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IL PROCESSO DI DECARBONIZZAZIONE IN ITALIA

III.5.2. Decarbonizzazione del settore trasporti

III.5.2.1 Decarbonizzare il trasporto marittimo e aereo

Uno studio, commissionato nel 2020 da Transport & Environment51, sostiene che l’idrogeno e il diesel sintetico dovrebbero essere riservati per la decarbonizzazione del trasporto

51 https://www.transportenvironment.org/discover/gli-elettrocombustibili-sono-sprecati-nelle-auto-vanno-utilizzati-decarbonizzare-aerei-e-navi/.

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marittimo e aereo, mentre quello stradale potrebbe essere decarbonizzato mediante batterie e veicoli elettrici. In caso contrario, l’enorme boom degli elettrocarburanti52 farebbe crescere esponenzialmente la domanda di energia rinnovabile. Secondo lo studio, alimentare anche solo il 10% di auto, furgoni e piccoli camion con l’idrogeno e un altro 10% con il diesel sintetico, richiederebbe al 2050 ,il 41% in più di energie rinnovabili rispetto a quanto necessario se gli stessi veicoli fossero elettrici o a batteria. La domanda aumenterebbe ulteriormente nel caso in cui anche il trasporto pesante fosse convertito agli elettrocarburanti. Se metà degli autocarri pesanti fosse alimentata a idrogeno e metà a diesel sintetico, al 2050 occorrerebbe il 151% in più di rinnovabili rispetto ad una elettrificazione diretta. Il fabbisogno aggiuntivo, determinato dall’uso intensivo di elettrocarburanti, richiederebbe la costruzione, ad esempio, di parchi eolici di dimensioni complessive pari alla superficie della Danimarca53.

Negli ultimi anni, l’industria automobilistica e quella del trasporto pesante stanno puntando su veicoli a idrogeno o a combustibili sintetici. Parallelamente, l’UE e i paesi membri nelle loro strategie sull’idrogeno mirano alla diffusione del vettore sia per renderlo competitivo con i prezzi attuali degli idrocarburi convenzionali, sia per creare un mercato di dimensioni sufficienti al suo sviluppo futuro. Secondo lo studio di Transport &

Environment, le strategie sull’idrogeno raggiungerebbero i loro obiettivi anche senza l’utilizzo di idrogeno nel trasporto su strada, in quanto i settori del trasporto aereo e marittimo creerebbero un nuovo mercato per l’idrogeno verde, contribuendo all’economia di scala della tecnologia e aprendo la strada per il trasporto aereo e marittimo a emissioni zero. Lo studio distingue anche tra le due tipologie di trasporto. Infatti, alimentare in Europa le navi ad ammoniaca e idrogeno e gli aerei a cherosene sintetico comporterebbe il consumo, entro il 2050, di più energia rinnovabile (1.275 TWh) rispetto a quanta necessaria per elettrificare il trasporto su strada. Mentre per i viaggi brevi, le navi possono funzionare a batteria, per i viaggi più lunghi necessitano di idrogeno o di ammoniaca verde. Allo stesso modo, visto che le batterie potranno essere utilizzate solo per voli brevi, gli aerei dovranno usare cherosene sintetico o idrogeno per garantire la decarbonizzazione54.

Nel mese di ottobre 2021, è partito da Gatwick il primo dei 42 voli EasyJet alimentati da una miscela al 30% di combustibile sostenibile per aviazione (il già sopra menzionato SAF), prodotto da materie prime di scarto e residui rinnovabili al 100%. L’iniziativa nasce da un accordo tra la compagnia aerea EasyJet, il produttore del SAF Neste, il fornitore di combustibile avio Q8Aviation e Gatwick Airport. Nel corso del suo ciclo di vita, il SAF può determinare una riduzione dell’80% delle emissioni di gas serra rispetto all’uso dei carburanti fossili, precisando che i 42 voli EasyJet eviteranno l’emissione di 70 t di CO2.

52 Combustibili prodotti utilizzando energia elettrica da fonti rinnovabili.

53 In base ai risultati dello studio, al 2050 il trasporto su strada consumerà 936 TWh di energia rinnovabile in più nello scenario degli idrocarburi sintetici rispetto allo scenario di base. Per soddisfare tale fabbisogno utilizzando parchi eolici offshore con capacità pari a 2GW (ciascuno dei quali occupa 375 km2 e produce 7,9 TWh), ci vorrebbero 44.430 km2. La superficie della Danimarca è di 42.394 km2.

