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SULL’EFFICACIA DEL SULFORAFANO

5.5 DATI DEGLI STUDI CLINIC

Molti studi confermano la necessità delle mirosinasi per ottimizzare la resa di SFN, definendo la cottura e l’estrazione come processi che portano alla perdita di attività (Rungapamestry V, et al., 2007). Le Mirosinasi mediano il processo di idrolisi enzimatica dei glucosinolati, con rottura del legame b-tioglucosidico e formazione di intermediari instabili che si riarrangiano spontaneamente in isotiocianati, tiocianati o nitrili. La biodisponibilità del SFN nei broccoli crudi è 10 volte superiore a quella nei broccoli cotti. Il picco plasmatico di SFN viene raggiunto circa 1,6 h dopo l'ingestione di broccoli crudi, mentre intorno alle 6 ore dopo ingestione dei broccoli cotti. Era anche evidente che la variabilità interindividuale nella concentrazione di SFN era considerevolmente maggiore tra i soggetti che avevano ingerito sostanze mirosinasi-inattive. Altri studi dimostrano l’effetto battericida di SFN su Helicobacter pylori, associato al reflusso gastrico e al cancro. Quarantotto soggetti infetti da H. pylori hanno assunto 70 g di germogli di broccoli freschi al giorno (Yanaka A, et al., 2009). Tre marcatori di infezione da H. pylori sono risultati diminuiti, al di sotto del valore di riferimento diagnostico, entro 8 settimane. Tuttavia, una volta interrotto il trattamento, i livelli di H. pylori sono tornati ai livelli basali dopo 8 settimane. Nel valutare l'effetto di 25 g-200 g di una miscela fresca di germogli di broccoli omogeneizzati, uno studio (Riedl MA, et al., 2009)

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ha mostrato un’induzione sicura ed efficace dell’espressione degli enzimi di fase 2 nelle vie aeree superiori, in modo dose-dipendente. Con l'assunzione della dose maggiore, c'è stato un aumento del 200% nell'attività di NQO1. Questo studio è importante perché determina la dose necessaria per raddoppiare l'attività di NQO1 nei tessuti delle vie respiratorie umane; inoltre, dimostra che tali dosi possono essere assunte attraverso la dieta.

L'inibizione delle HDAC è un fenomeno epigenetico associato alla chemoprotezione. SFN ha dimostrato di agire come inibitore delle HDAC con un meccanismo diverso dall’attivazione di Nrf2. L’acetilazione degli istoni dipende dall'equilibrio nell’attività degli enzimi istone acetiltransferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Tale processo è un importante meccanismo di regolazione genica. L’acetilazione istonica è associata ad una conformazione aperta della cromatina, che consente la trascrizione genica; le HDAC mantengono invece la cromatina nello stato chiuso non trascritto (Fig.25).

Figura 25. Alcune modifiche chiave degli istoni che influenzano l'espressione genica. (Me: metilazione, Ub: ubiquinazione, Ac: acetilazione)

Nelle cellule normali esiste un equilibrio strettamente regolato tra le attività di HAT e di HDAC, e i fattori che influenzano tale equilibrio possono contribuire allo sviluppo del cancro. Questi enzimi possiedono ruoli critici nella regolazione dell'espressione genica, nella proliferazione cellulare, nella migrazione delle cellule, nella morte cellulare e nell'angiogenesi. Le HDAC sono

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sovraespresse nelle cellule tumorali, il che le rende uno dei bersagli promettenti per lo sviluppo di farmaci antitumorali.

E’ stato riportato che gli inibitori delle HDAC (HDACi) possono indurre un arresto della crescita, l'apoptosi, le specie reattive dell’ossigeno che facilitato la morte cellulare e la morte cellulare mitotica in modelli di cancro (Marks, P.A.; Xu, W.S., 2009). Molti degli studi relativi al sulforafano e all'inibizione delle HDAC provengono dal laboratorio di Dashwood e Ho (Clarkea, J.D.; Dashwood,et al., 2008). In molti casi, è stato stabilito che la riduzione dello stato di acetilazione corrisponde ad un maggiore grado di sviluppo tumorale e di rischio di recidiva di cancro alla prostata. Il trattamento con sulforafano in modelli cellulari della prostata hanno mostrato una riduzione dell'attività delle HDAC e una down-regulation delle proteine HDAC, con un aumento nell’acetilazione dell'istone H3 al promotore p21 e una maggiore acetilazione dell’alfa-tubulina (specificamente in cellule iperplastiche e tumorali), che porta alla morte delle cellule (Clarke, J.D.et al., 2011). È interessante notare che l’incremento nello stato di acetilazione dell’alfa-tubulina dimostra la capacità del sulforafano nel regolare anche proteine non-istoniche, e ciò potrebbe avere un ruolo critico nella sopravvivenza e nella morte cellulare. È noto che le cellule tumorali del colon over-esprimono HDAC3, una proteina necessaria per una maggiore stabilità genomica. Numerosi studi hanno evidenziato la capacità del sulforafano di ritardare l'espressione della proteina HDAC3 nelle cellule tumorali del colon umano (Rajendran, P. et al., 2013). Un altro studio ha riportato che nei topi trattati con una singola dose orale di 10 µmol di SFN, vi era una significativa inibizione dell'attività di HDAC nella mucosa del colon e la soppressione dello sviluppo del tumore nei topi APCmin (topo modello di molteplici neoplasie intestinali con mutazione del gene APC) (Fig.26) (Myzak, M.C. et al., 2006).

