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Sebbene il politrauma rappresenti la prima condizione ad essere stata introdotta nel Damage Control Surgery ed oggi la più frequente, il DCS trova impiego anche in un consistente numero di casi di sepsi severa intraddominale e come terapia della sindrome compartimentale addominale (ACS). Per “open abdomen” o

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ottenuta intenzionalmente evitando la sututra dell’incisione laparotomica al completamento della procedura chirurgica intraddominale, oppure, realizzando una laparotomia decompressiva in caso di una sindrome compartimentale addominale. Questa strategia chirurgica sta trovando sempre maggiore impiego nelle forme di diverticolite acuta complicata di grado avanzato (nelle classi III ma soprattutto IV secondo la classificazione modificata di Hinchey). Il ricorso all’intervento di Damage Control si rende necessario in tutti quei casi in cui nè il ripristino immediato della continuità intestinale con un’anastomosi, nè tanto meno il confezionamento di una stomia garantiscano una sicura risoluzione del quadro, visto l’elevato grado di contaminazione della cavità addominale (elevatissimo nei casi di peritonite stercoracea).

Il Damage Control è una strategia chirurgica che si sviluppa in più fasi (Figura 11): I. La prima fase consiste in una laparotomia esplorativa immediata per il controllo

della contaminazione (nei casi di politrauma anche delle emorragie e nel posizionamento di un packing addominale), resezione viscerale ed affondamento dei monconi e in una rapida chiusura della parete addominale.

II. La seconda fase prevede la rianimazione in unità di terapia intensiva per stabilizzare fisiologicamente e biochimicamente il paziente (nel politrauma particolare attenzione viene volta alla correzione dei quadri di ipotermia, coagulopatia e acidosi, che costituiscono la cosiddetta “triade letale”).

III. La terza fase consiste nella riesplorazione della cavità addominale, nella riparazione di tutte le lesioni, nell’eventuale anastomosi previa valutazione della vascolarizzazione viscerale ed eventuale chiusura definitiva dell’addome.

38 Damage Control Surgery (DCS) Fase III Fase II Fase I Laparotomia esplorativa, resezione viscerale e Temporary Abdomen Closure

(TAC)

Rianimazione in Unità di Terapia Intensiva (ICU)

Riesplorazione +/- Chiusura definitiva Skin closure Bogotà Bag Wittmann Patch Vacuum Pack Vac Therapy

Figura 11. Fasi del Damage Control Surgery

Nella fase I del Damage Control il paziente viene sottoposto alla cosiddetta laparotomia abbreviata. L’individuo viene posto in posizione supina sul tavolo operatorio. Viene praticata un’incisione mediana solitamente xifo-pubica. Viene esposta la cavità addominale e si procede ad un’attenta esplorazione. Nel caso di peritonite da diverticolite acuta complicata, l’intento è quello di controllare la contaminazione della cavità addominale e in questi casi anastomosi o stomie vengono differite al successivo intervento. A questo punto la strategia prevede una chiusura temporanea dell’addome (TAC Temporary Abdomen Closure), a cui fa seguito uno stretto monitoraggio in un unità di terapia intensiva per ritornare poi dopo circa 24-48 h in sala operatoria per una revisione chirurgica che potrà terminare con una risoluzione definitiva del quadro, oppure con una nuova soluzione temporanea seguita da una successiva revisione. La maggior parte dei pazienti torna in sala operatoria entro 24-48 h dalla fase I, ma questo tempo varia in base alle condizioni del paziente: bisogna necessariamente correggere tutti i deficit, fisiologici e biochimici, in modo da permettergli di sostenere un nuovo intervento chirurgico.

