1 Spetta a Fossaluzza 1994, pp. 139, 143-144 figg. 101-103, 156 nota 132; Idem, in Cassamarca 1995, p. 74; Fa seguito l’illustra- zione più completa in Fossaluzza 2003, I.3, pp. 105 segg, in part. pp. 106-107 figg. 16.1, 16.2, 126-127 fig. 16.18, 176-181 figg. 16-65-16.70, 200-201 figg. 16.87, 16.88; con sintesi di Chiara Torresan, in Fossaluzza 2003, I.4, pp. 252-253; Fossaluzza 2010, pp. 30-33.
In antico, prima di essere scialbati, sono descritti da Fapanni (ms., sec. XIX2, ms. 1378a, n.n. [38], cartella 10, fasc. LXII, Col San
Martino), al modo seguente: «Sulle pareti interne della Chiesa suddetta (San Virgilio) c’è quattro affreschi forse non ispregevoli in tutto. Uno di questi/ San Bovo/ porta data 1.4.89 Adi 8 Agosto; un altro ha il motto in caratteri gotici: PATER MANIFESTAVI NA- MEN TVAM (sic) OMNIBUS = tra due immagini che rappresenta- no, se mal non veggo, i Santi apostoli Simone Taddeo; in un altro si legge, parimenti in gotico, il nome del santo vescovo di Bari ivi dipinto = S. NICOLAVS = nell’ultimo /San Giorgio/ la epigrafe in una sola riga MCCCCLVIII DONA MARIA DE SER CLEMENTIN A FATO FARE QUESTO LAVORIERO».
Angelo Maschietto (1915) non ne fa menzione nella ricognizio- ne delle chiese della diocesi di Vittorio Veneto edita l’anno dello scoppio della Grande Guerra. In seguito, nel manoscritto com- pletato nel 1966 relativo alla prima visita pastorale del vescovo Giuseppe Zaffonato (1946-1949) (doc. I, p. 337), in cui fu convi- sitatore, offre un impegnato ragguaglio sulla storia delle chiese di Col San Martino, nel quale segnala che in San Vigilio «Vi sono affreschi che rimontano al 1492» e che la chiesa «fu riparata dopo la devastazione subita nel 1918».
Pertanto, gli affreschi non si possono considerare riportati alla luce in occasione del restauro dell’edificio conclusosi nel 1979. La relazione dei lavori redatta da Giuseppe Fonzari (1980; testo edito infra, doc. III, p. 338), della Soprintendenza ai Beni Archi- tettonici, è corredata da una fotografia dell’interno prima dei re- stauri (p. 20) in cui si notano chiaramente i riquadri della parete meridionale.
Tali affreschi sono ricordati negli stessi termini della relazione Fonzari, come sopra riportati, in Dall’Anese, Martorel 1991, pp. 94-95, fig. 84. Robert Gibbs (1992, pp. 220, 245 nota 112), che fa riferimento alla relazione Fonzari, li assegna al XV secolo tro- vandoli «di carattere ancora essenzialmente trecentesco», e «tutti con sfondi romanici azzurri e verdi». I soggetti sono elencati da Tomasi (1998, I, p. 274) che riporta l’iscrizione con la data 1458. Senza fare riferimento a contributi precedenti, sono ricordati da Mies 1999, p. 426. Si veda quindi la scheda di Bevilacqua (2001, p. 86) che tiene conto della iniziale illustrazione sopra citata di chi scrive (Fossaluzza 1994).
2 Fossaluzza 2003, I.3, pp. 105 segg. I fondamentali contributi pre- cedenti sulla personalità storica di Giovanni di Francia compren- dono quelli spettanti a Lucco 19891-2, I, p. 355; Idem 19904, II, pp.
573, 592 nota 5; Idem 19903, p. 749. Sul figlio Desiderio e il suo
socio Giacomo Collet si veda Biasuz 1967, pp. 145-147; Idem 1976, pp. 131-133; Lucco 19904, II, pp. 573 segg.; Idem 19901, II,
p. 744; Idem 19902, pp. 742-743; Cagnin 1993, pp. 76-77, 89-90
note 64 e 67.