54 Quotidiano Energia, 21 ottobre 2021.

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Un altro settore da considerare è quello del trasporto marittimo, dove le emissioni sono pari a circa 1.000 Mt CO2 eq l’anno, corrispondenti al 2,5% delle emissioni globali. La compagnia danese dello shipping globale Maersk ha deciso di investire più di 4 miliardi di dollari per 8 navi container in grado di navigare con una miscela di normale combustibile navale e biometanolo, che eviterà l’immissione in atmosfera di 1 Mt CO2 ogni anno.

Tuttavia, occorre aumentare la produzione di metanolo e di biocarburanti per le navi;

pertanto, la compagnia danese ha deciso di produrre carburante verde per la sua prima nave che operi con metanolo a emissioni zero tramite un impianto danese che produrrà circa 10.000 tonnellate di biometanolo, utilizzando idrogeno verde combinato con emissioni di CO2, catturate dalla combustione della biomassa55.

In ambito nazionale, prosegue l’impegno di Fincantieri nel percorso di transizione verso la decarbonizzazione del settore marittimo che, nel corso degli anni, ha avviato numerose iniziative finalizzate a contribuire, nel minor tempo possibile, al processo di decarbonizzazione e alla sostenibilità ambientale. Le tecnologie green, in fase di studio presso il Gruppo, riguardano applicazioni a bordo nave come batterie, fuel cell, turbine a gas e motori a combustione interna, alimentati sia a gas naturale che a idrogeno. Fincantieri ha intrapreso numerose iniziative per migliorare la sostenibilità ambientale del settore, tra le quali il progetto pilota che mira a realizzare ZEUS (Zero Emission Ultimate Ship), un’imbarcazione all’avanguardia dotata di un impianto di generazione di potenza che comprende anche le celle a combustibile. ZEUS rappresenta la prima nave al mondo con le caratteristiche di capostipite per le nuove tecnologie green che il Gruppo Fincantieri punta a sviluppare per poi estenderle a una gamma di applicazioni come, ad esempio, le navi da crociera, mega-yacht, traghetti e altre navi speciali a servizio di infrastrutture offshore. La nave ha una lunghezza di 25 metri e sarà dotata di un sistema di generazione di potenza ibrido che prevede una struttura convenzionale, costituita da due diesel generatori e due motori elettrici, uniti ad un modulo di fuel cell e a un sistema di batterie. Nel caso specifico della nave ZEUS, l’idrogeno puro è stoccato allo stato gassoso in apposite bombole pressurizzate, mentre l’ossigeno necessario al processo è catturato dall’atmosfera circostante. Tra le caratteristiche innovative di tale nave, si segnala la predisposizione all’alimentazione elettrica da terra56 che, oltre a permettere lo spegnimento dei diesel generatori durante l’ormeggio in porto con la conseguente riduzione delle emissioni, rappresenta un’opzione fondamentale per ricaricare le batterie a bordo nave senza produrre emissioni.

III.5.3. LA DECARBONIZZAZIONE NEL PIANO PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Il “valore” ambiente e il progressivo impoverimento delle risorse naturali con conseguente deterioramento della natura e del clima ha fatto avvertire la necessità di creare organismi amministrativi in grado di assicurarne la tutela e in questi rientra il Comitato

55 https://www.rinnovabili.it/mobilita/navigazione-sostenibile/zeus-zero-emission-ultimate-ship-fincantieri/.

56 cold ironing.

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Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE), che ha di recente pubblicato il Piano per la transizione ecologica (PTE), quale strumento per attuare la decarbonizzazione. Il PTE è stato sottoposto all’esame del Parlamento per il previsto parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, per la sua successiva approvazione definitiva.

Il CITE dovrà così monitorare l’attuazione del Piano, al fine di aggiornarlo in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche in sede europea, adottando le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi. Gli indicatori di monitoraggio da affiancare al Piano sono indicati nell’allegato 4, il quale stabilisce che il CITE si doterà di analisi di scenario di natura climatica, ambientale, sociale ed economica al fine di garantire un background quantitativo al processo di identificazione delle scelte di policy più adeguato al raggiungimento degli obiettivi del Piano.

Il PTE si inserisce nel contesto internazionale che vede come riferimento il Green Deal e l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile che contiene un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, inglobando i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, tra i quali garantire l’accesso a un sistema di trasporti sicuro, conveniente, accessibile e sostenibile, coniugato alle azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze.