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La chiusura temporanea dell’addome può essere eseguita mediante il ricorso ad una delle seguenti tecniche chirurgiche:

- Skin closure (mediante towel clips o sutura continua); - Bogotà Bag;

- Chiusura con Mesh; - Wittmann Patch;

- Vacuum Pack sec. Barker;

- Vacuum Assisted Closure Therapy (V.A.C. Therapy)

Data l’estrema invasività della strategia di Damage Control Surgery associata alla già avanzata condizione clinica del paziente, potrebbero manifestarsi delle complicanze, tra cui:

- sindrome compartimentale addominale (ACS); - deiscenza della ferita chirurgica;

- ascessi, infezioni e sepsi;

- fistole entero-cutanee (tipica dei pazienti con “open abdomen” è la fistola entero-atmosferica);

- tromboembolie; - laparocele.

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3.2 PARAMETRI CONSIDERATI ED ANALISI STATISTICA

Le variabili che sono state prese in considerazione nello studio riguardano caratteristiche del paziente: sesso, età, Body Mass Index (BMI), valori di Proteina C-Reattiva (PCR) e Procalcitonina (PCT), American Society of Anesthesiologists (ASA) score, comorbidità (cardiopatia, vasculopatia, ipertensione arteriosa, connettivopatia, pneumopatia, diabete mellito, fumatore), pregressi interventi chirurgici addominali e pregressi episodi di diverticolite acuta; della patologia: grado secondo la classificazione di Hinchey modificata e il valore medio di Mannheim Peritonitis Index (MPI); del tipo di intervento chirurgico: laparoscopico o con tecnica open; della degenza ospedaliera: durata media della degenza ospedaliera totale e della degenza post-operatoria, frequenza della chiusura di stomia e tasso di complicanza nell’intervento, tasso di re-interventi nel post- operatorio, morbilità e mortalità. Gli outcome a lungo termine sono stati valutati con follow-up eseguito mediante interviste telefoniche e visite ambulatoriali. Il grado della severità della morbilità è stato valutato secondo la classificazione di Clavien-Dindo92.

❖ MPI (Mannheim Peritonitis Index)

Il Mannheim Peritonitis Index fu sviluppato da Wacha e Linden nel 1983 con uno studio retrospettivo su un campione di 1253 pazienti con peritonite secondaria, considerando 20 possibili fattori di rischio di cui solo 8 hanno mostrato rilevanza prognostica e sono stati inseriti nel calcolo dell’indice MPI93 (Tabella 3). I pazienti

con punteggio superiore a 26 sono stati definiti ad alto rischio di mortalità94. La disponibilità di uno scoring di gravità è utile perchè rappresenta sia un parametro di valutazione dell’outcome specifico per la peritonite secondaria, patologia dalla mortalità estremamente elevata, sia un criterio di selezione dei pazienti per cui potrebbe essere necessario un intervento chirurgico più aggressivo. Il Mannheim Peritonitis Index è un sistema predittivo della mortalità nei pazienti con peritonite in cui punteggi maggiori sono associati ad una prognosi peggiore e necessitano di una gestione intensiva95.

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Tabella 3. Mannheim Peritonitis Index (MPI)

*Definizione di “Insufficienza d’organo”: Rene: Creatinina > 177µmol/L; urea > 167µmol/L; oliguria < 20ml/h; Polmone: pO2 < 50mmHg; pCO2 > 50mmHg;

Shock: ipodinamico o iperdinamico; Ostruzione intestinale: paralisi > 24h o completo ileo meccanico94,96.

❖ ASA Score (American Society of Anesthesiologists)

Il sistema di classificazione ASA è una stratificazione del rischio utilizzata a livello internazionale che valuta il rischio anestesiologico in base alle condizioni del paziente e quindi verifica l’idoneità all’intervento chirurgico. Nel 1963 la Società Americana degli Anestesisti (ASA) ha adottato il sistema di classificazione fisica in 5 classi a cui ne è stata aggiunta una sesta (Tabella 4). Se l’intervento chirurgico è un’emergenza la classe corrispondente è seguita dalla lettera “E”. Si definisce emergenza il caso in cui un ritardo nel trattamento aumenterebbe significativamente la minaccia per la vita del paziente o di una sua parte del corpo.

