• Non ci sono risultati.

Dalla caduta della monarchia all’instaurazione della Repubblica

Nella mattinata del 31 ottobre i locali del Consiglio nazionale brulicavano già d’una folla di uomini. Non si notava alcuna resistenza: i vili borghesi, i gentiluomini spostati, i socialdemocratici civettavano intorno, atteg-giandosi a grandi rivoluzionarî. Questa situazione affat-to comica fu caratterizzata ottimamente da una conver-sazione telefonica avuta la mattina da un membro del Consiglio nazionale con la moglie:

«Mia cara bimba – le disse egli – stanotte vi è stata ri-voluzione, ma è già terminata. Non allarmarti, puoi con-tinuare a dormire tranquillamente!».

D’improvviso squilla il telefono. Il presidente dei Mi-nistri, conte Hadik, chiama all’apparecchio il conte rolyi. I due avversarî si salutano, amichevolmente; Ká-rolyi fà ad Hadik un quadro della situazione, e quindi, a richiesta di Hadik, Károlyi si dichiara pronto a comparir tra un’ora, con altri due membri del Consiglio naziona-le, davanti all’arciduca Giuseppe, per tener consiglio con lui circa la formazione del Gabinetto.

Che vuol dir ciò? Il sistema clerico-feudal-reazionario si è pure sfasciato per la sua intima impotenza, il potere

Dalla caduta della monarchia all’instaurazione della Repubblica

Nella mattinata del 31 ottobre i locali del Consiglio nazionale brulicavano già d’una folla di uomini. Non si notava alcuna resistenza: i vili borghesi, i gentiluomini spostati, i socialdemocratici civettavano intorno, atteg-giandosi a grandi rivoluzionarî. Questa situazione affat-to comica fu caratterizzata ottimamente da una conver-sazione telefonica avuta la mattina da un membro del Consiglio nazionale con la moglie:

«Mia cara bimba – le disse egli – stanotte vi è stata ri-voluzione, ma è già terminata. Non allarmarti, puoi con-tinuare a dormire tranquillamente!».

D’improvviso squilla il telefono. Il presidente dei Mi-nistri, conte Hadik, chiama all’apparecchio il conte rolyi. I due avversarî si salutano, amichevolmente; Ká-rolyi fà ad Hadik un quadro della situazione, e quindi, a richiesta di Hadik, Károlyi si dichiara pronto a comparir tra un’ora, con altri due membri del Consiglio naziona-le, davanti all’arciduca Giuseppe, per tener consiglio con lui circa la formazione del Gabinetto.

Che vuol dir ciò? Il sistema clerico-feudal-reazionario si è pure sfasciato per la sua intima impotenza, il potere

è pure stato concentrato dal diritto della rivoluzione nel-le mani del Consiglio nazionanel-le, e tuttavia il conte Káro-lyi, il condottiero della «rivoluzione», tratta con l’arci-duca Giuseppe per la formazione del Gabinetto?

E il partito socialdemocratico, che tuttavia secondo il suo programma dovrebb’essere un partito antimonarchi-co, si fà rappresentare da un suo membro in queste con-sultazioni con l’arciduca!

I messi rimasero incantati dell’amabilità e cortesia dell’arciduca. Essi si sentivano felici, la loro vittoria era completa, l’arciduca, come «homo regius», nominò il conte Károlyi presidente dei ministri.

La costituzione del Gabinetto procedette rapidamente e il partito socialdemocratico vi partecipò con due porta-fogli. Il re approvò la composizione del Gabinetto, e quindi i membri di questo prestarono il giuramento al re nelle mani dell’arciduca.

L’indignazione della classe lavoratrice, fu indescrivi-bile; ma anche una parte della borghesia protestò. Il gruppo dei lavoratori rivoluzionarî indisse per l’indoma-ni un comizio di protesta nel Tisza Kálmán-tér. Nono-stante la pioggia torrenziale, il comizio riuscì molto af-follato. Dopo il comizio i lavoratori si recarono davanti alla segreteria del partito socialdemocratico, esigendo l’eliminazione degli Absburgo e la instaurazione della repubblica.

In tal guisa il partito socialdemocratico fu gettato nell’imbarazzo. I suoi ministri prestavano giuramento al re, la massa invece si dichiarava per la repubblica. Era è pure stato concentrato dal diritto della rivoluzione nel-le mani del Consiglio nazionanel-le, e tuttavia il conte Káro-lyi, il condottiero della «rivoluzione», tratta con l’arci-duca Giuseppe per la formazione del Gabinetto?

E il partito socialdemocratico, che tuttavia secondo il suo programma dovrebb’essere un partito antimonarchi-co, si fà rappresentare da un suo membro in queste con-sultazioni con l’arciduca!