54 Figura 26. Sintesi dei risultati principali. Nei topi APCmin, i complessi HDAC/co-repressori mantengono una

configurazione della cromatina che limita l'accesso dei fattori di trascrizione al DNA, e reprime i geni necessari per il controllo del ciclo cellulare e l'apoptosi. L'inibizione di HDAC da parte di SFN consente di aggiungere i gruppi acetile ("AC") alla code dell’istone, allentando le interazioni DNA/cromatina e consentendo l'accesso dei fattori di trascrizione ai promotori dei geni, come P21 e Bax. La re-espressione di questi geni innesca l'arresto del ciclo cellulare e l'apoptosi in cellule trasformate e in microadenomi, sopprimendo in tal modo la formazione di polipi.

Inoltre, considerando il cancro al seno negativo per i recettori degli estrogeni (ER), diversi studi hanno cercato di riattivare l’espressione di ERα e di ricorrere al successivo trattamento con la terapia anti-estrogeni convenzionale. L'assenza dell’espressione genica di ERα nel cancro al seno ER-negativo è in gran parte dovuta ad un silenziamento epigenetico, invece che alla mutazione del DNA o alla delezione del gene ERα (Li, Y., et al., 2010). Il trattamento delle cellule del cancro al seno ER-negativo con gli inibitori delle istone deacetilasi, come la tricostatina A (TSA), porta alla riattivazione dell'espressione di ER. Gli inibitori HDAC e il sulforafano riattivano epigeneticamente l’espressione ERα in cellule MDA-MB-231 ERα-negative. Inoltre, il trattamento combinato con i polifenoli del tè verde e il SFN insieme alla terapia con tamoxifene nel carcinoma mammario ormonale refrattario, ha ridotto significativamente la proliferazione cellulare, probabilmente grazie agli effetti delle modificazioni istoniche e all’attivazione di ERα mediata dalla demetilazione del DNA in cellule MDA-MB-231.

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In uno studio, una singola dose di 68 g di germogli di broccoli (105 mg di SFN) ha inibito l‘attività delle HDAC in modo significativo nelle cellule mononucleate del sangue periferico 3 ore e 6 ore dopo il consumo. L'effetto è durato 24-48 ore. I medici si sono chiesti se gli effetti benefici conferiti alle cellule normali potrebbero proteggere anche le cellule del cancro. Per garantire che SFN, come agente terapeutico, sia sicuro e clinicamente rilevante, è stato recentemente eseguito uno studio su colture cellulari per confrontarne gli effetti sulle cellule tumorali e su quelle normali (108). Quattro tipi di cellule della prostata, normali (PrEC), tumorali, (LNCaP e PC3), e derivanti da ipertrofica prostatica benigna (BPH-1), sono state sottoposte a 15 μM di SFN per vari periodi di tempo. I risultati hanno dimostrato che SFN colpisce selettivamente le cellule dell’iperplasia benigna e le cellule prostatiche cancerose lasciando inalterate quelle normali. Tali risultati possiedono un grande significato clinico, evidenziando il potenziale ruolo di SFN come agente chemiopreventivo non tossico, facilmente incorporabile nella dieta sottoforma di ortaggi.

Il sulforafano ha dimostrato, inoltre, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre l’apoptosi in cellule pre-cancerose e tumorali di diversa origine. Questo agente antitumorale, ad una concentrazione di 75 µM, causa l’arresto del ciclo cellulare in fase G1/G2 e l'apoptosi, mediante downregulation dell’espressione di Bcl-2 anti-apoptotica e l'aumento dell’espressione di bax, nin cellule Caco-2 di tumore del colon (Wang, M., et al., 2012). È interessante notare che un altro studio ha mostrato che il trattamento prolungato con sulforafano attiva la via di segnalazione della sopravvivenza nelle normali cellule del colon NCM460, e segnali apoptotici nelle cellule del cancro del colon HCT116. E’ stato anche dimostrato che l’esposizione a SFN (15 µmol/L), per 72 h, inibisce la proliferazione cellulare del 95% delle cellule tumorali del colon (HCT116). Inoltre, SFN a dosi di 5 e 10 µmol/L induce una significativa riduzione della ripartizione delle cellule in fase G1 e apoptosi nelle cellule cancerose HCT116 (ma in misura molto minore nelle cellule non tumorali NCM460). E’ stato osservato l’arresto del ciclo cellulare (S e G2/M), con aumento dei livelli dei fattori di trascrizione p21WAF1 e p27KIP1 e riduzione dei livelli delle proteine regolatrici del ciclo