Fattore di Rischio Punteggio, se presente

Età > 50 anni 5

Sesso femminile 5

Insufficienza d’organo * 7

Neoplasia maligna 4

Durata pre-operatoria della peritonite > 24 h 4 Origine non colica della sepsi 4

Peritonite diffusa 6

Essudato

Chiaro 0

Torbido, purulento 6

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Tabella 4. ASA Score

Classe ASA Condizione del paziente Esempi

ASA I Paziente sano In salute, non fumatore, non/minimo uso di alcool

ASA II Presenza di una lieve malattia sistemica senza nessuna limitazione funzionale

Fumatore, uso abituale di alcool, gravidanza, obesità (30 < BMI < 40), DM controllato

ASA III Presenza di una malattia sistemica grave con limitazione funzionale di grado moderato

DM non controllato, obesità (BMI > 40), abuso di alcool, epatite attiva, pacemaker, arteriopatia

ASA IV Presenza di una malattia sistemica grave che costituisce un pericolo costante per la sopravvivenza

Recente IMA e/o TIA, severa riduzione della frazione d’eiezione, sepsi

ASA V Paziente moribondo che non sopravvivrebbe senza l’operazione Rottura di aneurisma addominale/toracico, trauma massivo, ischemia intestinale da patologia cardiaca ASA VI Paziente con dichiarata

morte encefalica i cui organi vengono rimossi per scopi di donazione

E Ogni intervento

chirurgico non dilazionabile; la lettera E viene aggiunta alla corrispettiva classe ASA

❖ Classificazione di Clavien-Dindo

Nel 1992 Clavien et al. definirono i principi generali per classificare le complicanze di un intervento chirurgico basata su quattro livelli di gravità, suddivisi in base alla terapia richiesta per correggerla97. Successivamente sono state fatte delle revisioni

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(Tabella 5). In questa versione i gradi sono 5 a cui viene aggiunto un suffisso chiamato “suffisso d” (d  disability): le complicanze che hanno la possibilità di una disabilità duratura dopo la dimissione del paziente (ad esempio, la paralisi di una corda vocale dopo la chirurgia tiroidea) sono evidenziate con il suffisso d, che indica la necessità di un follow-up per valutare in modo completo l’esito e la relativa qualità di vita a lungo termine92.

Tabella 5. Classificazione di Clavien - Dindo

Grado Definizione

Grado I Qualsiasi variazione dal normale decorso post-operatorio senza necessità di trattamento farmacologico o intervento chirurgico, endoscopico e radiologico. I regimi terapeutici ammessi sono: farmaci quali antiemetici, antipiretici, analgesici, diuretici, elettroliti e fisioterapia. Questo grado include anche infezioni delle ferite aperte a letto.

Grado II Richiede un trattamento farmacologico con farmaci diversi da quelli consentiti per le complicanze di grado I. sono incluse anche la trasfusione di sangue e la nutrizione totale parenterale. Grado III Richiede intervento chirurgico, endoscopico o radiologico. Grado IIIa Intervento non in anestesia generale.

Grado IIIb Intervento in anestesia generale.

Grado IV Complicazioni pericolose per la vita (incluse complicazioni del SNC)* che richiedono la gestione IC/ICU.

Grado IVa Disfunzione di un solo organo (compresa la dialisi). Grado IVb Disfunzione multiorgano.

Grado V Morte del paziente.

Suffisso “d” Se il paziente soffre di una complicanza al momento della dimissione, il suffisso “d” (per “disabilità”) viene aggiunto al grado di complicanza corrispondente. Questa etichetta indica la necessità di un follow-up per valutare appieno la complicanza. *Emorragia cerebrale, ictus ischemico, sanguinamento sub-aracnoideo, ma escluso l’attacco ischemico transitorio (TIA). SNC, sistema nervoso centrale. IC, cura intermedia, ICU, unità di terapia intensiva.

