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Sottofondo storico e rilievo dei «Paesi allegorici» fortiniani in Questo muro

3.1 La datazione come parte integrante del testo poetico

3.1.2 Le date che entrano nel testo

In un paio di componimenti, si riscontrano infine indicazioni temporali che sono parte a tutti gli effetti del corpo testuale, e che sembrano quindi realizzare quella volontà autoriale di annessione ai versi. Nonostante ciò, esse mantengono comunque un certo statuto di separatezza: è molto curioso il fatto che entrambi i casi facciano parte di porzioni di testo racchiuse entro parentesi quadre. Come se l’autore non riuscisse, nonostante gli sforzi, ad amalgamare perfettamente le date alla forma poetica, o come se intendesse mantenere volutamente una certa distinzione.

Entrambe le date fanno parte di testi poetici molto lunghi e decisamente antilirici. La prima delle due, presente in From wall to wall (siamo nella sezione Il vero che è passato) ha la particolarità di essere espressa in forma estesa, non in cifre; rammenta quel «Quarantanove» in Ricordo di Borsieri.251 L’autore dunque, nel momento in cui tenta l’inserzione effettiva nel testo, sembra regredire alla raccolta precedente: come se l’unico modo per rendere la data parte del verso sia quello di esprimerla in lettere, rendendola cioè “metricamente accettabile”. Nel caso di questa poesia, peraltro, essa occupa da sola un intero verso, il ventunesimo:

3

[Duemila Hölderlin privilegiate a sessantatre Juan de la Cruz risale nel dopoborsa

l’Essere e il Tempo il Sacro e l’Assoluto i vent’anni e la bella vergogna

l’odio il gusto di feci e suicidio

77 millenovecentrotrentanove

from wall to wall la vita.]252

La parentesi quadra è indicativa della separatezza della stanza rispetto al resto del componimento. Esso parte dall’osservazione di un dipinto del pittore italiano contemporaneo Morlotti (a cui la poesia è dedicata253), raffigurante, non a caso, un paesaggio; il quale sembra pure concretizzarsi per un attimo, mentre si immagina il pittore in un metaforico viaggio al suo interno.254 Le altre strofe si possono considerare dei “flussi di coscienza” versificati: quasi completamente sprovviste di punteggiatura, ricche di suoni aspri e sgradevoli, concentrate sull’emblematica figura fortiniana delle rose; rappresentate sulla tela di Morlotti, ma che sul finire del componimento rivelano chiaramente la loro valenza allegorica, di figura degli scomparsi e della sostituzione degli stessi.255

La terza stanza invece, pur sempre priva di una vera e propria sintassi, costituita da un’accozzaglia di nomi e di concetti, ha però un più deciso contenuto storico. Compaiono i nomi di due poeti, l’uno tedesco ottocentesco e l’altro del Seicento spagnolo, inseriti nella frase come se si trattasse di nomi di azioni finanziarie (vv. 16-17). È la rappresentazione della civiltà dei consumi e dell’industria culturale, che selezionano l’arte – e in special modo la letteratura - sulla base del guadagno che essa può apportare. Subito dopo vengono nominate le principali categorie trascendenti, di ordine filosofico-religioso (v. 18), che in quest’età sembrano aver perso la loro ragion d’essere. Vi è poi un salto all’età della giovinezza del poeta e ai sentimenti di avversione nei confronti del fascismo, che lo porteranno a scegliere la Resistenza. La data riportata in forma estesa, il 1939, è quella dell’inizio della Seconda Guerra mondiale: data fondamentale tanto per Fortini quanto per il suo secolo. Le rose dipinte, figura della violenza infraumana («ematomi di cera lilla»,

252

Vv. 16-22

253 È presente infatti un’epigrafe, «per Morlotti»

254 «1 / In un piccolo punto della sua tela / due centimetri per due puoi vedere / l’imitazione della natura / la teoria dei colori l’aria che trema. Di lì / Morlotti si mette in cammino / e ritorna quando il sole è tramontato.» (vv. 1-6)

255 «2 / Malferme virtuose rinunzianti lattee rose / da stipi ebani zàngole zinnie cristalli crepuscoli / da squittìi cigolìi cognizioni del dolore / rose d’Adda e di Loira rose cicatriziali / ematomi di cera lilla / di pece in lagrime di assenzio in perle / encausti rattrappiti vittime / rose atterrite un pugno / vi rapprende in poltiglia. // […] // 4 / Oro ma bruno ma crema ora muro / fiammante battente imperioso / impenetrabile puro comando / trascendenza di simboli decaduti / lutto di secoli tonali / sublimi infami / via discendete voi grumi ritraetevi smorti profumi / sotto l’inarrestabile pressione metafisica / verso il basso del quadro riquadro / dove i cateti pietosi come possono si giustificano / diminuitevi sotto il giallo imperioso / della parete lo zafferano del parietale / dell’osso-muraglia, del rosso-saturno / dicembre // 5 / perché se guardi dalla parte / contraria se volgi le spalle / alla preghiera del pittore al suo / scapolare di rose / se nel lombardo pomeriggio losco / guardi più su delle stoppie / più su di rogge acidi asfalti salici / dagli svincoli delle tangenziali / è ancora / la preghiera del pittore laico / sulle stoppie del mondo / il non-spazio del nulla / lacca fissa vergine pasta vitrea / lassù padiglione il cobalto / il Monte Rosa. // 6 / Trascendenza dei blu decaduti / lamentìo dei secoli tonali / scale cromatiche in rovina / estetici amuleti / per l’imbarco e il naviglio / trecce vizze spighe inchiostri / cartigli di deliqui // 7 / ma anche vecchio vigore / tu pittore ironia scaltra austera / della mente che s’inchina / a cercare dove cieca / una rosa spira e un’altra / già ne reca la spina.»