3 Pesce 1983, pp. 47-48. Questo per quanto riguarda Treviso, ma si deve tener conto anche delle nazionalità presenti negli altri centri della Marca e nel territorio. Per la nazione tedesca a Treviso è fon- damentale il contributo di Simonsfeld 1890, pp. 543-638. Alcune aggiunte si devono a Pesce 1969, I, p. 21, nota 3; Idem 1983, pp. 46-47, note 213-216.
4 I documenti trevigiani sono raccolti da Bampo, ms., sec. XX1,
(ms. 1410), cc. 353-354. Si veda quindi, in particolare, Fruet
1971, pp. 101-115, con bibliografia di riferimento; Gargan 1978, pp. 303-306; Pesce 1983, pp. 206-207.
5 Il profilo è delineato da Pesce 1983, pp. 97-98.
6 Riguardo i rapporti culturali, nella fattispecie pittorici, fra Trevi- so, la Marca e Feltre nella prima metà del secolo si consideri il caso di Andrea da Belluno, o da Treviso. In proposito si consenta il rinvio alla ricostruzione più recente proposta da chi scrive, Fos- saluzza 2012, pp. 203-214.
7 In alto, entro la cornice, è apposta la scritta: «MCCCCLII SER JACOBUS PLACARNI À FATO FARE QUESTO LAVORIERO». Si tratta di opera del tardo Quattrocento per Fonzari, dattiloscritto,
1980, cfr. infra doc. III, p. 338.
8 In alto, entro la cornice del San Giorgio, si legge: «MCCCCLVIII DONA MARIA DE SER CLEME(N)TIN À FATO FARE QUESTO LAVORIERO». Nella cornice del riquadro attiguo l’iscrizione è solo parzialmente leggibile, la data doveva essere indicata nella parte che risulta lacunosa per la caduta dell’intonaco, Solo in oc- casione della pulitura dell’affresco si potrà interpretare il testo che appare consunto.
Fonzari (dattiloscritto, 1980; infra, doc. III, p. 338) ritiene la Ma-
donna con il Bambino in trono e san Nicola da Bari di primo
Quattrocento e ipotizza spettare ad «artista nordico». Il San Gior-
gio che lotta con il drago è datato alla seconda metà del Quattro-
cento con riferimento agli affreschi di San Pietro di Feletto, non meglio specificati. Probabilmente intende quelli più tardi della cappella dedicata a san Sebastiano, il cui terminus post quem è il 1471, cfr. infra, nota xx.
9 In un documento riguardante il figlio Desiderio da Feltre del 26 gennaio 1486, Giovanni risulta defunto, cfr. Biasuz 1967, pp. 145- 147; Idem 1976, pp. 131-133; Fossaluzza 2003, I. 3, p. 173, Docu-
menti e regesti, Desiderio da Feltre, doc. 4.
10 Identificato con san Floriano da Fonzari (1980, cfr. infra, doc. III, p. 338) che lo ritiene forse di frescante della scuola tolmezzina. 11 Per queste considerazioni si veda Fossaluzza 1994, pp. 139, 142
fig. 99, 147, 156 nota 128; Idem 2003, I.3, 139, 168 nota 21. Ven- gono proposti nell’occasione confronti con la Madonna con il
Bambino in trono della chiesa di Santa Maria Nova di Soligo, con
altri affreschi dell’arcipretale di Susegana e dell’oratorio distrut- to di San Daniele, affreschi staccati o documentati da fotografie, tutte opere illustrate qui di seguito.
12 Si veda in proposito Castelnuovo, Ginsburg (1979, p. 321-322, 330-332) a proposito del quesito «Ritardo periferico o ritardo di metodo?» e delle «regioni di frontiera», o «aree cerniera». Con riferimenti alle persistenze tardogotiche che si manifestano nell’arco alpino.
Ljubo Karaman (1963) affronta il tema del simultaneismo di di- versi linguaggi formali nelle «regioni di frontiera», dove «le cor- renti differenti si toccano, s’incontrano, s’intrecciano». Secondo lo studioso croato, per questo fatto e per la sua indipendenza dai centri egemoni, è una caratteristica specifica in senso positivo dell’arte «provinciale», «o Provincializzata» proprio «il ritardo nell’accettazione di un nuovo stile e la lunga durata degli stili di transizione o misti». In proposito si rinvia all’analisi di Ivančević 1996, pp. 190-193.