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Per la determinazione dei dati parametrici sono stati utilizzati il T-Test di Student e il Mann-Whitney U Test (per i dati distribuiti in maniera non gaussiana). Per l’analisi dei dati categoriali, invece, sono stati utilizzati il Pearson’s χ2 test e il

Fisher’s exact test quando appropriato. Le differenze sono state considerate statisticamente significative nel caso in cui il valore del p sia risultato inferiore a 0.05. Per l’analisti statistica dei dati e per il confronto tra gruppi è stato utilizzato il software SPSS statistic, version 22, IBM corporation, New York, United States.

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4. RISULTATI

Abbiamo valutato 259 pazienti ricoverati presso il reparto di Chirurgia D’Urgenza Universitaria dell’Ospedale di Pisa nel periodo 2010-2017. Secondo la distribuzione per genere i pazienti sono risultati così suddivisi: 144 di sesso femminile e 115 di sesso maschile, mentre l’età media equivale a 62,15 anni (Tabella 6).

Tabella 6. Riepilogo caratteristiche cliniche generali della popolazione

Variabile Valore

Età (Mean±SD) 62,15 ± 14,79 BMI (Kg/m2) (Mean±SD) 26,25 ± 4,30

PCR (mg/L) (Mean±SD) 12,72 ± 10,70 PCT (ng/mL) (Mean±SD) 6,19 ± 21,97 Mannheim Peritonitis Index (MPI)

(mean±SD)

11,66 ± 7,50 American Society of Anesthesiologists

(ASA) score (mean±SD)

2,58 ± 1,09 Genere M F 115/259 (44,4%) 144/259 (55,6%) Hinchey I a I b II III IV 121 (46,7%) 36 (13,9%) 42 (16,2%) 37 (14,3%) 23 (8,9%) Pregressa Diverticolite Acuta 81/253 (32%) Pregressa Chirurgia Addominale 128/253 (50,6%)

Cardiopatia 47/255 (18,4%) Ipertensione Arteriosa 83/253 (32,8%) Connettivopatia 11/255 (4,3%) Pneumopatia 30/255 (11,7%) Diabete 20/255 (7,8%) Fumatore 53/247 (21,5%)

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I pazienti in studio sono stati suddivisi sulla base del grado assegnato secondo la classificazione di Hinchey modificata e del trattamento ricevuto, come illustrato nella Tabella 7.

Tabella 7. Grado Hinchey e tipo di trattamento eseguito nella popolazione

Hinchey Ia Hinchey Ib Hinchey II Hinchey III Hinchey IV TOTALE Terapia Medica 83 (68,6%) 22 (61,1%) 15 (35,7%) 0 (0%) 0 (0%) 120 Lavaggio Peritonea le Laparosc opico (LPL) 4 (3,3%) 3 (8,3%) 6 (14,3%) 3 (8,1%) 0 (0%) 16 Resezione del sigma Laparosc opica (SL) 24 (19,8%) 5 (13,9%) 10 (23,8%) 12 (32,4%) 6 (26,1%) 57 Resezione del sigma open 10 (8,3%) 6 (16,7%) 7 (16,7%) 11 (29,7%) 3 (13,0%) 37 Resezione sec. Hartman n 0 (0%) 0 (0%) 3 (7,1%) 9 (39,1%) 9 (39,1%) 21 Damage Control Surgery (DCS) 0 (0%) 0 (0%) 1 (2,4%) 2 (5,4%) 5 (21,7%) 8 TOTALE 121 36 42 37 23 259

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Abbiamo selezionato, dalla popolazione sottoposta a trattamento chirurgico (139 pazienti), un campione con grado Hinchey III e IV trattato con resezione del sigma secondo Hartmann e con resezione-anastomosi primaria, sia con tecnica laparoscopica che mediante tecnica open. Il nuovo campione risulta costituito da 50 pazienti che sono stati suddivisi in due gruppi: il gruppo A trattato con resezione sec. Hartmann (18 pazienti) e il gruppo B in cui la tecnica utilizzata è stata la resezione-anastomosi primaria (32 pazienti) (Figura 12).

