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LA BALLERINA DEL PAESE DELLE NEVI Ogino Anna

4. Davanti al tunnel

Il treno non è ancora uscito dal tunnel. Il tunnel è piuttosto lungo, e io a tratti mi appisolo.

Nei sogni interrotti del dormiveglia, pensavo che non sarò mai all’altezza di Komako… pensando e ripensando lentamente, nel sonno mi sono sentita sprofondare.

344In inglese nel testo. 345Idem.

346Serie di espressioni che crea un omoteleuto (in –zen), spesso senza coerenza di significato

per quanto la maggior parte di essi si riferisca al campo semantico della sorpresa; in particolare “zazen” è il nome di una pratica meditativa del Buddhismo Zen, “agezen suezen” è un’espressione fatta che indica “vivere nell’agiatezza”: azen bōzen – zazen, gakuzen – agezen,

suezen – zenzen, no comento. (「唖然ボウゼーン。ザゼン、ガクゼーン。アゲゼン、スエゼーン。

Un tonfo dovuto al traballare del treno, e alzo improvvisamente la testa: ancora il tunnel. Su una parete lontana del buio vagone, prende a fluttuare un avviso di un bianco difficile da distinguere; ci fisso lo sguardo, c’è scritto:

“VIETATO BUTTARSI GIÙ.”

Mi sono spaventata, ma stranamente è più forte la sensazione che mi fa assentire… Eh già. Certo che non mi butto giù! Lui ha detto di me che sorrido come un fiore. Per Komako non ha scritto niente di così floreale… Ha detto cose come “Qualsiasi cosa faccia finirà!”, e con lei ha fatto di certo “qualsiasi cosa.” Ciò vuole dire che “la fine” è già arrivata di certo! A me non ha ancora neanche stretto le mani, quindi non c’è nessuna fine: inizia tutto da ora! Senza fare “alcuna cosa”, impegnandosi nel più platonico degli amori, diverrà sorprendentemente serio. Si separerà da moglie e figli, e allora sarò io felicemente la sua legittima sposa, no?

Un altro tonfo, alzo la testa, i caratteri scritti sono cambiati.

“ATTENZIONE A NON VOLARE TROPPO ALTO.”

Poi, cominciano a scorrere sudori freddi sulla mia fronte. Con nonchalance guardo attorno ai miei vicini. Nell’aria ristagna la fatica del lungo viaggio. Come sardine dal respiro difficile, i viaggiatori dormono, mangiano mandarini, leggono; per quanto l’aspetto dica che ognuno differisce dall’altro per l’età, solo nel volto tutti hanno il mio volto.

Ah, qui siamo dentro il mio cuore. Con il violento STUNK di prima il treno ha vibrato forte, e per la sorpresa sono finita fin dentro il mio stesso cuore. Non c’è da meravigliarsi che sia tutto così buio. Anche dopo aver attraversato un

tunnel, eccone ancora un altro, e un altro ancora: è il tunnel del mio io che continua all’infinito.

Quello STUNK di prima allora mi ha davvero aperto gli occhi. Che strano sogno ho fatto. I colori erano accelerati. Saranno i nervi, la stanchezza incide. Perché io sono fondamentalmente nervosa.

Oh, stiamo per arrivare. Grazie per avermi concesso questa lunga compagnia. Per ringraziarvi, ecco, ho giusto qua due copie del libro. Se vi fa piacere, leggetelo. Da questa primavera farò parte dello show allo Hatoya347di Itō,

venite a vedermi! Bene, bye bye.

Scuotendo la mano, la ballerina è scesa nella piccola stazione del paese delle nevi. Quando il treno comincia a muoversi, ridendo, con entrambe le mani raccolgo i grandi baci che ci manda. Insieme con il panorama che scorre fuori dal finestrino, la ballerina, i baci, la stazione deserta in un men che non si dica volano via in direzione dell’altro ieri; proprio nel bel mezzo di un piacevole pisolino, la coscienza lascia il posto alla paralisi.

Preso dalla lettura, provo a prendere in mano una delle copie tascabili dalla copertina gualcita. Voltando le pagine, mi solletica la debole fragranza di profumo lasciata dalla ballerina. Senza né leggerlo né chiuderlo, mi lascio andare alla piacevole sensazione che il libro stesso produce, quando mi cade l’occhio sulla cronologia che segue la postfazione. Fra titoli e nomi che non conosco cerco “La ballerina di Izu”.

È stato pubblicato nel “quindicesimo anno Taishō, il primo anno Shōwa”.348Se lo

scrittore e la ballerina si incontrarono nel primo anno Shōwa349, e lei a quel

347Hatoya è il nome di uno degli hotel turistici più reclamizzati della regione.

348Era Taishō 大正: 30 luglio 1926 – 25 dicembre 1927; era Shōwa 昭和: 25 dicembre 1926 – 7

gennaio 1989. Il racconto fu pubblicato per la prima volta nei numeri dei mesi di gennaio e febbraio del 1926 della rivista letteraria Bungei jidai.

tempo aveva quattordici anni, ora lei dovrebbe averne ottanta. Se l’incontro avvenne molto prima che fosse scritta l’opera, allora l’età sale in proporzione. Un volto da bambina, senza considerare le piccole rughe agli angoli degli occhi, un viso sorridente nel quale era ancora nascosto il segreto del fiore dei quattordici anni.

Su quelle gambe che mi ha mostrato mentre le “alzava così in alto” c’era del grasso, e francamente una forza muscolare quasi animalesca, quella di una donna del tutto fiorente. Anche se, quando si era chinata per ridisegnarsi le sopraciglia, la figura che si piegava sul sedile era quella di una donna anziana. Insomma, l’età resta misteriosa. Quell’immagine che va rapidamente colorandosi in tinte seppia, vagando tra i quattordici e gli ottant’anni, non avrà mai una sagoma unica.

Ferma nel tunnel del proprio io continua il viaggio senza fine… non è forse come l’ebreo errante? Fuori dal tunnel forse qualcosa sta aspettando. Può darsi sia l’inferno chiamato gli altri.

STUNK. Dopo una serie di piccoli e grossi singulti il treno ha smesso di vibrare.

Abbiamo attraversato il tunnel, infine.

349 In verità Kawabata fa un esplicito riferimento alla sua diretta esperienza nella penisola di

Izu in Shōnen, dove racconta che “l’incontro con la danzatrice risale al VII anno Taishō (1918, ndt)

e io avevo vent’anni”; cfr. “Shōnen”, Kawabata Yasunari zenshū, vol. 10, Tōkyō, Shinchōsha, 1981-

SNOU CAUNTRI

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