I messi rimasero incantati dell’amabilità e cortesia dell’arciduca. Essi si sentivano felici, la loro vittoria era completa, l’arciduca, come «homo regius», nominò il conte Károlyi presidente dei ministri.

La costituzione del Gabinetto procedette rapidamente e il partito socialdemocratico vi partecipò con due porta-fogli. Il re approvò la composizione del Gabinetto, e quindi i membri di questo prestarono il giuramento al re nelle mani dell’arciduca.

L’indignazione della classe lavoratrice, fu indescrivi-bile; ma anche una parte della borghesia protestò. Il gruppo dei lavoratori rivoluzionarî indisse per l’indoma-ni un comizio di protesta nel Tisza Kálmán-tér. Nono-stante la pioggia torrenziale, il comizio riuscì molto af-follato. Dopo il comizio i lavoratori si recarono davanti alla segreteria del partito socialdemocratico, esigendo l’eliminazione degli Absburgo e la instaurazione della repubblica.

In tal guisa il partito socialdemocratico fu gettato nell’imbarazzo. I suoi ministri prestavano giuramento al re, la massa invece si dichiarava per la repubblica. Era

certo una situazione poco piacevole; ma la massa eserci-tava una pressione immensa, e ogni resistenza sarebbe stata vana.

Finalmente si trovò una soluzione. Per il tramite dell’arciduca Giuseppe essi pregarono il re che volesse scioglierli dal prestato giuramento di fedeltà, perchè in-tendevano di giurare per la repubblica! E il re accolse anche gentilmente la loro preghiera.

Il Gabinetto allora prestò giuramento al Consiglio na-zionale, ma la proclamazione della repubblica fu differi-ta a più differi-tardi. La presdifferi-tazione del giuramento si compì tra grandi feste. Il ministro socialdemocratico Kunfi tenne un gran discorso, perorando per il Governo una benevo-la aspettativa di sei settimane; e continuava: «È pesante còmpito che tocca a me, a me convinto socialdemocrati-co, di dire, ma tuttavia lo disocialdemocrati-co, che noi non vogliamo agire col metodo dell’odio di classe e della lotta di classe. E noi rivolgiamo appello a tutti affinchè, eliminando gli interessi di classe, mettendo in seconda linea le vedute confessio-nali, ci vogliano aiutare nel grave còmpito».

La borghesia era felice che il condottiero dei lavora-tori, fosse pure per sei settimane, rinunziasse alla lotta di classe. Essa era felice, perchè poteva ben sperare uno ulteriore prolungamento della tregua.

Le prime ordinanze del Governo furon rivolte ad assi-curare l’ordine e la proprietà, e con ciò il Governo si ac-quistò la fiducia non solo dei capitalisti, ma anche dell’arciduca Giuseppe. Questi infatti si dichiarò pronto a prestar giuramento al Consiglio nazionale. Il Consiglio certo una situazione poco piacevole; ma la massa eserci-tava una pressione immensa, e ogni resistenza sarebbe stata vana.

Finalmente si trovò una soluzione. Per il tramite dell’arciduca Giuseppe essi pregarono il re che volesse scioglierli dal prestato giuramento di fedeltà, perchè in-tendevano di giurare per la repubblica! E il re accolse anche gentilmente la loro preghiera.

Il Gabinetto allora prestò giuramento al Consiglio na-zionale, ma la proclamazione della repubblica fu differi-ta a più differi-tardi. La presdifferi-tazione del giuramento si compì tra grandi feste. Il ministro socialdemocratico Kunfi tenne un gran discorso, perorando per il Governo una benevo-la aspettativa di sei settimane; e continuava: «È pesante còmpito che tocca a me, a me convinto socialdemocrati-co, di dire, ma tuttavia lo disocialdemocrati-co, che noi non vogliamo agire col metodo dell’odio di classe e della lotta di classe. E noi rivolgiamo appello a tutti affinchè, eliminando gli interessi di classe, mettendo in seconda linea le vedute confessio-nali, ci vogliano aiutare nel grave còmpito».

La borghesia era felice che il condottiero dei lavora-tori, fosse pure per sei settimane, rinunziasse alla lotta di classe. Essa era felice, perchè poteva ben sperare uno ulteriore prolungamento della tregua.

Le prime ordinanze del Governo furon rivolte ad assi-curare l’ordine e la proprietà, e con ciò il Governo si ac-quistò la fiducia non solo dei capitalisti, ma anche dell’arciduca Giuseppe. Questi infatti si dichiarò pronto a prestar giuramento al Consiglio nazionale. Il Consiglio

nazionale andò devotamente incontro al desiderio dell’arciduca e incaricò il ministro socialdemocratico Kunfi di andare a rilevare l’arciduca per il giuramento.

