La passione per il turismo all'aria aper- aper-ta è una delle forme più popolari per
R. DE BATTISTINI, Serie storiche, effetti di trascinamento e analisi congiunturale
-Voi. di 17 x 24,5 cm, pp. 117 - Giappichelli, Torino, 1978 - L. 5000.
Come è noto, per misurare la dinamica di una serie storica, le vie che si possono seguire sono monteplici: ciò dipende — tra l'altro — dalla scelta dei periodi di tempo da mettere a con-fronto. Un esempio è fornito dall'inflazione: a fine '77 il tasso annuo di incremento dei prezzi al consumo in Italia era rispettivamente il 12%, 13% oppure 18% a seconda che si considerasse il rapporto « dicembre/novembre », « dicembre/ dicembre » oppure « anno/anno ». Ma la cosa vale anche per altre importanti grandezze econo-miche, come la produzione industriale, oppure il prodotto interno lordo. In particolare si può os-servare che, s e in Italia è cresciuto negli ultimi anni il ricorso, nel dibattito economico corrente, all'uso delle diverse vie, non sempre è cresciu-ta in modo corrispondente la chiarezza nel defi-nire quale fosse la misura prescelta e nel com-prenderne il significato preciso e le relazioni con le misure alternative.
In questa ricerca vengono dapprima stabilite, da un punto di vista generale, le principali re-lazioni esistenti tra diverse misure (dell'infla-zione, o della crescita del P.I.L.), esaminandone anche le più importanti implicazioni in termini di analisi congiunturale e previsionale. I risultati cosi ottenuti sono quindi utilizzati nei loro aspet-ti applicaaspet-tivi, con frequenaspet-ti riferimenaspet-ti alle prin-cipali grandezze della contabilità nazionale ita-liana, con una lettura critica di alcuni documenti di politica economica italiana e un « aggancio » ai temi che hanno costituito l'oggetto del dibat-tito economico recente (ad esempio la «
que-relle » attorno alla previsione di sviluppo del P.I.L. italiano, quantificata nel 4,5% per il 1978). Alcuni argomenti più strettamente tecnici e spe-cialistici sono raggruppati in apposita appendi-ce, che contiene pure, in un « formulario »,• la sintesi delle principali relazioni oltonute e del loro significato, anche in termini applicativi.
E. GORRIERI, La giungla dei bilanci familiari Voi. di 1 1 , 5 x 1 8 , 5 cm, pp. 178
-Il Mulino, Bologna, 1979 - L. 2800.
Nel 1972, pubblicando La giungla retributiva, cercai di mettere in evidenza le ingiustizie e le irrazionalità nella distribuzione dei redditi da lavoro. Mi sono accorto che quello era il meno. Altro che giungla retributiva: le sperequazioni nelle paghe individuali sono niente rispetto a quelle connesse ai bilanci familiari.
Andiamo a leggere l'« Unità ». Il 13 ottobre 1978 ha fatto i conti in tasca ad una famiglia operaia di Prato: « Lui, un compagno segretario di una nostra sezione — con turni di notte, lavoro al sabato, molto straordinario e un cottimo elevato: un caso limite, quindi — riesce a portare a casa anche sette-ottocentomila lire al mese; sua mo-glie, operaia nella stessa fabbrica, l'e porta a casa 350-400 mila; il padre, ancora giovane, ne guadagna 500 mila. In tutto fanno più di un milione e mezzo al mese ».
Questa è una faccia della medaglia. Vediamo l'al-tra: la metà delle famiglie italiane percepisce un reddito solo.
Se si tratta di uno stipendio di un milione al me-se e me-se le persone a carico non sono molto nu-merose, si vive bene anche con un reddito solo. Ma quanti sono questi casi? La grande massa dei lavoratori sta sulle 400-500 mila lire al mese: eb-bene, con un unico salario di questa entità nep-pure una famiglia media, di tre-quattro persone, riesce a sbarcare il lunario. Figuriamoci quelle più numerose.