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v. 11; «encausti rattrappiti vittime», v. 15, etc.) entrano così in cortocircuito con la menzione di quell’anno terribile, apparentemente estraneo al resto del componimento.256

L’altra data si trova nella sezione Circostanze, in Editto contro i cantastorie. È una poesia caratterizzata dalla presenza di due figure cinesi d’importanza capitale per Fortini: l’intellettuale e poeta Lu Xun, inserito in epigrafe assieme ad una sua ampia citazione257, e Mao Tse-Tung. «Una parte dei versi trascrive passi di scritti di Mao Tse-Tung»258, dichiara infatti il poeta. La modalità di composizione è insomma la medesima de Gli anni della violenza, posta immediatamente prima; e anche Editto contro i cantastorie, come quella, risente molto di questa derivazione prosastica. Oltre al tono – antilirico e narrativo - si riscontrano infatti diverse caratteristiche testuali tipiche della prosa: la ricorrenza di parentesi, ad esempio, o di citazioni.259

Le prime quattro strofe riguardano più da vicino la lotta rivoluzionaria: parlano di resistenza, e anche qui sembra di udire la voce di Fortini attraverso le parole di Mao.260 Molti in effetti sono i versi dal tono sentenzioso, piuttosto generalizzabili, che potrebbero essere perfettamente adattati a un contesto occidentale: «Questa è una guerra lunga e spietata, / una guerra di lunga durata» (vv. 9-10); «Le difficoltà crescono ovunque nel paese» (vv. 13, 16); «Non è assolutamente necessario / qualsiasi sentimento di pietà» (vv. 27-28; ma anche tutto il resto della quarta strofa, fino al v. 34).

A partire dalla quinta strofa, e specialmente dal quarantaduesimo verso, si nota un certo cambiamento di tono. Dalla lotta rivoluzionaria si passa alla situazione dei villaggi cinesi, ove

256 L’ultimo verso della strofa, infine, riprende il titolo ed è l’unico che ne spiega la ragione. From wall to wall, «Da muro a muro»; la nota di Fortini specifica che «si dice di una moquette che copra tutto l’impiantito di un ambiente» (F. Fortini, Tutte le poesie, cit., p. 493). Oltre a ricordare il titolo della raccolta del ’73 (cioè «il muro del potere» ma anche «il muro del rischio»; ivi, nota biografica, p. XLV), esso potrebbe significare la vita che ricopre e attutisce ogni cosa, come una moquette; intendendo, naturalmente, la superficialissima vita contemporanea.

257

«A causa delle differenze che, trasmesse dalla antichità, ancora sussistono, gli uomini sono distaccati l’uno dall’altro e non possono sentire il dolore altrui. Inoltre, perché ciascuno ha la speranza di far schiavi gli altri e di mangiare gli altri, si dimentica che anch’egli ha la stessa prospettiva di essere fatto schiavo e mangiato.»

258

F. Fortini, Tutte le poesie, cit., p. 494

259 Ad esempio,«(sazie di pane e di sonno)», v. 4; oppure ««liberare il regno di Giao assediando il regno di Wei»», v. 8 260 Similmente a quanto accadeva nella poesia dedicata a Guevara. Il testo delle quattro strofe è il seguente: «Come alcuni distretti della regione montagnosa / possono solo attaccare e molestare di continuo! / Solo quando le forze nemiche / (sazie di pane e di sonno) / siano annientate, solo quando / si siano sollevate le masse, le grandi città, / le stazioni ferroviarie… Questa è la tattica di / «liberare il regno di Giao assediando il regno di Wei». / Questa è una guerra lunga e spietata / una guerra di lunga durata. // Molti parlano di vittoria finale. Ma come dobbiamo / combattere per essa? / Le difficoltà crescono ovunque nel paese. / [Sparì nel 1937 deportato a Iennisseisk / e probabilmente fucilato]. / Le difficoltà crescono ovunque nel paese. / Ora che Lanciou è caduta e Wuhan è in pericolo / molti non parlano più di vittoria finale. Il nemico / è forte e noi siamo deboli. Ora, che al mattino / è più freddo e al mattino è più nebbia / e i pensieri non dicono quel che faremo domani. Il nemico / è forte e noi siamo incerti. // Il nostro accerchiamento è come la mano di Budda / che si trasforma nella montagna dei Cinque Elementi, / una catena che attraversa tutto il mondo. / Una lotta di vita e di morte. // Non è assolutamente necessario / qualsiasi sentimento di pietà. Molto meglio essere travolti / da una speranza come una cupola. / Perché è assolutamente necessario / parlare contro la tendenza / ad accettare qualsiasi compromesso? Perché / non decidiamo una volta per tutte che / «la parte inferiore può strappare l’iniziativa»? / [Con questa mano che si contrae all’orlo / della fossa di spini / e smuove una scheggia di pietra]. / [Anche gli alberi e la macchia del monte / appaiono come truppe nemiche].» (vv. 1-39)