Pazienti sottoposti a chirurgia (139)

Hinchey I (Ia + Ib) 52 (37,4%) Hinchey II 27 (19,4%) Hinchey III 37 (26,6%) Hinchey IV 23 (16,5%) Lavaggio Laparoscopico Peritoneale (LPL)  3 Damage Control Surgery

(DCS)  2 Resezione secondo Hartmann  9 Resezione-Anastomosi primaria  23 Damage Control Surgery (DCS) 5 Resezione secondo Hartmann  9 Resezione-Anastomosi primaria  9

Figura 12. Flow chart della popolazione

La distribuzione secondo il genere è risultata uniforme in entrambi i gruppi: 10 maschi e 8 femmine (55,5% vs 44,5%) nel gruppo A e 16 maschi e 16 femmine (50% vs 50%) nel gruppo B. I valori di BMI medi non sono risultati significativamente differenti tra i due gruppi, essendo di 27,55 kg/m2 nel primo gruppo e 26,85 kg/m2 nel secondo (p = 0.674). Anche i valori medi di PCR, che sono stati di 20,57 mg/L nel gruppo A e 9,40 mg/L nel gruppo B (p = 0,709) e i valori medi di PCT, 27,62 ng/mL nel gruppo A e 0,23 ng/mL nel gruppo B (p = 0,492) non differiscono in maniera significativa tra i due gruppi. L’età, invece, è risultata significativamente differente, essendo l’età media nel primo gruppo pari a 78,5 anni e nel secondo gruppo a 56,13 anni (p < 0,001).

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Tabella 8. Caratteristiche cliniche generali dei pazienti sottoposti a HP e RPA

Resezione sec. Hartmann (HP) GRUPPO A Resezione- Anastomosi Primaria (RPA) GRUPPO B p Genere (N, %) 10/18 (55,5%) M 8/18 (44,5%) F 16/32 (50%) M 16/32 (50%) F 0,706 ETA’ (N, mean±SD) 78,50±9,27 56,13±13,69 < 0,001 BMI (kg/m2) (Mean±SD) 27,55±4,68 26,85±4,99 0,674 PCR (mg/L) (Mean±SD) 20,57±8,63 9,40±10,97 0,709 PCT (ng/mL) (Mean±SD) 27,62±48,38 0,23±0,25 0,492 Mannheim Peritonitis Index

(MPI) (Mean±SD)

23,65±6,36 16,81±7,16 0,002

American Society Anesthesiologists (ASA) score (N, %) I II III IV V VI E 0/18 (0%) 4/18 (22,2%) 1/18 (5,5%) 5/18 (27,8%) 2/18 (11,1%) 0/18 (0%) 6/18 (33,3%) 2/32 (6,2%) 9/32 (28,1%) 10/32 (31,2%) 2/32 (6,2%) 1/32 (3,1%) 0/32 (0%) 8/32 (25%) 0,04

Grado Hinchey Modificato (N, %) III IV 9/18 (50%) 9/18 (50%) 23/32 (71,8%) 9/32 (28,2%) 0,122

Pregressa Diverticolite Acuta (N,%) 3/18 (16,7%) 7/32 (21,9%) 0,659 Pregressa Chirurgia Addominale (N, %) 6/18 (33,3%) 16/32 (50%) 0,254 Cardiopatia (N,%) 11/18 (61,1%) 3/32 (9,4%) < 0,001

49 Vasculopatia (N, %) 6/18 (33,3%) 3/32 (9,4%) 0,03 Ipertensione Arteriosa (N,%) 9/18 (50%) 6/32 (18,7%) 0,02 Pneumopatia (N,%) 7/18 (38,8%) 2/32 (6,25%) 0,004 Connettivopatia (N, %) 0/18 (0) 1/32 (3,1%) 0,449 Diabete (N,%) 7/18 (38,8%) 0/32 (0) < 0,001 Fumatore (N, %) 2/18 (11,1%) 7/32 (21,8%) 0,342