L’arciduca coi suoi figli apparve davanti al Consiglio nazionale tra le cerimonie del «nuovo ordine»; ed ivi egli – che più tardi doveva diventare pretendente al tro-no e capo supremo del terrore bianco –, rinunziando al suo titolo e al suo rango, prestò giuramento al Consiglio nazionale come «semplice cittadino di questa patria».

Dopocchè tra il Consiglio nazionale, il governo e la

«serenissima Casa regnante» si fu sviluppata la più inti-ma amicizia e cordialità, l’alto clero con alla testa il principe arcivescovo si fece annunziare al Consiglio na-zionale per il giuramento. E così si andò avanti. In pochi giorni tutta l’Ungheria clerico-feudal-reazionaria era passata nel campo del Consiglio nazionale.

Il partito socialdemocratico diede poca attenzione a questo radunarsi di elementi reazionarî, ma tra gli ele-menti operai si poteva notare una certa nervosità. Il gruppo rivoluzionario, si trovava nell’imminenza di gra-vi decisioni. La lenta organizzazione avuta sinora dove-va esser sostituita da una più salda.

La proclamazione della repubblica, avvenuta il 16 noi vembre, diede al gruppo rivoluzionario l’occasione di apparire pubblicamente come organizzazione indipen-dente. Infatti il compagno Sverdlof con un radiotele-gramma si era congratulato col proletariato ungherese a nome del proletariato russo. Egli richiamava l’attenzio-ne sul fatto, che dopo ogni rivoluziol’attenzio-ne borghese, la bor-nazionale andò devotamente incontro al desiderio dell’arciduca e incaricò il ministro socialdemocratico Kunfi di andare a rilevare l’arciduca per il giuramento.

L’arciduca coi suoi figli apparve davanti al Consiglio nazionale tra le cerimonie del «nuovo ordine»; ed ivi egli – che più tardi doveva diventare pretendente al tro-no e capo supremo del terrore bianco –, rinunziando al suo titolo e al suo rango, prestò giuramento al Consiglio nazionale come «semplice cittadino di questa patria».

Dopocchè tra il Consiglio nazionale, il governo e la

«serenissima Casa regnante» si fu sviluppata la più inti-ma amicizia e cordialità, l’alto clero con alla testa il principe arcivescovo si fece annunziare al Consiglio na-zionale per il giuramento. E così si andò avanti. In pochi giorni tutta l’Ungheria clerico-feudal-reazionaria era passata nel campo del Consiglio nazionale.

Il partito socialdemocratico diede poca attenzione a questo radunarsi di elementi reazionarî, ma tra gli ele-menti operai si poteva notare una certa nervosità. Il gruppo rivoluzionario, si trovava nell’imminenza di gra-vi decisioni. La lenta organizzazione avuta sinora dove-va esser sostituita da una più salda.

La proclamazione della repubblica, avvenuta il 16 noi vembre, diede al gruppo rivoluzionario l’occasione di apparire pubblicamente come organizzazione indipen-dente. Infatti il compagno Sverdlof con un radiotele-gramma si era congratulato col proletariato ungherese a nome del proletariato russo. Egli richiamava l’attenzio-ne sul fatto, che dopo ogni rivoluziol’attenzio-ne borghese, la

bor-ghesia si sforzava di metter da parte il proletariato. Que-sto doveva proporsi come còmpito, non la pacificazione interna, ma la prosecuzione della lotta di classe senza quartiere: e quindi lo incitava ad un’energica lotta con-tro la borghesia.

Questo radiotelegramma fu bensì tenuto celato così dal Governo come dal partito socialdemocratico; ma il gruppo rivoluzionario ne era a conoscenza.

Per la proclamazione della repubblica, la grande piaz-za davanti al Parlamento era piena di gente: tanto i bor-ghesi quanto gli operai erano intervenuti in massa. Du-rante le cerimonie l’attenzione della massa a un tratto fu attirata dal rumore di velivoli. Tre monoplani divertiva-no la massa con le loro evoluzioni. D’un tratto si divertiva-notò un movimento nella massa. Gli apparecchi volanti getta-vano dei bigliettini. La festa di pacificazione civile fu turbata dal radiotelegramma di Sverdlof incitante alla lotta contro la borghesia, all’energica continuazione del-la lotta di cdel-lasse. I fogli vodel-lanti provenivano dal gruppo rivoluzionario, che con essi comunicava succintamente il contenuto del radiotelegramma e invitava i lavoratori a esigerne la pubblicazione.

Con ciò il Gruppo rivoluzionario aveva dichiarato apertamente la guerra al partito socialdemocratico.