Nel terzo capitolo vengono illustrati 35 esempi di bilanci familiari, nei quali la forbice delle paghe individuali va da uno a tre: lo stipendio massimo considerato è di 1.137.000 lire, il triplo di quello minimo (356.000)). Ebbene, anche nell'ambito di questa ristretta forbice retributiva, le differenze di mezzi disponibili per singola persona sono in-credibili. In conseguenza del rapporto fra il nu-mero dei componenti e il nunu-mero degli occupati nelle varie famiglie, quella che sta meglio gode di un tenore di vita 28 volte più alto della più sfortunata.
Tutto quanto ho scritto in questo studio è basato su un dato di fatto: il tenore di vita della gente dipende dal reddito globale della famiglia e dal numero del suoi componenti.
Il fatto è messo in evidenza da parecchi studiosi. Il sociologo Francesco Alberoni: « Col procedere della recessione si rafforza un soggetto economi-co che non è più l'individuo, ma la famiglia, per-ché è il "reddito composto" della famiglia ciò che assicura a ciascuno il tenore di vita ». L'eco-nomista Luigi Frey: « Il carico familiare incide in misura decisiva sulle condizioni di vita (...). Per cui i sindacati dovrebbero prestare la mas-sima attenzione, nelle strategie perequative, ai problemi del carico familiare ».
Del resto, una visione non individualistica della società ha trovato accoglimento nella Costituzio-ne, la quale, all'art. 31, dichiara: « La Repubblica agevola con misure economiche ed altre
provvi-denze la formazione della famiglia e l'adempi-mento dei compiti relativi con particolare riguar-do alle famiglie numerose ». L'accenno alle fami-glie numerose forse è figlio di altri tempi; e ma-gari lo si potrebbe ritenere tacitamente abroga-to. Tant e vero che nessuno oggi proporrebbe il rinnovo della legge degli anni cinquanta che pre-vedeva « provvidenze » per le famiglie numerose. Mi sembrerebbe però eccessivo ritenere cancel-lato l'intero articolo.
Anche in materia di politica retributiva la Costi-tuzione è esplicita: « Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qua-lità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa » (art. 36).
Che grado di attuazione ha avuto finora il dettato costituzionale? Poco o niente.
Con grande sollecitudine si è abolito il cumulo dei redditi ai fini delle imposte: col risultato di alleggerire l'onere per le famiglie in cui entrano più redditi. Contemporaneamente, da quattro an-ni in qua si lascia morire di consunzione l'istitu-to degli assegni familiari. Né vengono adeguate le detrazioni d'imposta per le persone a carico: il che equivale, data la svalutazione, ad aumenta-re le tasse a chi ha più bocche da sfamaaumenta-re. Di fatto si è posta in essere una politica puniti-va: non contro l'istituto della famiglia in astratto (cosa che a taluno può non importare) ma in con-creto contro venti milioni di italiani, che vivono in condizioni di più o meno grave difficoltà, a causa non tanto della giungla retributiva, quanto della giungla dei bilanci familiari.
Dall'inflazione galoppante che imperversa da an-ni, le paghe individuali si sono difese — più o meno efficacemente, a seconda delle categorie — con la scala mobile e con gli aumenti contrattuali. Privi di qualsiasi tutela sono rimasti invece i la-voratori con carichi di famiglia. La loro situazione si è aggravata di anno in anno.
Insomma: in materia di retribuzioni, sembra di poter affermare che oggi il problema numero uno è quello delle diseguaglianze derivanti dai bilan-ci familiari.
AUTORI VARI, Il Mezzogiorno nell'Europa a dodici Voi. di 14,5 X 21 cm, pp. 259
-SVIMEZ, Roma, 1979 - L. 6000.
L'inclusione nella Comunità dei tre paesi dell'Eu-ropa meridionale non solo solleva nuovi problemi, ma muta anche la natura dei problemi già aperti; è poi fin troppo evidente l'importanza di un pro-cesso per effetto del quale l'Europa mediterranea si avvia a divenire omogenea con l'Europa con-tinentale superando una situazione di dualismo delineatasi due secoli or sono con la rivoluzione industriale.