In 9 pazienti del gruppo A (50%), la diverticolite acuta corrispondeva ad un grado Hinchey modificato pari a III e nei restanti 9 pazienti (50%) il grado Hinchey corrispondente era pari a IV; nel gruppo B, invece, 23 pazienti (71,8%) avevano una diverticolite acuta di grado Hinchey modificato III e i restanti 9 pazienti (28,2%) corrispondevano ad un grado Hinchey IV. Nonostante questo, i due gruppi non hanno mostrato una differenza significativa (p = 0,122) (Tabella 8).

Il valore medio di MPI (23,65 vs 16,81; p = 0,002) è risultato più basso nel gruppo B rispetto al gruppo A in maniera significativa (Tabella 8). Anche lo score ASA risulta significativamente differente tra i due gruppi (p = 0,04) (Tabella 8). In 6 pazienti del gruppo A e in 8 pazienti del gruppo B il punteggio ASA assegnato corrispondeva ad “E” (Emergenza), cioè quelle situazioni in cui un ritardo nel trattamento aumenterebbe significativamente la minaccia per la vita del paziente o di una sua parte del corpo.

I valori di Procalcitonina (PCT) sono significativamente più alti nel gruppo A (20,57 vs 0,23; p = 0,492). La PCT è stata prelevata in un numero esiguo di pazienti: 6 su 50. In un paziente del gruppo A, il valore al momento del ricovero era pari a 100 ng/ml.

Per quanto riguarda l’aspetto anamnestico, abbiamo identificato che tra i due gruppi esistono delle differenze significative in termini di cardiopatia (61,1% vs 9,4%; p < 0,001), di vasculopatia (33,3% vs 9,4% p = 0,03), di ipertensione arteriosa (50% vs 18,7%; p = 0,02), di pneumopatia (38,8% vs 6,25%; p = 0,004) e di diabete (38,8% vs 0; p < 0,001). Non risultano, invece, differenze significative tra i due gruppi in termini di connettivopatia (0 vs 3,1%; p = 0,449) e di numero di sigarette fumate (11,1% vs 21,8%; p = 0,342) (Tabella 8).

La durata media della degenza totale (12,73 giorni vs 11,71 giorni; p = 0,347) e la durata media della degenza post-operatoria (11,74 giorni vs 10,09 giorni; p = 0,235)

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sono risultati lievementi minori nel gruppo B, ma non tali da essere considerati significativemente differenti. Considerando il tempo operatorio medio, abbiamo notato come, nonostante l’intervento di resezione del sigma secondo Hartmann abbia un tempo operatorio medio inferiore rispetto all’intervento di resezione- anastomosi primaria (177,17 minuti vs 215,22 minuti) i due gruppi non sono risultati significativamente differenti (p = 0,09) (Tabella 9).

Tabella 9. Parametri peri e post-operatori nei pazienti sottoposti a HP e RPA.

Resezione sec. Hartmann (HP) GRUPPO A Resezione- Anastomosi primaria (RPA) GRUPPO B P value

Durata media degenza totale (giorni) (mean±SD)

12,73±5,02 11,71±4,24 0,347

Durata media degenza post- operatoria (giorni) (mean±SD)

11,73±5,28 10,10±3,79 0,235

Tempo operatorio medio (min) (mean±SD)