13 Riguardo la «vischiostà» nelle sue accezioni si veda Castelnuo- vo, Ginsburg 1979, p. 307. Interessante, nel presente contesto, è il richiamo esemplificativo alle botteghe itineranti attive nel Ver- cellese nel terzo quarto del Quattrocento e l’utilizzo di modelli tardo trecenteschi.
14 Per questo confronto e l’ipotesi di ravvisare gli esordi di Gio- vanni di Francia si rinvia a Fossaluzza 2003, I.3, pp. 140 figg. 16.28.-16.30, 142, 168-169 nota 30.
345
344
lustrati da Hendy 1931, pp. 399-400; Hendy 1974, pp. 276-277; Lucco 19904, II, p. 573; Fossaluzza 1994, p. 139, fig. 100; Fossa-
luzza 2003, I. 3, pp. 158 figg. 16.57, 16.58, 159.
Degli affreschi di Sant’Andrea di Resera si considerano quelli della parete sinistra: la Madonna con il Bambino e il San Rocco, inoltre la Santa Margherita affrescata sulla parete destra, datata 1474. Sono assegnati da Mies (2000, pp. 66-69) a Desiderio da Feltre. Per una diversa soluzione attributiva si rinvia a Fossaluzza 2003, I.3, pp. 130-132 figg. 16.21-16.23, 161-162, 171-172 nota 86, 210-213 figg. 16.97-16.100.
32 Fossaluzza 2003, I.3, pp. 159 fig. 16.59, 161. Si tratta di due ri- quadri devozionali: Madonna con il Bambino in trono tra i santi
Donato e Pietro, I santi Vittore e Antonio abate.
33 Se ne ricostruisce il profilo a partire dall’affresco staccato dalla chiesa di San Daniele a Susegana, che si trovava nella parete a
cornu epistolae, ora presso la chiesa parrocchiale della Visita-
zione della Beata Vergine Maria. In alto del riquadro con la rap- presentazione della Madonna con il Bambino in trono si legge «1480/ A(DI) 3 ZVG(NO)/ CHOMO SIER MATIO DE LA BARO- VERA AFAT QVESTA MADONA ADI 3 ZVNIO». Cfr. Passolun- ghi, 1985, pp. 47, 68 nota 54, 95 fig. 42; Fossaluzza 1989, p. 221; Passolunghi, 1989, pp. 130-131, tav. XV; Fossaluzza, 1994, pp. 147, 157 nota 137.
Per quest’opera e per l’attribuzione comparativa degli affreschi con gli Apostoli sotto arcata della chiesa di San Martino di Tours a Fratta di Tarzo si veda Idem 2003, I. 3, pp.128-129 figg. 16.19- 16.20; 157-159, 171 note 81 e 82, 207-209 figg. 16.94-16.96. 34 Per le altre voci individuate nel territorio si rinvia al più volte
citato censimento di chi scrive, nelle parti relative alla seconda metà del Quattrocento. Si incontra allora Iseppo da Cividale (di Belluno) attivo in Sant’Andrea del Bigonzo (1487), cfr. Fossa- luzza 2003, I. 3, pp. 225-255.
Si individua il Maestro di Bavèr legato in qualche modo agli epi- goni di Bellunello operanti nel Friuli occidentale, cfr. Idem 2003, pp. 305-335.
Ci si deve spostare a Cornuda nella chiesa di San Rocco (1482) e ad Asolo nella chiesa di San Gottardo per individuare un frescan- te probabilmente da identificare come Bartolomeo Zanco. Per quest’ultimo si veda Fossaluzza 2003, I.3, pp. 346-349 figg. 20.7 - 20.10, 372, 416-423 figg. 20.76-20.83; Idem 2014, pp. 104-106 cat. 02.