Ma altri fatti danno ragione della riconsiderazio-ne che oggi si imporiconsiderazio-ne riconsiderazio-nei riguardi dell'esperien-za europeistica fin qui compiuta. Vi è la crisi che oggi attraversa l'industria manifatturiera mondia-le, crisi che si manifesta in una molto rapida redistribuzione territoriale della esistente capa-cità produttiva; vi sono le incertezze sulle possi-bilità per l'Europa di economicamente rifornirsi per il processo futuro delle grandi quantità di ma-terie prime e di derrate alimentari occorrenti per mantenere i suoi attuali livelli di vita, ed elevarli, quanto meno nelle aree povere. Vi è infine la constatazione, che è poi quella che ha ispirato i testi qui presentati, che a oltre venti anni dalla entrata in funzione della Comunità non si è
af-fatto chiarito, né presso la Comunità né presso i singoli paesi mediterranei, quali politiche pos-sono sostanzialmente ridurre i divari di sviluppo interni all'area comunitaria.
Ecco alcuni dei motivi — non certo i soli — per i quali il problema della costruzione comunitaria si presenta oggi in termini che non è eccessivo dire del tutto nuovi. Su questo terreno si muove lo studio di Pasquale Saraceno. (...)
Per quanto riguarda l'offerta addizionale di lavoro, nello studio di Franco Pilloton si prevede che nel-l'Europa a dodici essa sarà tra la fine degli anni '70 e la fine degli anni '80, di circa 11 milioni di unità, con un incremento dello 0,5% medio annuo rispetto alla situazione di partenza. Una parte cospicua di tale incremento, pari al 30% del totale, interesserà le zone sottosviluppate (che rappresentano il 15% della popolazione eu-ropea), concentrandosi soprattutto nei paesi del-l'area mediterranea. Si tenga conto che oggi nelle zone sottosviluppate il tasso di disoccupazione è pari al 10-12% delle forze di lavoro, più del dop-pio di quello del resto dell'Europa. La prospetti-va di una ripresa dell'emigrazione verso le re-gioni sviluppate ai ritmi sconvolgenti del passato o, peggio, dell'esasperarsi delle tendenze socio-politiche in zone la cui importanza, per gli equi-libri interni ed esterni dell'Europa, non è certo trascurabile, dovrebbe essere sufficiente a con-ferire all'obiettivo del superamento dei divari un peso rilevante nella determinazione delle politi-che economipoliti-che comunitarie.
Per quanto riguarda la politica agricola, lo studio di Gian Giacomo dell'Angelo mette in evidenza, innanzitutto, che nella Comunità a dodici la con-sistenza degli occupati nel settore agricolo sarà del 55% maggiore di quella della Comunità a nove, raggiungendo poco meno di 14 milioni dì unità. Ma non solo per questo la politica agricola è destinata ad assumere un'importanza ancora più rilevante di quella attuale nella vita della Comu-nità. La tosi centrale di questo studio è che nel-la Comunità a dodici l'obiettivo delnel-la politica agricola dovrà e s s e r e sempre meno la specializ-zazione delle singole agricolture in funzione del-la maggiore vocazione delle rispettive risorse, e sempre più, invece, quello della diversificazione. Poiché per il Mezzogiorno il mercato comunitario resta pur sempre il principale sbocco all'esporta-zione di prodotti agricoli mediterranei, l'integra-zione nella Comunità dell'agricoltura iberica e di quella greca — che hanno strutture produttive as-sai simili a quella delle regioni meridionali ita-liane — non potrà non incidere sensibilmente sui suoi interessi.