177,17±57,36 215,22±82,90 0,09

Chiusura di stomia (N, %) 4/18 (22,2%) 13/14 (92,8%) < 0,001

Dei 18 pazienti sottoposti a resezione sec. Hartmann solo per 4 pazienti (il 22,2%) si è proceduto alla chiusura della colostomia terminale. Inoltre abbiamo riscontrato come 2 casi su 4 (corrispondente al 50%) abbiano manifestato una complicanza post-operatoria durante il ricovero per la chiusura della stomia. Nei pazienti che sono stati sottoposti ad un intervento di resezione-anastomosi primaria, invece, una ileostomia escludente, a protezione della neo-anastomosi creata, è stata confezionata in 14 casi su 32 (43,75%) ed è stata chiusa, a distanza di almeno 8 settimane dall’intervento chirurgico, nel 92,8% (ovvero in 13 pazienti su 14), risultando complicata solo in 1 caso (corrispondente al 7,7%%). Solo un paziente non ha beneficiato dell’intervento di ricanalizzazione intestinale, in quanto deceduto per le complicanze di una cardiopatia nota. Confrontando i dati sul tasso di chiusura della stomia, abbiamo evidenziato come esista una differenza

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significativa tra i due gruppi (p < 0,001), risultando più frequente nei pazienti trattati con resezione-anastomosi primaria con confezionamento di una ileostomia escludente (Tabella 9).

Inoltre, i pazienti trattati mediante ricostruzione intestinale dopo resezione colica, sono stati approcciati nel 46,9% (n = 15/32) con tecnica open, mentre nel restante 53,1% (n = 17/32) con tecnica laparoscopica. Tra questi, una conversione laparotomica si è resa necessaria nel 58,8% dei casi (n = 10/17). Il motivo per cui si è proceduto per una conversione è stato: in tre casi il reperto di peritonite stercoracea all’esplorazione, in due casi la presenza di un ascesso e di un importante versamento purulento, in due casi la presenza di tenaci aderenze viscero-parietali, in un caso la difficile visualizzazione dei vasi mesenterici inferiori per la presenza di edema, in un caso la ristrettezza del campo operatorio (per la conformazione del paziente e dell’ileo paralitico instauratosi), infine, in un caso per instabilità emodinamica e respiratoria insorta durante la procedura.

In 3 casi (n = 3/18; 16,7%), invece, sebbene l’approccio iniziale fosse stato laparoscopico, si è reso necessario non solo una conversione laparotomica, ma anche il ricorso ad una resezione sec. Hartmann.

Non ci sono state significative differenze in termini di morbidità tra i due gruppi: 6 pazienti su 18 (33,3%) nel gruppo A e 14 su 32 (43,7%) nel gruppo B (p = 0,470) (Tabella 10).

Tabella 10. Morbidità e mortalità nei pazienti sottoposti a HP e RAP.

Resezione sec. Hartmann (HP) GRUPPO A Resezione- Anastomosi primara (RPA) GRUPPO B p value Morbidità (N, %) * - Grado I - Grado II - Grado III a - Grado III b - Grado IV a - Grado IV b - Grado V 6/18 (33,3%) 1 (5,5%) 2 (11,1%) 0 2 (11,1%) 0 1 (5,5%) 0 14/32 (43,7%) 6 (18,7%) 7 (21,9%) 0 1 (3,1%) 0 0 0 0,470

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Mortalità (N, %) 1/18 (5,5%) 0 (0%) 0,178

*secondo la classificazione di Clavien-Dindo

Nel gruppo A, le complicanze post-operatorie sono state: iperpiressia (Grado I secondo la classificazione di Clavien-Dindo) in un caso (5,5%); anemizzazione in un caso (5,5%) e fibrillazione atriale nell’altro (5,5%), entrambe di Grado II secondo la classificazione di Clavien-Dindo; deiscenza di ferita in due casi (11,1%) per cui si è reso necessario lo sbrigliamento chirurgico della ferita e risutura della stessa (Grado III b secondo la classificazione di Clavien-Dindo); un paziente (5,5%) ha presentato un progressivo scadimento delle condizioni cliniche generali fino all’insufficienza multiorgano (Grado IV b secondo la classificazione di Clavien- Dindo) (Tabella 10).