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cellulare ciclina A, ciclina B1 e CDC2, con il trattamento a base di SFN delle cellule del cancro al seno MDA-MB-231 ad una dose di 30 µM (Kanematsu, S., et al., 2010). Il sulforafano ha quindi effetti citotossici differenziali sulle cellule tumorali e sulle cellule normali, come appena detto nel caso del cancro al colon. Allo stesso modo, è stato riportato che SFN può inibire più efficacemente la crescita di cellule MCF-7 del cancro al seno umano (IC50 27.9 µM) rispetto alle normali cellule

epiteliali umane del seno MCF-12A (IC50 40.5 µM), con un trattamento di 48 h (Tseng, E., et al.,

2004). Un altro studio sulla leucemia linfoblastica acuta (ALL) ha mostrato che le normali cellule mononucleate del sangue periferico sono più resistenti dei linfoblasti di pazienti alla citotossicità sulforafano-mediata (Suppipat, K., et al., 2012). Inoltre, il trattamento delle cellule leucemiche ALL con sulforafano ha indotto un’apoptosi dose-dipendente e l’arresto del ciclo cellulare in G2/M, e ciò è stato associato all'attivazione delle caspasi (3, 8 e 9), all’inattivazione di PARP, all’upregulation p53-indipendente di p21CIP1/WAF1, e all'inibizione del complesso Cdc2/ciclina B1. Lo stesso studio esteso ad un modello in vivo, con la somministrazione orale di sulforafano a modelli ALL di xenotrapianto, ha portato ad una significativa riduzione della massa tumorale. Il sulforafano potrebbe anche sopprimere la proliferazione di cellule BIU87 del cancro alla vescica con una dose di 80 µM, che determina l'inibizione della proliferazione cellulare, l’induzione di apoptosi e l’arresto del ciclo cellulare in fase G2/M, con downregulation dell’espressione di NF-kB pro- infiammatorio (Dang, M.Y., et al., 2014). In un modello di xenotrapianto di cellule murine UMUC3 della vescica, un’alimentazione con diete contenenti 4% di germogli di broccoli o 2% di estratto di isotiocianato, o sulforafano puro somministrato mediante sonda gastrica (295 µmol/kg; dose simile all'esposizione alimentare), ha indotto una riduzione della massa tumorale del 42%, 33% e 58%, rispettivamente, (Abbaoui, B., et al., 2012). È stato anche dimostrato che il sulforafano inibisce la crescita delle cellule tumorali epiteliali ovariche (EOC) della linea SkOV-3, mediante downregulation dell’attività di AKT (Chaudhuri, D., et al., 2007). Inoltre, SFN a concentrazioni di 5-20 µM induce una soppressione dose-dipendente della crescita in linee cellulari di carcinoma

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ovarico MDAH2774 e SkOV-3, con una IC50 di ~ 8 µM, e un aumento della morte cellulare per

apoptosi mediante un incremento del rapporto di Bak/Bcl-2 e il clivaggio della procaspase-9. In un recente studio, SFN ha mostrato di inibire la vitalità cellulare sia di cellule paclitaxel-sensibili (SKOV3-ip1) che resistenti (SKOV3TR-ip2) di cancro ovarico, in maniera tempo e dose- dipendente (Chen, H., et al., 2013). Anche in linee cellulari metastatiche, come ad esempio nel carcinoma delle ghiandole salivari adenoidocistico, il sulforafano induce l’arresto in G2-M e l’apoptosi, con un netto calo dei livelli delle proteine regolatrici, tra cui la ciclina B1 e chinasi 1 ciclina-dipendente (CDK1), insieme ad una maggiore espressione di Bax e una downregulation delle proteine Bcl-2. In uno studio in vivo, che ha utilizzato cellule di osteocarcinoma, sono stati osservati un arresto del ciclo cellulare e un’induzione di apoptosi nelle cellule trattate con SFN, nonché una inibizione nella crescita tumorale (Matsui, T.A., et al., 2007). In un altro studio, iniezioni giornaliere di SFN (400 µmol/kg/die per tre settimane) in topi SCID (Severe Combined Immunodeficiency) con tumori derivati da cellule di cancro del colon-retto primario umano, hanno portato ad un riduzione della massa tumorale del 70% rispetto ai topi non trattati (Fig.27) (Chen, M.-J., et al., 2012).