Di fronte a prospettive di questo genere non sembra risolutivo un migliore trattamento che la Comunità riservasse ai prodotti mediterranei. Per un progresso ordinato e capace di inserire armo-nicamente le agricolture che li producono nel mercato comune occorre una politica rinnovata; e non tanto nei meccanismi attraverso i quali essa si attua, quanto nei principi che la ispirano. Per le economie agricole mediterranee, infatti, i maggiori problemi connessi alla loro integra-zione in un mercato comune, più che dalla con-correnza che si determinerà tra loro per il collo-camento dei rispettivi prodotti tipici, deriveranno dalla maggiore incidenza, sulla bilancia dei paga-menti, dei costi di un accresciuto approvvigiona-mento dei prodotti alimentari di base, conseguen-te ai migliorati consumi, a loro volta indotti dai migliorati salari. Tale incidenza rischia di vincola-re l'intera politica di sviluppo dei paesi in que-stione. Una politica di sostegno, in grado di con-sentire l'affermazione nel clima mediterraneo an-che delle colture di tipo continentale e degli al-levamenti, richiede però di essere affiancata da un impegno di lungo periodo per la trasformazio-ne delle strutture agricole in senso conforme ai
nuovi indirizzi produttivi e per promuovere l'or-ganizzazione dei servizi, in particolare di ricerca e di assistenza tecnica, indispensabili per garan-tire prospettive di economicità a tali nuovi indi-rizzi. Ma la politica comunitaria potrà essere chia-mata ad assicurare le condizioni pregiudiziali a tale impegno solo se la politica agricola nazio-nale e regionazio-nale si porrà effettivamente in grado di realizzarle.
Per quanto riguarda l'industria, lo studio di Paolo Baratta offre una documentazione sul processo di redistribuzione internazionale delle capacità pro-duttive. Da questo processo le aree da sviluppare europee sembrano tendenzialmente escluse in quanto non competitive, in termini di costi, con i nuovi paesi emergenti per le produzioni più fa-cilmente decentrabili in tali paesi, e non ancora competitive, in termini di economie esterne, con le regioni di più antica industrializzazione per l'esercizio di imprese innovative. (...)
Non bisogna, infine, dimenticare che la prospet-tiva dell'allargamento della Comunità si colloca in una fase di profonda crisi dell'intervento nel-l'area meridionale e che, per quanto si sia or-mai alla vigilia della scadenza legislativa dell'in-tervento straordinario, non sembra siano ancora maturati con sufficiente chiarezza orientamenti nuovi per il futuro.
Anche in relazione a ciò, meritano attenzione le considerazioni svolte nello studio di Salvatore Cafiero sull'emergere dell'importanza strategica delle economie di urbanizzazione e, contempora-neamente, sul peggioramento delle condizioni di vita urbana. Queste circostanze hanno trovato ne-gli indirizzi della politica d'intervento pubblico ri-scontro inadeguato e tardivo. Inoltre, l'assenza di un quadro di obiettivi univocamente definiti di riorganizzazione e qualificazione territoriale, gli effetti paralizzanti della dispersione delle compe-tenze, l'insufficienza complessiva delle attuali strumentazioni attuative, in sintesi la disorgani-cità programmatica ed esecutiva degli interventi, appaiono più accentuati nelle aree urbane e me-tropolitane; gli effetti negativi ricadono sulla ca-pacità di sviluppo dell'intero territorio, che è ap-punto condizionata in misura molto maggiore che nel passato, dalla fruibilità di funzioni e di eco-nomie esterne di natura metropolitana. Tutte que-ste considerazioni assumono drammaticità e ri-lievo strategico tanto maggiore quanto maggiore, è la dimensione metropolitana.
A. VILLANI, Beni culturali. Conservazione e progetto Voi. di 13,5 x 22 cm, pp. 202
-Franco Angeli, Milano, 1979 - L. 5000.