35 La raccolta e il vaglio delle testimonianze è in Fossaluzza 2003, I. 3, pp. 257-303.
36 archiViodi statodi treViso, Notarile I, busta 331, quaderno
1474-1477, c. 377rv, alla data 5 marzo 1476. Segnalato da Ca- gnin 19932, pp. 75, 76, 88 nota 54.
37 Fossaluzza 2003, I.2, pp. 425-505.
38 Per il profilo del pittore e il ragguaglio dei molti contributi che lo riguardano si rinvia a Fossaluzza 2003, I. 3, pp. 9-102.
39 Sulle menzioni di Dario da parte di Vasari cfr. Vasari 1568, ed. 1906, III, pp. 386, 405; Vasari (ed. 1971, p. 568), a proposito di Andrea Mantegna, osserva: «La concorrenza ancora di Marco Zoppo bolognese e di Dario da Trevisi e di Nicolò Pizzolo Pado- vano, discepoli del suo addottivo padre e maestro, gli fu di non piccolo aiuto e stimolo all’imparare». Al riguardo cfr. Fossaluzza 2003, I.3, p. 36.
40 La raccolta dei documenti e il regesto con annotazioni è in Fos- saluzza 2003, I. 3, pp. 74-77. Non si conoscono aggiornamenti successivi.
41 Fossaluzza 2003, I. 3, pp. 30-31 figg. 15. 16-17; 32 fig. 15.18, 64 fig. 15.73, 65 fig. 15.77, 102 fig. 15.102.
42 I nomi dei promotori dell’impresa si leggono nell’iscrizione commemorativa in latino dipinta sotto l’Ultima cena che occu- pa la parete settentrionale. Reca i nomi dell’arciprete Francesco Quarti di Venezia, allora pievano di San Polo del Patriarca, del cappellano Giovanni Ruggeri da Altino, del massaro Giacomo
Campiluno e del giurato di contrada Francesco Peruzzi. Per la ri- produzione e trascrizione si rinvia a Fossaluzza 2010, pp. 42-43. 43 Per la lacunosità e lo stato di conservazione attuale non risulta
decifrabile l’iscrizione del riquadro con la Madonna con il Bam-
bino in trono e san Nicola da Bari. La data poteva essere indicata
sul lato sinistro della fascia mediana della cornice, come negli altri casi, dove l’intonaco risulta caduto.
44 Per i riferimenti generali si rinvia a quanto indicato a proposito dell’immagine del santo dipinta nella facciata di Santa Maria dei Broli. Infra pp. 113, 150 nota 213. Per l’immagine cultuale del santo cfr. Kaftal, Bisogni, 1978, coll. 447-470. L’iconografia si ripete in San Giorgio di San Polo di Piave dove l’apostolo, che ha il titulus, è raffigurato con accanto sant’Antonio abate. Cfr. Fossaluzza 2003, 1.3, pp. 156, 195 fig. 16.82; Idem 2010, pp. 72. 45 Offre una sintesi biografica magistrale Raul Manselli (1967, pp.
215-226), ad essa ci si attiene in questa occasione, in via priori- taria.
46 Fa cenno all’eco della canonizzazione, per la presenza dei ro- mei trevigiani nell’occasione dell’anno santo, Pesce 1987, I, pp. 71-72. Lo studioso (ibidem, p. 87) riferisce di un testamento del 1450 che stabilisce che si dipinga l’immagine del santo assieme a quella della Vergine Maria in San Martino a Treviso. Per l’im- magine perduta del santo in questa chiesa trevigiana assegnata a Dario da Treviso cfr. Fossaluzza 2003, I.3, p. 44, figg. 15.33, 15.34.
Per la precocità della devozione a Treviso si veda il caso dell’al- tare dedicatogli nel 1444 in San Francesco tre mesi dopo la morte di Bernardino. Cfr. Pesce 1987, I, p. 477.
Dedica un contributo importante al diffondersi dell’immagine del santo nel nord ovest d’Italia Fabio Bisogni 1982, pp. 373-392. Tra i riferimenti generali e i repertori iconografici si indica-
no quelli di van Os 1973, coll. 389-392; Kaftal, Bisogni, 1978, coll.149-152. Si veda, in particolare, il censimento di Mario Al- berto Pavone 1981, pp. 1-99; Idem 1988.