Nel gruppo B, invece, le complicanze post-operatorie evidenziate sono state: addensamento polmonare in tre casi (9,3%), dispnea in un caso (3,1%), versamento pleurico saccato in un altro caso (3,1%) e, infine, ritardo della canalizzazione (3,1%), tutti corrispondenti al Grado I secondo la classificazione di Clavien-Dindo; in 7 pazienti (21,9%) la complicanza corrispondeva al Grado II della classificazione di Clavien-Dindo, un paziente ha presentato anemizzazione (3,1%), uno globo vescicale (che ha rischiesto la caterizzazione vescicale) e leucocitosi (3,1%), uno insufficienza respiratoria (3,1%), tre pazienti hanno presentato fibrillazione atriale (9,4%) e, infine, un paziente ha manifestato un episodio di rettorragia (3,1%) per cui è stata eseguita una rettoscopia che non ha riscontrato segni di sanguinamento attivo; un paziente (3,1%) ha presentato deiscenza di ferita che ha richiesto l’intervento chirurgico di sbrigliamento e sutura (Grado III b secondo la classificazione di Clavien-Dindo).

Considerando la mortalità peri-operatoria, non esistono differenze significative tra i due gruppi (5,5% vs 0%; p = 0,178). Nel gruppo A, un solo paziente è deceduto durante la degenza post-operatoria, per cause non legate alla malattia diverticolare; ha, infatti, presentato ischemia degli arti con scadimento progressivo delle condizioni cliniche generali. Non abbiamo avuto invece decessi peri-operatori nel gruppo B.

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Tabella 11. Follow-up nei pazienti sottoposti a HP e RAP

Resezione sec. Hartmann (HP) GRUPPO A Resezione- Anastomosi primara (RPA) GRUPPO B p value Mortalità (N, %) 8/18 (44,4%) 1/32 (3,1%) 0,001 Complicanza (N, %) 1/18 (5,5%) 1/32 (3,1%) 0,674 Reintervento chirurgico (N, %) 0 0 1 Recidiva di diverticolite (N, %) 0 0 1

I pazienti sono stati seguiti con un follow-up a lungo termine da 78 a 6 mesi (Tabella 11). I due gruppi si distinguono soprattutto per quanto riguarda la mortalità (44,4% vs 3,1%; p = 0,001). Analizzando questi dati in maniera retrospettiva, sebbene presentino una differenza statisticamente significativa, abbiamo notato come la causa di questo non risieda mai nella patologia diverticolare, bensì, spesso, nel deterioramento delle condizioni cliniche generali dei pazienti, spesso di età avanzata e con importanti comorbidità. L’unico paziente del gruppo B deceduto durante il follow - up ha avuto complicanze legate ad una patologia cardiaca già nota.

Per quanto riguarda le complicanze (5,5% vs 3,1%; p = 0,674), il tasso di reintervento chirurgico (0 vs 0; p = 1) e il tasso di recidiva della malattia diverticolare (0 vs 0; p = 1), i due gruppi non hanno mostrato differenze significative. Considerando le complicanze, nel gruppo A un solo paziente ha presentato una complicanza di tipo medico: diarrea da Clostridium Difficile per cui si è reso necessario il ricovero. Nel gruppo B, invece, un paziente ha manifestato una complicanza, però di tipo chirurgico: laparocele in attesa di intervento chirurgico.

All’esame istologico, tutti i pazienti con resezione del sigma, hanno presentato una malattia diverticolare con grado variabile di flogosi ed iperplasia linfonodale loco- regionale. Un solo paziente, inizialmente trattato con terapia medica, ha presentato alla colonscopia a 6 settimane, un adenocarcinoma colico per cui si è resa necessaria una resezione oncologica del tratto interessato.

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Confrontando le caratteristiche cliniche del paziente, raccolte durante l’anamnesi, è emerso che pazienti con pregressi episodi di diverticolite acuta (80 pazienti; p =

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