Di fatto nel nostro paese molto si distrugge, qual-cosa si conserva e pochissimo si valorizza, men-tre qualche linea teorica e di ricerca e qualche prassi si vengono sviluppando, intorno a quelle espressioni di modi di vita e di civiltà che ven-gono correntemente chiamati beni culturali. Non si tratta soltanto di elaborazioni di pochi raf-finati intenditori di questioni intellettuali, e di piccole prassi che si traducono soltanto in hap-penings, mostre, articoli di riviste, lezioni uni-versitarie. Si tratta invece anche di elaborazioni concettuali e di azioni esplicitamente politiche, con una visione macropolitica non insignificante. Rifiutare una concezione rettilinea della storia, non credere a un divenire ineluttabile e necessa-rio; non credere che tutto ciò che viene dopo costituisca un progresso rispetto a ciò che viene
prima; non credere che tutto ciò che avviene deb-ba necessariamente avvenire, né che debdeb-ba av-venire nel modo in cui avviene, per azione delle forze possenti e inesorabili del sistema, nel no-stro caso del sistema capitalistico. Ma invece credere che nulla è definitivamente scritto in an-ticipo, ma con progetto e prassi: piccoli e grandi progetti, piccole e grandi prassi, sia possibile avere una realtà che corrisponda alle intenzioni dei singoli uomini, di gruppi di uomini, di comu-nità locali, di raggruppamenti di vario genere, che hanno in mente di salvaguardare la propria spe-cifica, tradizionale cultura, con molti dei suoi ele-menti, per sé innanzitutto, per l'arco della propria vita, ma avendo in mente che ciò possa avere significato anche per un indeterminato futuro. In quest'ottica rifiutando ogni visione fatalistica del progresso e della storia, e cercando varchi, spazi nel grande sistema — le contraddizioni del siste-ma — e tentando di forzarle, di ampliarle. In quest'ottica, con simili finalità di proporre pro-getti e prassi per politiche dei beni culturali, è stato scritto questo libro, che cerca di approfon-dire ulteriormente, rispetto a quanto detto, gli elementi che hanno portato ad una situazione di distruzione continua e nello stesso tempo di ac-centuata attenzione ai beni culturali, intesi come espressioni anche non eccezionali di culture di-verse ed allo stesso tempo espressioni partico-larmente elevate dello spirito, della sensibilità, della capacità di esprimersi, della professionali-tà, del più alto livello di divisione del lavoro. Individuando le contraddizioni e le confusioni che derivano da una simile duplicità di atteggiamento e le modalità con cui si può in concreto tentare di risolvere simili contraddizioni e confusioni. Lo sforzo della ricerca mira a costituire — in ispecie con riferimento a determinati ambiti mol-to importanti: i beni culturali smol-torico-ambientali (centri storici); i beni culturali-religiosi; le bi-blioteche; gli archivi; i musei-elementi per una politica fattibile nel contesto del dato italiano; che tenga conto dell'attuale grado di sviluppo del-la nostra società, ma anche, tra i dati oggettivi, delle volontà non inerti, che sono disposte a la-vorare per una società che corrisponda ad inten-zioni prestabilite, ad un progetto collettivo che non sia il risultato di un disegno anonimo e im-personale di una forza oscura e onnipossente, né di una sommatoria, del mero aggregato informe, di singole iniziative individuali.
Questo libro nasce come sviluppo di due lavori precedenti, pubblicati entrambi nel 1978 e colle-gati attraverso un interesse tematico di fondo: le scelte nell'arte (in L'economia dell'arte - Mer-cato e piano, Vita e Pensiero, Milano) e le scelte nell'habitat, in ispecie nella realtà urbana (Realtà e miti delia progettazione, F. Angeli, Milano).
A R R I V A T I
N E L L A B I B L I O T E C A C A M E R A L E
Economia - Politica economica • Program-mazione - Andamento congiunturale.
CIOCCA PIERLUIGI - TONIOLO GIANNI - L'econo-mia italiana nel periodo fascista - Il Mulino - Bo-logna, 1976 - pagg. 448 - L. 7500.
DERYCKE PIERRE-HENRI - Economia urbana - Il Mulino - Bologna, 1975 - pagg. 248 - L. 5000.
GIANNETTI RENATO - Sviluppo e ristagno - Il di-battito sul ciclo economico nel periodo tra le due guerre La Nuova Italia Ed. Firenze 1977 -pagg. LVII + 336 - L. 8000.