47 In questa occasioni basti il rinvio alle ricerche di Alfonso M. Be- rengo Morte 1945; Idem 1949, pp. 140-143; a quelle più recenti di Dianin 1981. Per Venezia cfr. Tramontin, in Santi e beati 1971, pp. 59-66.
48 Sulla presenza a Treviso, oltre i contributi citati supra nota pre- cedente, si rinvia a Serena 1916, p. 31; Pesce 1969, I, p. 49; Idem 1987, I, pp. 20-21 e nota 13, 50 nota 110, 247-248, 261. 49 Manselli 1967, p. 219; Gonnet 1985, pp. 41-51.
50 Pacelli 1981, pp. 183-205; Idem 1985 pp. 253-260; Pavone 1986, pp. 63-80. In ambito veneto prevale la forma circolare su quella dello scudo o quadrata del resto d’Italia. Sulle tre opzioni cfr. San Bernardino (ed. 1934, p 224) nella predica del lunedì santo 17 aprile 1924.
51 Quella di Bernabò da Siena (ed. 1685, p. 283) nello specifico, nella situazione di cui parla anche Maffeo Vegio da Lodi (ed. 1685, p. 300). In proposito si vedano le osservazioni di Daniele Solvi 2007-2011, p. 375.
52 San Bernardino ed. 1934, pp. 190 segg.
53 Nell’hortus conclusus ogni elemento si riferisce alle virtù di Ma- ria, in particolare con allusione all’umiltà, alla castità e all’amore perfetto si trovano la viola (Levi D’Ancona 1977, p. 399), il gi- glio (ibidem p. 211) e la rosa (ibidem p. 332).
Quanto alla rosa nella teologia simbolica e nella trattatistica ma- riologica, negli aspetti metaforici cfr. Pozzi 1987; Idem 19931,
pp. 215-327.
In tutti i casi, nello specifico, sul significato delle bacche di rosa canina, si veda alla voce rosa. All’apparenza le bacche sono simili alla melagrana che fa riferimento alle persone di Gesù e quindi di Maria sua madre, per cui si veda Levi D’Ancona 1977, pp. 312-318, in particolare le pp. 315-317. La melagrana, che ha molti significati simbolici, assume quello di risurrezione, è anche simbolo di unità della Chiesa. Cfr. Hall 1974, pp. 266, 275-276; Laura Dal Prà (in Le vie del Gotico 2002, pp. 408-427 cat. 10)
sostiene che la bottega alla quale spettano gli affreschi di Castello Tesino provenga dall’ambito feltrino; la località si trovava all’e- poca in diocesi di Feltre e non dista di molto da tale città. Rasmo (1939, pp. 300-306; 1982, pp. 144-145) ritiene che sia all’opera un frescante di formazione lombarda venuto a contatto con la cultura altoatesina e veneta.
15 Su un quadrante più vasto, in anni coincidenti con quelli dell’atti- vità di Giovanni di Francia, le assonanze più significative si sono indicate in alcune imprese decorative di Giovanni da Campo nel Novarese che conducono agli anni Cinquanta, di Giacomo Borlone a Clusone che si situano più avanti ancora, negli anni Sessanta-Settanta, Si sono considerate altresì quelle di Giorgio da San Pellegrino e, sempre nel Bergamasco, quelle di anoni- mi frescanti, in San Giorgio in Campis a Zandobbio, nelle chie- se dell’Addolorata di Mornico al Serio, di Nembro e di Piario. Particolare riguardo per le affinità di esito si deve avere per il confronto con Giovanni e Nicolao da Seregno in Canton Ticino. Nella fase corrispondente, a partire dagli anni Cinquanta, si può tenere conto degli affreschi della cappella di Lottigna che Cristo- foro firma con Lombardo da Lugano nel 1455, dell’Ultima cena dell’oratorio dei Santi Anna e Cristoforo a Curogna e della più tarda versione in San Paolo di Arbedo, della decorazione di Santa Maria di Castello a Mesocco in Val Mesolcina e di San Bernardo a Monte Carasso.
