Nel documento Intersezioni pedagogiche (pagine 97-102)

Voci della pedagogia

2.2. Da Comenio a Rousseau: un’idea nuova di educazione

Con Comenio si dà avvio all’elaborazione di una idea nuova di educazione, di una educazione universale fortemente connotata in senso filosofico, politico e religioso, la quale si appropria di posi- zioni e ruoli nuovi, centrali nella vita dell’uomo e della società. L’universalità dell’educazione, privata di ogni vincolo di classe e di interessi particolaristici, si inserisce in un vero e proprio progetto pedagogico, per la prima volta pensato in maniera organica come sistema in cui l’analisi del problema educativo si svolge e si svilup- pa nei diversi aspetti che lo caratterizzano: dal ruolo del maestro agli elementi di didattica, dalla funzionalità dei diversi indirizzi dell’istruzione a quella degli interventi educativi, dall’importanza assoluta della natura alle massime pedagogiche, dalle preoccupa- zioni psico-pedagogiche alla fede nell’educazione quale strumento

di emancipazione e salvezza personale e sociale, dai problemi di politica scolastica ai problemi di carattere metodologico.

In realtà Comenio, «il Galilei della pedagogia» come lo ebbe a definire nell’Ottocento lo storico francese Jules Michelet, nella maturazione delle sue idee pedagogiche e nella sistemazione orga- nica dei problemi centrali della pedagogia assorbì le spinte rifor- mistiche del suo tempo e si nutrì di tutte le innovazioni messe a punto da autori che egli assunse a suoi maestri. In numerose pagi- ne dei suoi scritti il pedagogista boemo sottolinea la riconoscenza ai maestri tedeschi, Ratke in particolare, Andreae e Alsted.

Nel clima riformatore del tempo Comenio dedicò tutta la sua esistenza alla ricerca di un ideale di vita che egli era convinto si potesse raggiungere grazie a una radicale riforma educativa. I mo- tivi nodali del pensiero di Comenio si andarono sviluppando, dunque, attraverso un colloquio intellettuale costante e circolare con il vento riformatore del tempo e con i suoi maggiori interpre- ti. Si può a ragione affermare che iniziavano a esserci tutti gli in- gredienti per un rinnovamento complessivo in ambito educativo: una nuova idea di educazione, una scuola che assume una forma più specializzata, una formazione moderna, una pianificazione nei contenuti, nei metodi e negli scopi, la volontà di una istruzione del popolo tesa a ridurre l’analfabetismo e a inculturare le giovani generazioni. Comenio aveva in mente un rinnovamento universale della cultura e della società in cui l’educazione si caratterizzava per essere strumento riformatore necessario. Va da sé, dunque, l’avvertita esigenza di un discorso rigoroso basato su criteri episte- mologici esaustivi: la pedagogia ha bisogno di una veste scientifi- ca. Il rinnovamento si fa universale, giacché la concezione del boe- mo abbraccia sia le questioni teoriche sia le problematiche prati- che e volge il lavoro educativo su molteplici e diversi fronti. Cru- ciale, tuttavia, e unificante di tutti gli aspetti presi a esame risulta essere la visione di fondo, la profonda convinzione nella unità del- la formazione umana, la convinzione che i processi di formazione umana traessero esempio dai processi naturali.

Dall’osservazione della natura derivarono principi pedagogici e massime didattico-metodologiche; dall’osservazione della natura derivò il modello di uomo “virtuoso” e di educazione universale, accessibile a tutti, nobili e popolani, ricchi e poveri, sani e minorati. È la visione ottimistica della natura umana a dare a Comenio la convinzione della universalità dell’educazione. L’Europa diventa il

terreno di una fervente riflessione teorica intorno ai problemi del- l’educazione, di una riflessione che scaturisce dalla’insofferenza verso le riconosciute carenze e le evidenti insufficienze dei luoghi, degli scopi e dei metodi tradizionali dell’insegnamento. Non solo: la questione della formazione dell’uomo iniziava a inquadrarsi in un discorso pedagogico, si faceva oggetto di una indagine scienti- fica. Comenio collegava la riflessione sugli aspetti tecnici della for- mazione con una più articolata discussione sull’uomo e lo faceva nella consapevolezza che fosse necessario un impianto pedagogico scientifico, forte e rigoroso.