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oramai vigono l’austerità e la morigeratezza dei costumi.261

Uno dei provvedimenti presi dalle leghe contadine è stato quello di vietare il canto dei cantastorie: essi erano soliti passare da un’abitazione all’altra chiedendo l’elemosina, in cambio di canzoni che esaltavano la primavera e omaggiavano gli spiriti dei morti.262

Le ultime strofe paiono nuovamente adattabili al presente e all’Occidente, però questa volta per ciò che riguarda i «cantastorie», ossia i poeti:

Ma è bello esaltare la primavera, cantare i poveri morti. Che male fanno i cantastorie alla comunità?

I poveri morti ci ricordano di starci aspettando. La primavera è così bella da essere inumana.

Il canto dei cantastorie riporta il passato irrecuperabile. E tutto questo fa dolce la vecchia vita.

La fa santa e sopportabile. Non lo vogliamo più.263

I poeti, cantori delle voci dei morti, sono presenze disturbanti in qualunque comunità, in ogni tempo. In Cina, come nell’Occidente contemporaneo, si tenta di zittirli, di allontanarli, perché il loro canto «riporta il passato irrecuperabile», cioè il rimosso storico. Però questo rende anche la vita «santa e sopportabile», perché garantisce un senso postumo alle esistenze. «Non lo vogliamo più» dichiara l’ultimo verso, il più lapidario di tutti, soprattutto in virtù della forte posizione di distacco. Non lo vogliono i rivoluzionari cinesi, perché intendono ridurre la vita nelle campagne allo stretto indispensabile; ma non lo vuole nemmeno l’Occidente. Dal punto di vista occidentale questo verso si potrebbe intendere in due modi: potrebbe essere un rifiuto autoriale verso qualsiasi visione edulcorata e di compensazione, oppure un’espressione del rigetto contemporaneo e postmoderno per le declinazioni “impegnate” della poesia.

La data inserita nel testo, tuttavia, non riguarda affatto Mao o la Rivoluzione cinese, ma neppure contesti occidentali contemporanei. Il distico di cui fa parte si trova nuovamente racchiuso entro parentesi quadre:

261

«Non posso garantire alcuna continuità del pensiero / né della volontà. Su questo soprattutto / contano i nostri avversari. Però / nei villaggi non i gioca più a carte, / dov’è forte il potere delle leghe contadine / trasportare l’oppio è vietato. / A nutrire i maiali si consuma il grano. / È stato proibito preparare piatti con germogli di bambù. / Agli antenati si sacrifica solo della frutta.» (vv. 40-48)

262 «Nel circondario di Liling non è più consentito / di girare per le case per esaltare la primavera e gli spiriti / e di cantare canzoni con accompagnamento di nacchere chiedendo l’elemosina. La lega contadina / ha arrestato tre mendicanti. Li ha obbligati / a trasportare argilla e a cuocere mattoni.» (vv. 49-54)

80 [Sparì nel 1937 deportato a Iennisseisk

e probabilmente fucilato].264

Ricorrendo al montaggio testuale, Fortini, tra le righe riprese dagli scritti di Mao, inserisce un brevissimo frammento inerente alle purghe staliniane. Questo possiede tutte le caratteristiche che lo rendono un minimo ma dignitosissimo segmento storiografico: compare infatti una data, il 1937, l’anno che diede inizio alla cosiddetta Grande Purga. Accanto alla data compare un luogo geografico, «Iennisseisk», nome di una località siberiana. Non vi sono altri dati, non si sa a chi l’autore si stia riferendo, né lo si potrà mai sapere: il distico è dedicato alla memoria di tutte le vittime dei gulag, delle quali si condannava sia la vita che la memoria.

L’esperienza comunista cinese e quella sovietica vengono dunque brutalmente accostate. O meglio, ad essere affiancate sono le due declinazioni estreme del comunismo, secondo Fortini: la sua degenerazione (Stalin) e lo spunto per una sua futura rinascita, fornito dall’esperienza di Mao.

Si può dunque concludere che l’elemento-data, per quanto rivesta un rinnovato e centralissimo ruolo nella raccolta, mantiene sempre uno status di separatezza rispetto alle poesie. L’autore sembra cadere in contraddizione, poiché invita a considerare le date come parte dei versi, ma manca egli stesso di realizzare pienamente tale fusione. Per questo motivo, nel titoletto del presente paragrafo, le date sono state definite «parte integrante» del testo poetico: non parte sostanziale, poiché lo integrano, lo completano, dialogano con esso, ma ne rimangono irrimediabilmente fuori.