AMATO GIULIANO - Economia, politica e istitu-zioni in Italia - Il Mulino - Bologna, 1976 - pa-gine 185 - L. 2800.
MASINI SCALFÌ E ALTRI . L'inflazione - volume secondo - Giuffrè Editore - Milano, 1979 - pa-gine 136 - L. 3600.
ROSA JEAN-JACQUES - AFTALION FLORIN (a cura di) - I nuovi economisti - Il Mercato contro lo Stato - Analisi critiche e nuove idee econo-miche - Sugar Co. Ed. - Milano, 1979 - pani-ne VI + 208 - L. 5000.
CCIAA - ALESSANDRIA - Relazione annuale sul-I andamento economico della provincia di Ales-sandria - Anno 1978 - AlesAles-sandria, 1979 - pagi-ne non num. - s.i.p.
CCIAA - RAVENNA - Lineamenti economici e con-giunturali della provincia di Ravenna 1978 - Ra-venna, 1979 - pagg. 159 - s.i.p.
CCIAA - TRENTO - La provincia di Trento e i suoi comprensori Relazione statisticoeconomica -Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, dicem-bre 1978 - pagg. 318 - s.i.p.
UNIONCAMERE DEL VENETO - SEZ. STUDI E RICERCHE ECONOMICO-SOCIALI - Relazione sulla situazione economica del Veneto nel 1978 -Venezia, 1979 - pagg. 395 - L. 10.000.
AICCE - La programmazione delle regioni italiane e i piani di sviluppo regionale della CEE -Roma, 1978 - pagg. 84 - L. 1500.
BANCO Dl SICILIA La congiuntura nel 1978 -Roma, gennaio 1979 - pagg. XLIV + 369 - s.i.p. ASSOCIAZIONE PIEMONTE ITALIA - Panorama dell economia piemontese 1978 Torino, 1979 -pagg. 34 - s.i.p.
SVIMEZ - FONDAZIONE PREMIO NAPOLI - Rap-porto sul Mezzogiorno 1978 - Napoli, 30 giugno 1979 - Napoli, 1979 - pagg. 147 - s.i.p.
SVIMEZ MARZANO FERRUCCIO (a cura di) -Incentivi e sviluppo del Mezzogiorno - Giuf-frè Editore - Milano, 1979 - pagg. 679 - L. 12.000. UNIONCAMERE DELLE MARCHE - CENTRO STUDI E RICERCHE ECONOMICO-SOCIALI - Sintesi con-giunturale dell'industria manifatturiera delle Mar-che nel 1978 - Ancona, 1979 - pagg. 59 - s.i.p. UNIONE INDUSTRIALE BIELLESE - L'economia biellese nel 1978 Biella, 1979 pagg. XI + 110 -s.i.p.
CEE - COMMISSIONE - Programma di sviluppo regionale Mezzogiorno 1977-1980 - Bruxelles, apri-le 1978 - pagg. 356 - L. 10.000.
Relazione generale sulla situazione economica del Paese 1979 3 voli. Ist. Poligrafico dello Stato Roma, 1979 pagg. XIII + 113 114389 395680 -s.i.p.
CHIANG ALPHA C. - Introduzione all'economia matematica - Boringhieri - Torino, 1978 - pagi-ne 769 - L. 27.000.
CALOIA ANGELO - Analisi macròeconomica - Vita e Pensiero - Milano, 1977 - pagg. 296 - L. 6200.
ROTA GIORGIO - Inflazione per chi? - Interessi e responsabilità dietro la recente inflazione italiana - Centro di ricerca e documentazione Luigi Einau-di - Torino, ottobre 1978 - pagg. XI + 71 - L. 3000. TOMOLO GIANNI (a cura di) - L'economia italia-na 1861-1940 - Ed Laterza - Bari, 1978 - pagi-ne XV + 382 - L. 5500.
LLOYD PETER E. - DICKEN PETER - Spazio e loca-lizzazione - Un'interpretazione geografica