Il discorso pedagogico doveva essere “sistemato” e si andava “sistemando” attraverso l’articolazione dello studio dell’uomo in- torno a e su piani diversi, dal sociale all’etico, dal politico al reli- gioso, dal naturale al culturale. È qui che la riforma pedagogica è anche, e a ragione, riforma della società, riforma dei costumi, riforma culturale: il pedagogico e il non-pedagogico si intrecciano. E l’Emilio, il ben noto romando che Jean-Jeacque Rousseau dà al- la stampa nel 1762, è la prova dello sconfinamento del pedagogico nel non-pedagogico, così da suscitare interrogativi sulle valenze di talune e frequenti divagazioni dallo specifico educativo, così da esortare a chiedersi sulle funzioni e sul significato di queste di- gressioni che creano un ulteriore interrogativo perché sembrano avere ben poco di pedagogico. Ciò che, infatti, sembra caratteriz- zare maggiormente la lettura dell’Emilio è per l’appunto l’assenza di organicità: sembra in altro modo difficile, quasi scorretto, par- lare di una pedagogia di Rousseau emergente dal testo.

La trattazione a-sistematica ha suscitato interpretazioni diverse, talune orientate a considerare l’opera come un insieme di pensieri, di idee astratte, come una raccolta di osservazioni che Rousseau compie senza seguire uno schema o un piano preciso. Seppur tali giudizi possano essere condivisibili, essi non esauriscono un dato di fatto, vale a dire la presa di coscienza che il Ginevrino e il suo pensiero abbiano rappresentato negli ultimi due secoli un riferi- mento della pedagogia. Flores D’Arcais poneva una domanda, da definirsi retorica, legata alla possibilità di parlare di Rousseau pe- dagogista e non invece di Rousseau romanziere, utopista, visiona- rio. Tuttavia Rousseau, che ha tanto influenzato la cultura e le concezioni pedagogiche degli ultimi due secoli, pone proprio alla luce delle variegate interpretazioni, tra discredito ed esaltazione, il problema della complessità e della difficoltà di lettura dell’Emilio.

Le specificazioni del nostro tema specifico, il significato e il va- lore del concetto di “natura” nonché il ricorso e l’uso che del ter- mine “natura” fa Rousseau nella sua opera, si chiariscono a partire dai problemi educativi posti dalla sua pedagogia. Come si è sotto- lineato, una lettura superficiale dell’Emilio trasmette l’idea che si abbia di fronte non solo una rapsodica riflessione ma anche che quanto espresso non contenga granché di originale e soprattutto che certe affermazioni, semplici e lineari, risultino persino inutili, frutto di una utopia e di una riflessione astratta, fuori del tempo e della storia. Paradossalmente è proprio questa prima e superficiale immagine dell’Emilio a confermare il valore di Rousseau e del suo romanzo ancor vivo e fiorente nel pensiero pedagogico attuale. L’Emilio è uno scritto teorico: si propone di tracciare quello che teoricamente può dirsi l’ideale educativo, l’ottima educazione sen- za alcuna preoccupazione acché tale ideale possa o meno realiz- zarsi. In quanto programma ideale dell’ottima educazione non si cura della sua trasferibilità in un preciso contesto storico-sociale.

Non è del pedagogista guardare se il programma sia svolgibile o si sia svolto in condizioni particolari, non è del pedagogista preoc- cuparsi della molteplicità di fattori che concorrono alla realizzazio- ne del piano ideale. In questo caso, ossia in tutto quanto esula dalla determinazione teorica del programma educativo, è compito del maestro valutare la buona o cattiva riuscita della teoria pedagogica. L’ideale tracciato è valido in sé, a prescindere dalla sua praticabi- lità, dalle condizioni storiche, dalle contingenze ambientali, dalle situazioni particolari, dalle singole specificità umane. C’è da ag- giungere, inoltre, che l’idea di ottima educazione di Rousseau non nasce per essere data alla pubblicazione, non scaturisce dalla vo- lontà di dare vita a un’opera sistematica per il pubblico. Nella Pre-

fazione all’opera l’Autore specifica che le riflessioni sono state “af-

fidate alla penna” per offrire dei suggerimenti a Madame Chenon-

ceaux, «buona madre, che sa pensare», a una donna cioè che non

ha bisogno di un programma scandito e ordinato.