58 Figura 27. SFN inibisce la crescita tumorale in vivo; Effetti di SFN sulla crescita del tumore in topi SCID inoculati, per via sottocutanea, con linee cellulari CRC umane. I risultati hanno mostrato che SFN (400 µ) ha inibito significativamente la crescita tumorale in entrambi gli xenotrapianti tumorali.

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CONCLUSIONI

Di recente, diverse evidenze supportano il concetto che i fattori dietetici sono modulatori chiave del cancro. Studi epidemiologici, di laboratorio, preclinici e clinici sulla carcinogenesi hanno messo in risalto l'importanza farmacologica di certe sostanze contenute negli alimenti, in particolare nella chemoprevenzione. I meccanismi d'azione pleiotropici degli agenti chemopreventivi di origine vegetale, come il sulforafano, consistono nel ritardare o bloccare il processo di tumorigenesi.

Nel contesto del loro uso nelle diete, essi sono generalmente considerati sicuri e forniscono un vantaggio terapeutico prolungato. Tali approcci alternativi assumono un importante significato alla luce dell'osservazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che riconosce la medicina tradizionale come “Una forma accessibile, conveniente e culturalmente accettabile di assistenza sanitaria”.

L'uso di rimedi a base di erbe e dei loro principi attivi sta diventando un approccio sempre più attraente per la prevenzione e il trattamento di numerosi disturbi acuti e cronici. Tra i derivati alimentari, il sulforafano (SF) è il principale componente isotiocianato attivo nelle verdure crocifere. Gli esperimenti in vitro, gli studi

in vivo sugli animali e un minor numero di studi clinici sugli esseri umani hanno suggerito che la dieta con

SF è una sicura, economica ed efficace strategia per ridurre il rischio di aterosclerosi, cancro, diabete, gastrite, malattie cardiovascolari, neurodegenerative, oculari e respiratorie. Questi risultati sono coerenti con le osservazioni epidemiologiche secondo cui alti livelli di assunzione di SF e diete ricche di SF sono correlati a bassa incidenza di queste malattie. Tali benefici per la salute sono attribuibili ad una varietà di possibili meccanismi. La maggior parte dei report è focalizzata sull’induzione Nrf-2-mediata degli enzimi di disintossicazione di fase 2 che proteggono le cellule dal danno ossidativo. Questi enzimi agiscono come meccanismo di difesa, innescando un’attività antiossidante ad ampio spettro che neutralizza molti radicali liberi, ripetendo l’azione più volte affinché i radicali liberi siano eliminati prima che causino danni cellulari che possono portare a mutazioni e, conseguentemente, alla nascita di tumori. Il sulforafano è un induttore molto potente di enzimi come la glutatione S transferasi (GST) e la chinone reduttasi (QR).

60 Tuttavia, studi recenti hanno indicato anche altri meccanismi correlabili a SF. Tra questi l’inibizione di enzimi CYP coinvolti nell'attivazione degli agenti cancerogeni, l’induzione dell’apoptosi e l’arresto del ciclo cellulare, e l’attività anti-infiammatoria. In particolare, il sulforafano induce apoptosi in vari tipi di linee cellulari di cancro, mediante attivazione delle caspasi 3 e 9, Bax e p53.

In alcuni esperimenti di laboratorio, è stato evidenziato che il sulforafano può inibire la crescita delle cellule tumorali e indurre l’apoptosi in vitro nelle cellule mammarie, ovariche, pancreatiche, polmonari, e altre cellule cancerogene. Nei topi, i trattamenti con sulforafano hanno mostrato una riduzione della velocità di crescita di masse tumorali. Recentemente sono stati studiati altri meccanismi che contribuiscono agli effetti antiproliferativi del sulforafano. Uno di questi è la modulazione dei segnali epigenetici; la maggior parte delle ricerche si è focalizzata sulla capacità del SF come inibitore delle deacetilasi (HDAC, histone deacetylases) e come regolatore della metilazione del DNA. Le alterazioni epigenetiche del genoma svolgono un ruolo significativo nello sviluppo del cancro. L’ipermetilazione del promotore della ciclina D2, un importante regolatore del ciclo cellulare, è correlata, per esempio, ad una progressione del cancro alla prostata. Il sulforafano diminuisce significativamente la metilazione in tale regione.

Purtroppo, allo stato attuale non ci sono evidenze cliniche definitive sul fatto che il solforano possa essere efficace nella prevenzione del cancro. Pertanto sono necessarie ulteriori indagini, anche se SF resta al centro dell’attenzione dei ricercatori, con l’obiettivo di estendere ed approfondire gli studi dei effetti chemoprotettivi sull’uomo.

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