Il PTE risponde, inoltre, alla sfida che l’Unione europea ha lanciato con il Green Deal al fine di assicurare una crescita che preservi salute, sostenibilità e prosperità del pianeta con una serie di misure sociali, ambientali, economiche e politiche, con l’obiettivo di azzerare entro metà secolo le emissioni di gas serra secondo i limiti dettati dagli Accordi di Parigi, di rivoluzionare la mobilità fino alla sua completa sostenibilità climatica e ambientale, di minimizzare inquinamenti e contaminazioni di aria, acqua e suolo, contrastare i fenomeni di dissesto idrogeologico, di spreco delle risorse idriche e l’erosione della biodiversità terrestre e marina con decise politiche di adattamento, nonché di disegnare la rotta verso una economia circolare a rifiuti zero e un’agricoltura sana e sostenibile.

Il PTE accompagnerà il processo di transizione per la sua intera durata, con target specifici, attività di monitoraggio e aggiustamenti continui, anche su base annuale, in relazione agli stati di avanzamento delle trasformazioni in atto e ai progressi scientifici e tecnologici, ispirandosi da un lato al principio di massimizzazione dei benefici per l’ambiente, la salute, il lavoro e l’occupazione e, dall’altro, a realismo, non ricorrendo a promesse che non è possibile realizzare nei tempi definiti.

La transizione ecologica è vista come la next revolution che deve avviare una serie di processi di trasformazione nei settori economici in cui devono essere analizzati il loro impatto e il loro contributo alla trasformazione del sistema energetico. Ciò necessita di riunire quattro dimensioni, ossia ambiente, produttività stabilità ed equità, concentrando gli sforzi per guidare la transizione verso un continente rispettoso della natura e neutrale per il clima entro il 2050.

In questo contesto, il principio people first diviene centrale in quanto è essenziale assicurare una transizione equa e inclusiva, comprendendo quindi aspetti tecnologici, sociali, culturali,

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economici e ambientali, prendendo in considerazione i vari livelli di governance istituzionali, le esigenze dei territori, le industrie e i lavoratori con un ruolo più attivo per i cittadini e per le comunità.

È necessario riflettere sulla centralità della cooperazione a livello nazionale e internazionale, per raggiungere l'obiettivo finale di realizzare la transizione senza lasciare nessuno indietro, Leave no one behind, principio enunciato come una delle priorità dell’Agenda 2030.

Il PTE intende, pertanto, fornire informazioni di base e un inquadramento generale sulla strategia per la transizione ecologica, con un quadro concettuale che accompagni gli interventi del PNRR dando un decisivo impulso con azioni di medio-lungo termine, rendendo necessari alcuni interventi chiave, che da una parte permettano la semplificazione delle procedure amministrative e l’accelerazione degli iter di approvazione dei progetti e delle iniziative e che, dall’altra, creino le condizioni per la loro più celere esecuzione da parte della pubblica amministrazione.

Si ricorda che tali riforme, in linea con le previsioni del PNRR, sono state in parte effettuate con il D.L.77/2021 che reca norme di semplificazione e accelerazione delle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica (artt. 17-29), di accelerazione delle procedure per le fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica (artt. 30-33-ter) e di semplificazione per la promozione dell'economia circolare e il contrasto al dissesto idrogeologico (artt. 34-37-quater), in tal senso sarà necessaria anche la revisione del Codice Appalti per dare ulteriore sostegno al lavoro della pubblica amministrazione nel fluidificare le procedure amministrative.

Rispetto al contesto nazionale, il PTE si sviluppa a partire dalle linee già delineate dal PNRR

proiettandole al completo raggiungimento degli obiettivi al 2050, integrandole con la digitalizzazione e la transizione energetica, le politiche ambientali che porteranno, attraverso un cronoprogramma di misure e di azioni, alla trasformazione del sistema Paese al fine di renderlo capace di centrare gli obiettivi fissati a livello internazionale ed europeo al 2050. Va evidenziato che i presupposti per il successo del processo di transizione ecologica sono:

• il consenso, la partecipazione pubblica e un approccio non ideologico alle questioni aperte.