Non intendendo scrivere un’opera sulla scia dei predecessori, Rousseau anche nelle intenzioni teoretiche segue un’altra strada, tenendo saldo l’obiettivo delle sue riflessioni, dichiarato nella vo- lontà di formare gli uomini e nel “costruire” un modello senza soffermarsi, almeno direttamente, ad abbattere i modelli “altri”. E allora, mentre Locke disegnava il ritratto educativo del gentlman inglese perfettamente in sintonia con l’Inghilterra che si stava in-

dustrializzando, mentre Della Casa componeva il suo Galateo e mentre l’intero Illuminismo italiano riconosceva al problema pe- dagogico un posto centrale, tanto da sottolineare con forza la sua importanza sociale e politica e tanto da sviluppare curricula scola- stici adeguati alle esigenze della società borghese alla luce del principio della utilità della cultura, il pedagogista ginevrino teoriz- za l’educazione dell’uomo in quanto tale attraverso un ritorno alla natura.

Chiarito il terreno in cui origina il suo pensiero, il terreno della pura riflessione teoretica, chiarite alcune conseguenze che stanno a fondamento delle critiche mosse al valore pedagogico di Rousseau e della sua opera, viene alla luce il problema centrale: il tema del rap- porto natura-cultura, natura-società e, non ultimo, il tema della re- lazione pedagogia-politica. La tesi di fondo di Rousseau è l’anticul- tura, facendo sua così la causa della bontà originaria dell’uomo. L’e- saltazione dello stato di natura è una costante forte del suo pensie- ro, un punto che stabilisce quella posizione di autonomia di Rous- seau rispetto alle teorie dei Lumiers. C’è, dunque, nel suo pensiero il convincimento che l’allontanamento dallo stato di natura e l’in- gresso nella cultura e nella società siano le fonti della infelicità uma- na. A cultura e società egli contrappone virtù e natura. Lo stato di natura, concepito da Rousseau quale stadio in cui l’uomo, lontano da costrizioni sociali, può liberamente esprimere e sviluppare la sua natura semplice e spontanea, è tema centrale nell’Emilio e nel Con-

tratto sociale, due capolavori che non a caso sono pubblicati nello

stesso 1762 con soli tre mesi di distanza l’uno dall’altro.

È ovvio che tale centralità, indagata in maniera dettagliata e in- stancabile da Rousseau, si inserisce in una prospettiva ipotetica; come a dire che il Ginevrino proietta ogni sua raffigurazione della natura umana e ogni sua espansione in uno spazio immaginario, in condizioni cioè prive di qualsiasi attendibilità storica. Un dato, tuttavia, è di estrema importanza: Rousseau pone il problema del- l’educazione sociale, al di là di ogni apparente individualismo rin- tracciabile nell’Emilio. Lo stesso Emilio non fa che spiegare che ogni buona e vera educazione non può non essere che sociale. Da qui prende forma il problema educativo in Rousseau il quale si sforza di ripensare e dare nuova veste al legame tra educazione e società, così da spezzare la degenerante influenza esercitata dalla società sull’educazione.

re a essere prodotto determinato e deterministico delle influenze sociali. Sarà tale aspetto a conoscere non poca fortuna nei secoli successivi, in modo particolare nel ’900 con l’affacciarsi di ideali democratici e progressivi in ambito politico ed educativo. La dife- sa della “naturalità” dell’uomo dalle sovrastrutture sarà l’obiettivo della teorizzazione e della pratica pedagogica proprie del ’900, di Dewey e dell’esperienza delle scuole nuove: alcune intuizioni rousseauniane ispireranno, infatti, le questioni specifiche dell’atti- vismo.

Nel documento Intersezioni pedagogiche (pagine 97-102)