Per quanto riguarda il quadrante a cui appartiene il Feltrino e il Bellunese, si può tener conto a parità d’anni dei lavori realizzati nei primissimi anni Sessanta dai Baschenis di Averara, in partico- lare da Antonio di Lanfranco impegnato in Santo Stefano di Ca- risolo. In proposito, e per i riferimenti bibliografici fondamentali, si consenta qui il rinvio a Fossaluzza 2003, I.3, pp. 140, 142, 168 note 25-29.
16 Nella chiesa di Santa Maria Maddalena di Porcèn tali affreschi si trovano in controfacciata, rimangono seminascosti dalla base della cantoria. Nell’originario orientamento della chiesa, la pare- te era quella di fondo del presbiterio, dove era più esteso l’appa- rato decorativo spettante al pittore, come attestato nel 1861. Cfr.
Le nostre chiese 1964, p. 110; Claut (in Segato 1861 ed. 1988, pp.
52, 106; Lucco 19904, II, pp. 573-574, figg. 678-679; Fossaluzza
2003, I.3, pp. 142-144 figg. 16.32-16.34, 16.36.
17 Claut 1978; Idem, in Segato 1861 ed. 1988, pp. 59-62, 94; Lucco 19904, II, p. 573.
18 Claut 1976, pp. 173-176; Lucco 19904, II, pp. 573-574, 592 nota
1; Fossaluzza 2003, I.3, pp. 143, 144-145 figg. 16.35, 16.37, 167- 168 nota 15.
19 Lucco 19904, II, pp. 573-575, fig. 680; Fossaluzza 2003, I.3, pp.
143, 144, 145-146 figg. 16.38, 16.39- 16.40, 167-168 nota 16. Sul palinsesto di questa chiesa cfr. Biasuz 1970, pp. 135-137; Franco 19923, I, pp. 260, 270, fig. 344.
20 Botteon-Aliprandi 1893, pp. 54-55; Biasuz 1967, pp. 129-130; Idem 1976, p. 133; Fossaluzza 2003, I. 3, pp. 138-139, 167 nota 12, 173, Documenti e regesti, Desiderio da Feltre, doc. 1. 21 archiViodi statodi treViso, Archivio Notarile, serie I, atti An-
tonio Farienti, protocollo 1452-1454, c. 67v. Il documento è reso noto da Cagnin, 1993, pp. 83, 94 nota 123. Cfr. Fossaluzza 2003, I. 3, p. 173, Documenti e regesti, Desiderio da Feltre, doc. 1 nota. 22 L’affresco staccato della Madonna con il Bambino misura cm
169 x103. Tale immagine sacra figurava sulla parete di fondo di una nicchia, nella porzione superiore della quale vi era la Colom-
ba simbolo dello Spirito Santo. Il complesso dei pannelli con gli
affreschi del Pordenone misurano cm 398 x 500. Per un raggua- glio critico e una discussione su questo complesso decorativo si rinvia a Fossaluzza, in Da Paolo Veneziano 2000, pp. 110-113 cat. 32; Idem, in Un Cinquecento inquieto 2014, pp. 136-138. Per la ricostruzione ci si avvale del disegno di Giovanni Battista
Cavalcaselle, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. It. IV, 2031 [=
12272], VII. Si tenga conto anche delle fotografie d’archivio pri- ma dello stacco edite in Fossaluzza 2003 I,.3, pp. 160-163 figg. 16.60-16.63. fig. 2. Per le operazioni di recupero dell’affresco si rinvia a Muraro, in Pitture murali, 1960, pp. 103-104.
Non vi sono prove che la cappella affrescata dal Pordenone corri- sponda alla cappella maggiore della chiesa di nuovo costruita nel 1453, e che questa sia quindi divenuta cappella laterale destra a seguito di successivi lavori di ampliamento della chiesa. 23 Nella presente occasione ci si limita a rinviare all’illustrazione
e alla bibliografia pregressa in Fossaluzza 2003, I. 3, p. 173, pp. 108-125 figg. 16.3-16.17, 147 segg. e figg. 16.41-16.52,182-196 figg. 16.73-16.83; Idem 20172, pp. 167-168, 202 nota 211, 207
nota 283. Per il ciclo di San Giorgio si veda inoltre la guida breve di chi scrive: Fossaluzza 2010, con bibliografia pregressa. 24 Per l’illustrazione degli affreschi di Mareno si rinvia a Fossaluz-
za 2003, I. 3, p. 173, p. 154, 197-199 figg. 16.84-16.86. 25 archiViodiocesaNodi Vittorio VeNeto, busta 97, MD. II, c.