I giorni seguenti trascorsero in assiduo lavoro d’orga-nizzazione. Nel gruppo rivoluzionario si manifestavano due tendenze, una delle quali voleva costituire in seno al partito socialdemocratico un’opposizione, una organiz-zata frazione di sinistra, mentre l’altra sosteneva la fon-ghesia si sforzava di metter da parte il proletariato. Que-sto doveva proporsi come còmpito, non la pacificazione interna, ma la prosecuzione della lotta di classe senza quartiere: e quindi lo incitava ad un’energica lotta con-tro la borghesia.

Questo radiotelegramma fu bensì tenuto celato così dal Governo come dal partito socialdemocratico; ma il gruppo rivoluzionario ne era a conoscenza.

Per la proclamazione della repubblica, la grande piaz-za davanti al Parlamento era piena di gente: tanto i bor-ghesi quanto gli operai erano intervenuti in massa. Du-rante le cerimonie l’attenzione della massa a un tratto fu attirata dal rumore di velivoli. Tre monoplani divertiva-no la massa con le loro evoluzioni. D’un tratto si divertiva-notò un movimento nella massa. Gli apparecchi volanti getta-vano dei bigliettini. La festa di pacificazione civile fu turbata dal radiotelegramma di Sverdlof incitante alla lotta contro la borghesia, all’energica continuazione del-la lotta di cdel-lasse. I fogli vodel-lanti provenivano dal gruppo rivoluzionario, che con essi comunicava succintamente il contenuto del radiotelegramma e invitava i lavoratori a esigerne la pubblicazione.

Con ciò il Gruppo rivoluzionario aveva dichiarato apertamente la guerra al partito socialdemocratico.

I giorni seguenti trascorsero in assiduo lavoro d’orga-nizzazione. Nel gruppo rivoluzionario si manifestavano due tendenze, una delle quali voleva costituire in seno al partito socialdemocratico un’opposizione, una organiz-zata frazione di sinistra, mentre l’altra sosteneva la

fon-dazione d’un nuovo partito. Al primo gruppo appartene-vano lavoratori e in generale persone che aveappartene-vano un passato nel movimento operaio ungherese. Questi, alle-vati in seno alla unità del partito, ritenevano impossibile una scissione del partito socialdemocratico, giacchè qui non si avevano organizzazioni di partito, ma solo sinda-cati, e la scissione del partito socialdemocratico avrebbe condotto – volere o no – a una scissione dei sindacati.

Essi quindi insistevano per la formazione di una serrata ala sinistra in seno al partito socialdemocratico. I soste-nitori della seconda tendenza invece mettevano in rilie-vo come nel partito la disciplina ostacolasse la libertà d’azione e di movimento, e offrisse solo poche probabi-lità di successo. Le discussioni finirono con la decisione di fondare un’Unione «Erwin Szabó», che appariva in tal modo adatta a riunire in sè le due tendenze e anche a raccogliere gli elementi rivoluzionarî.

In questo torno di tempo ritornarono dalla cattività Béla Kun, Carlo Vántus, Franz Janesik, Giuseppe Rabi-novits, Alessandro Kellner ed altri, e furon riprese le trattative per la fondazione di un nuovo partito. Chiarite le grandi questioni di principio e di tattica, il 24 novem-bre 1918 si costituì il «Partito comunista d’Ungheria», e contemporaneamente fu decisa la fondazione dell’orga-no del Partito, la Vöös Ujság (Gazzetta rossa). Con ciò si iniziava una nuova epoca nel movimento operaio un-gherese.

dazione d’un nuovo partito. Al primo gruppo appartene-vano lavoratori e in generale persone che aveappartene-vano un passato nel movimento operaio ungherese. Questi, alle-vati in seno alla unità del partito, ritenevano impossibile una scissione del partito socialdemocratico, giacchè qui non si avevano organizzazioni di partito, ma solo sinda-cati, e la scissione del partito socialdemocratico avrebbe condotto – volere o no – a una scissione dei sindacati.

Essi quindi insistevano per la formazione di una serrata ala sinistra in seno al partito socialdemocratico. I soste-nitori della seconda tendenza invece mettevano in rilie-vo come nel partito la disciplina ostacolasse la libertà d’azione e di movimento, e offrisse solo poche probabi-lità di successo. Le discussioni finirono con la decisione di fondare un’Unione «Erwin Szabó», che appariva in tal modo adatta a riunire in sè le due tendenze e anche a raccogliere gli elementi rivoluzionarî.

In questo torno di tempo ritornarono dalla cattività Béla Kun, Carlo Vántus, Franz Janesik, Giuseppe Rabi-novits, Alessandro Kellner ed altri, e furon riprese le trattative per la fondazione di un nuovo partito. Chiarite le grandi questioni di principio e di tattica, il 24 novem-bre 1918 si costituì il «Partito comunista d’Ungheria», e contemporaneamente fu decisa la fondazione dell’orga-no del Partito, la Vöös Ujság (Gazzetta rossa). Con ciò si iniziava una nuova epoca nel movimento operaio un-gherese.