Per conseguire gli obiettivi del piano - dalla neutralità climatica entro il 2050 fino al ripristino della biodiversità e al riequilibrio ambientale - sarà necessaria la volontà collettiva di collaborare al di là delle divergenze, che dovrà unirsi alla piena disponibilità a cambiare comportamenti e pratiche consolidate e a operare concretamente attraverso l’impegno pubblico, dei singoli cittadini, delle imprese e del settore no-profit.

• la centralità della ricerca scientifica nella produzione di innovazione e nel trasferimento tecnologico. L’utilizzo delle tecnologie più efficaci e meno impattanti è un fattore fondamentale per tracciare la rotta della transizione.

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• la semplificazione delle regole e dei processi che governano l’attuazione dei progetti e delle iniziative, in modo da rendere possibile l’impegnativa opera di trasformazione nei tempi e nei modi previsti.

La governance del PTE, coordinata dal CITE, dovrà attuare l’integrazione e la sinergia degli interventi e dei relativi fondi destinati alla decarbonizzazione, allo sviluppo sostenibile e alla transizione ecologica, tenendo conto delle linee già tracciate dal PNRR, in una prospettiva sistemica di coerenza delle scelte di policy.

La governance sarà inevitabilmente complessa, implicando da una parte meccanismi decisionali basati su criteri tecnico-scientifici condivisi, dall’altra una stretta cooperazione e un continuo coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte (Ministeri, autorità locali, ecc.), in certi casi con l’istituzione di cabine di regia ad hoc per il periodo dell’intervento in essere.

Considerato che nel PNIEC sono stabiliti obiettivi al 2030 (che riguardano efficienza energetica, fonti rinnovabili e riduzione delle emissioni di CO2, nonché sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell’energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile) con le relative misure, per assicurare il loro raggiungimento, alcuni tra questi obiettivi sono stati “aggiornati” dal PTE. Ad esempio, il nuovo obiettivo nazionale di riduzioni emissioni climalteranti al 2030 nel PTE è calcolato sulla base del target dell’Unione nel suo complesso.

Il precedente obiettivo di diminuzione delle emissioni di CO2 si era tradotto nel PNIEC in una riduzione del 37% per l'Italia, da 520 milioni di tonnellate emesse nel 1990 a 328 milioni fissati per il 2030 (di cui 216 dai settori ETS e 109 da quelli non ETS).

Dal nuovo obiettivo europeo deriva una riduzione maggiore delle emissioni nazionali, del 51%, che porta il target 2030 intorno a quota 256 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, con ulteriori riduzioni di energia primaria rispetto a quanto già disposto nel PNIEC.

Sul versante delle energie rinnovabili, il PTE prevede un incremento della capacità installata almeno del 15% rispetto al PNIEC e - comprendendo gli sviluppi della produzione di idrogeno verde prevista dal PNRR e dall’avvio della Strategia Nazionale sull’Idrogeno - l’apporto delle energie rinnovabili al mix di quella elettrica dovrà salire dal 55% previsto dal PNIEC fin sopra la quota del 70% al 2030.

Il PTE si sviluppa attraverso cinque macro-obiettivi: il primo è rappresentato dalla neutralità climatica, cioè la necessità di azzerare entro il 2050 le emissioni di gas serra; il secondo è l’azzeramento dell’inquinamento, attraverso una rivoluzione della mobilità fino alla sua completa sostenibilità climatica e ambientale e la minimizzazione (entro il 2050) di inquinamenti e contaminazioni di aria, acqua e suolo; il terzo è costituito dall’adattamento ai cambiamenti climatici mediante il contrasto dei fenomeni di dissesto idrogeologico, di spreco delle risorse idriche e dell’erosione della biodiversità terrestre e marina con politiche finalizzate ad aumentare la resilienza dei sistemi naturali e antropici, e delle risorse idriche, anche attraverso l’azzeramento del consumo di suolo; il quarto consiste nel ripristino della

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biodiversità e degli ecosistemi, potenziando il patrimonio di biodiversità nazionale con misure di conservazione e di implementazione; infine il quinto concerne la transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia, per permettere non solo il riciclo e il riuso dei materiali, ma anche il disegno di prodotti durevoli, promuovendo una gestione circolare delle risorse e degli scarti anche in ambito agricolo.