38. Il documento è edito da Biasuz 1976, pp. 132-133; Fossaluz- za 2003, I. 3, p. 173, Documenti e regesti, Giovanni di Francia, doc. 2.
26 I due cicli di affreschi sono illustrati in Fossaluzza 2003, I. 3, pp. 108-125 figg. 16.3-16-17, 147 segg., 182-196 figg. 16.71- 16.83. Per San Giorgio cfr. Idem 2010.
Riguardo gli aspetti storici, basti qui ricordare i passaggi fonda- mentali in estrema sintesi. Il vescovo di Cèneda Giovanni cedette nel 1074 al Patriarca di Aquileia Sigeardo di Beilstein la pieve di San Cassiano del Meschio, di San Fior (di cui fa parte Zoppè), di San Paolo (San Polo di Piave con la vicina villa di Rai) di cui fa parte San Giorgio, di San Remedio «(de parte) Pladum», una pieve nell’attuale territorio di San Donà, ricordata in un diploma di Federico I del 1177. Nel 1180, 24 luglio si data la transazione in base alla quale la pieve di San Fior, e in concomitanza la pieve di Latisana, sono cedute dal patriarca di Aquileia Uldarico II di Biburgo al patriarca di Grado Enrico Dandolo. Il Patriarcato di Grado dal 1451 compone quello di Venezia, la pieve di San Fior ne costituisce la principale diocesi foranea, quella del Campardo. Nel 1180 rimangono invece al Patriarcato di Aquileia le altre pie- vi, compresa quella di San Polo. Per il quadro generale riguardo quest’ultima cfr. Canzian 20002, pp. 44-45.
Per la pieve di san Fior e i documenti del 1074 e 1180 si veda Fossaluzza 2017, pp. 127-133, 187-189, doc. II, doc. III; Idem 20171, p. 210 doc. 1
Per questi aspetti storici si rinvia al volume di Dario Canzian 20002, pp. 44-45, 114-117, 121. Per quanto riguarda la diocesi
foranea del Patriarcato di Venezia si consenta, in termini generali, il rinvio a Fossaluzza 20172, pp. 117 segg.; Idem 20171, pp. 209
segg.
27 Sulla problematica del percorso dell’Ongaresca si veda la sintesi, con riferimenti bibliografici, in Fossaluzza 20172, pp. 118-122.
28 Infra, nota xx. 29 Gibbs 1992, p. 220.
30 Per la fortuna critica della teoria di otto Santi sotto arcata in San Gottardo di Fol di Mel, che chiama in causa altri affreschi conser- vati nella stessa area, la loro assegnazione a un seguace di Gio- vanni di Francia, e non allo stesso capo bottega, si tenga conto di Fossaluzza 2003 I.3, pp. 154-156 figg. 16.53.16.54, 168 nota 17. Sono stati inclusi nel primo nucleo di opere feltrine di Giovanni di Francia da Mies (2000, pp. 70-73) con datazione circa il 1450. Allo stato attuale delle conoscenze si ritiene preferibile l’asse-
gnazione a uno stretto seguace di Giovanni di Francia, con ri- ferimento agli affreschi votivi di San Giorgio presso San Polo di Piave che si aggiungono all’Ultima cena e alle storie di san Giorgio superstiti.
31 Gli affreschi ora a Boston che risultano acquistati presso presso il mercante Antonio Carrer di Venezia lì 25 settembre 1897, sono ritenuti provenire da una imprecisata chiesa del Veneto. Sono il-
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«QVESTA OPERA À FATA FARE BERTOLAME DE MATÈ DI BECHARI Adì 30 de zugno». San «Chapito» indossa la veste dottorale, ossia il lucco, sopravveste lunga e aderente che ha