I predetti macro-obiettivi sono poi articolati in otto aree di intervento, che presentano riflessi significativi in diversi ambiti di interesse della Commissione, tra i quali si trova la mobilità sostenibile, per i cui interventi il Piano dedica una parte rilevante ai temi della mobilità, evidenziando che l’obiettivo di un azzeramento delle emissioni sarà possibile solo attraverso la progressiva conversione del parco circolante in veicoli elettrici, a idrogeno e a biocarburanti nonché al rafforzamento del contributo della domanda pubblica soprattutto nel settore del Trasporto Pubblico Locale (TPL), così come già previsto nelle linee di intervento del PNRR.

III.5.4. LE LEVE ECONOMICHE PER LATTUAZIONE DEL PIANO

Un altro dei pilastri del PTE riguarda la necessità di dar vita ad una complessiva e strutturata riforma del sistema fiscale che miri ad affrontare le problematiche di natura energetica, economica e ambientale. Tale misura, senza effetti negativi per la finanza pubblica, potrebbe comprendere una serie di correzioni delle attuali distorsioni del mercato, inclusa l’assegnazione di un “carbon budget”, ovvero di un portafoglio di emissioni residue possibili per ciascuna attività economica, stabilito in modo da garantire la competitività delle imprese, incluse le PMI, che, se superato, prevederà un’imposizione, progressiva e parametrata al contenuto di carbonio, su beni e servizi prodotti, in un quadro di neutralità fiscale.

La riforma potrà garantire, da un lato, le risorse necessarie per finanziare la transizione, aumentarne l’accettabilità sociale, anche in linea con le istanze della società civile ed essere a impatto zero in termini di bilancio economico e, dall’altro, la revisione della tassazione sul lavoro e la riduzione delle emissioni inquinanti.

In coerenza con l’esperienza internazionale, la possibile assegnazione dei carbon budget settoriali sulla base dell’evidenza scientifica internazionale e la determinazione di un relativo prezzo o di una tassa progressiva sul carbonio per tutte le attività dell’economia che eccedono i limiti consentiti potrebbe rappresentare una garanzia minima agli investimenti per ottimizzare i co-benefici della decarbonizzazione.

Quindi, la necessità di agire in modo rapido per combattere il cambiamento climatico per decarbonizzare il sistema energetico e l’economia è un chiaro obiettivo su cui i policy makers devono concentrare i loro sforzi, in accordo a quanto detto dalla Presidente von der Leyen nel suo discorso al Parlamento europeo: “ciò che è buono per il pianeta deve esserlo anche per i cittadini e le regioni”.

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III.6. TENDENZE RECENTI DEL SISTEMA ENERGETICO ITALIANO E STATO DELLA TRANSIZIONE

III.6.1.EVOLUZIONE DEL SISTEMA ENERGETICO ITALIANO NEL 2021

Le tendenze globali di ripresa economica del 2021 si confermano e propagano i loro effetti anche in Italia, dove la forte ripresa della produzione industriale e del PIL, insieme ad un inverno più lungo del precedente hanno determinato nel primo semestre un rimbalzo record sia dei consumi di energia sia delle emissioni di CO2, pari al +10% circa. E anche per l’intero 2021 si stima una notevole ripresa per entrambe le variabili, di entità simile a quella della crescita del PIL (superiore al 6%), con un recupero di oltre la metà dei consumi di energia persi nel 2020, di circa la metà delle emissioni di CO2. Se si considerano le tendenze recenti riguardo all’intensità energetica dell’economia, insieme alle attese di una ulteriore crescita economica, si può stimare che entro il 2023 i consumi energetici italiani tornino ai livelli pre-CoViD. Di conseguenza, tenendo conto anche delle tendenze recenti riguardo all’intensità carbonica dell’energia consumata, almeno nel breve termine sarà difficile andare oltre una stabilizzazione delle emissioni sui livelli attesi per fine 2021.

III.6.2. UNA VALUTAZIONE DELLO STATO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA ITALIANA

Per analizzare la traiettoria del sistema energetico italiano e valutarne la compatibilità con gli obiettivi di politica energetica, l’ENEA ha elaborato l’indice composito ISPRED (Indice Sicurezza energetica, Prezzi dell’energia, Decarbonizzazione), che sintetizza un insieme di indicatori per descrivere l’evoluzione del sistema e valutarne la performance in termini di:

a.) progressione verso gli obiettivi di decarbonizzazione; b.) capacità di soddisfare la domanda di servizi energetici in ogni circostanza; c.) capacità di garantire energia a prezzi competitivi e di sostenere lo sviluppo economico.

Si tratta delle tre dimensioni del cosiddetto trilemma energetico, definito come: “la triplice

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